(Adnkronos) - Triplo negativo. Due parole che accompagnano la diagnosi di tumore al seno in circa 1,5 casi su 10, uno dei più difficili da curare. E che lo fanno apparire ancora più temibile. Lo scenario, però, è in parte migliorato. Passi avanti nel trattamento di prima linea del carcinoma mammario triplo negativo emergono dal Congresso 2025 dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), in corso a Chicago dove oggi sono stati presentati i risultati dello studio clinico internazionale di fase 3 Ascent-04/Keynote-D19. I dati dello studio dimostrano che il trattamento con l’anticorpo farmaco-coniugato sacituzumab govitecan e pembrolizumab può aiutare le pazienti con tumore del seno triplo negativo non resecabile, localmente avanzato o metastatico PD-L1 positivo a vivere più a lungo, senza progressione di malattia, rispetto alla chemioterapia più pembrolizumab, attuale standard di cura. Al follow-up mediano di 14 mesi, le pazienti trattate con sacituzumab govitecan e pembrolizumab hanno presentato una sopravvivenza libera da progressione di 11,2 mesi rispetto a 7,8 mesi nel braccio con chemioterapia e pembrolizumab. Le pazienti trattate con sacituzumab govitecan e pembrolizumab hanno evidenziato un rischio di progressione del tumore inferiore del 35% rispetto alla chemioterapia e pembrolizumab. La durata mediana della risposta è stata pari a 16,5 mesi nel braccio con sacituzumabgovitecan e pembrolizumab rispetto a 9,2 mesi in quello con chemioterapia e pembrolizumab. "Quasi la metà delle pazienti con tumore della mammella triplo negativo non riesce a ricevere un altro trattamento oltre la prima linea, evidenziando la forte necessità di cure innovative in questa popolazione - afferma Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo (Società europea di oncologia medica), professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative allo Iio di Milano -. Sacituzumab govitecan è un farmaco innovativo che sfrutta la capacità di un anticorpo di raggiungere un bersaglio specifico sulle cellule tumorali, portando con sé un potente chemioterapico. Questo permette da una parte di ottenere l’effetto antitumorale, dall’altra di ridurre la tossicità legata all’esposizione delle cellule normali". Lo studio Ascent-04/Keynote-D19, presentato a Chicago, "ha dimostrato l’efficacia della combinazione di sacituzumab govitecan con pembrolizumab, un farmaco immunoterapico, in prima linea nella malattia avanzata PD-L1 positiva - sottolinea Curigliano - con miglior controllo della malattia e tollerabilità rispetto allo standard di cura, costituito dalla chemioterapia più pembrolizumab. Nei giorni scorsi abbiamo appreso che anche nello studio Ascent-03, i cui dati verranno presentati al prossimo Congresso Esmo, sacituzumab govitecan ha evidenziato un significativo vantaggio in efficacia rispetto alla chemioterapia nel trattamento di prima linea delle pazienti con malattia metastatica non eleggibili alla immunoterapia. I due studi, pertanto, candidano sacituzumab govitecan come nuova potenziale 'spina dorsale' per il trattamento di prima linea della malattia avanzata triplo negativa". "Nel 2024, in Italia, sono state stimate quasi 53.700 nuove diagnosi di tumore del seno, il più frequente in tutta la popolazione - spiega Francesco Perrone, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) -. Circa il 15% dei casi è caratterizzato da un fenotipo triplo negativo, cioè privo di espressione dei recettori ormonali e del recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano (Her2). Questo tipo di tumore della mammella non risponde alla terapia ormonale e ai farmaci che hanno come bersaglio Her2. È quindi una forma aggressiva di tumore della mammella che colpisce spesso donne giovani che si trovano nel pieno della loro vita familiare e professionale, come madri, mogli e lavoratici. E, in questi casi, la malattia ha un impatto profondo sull’intera famiglia. La tradizionale chemioterapia per molti anni è stata lo standard di cura per il trattamento di prima linea della malattia metastatica". Da qui la necessità "di opzioni terapeutiche innovative che garantiscano quantità e qualità di vita. Negli ultimi anni, lo scenario è cambiato - assicura Perrone - grazie all’introduzione di nuove molecole, in particolare l’immunoterapia e gli anticorpi farmaco coniugati, che hanno permesso di migliorare significativamente la prognosi di questa popolazione di pazienti". Lo studio Ascent-04/Keynote-D19 ha arruolato 443 pazienti di 26 Paesi. Le pazienti sono state assegnate casualmente a ricevere sacituzumab govitecan e pembrolizumab (221 pazienti) o chemioterapia e pembrolizumab (222 pazienti). Entrambi i trattamenti sono stati somministrati fino a progressione del tumore o a interruzione dovuta agli effetti collaterali. Gli eventi avversi più frequenti di grado 3 e 4 nel braccio con sacituzumabgovitecan e pembrolizumab sono stati neutropenia (43%) e diarrea (10%). Nel braccio con chemioterapia e pembrolizumab, gli eventi avversi più frequenti di grado 3 e 4 sono stati neutropenia (45%), anemia (16%) e trombocitopenia (14%).
