(Adnkronos) - Non è un semplice documento informativo, ma uno strumento di lavoro per chi sceglie di contribuire al cambiamento. Il Libro Bianco ‘Storie di vita con Egpa’ è un’occasione per i pazienti di dare voce al proprio vissuto e alle proprie istanze; per i clinici, è un invito alla collaborazione e a rafforzare il dialogo; per le istituzioni, è una vera e propria agenda operativa. Attraverso un’attenta ricostruzione del percorso del paziente, infatti, questo libro restituisce voce alle persone che convivono con questa malattia rara e alle loro famiglie, integrando la prospettiva clinica e quella sanitaria. Dalle pagine - informa una nota - emerge la necessità urgente di garantire alle persone con Egpa-granulomatosi eosinofila con poliangioite, un approccio multidisciplinare, percorsi di cura armonizzati e tutele giuridiche e sanitarie all’altezza della complessità della malattia. "Questo Libro bianco rappresenta la nostra voce collettiva, non solo per raccontare la malattia, ma per chiedere con forza cambiamenti concreti", afferma Francesca R. Torracca, presidente Apacs-Associazione pazienti sindrome di Churg Strauss, denominazione con cui si indicava in passato lgpa, associazione che ha realizzato il Libro Bianco, con lo sponsor di Gsk. "Non possiamo più permettere che l’Epa venga ignorata - aggiunge - serve un sistema che riconosca la dignità delle nostre storie. E per questo dobbiamo lavorare insieme a clinici e istituzioni, proseguendo la strada tracciata nelle pagine del Libro". Una delle principali criticità emerse nella pubblicazione, è il grave ritardo diagnostico, con sintomi iniziali - asma tardivo, poliposi nasale, rinosinusite cronica - spesso ignorati o scambiati per allergie comuni. "L’Egpa è spesso riconosciuta troppo tardi, quando il danno è già stato fatto. La diagnosi precoce è possibile, ma servono conoscenza, formazione e Pdta condivisi. Questo Libro bianco può segnare un cambio di passo", osserva Augusto Vaglio, professore associato di Nefrologia e direttore della scuola di specializzazione in Nefrologia dell’Università degli Studi di Firenze, Coordinatore aziendale delle Malattie Rare e dirigente medico Unità di Nefrologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer, Firenze. Alle pagine di ‘Storie di vita con Egpa’ - riferisce la nota - hanno contribuito non solo i pazienti e i loro caregiver ma anche clinici e rappresentanti delle Istituzioni, a sottolineare l’importanza di un’alleanza concreta per migliorare la gestione dei malati. Il progetto ha inoltre ricevuto il patrocinio di 8 Società Scientifiche (Aaiito, Aicna, Iar, Siaaic, Simi, SioeChCF, Sip-Irs, Sir) e il contributo scientifico dell'European Egpa Study Group. Il Libro raccoglie inoltre i contributi degli onorevoli Luciano Ciocchetti, vicepresidente XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, Simona Loizzo, capogruppo XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, Ilenia Malavasi, componente XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati e di Lisa Noja, consigliera della Regione Lombardia e presidente Intergruppo Consiliare Malattie Rare. Nel documento è chiara l’indicazione delle disparità regionali nella gestione clinica, con una quasi totale assenza di percorsi (Pdta) formalizzati, anche se alcune buone pratiche indicano la via da percorrere. "La Lombardia ha dimostrato che costruire un Pdta per l’Egpa è possibile. Ma non basta - sottolinea Noja - Dobbiamo creare un sistema nazionale equo, in cui tutti i pazienti, da Nord a Sud, possano ricevere la stessa qualità di assistenza". Emerge anche l’assenza di criteri nazionali per i centri di riferimento e la necessità di una presa in carico multidisciplinare, coordinata da centri Hub & Spoke. "Serve un modello integrato di cura, basato sulla collaborazione tra specializzazioni diverse. La malattia non si ferma a un solo organo, e la medicina non può permettersi di fermarsi ai confini disciplinari", evidenzia Giacomo Emmi, professore ordinario di Medicina Interna, Università di Trieste e direttore Struttura complessa Medicina Clinica e Reumatologia, Ospedale Universitario Cattinara, Trieste. Pesa, inoltre, l’assenza di un codice di invalidità civile specifico, che rende difficile l’accesso a diritti, agevolazioni e supporto, mentre risulta sottovalutato l’impatto psico-sociale elevatissimo, su pazienti e caregiver, spesso lasciati soli. "Credo fortemente nel dovere delle istituzioni di ascoltare e agire. Il Libro Bianco dell’Egpa ci fornisce una guida chiara: ora dobbiamo renderla operativa, a partire dal codice di invalidità e da percorsi di cura uniformi", rimarca l’onorevole Ciocchetti. L’associazione, Apacs è nata spontaneamente per contrastare la sensazione di solitudine provata dai pazienti con Egpa, spesso intrappolati in una condizione poco conosciuta e con scarsi punti di riferimento. Formata esclusivamente da pazienti con Egpa (e caregiver), è una community viva e attiva dove i pazienti possono confrontarsi, sostenersi e portare avanti progetti concreti di advocacy, come quello che ha portato alla realizzazione del Libro Bianco e delle proposte di azioni a livello sanitario e politico in esso contenute. "L’innovazione terapeutica - conclude Valentina Angelini, Patient Affairs Director Gsk - ha migliorato le prospettive dei pazienti con Egpa, ma perché sia efficace, deve essere accompagnata da una rete di presa in carico strutturata e inclusiva. Questo Libro bianco aiuta a costruirla, insieme. È un esempio concreto di collaborazione con l’associazione di pazienti, i clinici e le Istituzioni che mette al centro le persone che vivono con Egpa con l’obiettivo di migliorare la loro qualità di vita. Testimonia il valore della co-creazione, fondamentale per comprendere a fondo i bisogni reali e trasformarli in percorsi più equi ed efficaci per chi convive con questa malattia rara". È possibile leggere e scaricare il Libro bianco ‘Storie di vita con Egpa’ sul sito web di Apacs.
(Adnkronos) - Roma, cuore antico di memorie millenarie, respira oggi una nuova promessa di qualità nel Rione Campitelli, territorio simbolo dove la storia ha scritto le sue pagine più nobili tra il Campidoglio e il Palatino. È qui che tre amici cresciuti nella ristorazione romana hanno scelto di scrivere un nuovo capitolo della ristorazione capitolina con 'Tribuna Campitelli'. Francesco Brandini e Roberto Bonifazi, chef entrambi classe 1992, e Daniele Gizzi, maître e sommelier del 1989, si conoscono da sempre. La loro amicizia, nata tra i banchi di scuola e cementata nelle cucine e nelle sale dei ristoranti romani, è cresciuta alimentandosi di un sogno comune: restituire al centro di Roma qualità autentica, cura artigianale e umanità. Dopo anni di gavetta e di esperienze formative in giro per l'Europa, hanno trasformato una promessa reciproca in un ecosistema che, da Bottega Tredici (2018) e dal Tartarughe Bar e Bottega (2023), approda oggi a Tribuna Campitelli, il loro progetto più maturo. I tre soci hanno accolto la sfida più ambiziosa: aprire un ristorante in un palazzo storico del 1585, nel quadrante più centrale della Capitale. Qui hanno costruito un 'salotto' contemporaneo dove ogni dettaglio promette coerenza tra ciò che si vede e ciò che si vive , dove il classicismo e la memoria dialogano con l’eleganza. Aperto ufficialmente a settembre 2025, Tribuna Campitelli nasce come sintesi coerente di tradizione e contemporaneità, con circa 80 coperti tra il dehor sulla piazzetta e l’interno, dove si aprono piccole sale pensate per garantire intimità e un servizio sartoriale. Il progetto di interior dello spazio è firmato da Square Architects e si inserisce nel tessuto del Rione Campitelli, trasformando vincoli storici in un racconto d’insieme che unisce estetica, funzione e un forte impianto narrativo. Tribuna Campitelli è l’evoluzione matura dell’ecosistema dei tre soci, che coniuga cucina contemporanea, cocktail e distillati serviti al tavolo, una carta vini importante (composta da 500 referenze, di cui 60 solo di champagne) e sale privatizzabili in un “salotto” contemporaneo dal carattere internazionale. La promessa al pubblico è di una coerenza completa: ciò che l’esterno lascia intuire si ritrova nei piatti, nei drink e nel servizio, puntando su comfort e cura del dettaglio.