(Adnkronos) - Per favorire il ritorno dei ricercatori e dei professionisti in Italia "cerchiamo di dare loro ragioni per tornare, perché il fatto di andare a contaminare le proprie conoscenze, a condividere i propri saperi all'estero è una cosa positiva. Almeno io la considero una cosa positiva, visto che tutte le volte che l'ho visto succedere ho visto tornare persone molto arricchite. Però devono tornare. Quindi il nostro dovere è quello di creare un ambiente, una condizione di capitale umano e infrastrutturale che sia accogliente e dia loro la voglia di tornare". Lo ha detto Anna Maria Bernini, ministro dell'Università e della Ricerca, in una video intervista trasmessa alla sedicesima edizione del Festival del lavoro, in corso ai Magazzini del cotone a Genova. "E questo noi lo stiamo facendo -ha continuato Bernini- con degli investimenti importanti sulle infrastrutture di ricerca, perché i ricercatori seguono le infrastrutture di ricerca, sono come le rondini, seguono i progetti di ricerca in qualsiasi parte del mondo. Noi stiamo investendo tanto capitale, abbiamo cominciato con 11 miliardi, parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza e parte di fondi nostri, domestici, proprio in infrastrutture di ricerca su temi molto innovativi, come il supercalcolo, le tecnologie quantistiche, la mobilità sostenibile, i farmaci a tecnologia Rna, quindi life science, biofarma, agritec, agricoltura tecnologica, subacquea, biodiversità, contrasto alla perdita di biodiversità". Secondo Bernini, "questi sono i temi del futuro e solo creando infrastrutture che studiano, elaborano e creano comunità scientifica intorno ai temi del futuro si consente ai ricercatori di tornare, si dà loro una ragione per tornare", ha concluso il ministro. Sulla distanza tra mondo della formazione e mondo del lavoro, e su come agire "non esiste una ricetta magica. Quello che noi stiamo cercando di fare è prima di tutto lavorare sull'orientamento, il più precocemente possibile. Fare orientamento a partire dalla scuola, a un livello, il più precoce possibile, spiegando che cosa sono le nuove tecnologie, come possono essere utilizzate, come ci si può formare sulle discipline scientifiche, su quelle umanistiche, dando loro la possibilità di identificare da subito un'idea, quantomeno un'idea di percorso. Poi, ed è fondamentale, interfacciarsi con i territori e con le imprese, con le imprese intese in senso lato, cioè con tutti i potenziali destinatari del lavoro, del capitale umano che noi stiamo formando". Lo ha detto Anna Maria Bernini, ministro dell'Università e della Ricerca, in una video intervista trasmessa alla sedicesima edizione del Festival del lavoro, in corso ai Magazzini del cotone a Genova. Secondo il ministro, "quindi, quello che l'università deve fare, e sta facendo, ma che forse non ha fatto abbastanza in passato, è quello di formare la qualità della propria offerta sulla base della richiesta del mercato del lavoro, del mercato di un'impresa che sta crescendo moltissimo sotto il profilo tecnologico e innovativo. Fare, quanto possibile, una combinazione, un collegamento tra quello che si sta studiando e quello che il mercato del lavoro chiede", ha sottolineato. E per Bernini "poi ci sono discipline umanistiche che non hanno un mercato del lavoro, quello è un altro tema, però anche su quelle si applicano nuove tecnologie: la papirologia, per esempio, disciplina umanistica per definizione, o l'archeologia, sono stati stravolti dall'intelligenza artificiale, dalle nuove tecnologie". "Quindi anche su quello bisogna creare un contenuto di offerta formativa che sia sempre agganciato al principio di realtà e soprattutto sufficientemente flessibile per governare i processi di cambiamento, accompagnare e