(Adnkronos) - "Con una media di 24 alberi ogni 100 abitanti, calcolata sui capoluoghi italiani, l’Italia mostra nel 2024 una presenza di verde urbano ancora insufficiente. Anche i dati nel dettaglio indicano che occorre migliorare: solo otto su 93 capoluoghi, di cui si hanno dati aggiornati, superano la soglia dei 50 alberi ogni 100 abitanti e, tra questi, tre superano i 100 alberi ogni 100 residenti. All’opposto, 27 capoluoghi contano meno di 20 alberi ogni 100 abitanti e più della metà di questi non raggiunge nemmeno i 10". A scattare questa fotografia è Legambiente sulla base dei dati Ecosistema Urbano 2025, sottolineando "la distribuzione disomogenea del verde urbano nel Paese" e "l’importanza di attuare interventi mirati di forestazione nelle aree cittadine". "Un’importante opportunità arriva dalla legge n. 10/2013, che disciplina lo sviluppo degli spazi verdi urbani", osserva l'associazione in occasione del trentennale della Festa dell’Albero, la storica campagna dedicata alla messa a dimora di piante e arbusti, che quest’anno si terrà dal 21 al 23 novembre, in partnership con AzzeroCO2, Frosta, Inwit e Biorepack come partner tecnico. Nei giorni della Festa dell’Albero, che cade in concomitanza con la Giornata nazionale degli alberi (istituita proprio dalla legge n. 10/2013 e celebrata ogni anno il 21 novembre), si terranno in 14 regioni oltre 120 iniziative di forestazione urbana organizzate da Legambiente insieme a cittadini, scuole, aziende e amministrazioni uniti dallo slogan 'Gli alberi ci danno tanto, ora tocca a noi'. Sulla base delle informazioni raccolte attraverso i questionari di Ecosistema Urbano 2025 di Legambiente, elaborate su dati comunali relativi al 2024, l’associazione traccia un quadro complessivo sullo stato di attuazione della legge n. 10/2013, valutando l’applicazione delle principali misure previste: la pianificazione e regolamentazione del verde urbano, la redazione del bilancio arboreo alla fine di ogni mandato amministrativo e il censimento del verde urbano. Tra i 93 capoluoghi analizzati, 30 città (32%) dichiarano di aver adottato un Piano del Verde, mentre in 26 casi (28%) risulta attivo un Regolamento del Verde Urbano. La misura più diffusa è il censimento del verde urbano, realizzato in 75 capoluoghi su 93 (80%). Meno diffusa invece la pubblicazione del Bilancio Arboreo comunale: solo 44 città (47%) lo hanno reso disponibile al termine del mandato del sindaco uscente. “Un dato significativo emerso dall’analisi di Legambiente sull’applicazione della legge n. 10/2013 riguarda la Giornata nazionale degli alberi, promossa da quasi l’80% dei capoluoghi italiani, ben 74 su 93 - commenta Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - Si tratta di una percentuale incoraggiante ma che rischia di rimanere un impegno simbolico se la gestione strutturale del verde urbano è marginale. Lo dimostrano, ad esempio, le percentuali relative al numero di città che non hanno ancora adottato un regolamento o un piano formale per la gestione del verde. Anche sul fronte della trasparenza, i dati mostrano come la diffusione del Bilancio Arboreo rimanga ancora limitata, ostacolando una visione chiara e condivisa delle politiche verdi messe in atto dalle amministrazioni comunali. Per questo motivo lanciamo un appello ai Comuni, invitandoli a un impegno più deciso e concreto nell’attuazione della legge n.10/2013”.