governare i processi di cambiamento, che sono velocissimi", ha concluso il ministro. GenL è un bellissimo progetto che abbiamo fatto insieme al Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro, che ringrazio, perché ha proposto a tutti i livelli la gamification, cioè il learning by gaming, che è molto interessante perché giocando, divertendosi, si creano dei percorsi formativi che rimangono più impressi nella memoria. A tutti i livelli, partendo dalla legalità fino alla sicurezza sul lavoro, possono essere applicati a qualsiasi ambito. Noi puntiamo e investiamo moltissimo su questo, non solamente come università, ma anche a livello di formazione superiore, di formazione tecnica, professionale, perché abbiamo visto che il modello funziona. Diverte, funziona e crea una cultura della legalità e del lavoro orientata nella direzione giusta". Lo ha detto Anna Maria Bernini, ministro dell'Università e della Ricerca, in una video intervista trasmessa alla sedicesima edizione del Festival del lavoro, in corso ai Magazzini del cotone a Genova.
(Adnkronos) - “Ho rivisto i barbagianni su Pianosa a seguito delle prime introduzioni, nel 2024. Vedremo se saranno in grado di ricreare una popolazione capace di autosostenersi”. Lo dichiara il faunista Vincenzo Rizzo Pinna in occasione dell’evento ‘Il ritorno del barbagianni a Pianosa. Un progetto di Fondazione UNA e Federparchi’, organizzato presso la sede dell’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano, nell'ambito della settimana europea dei parchi, per diffondere i primi dati raccolti. Ad oggi, i monitoraggi in corso confermano la presenza stabile di individui nidificanti. “La prima nidiata è stata registrata proprio nella primavera 2024 e ha dato modo di confermare sia la presenza di una nuova coppia di barbagianni sia l'attività riproduttiva e quindi la nidificazione di due esemplari - illustra Rizzo Pinna - Hanno deposto cinque uova e sono stati tre i piccoli che si sono involati regolarmente. Nell'autunno-inverno 2024, invece, c'è stata una seconda nidificazione in una cassetta nido posta sempre come da progetto, ma in un'altra area di Pianosa. Purtroppo, delle sette uova e dei sette piccoli nati non ne è rimasto neanche uno perché c'è stato, con molta probabilità, un episodio di predazione all'interno del nido”, racconta. Lo studio del barbagianni è partito nel 2013 e “in un primo step ha studiato sia la presenza degli individui sull'isola di Pianosa, sia ha approfondito quelle che sono state le risultanze sulla dieta di questi rapaci notturni - spiega Rizzo Pinna - Il monitoraggio è proseguito anche durante il periodo del programma di eradicazione del ratto nero, messo in atto dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e sta continuando anche oggi”. Il rapace notturno svolge un ruolo essenziale. “Il barbagianni è un rapace notturno che assolve a un ruolo ecologico importantissimo nella regolazione degli ecosistemi abitati proprio dalle sue prede, i micro mammiferi - spiega il faunista - per cui è importante capire di cosa si alimenta anche per effettuare un vero e proprio censimento di tutti i micro mammiferi. Cosa altrimenti impossibile, dato che queste prede hanno abitudini notturne, sono di piccolissime dimensioni e vivono nel mezzo della vegetazione. Studiare la dieta del barbagianni è utile a comprendere la composizione della micro fauna di un certo ecosistema”, dice. L'approfondimento della dieta del barbagianni attraverso lo studio delle borre, cioè i rigurgiti del rapace, è fondamentale dunque. Oggi però “i dati sono ancora molto provvisori - fa sapere Rizzo Pinna - Per dare delle risultanze più certe e definitive - conclude - lo studio avrà bisogno di un medio lungo termine per l'analisi costante e continuativa”.