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(Adnkronos) - L’Unione europea spera ancora di evitare una guerra commerciale con gli Stati Uniti, ma considera tutti gli strumenti. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen "ha avuto diversi contatti personali con il presidente degli Usa Donald Trump e anche diverse telefonate. Parliamo anche con i funzionari della Casa Bianca: i contatti vanno avanti a tutti i livelli". A dirlo è il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic, a Bruxelles in conferenza stampa al termine del Consiglio Affari Esteri nel formato Commercio. Trump dal canto suo, rispondendo a una domanda in merito, oggi ha dichiarato: "Noi siamo sempre pronti a parlare, siamo disposti a parlare, anche con l'Europa. Infatti stanno venendo qui, vogliono parlare". Su Truth Social, difende comunque le ragioni della sua politica commerciale. "Gli Stati Uniti d'America - scrive - sono stati derubati sul Commercio (e la Difesa) per decenni da amici e nemici, allo stesso modo. Questo è costato migliaia di miliardi di dollari e la situazione non è più sostenibile (e non lo è mai stata)!". "I Paesi - prosegue Trump - dovrebbero fermarsi e dire: 'Grazie per i tanti anni di libertà, ma sappiamo che ora dovete fare ciò che è giusto per l'America'. Dovremmo rispondere dicendo: 'Grazie per aver compreso la situazione in cui ci troviamo. Lo apprezziamo molto!'" Entrando alla riunione straordinaria del Consiglio affari esteri a Bruxelles, dove i dazi al 30% minacciati dal presidente Usa Donald Trump sono all'ordine del giorno, il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, ha spiegato che la squadra negoziale Ue ha dovuto "prendere atto con rammarico e delusione" della lettera inviata sabato da Trump, "soprattutto considerando lo stato avanzato delle nostre trattative in corso". "La sensazione da parte nostra era di essere vicinissimi a un accordo, abbiamo negoziato questo accordo in linea di principio per settimane e credo che ci siamo andati davvero vicino. Naturalmente ci sono stati alcuni temi settoriali sui quali stavamo trattando. Quindi la mia impressione era che ci avvicinassimo a un buon risultato per entrambe le parti", ha spiegato Sefcovic. "Come sapete, l’Ue ha affrontato questi negoziati in buona fede e con il massimo impegno fin dall’inizio", ha puntualizzato. In ogni caso, "l’Ue è e resterà pienamente unita nel rispondere alle sfide attuali, e apprezzo il forte e costante sostegno degli Stati membri alla Commissione", ha detto ancora il commissario Ue al Commercio. Dazi sulle esportazioni Ue al 30% od oltre, nella pratica, bloccherebbero il commercio transatlantico, ha ricordato Sefcovic. L'impatto sul commercio e sulle catene di fornitura "sarebbe enorme, sarebbe quasi impossibile continuare ad avere il rapporto commerciale che conosciamo", ha aggiunto, sottolineando che "nessuno lo desidera davvero: mostratemi un leader industriale che sia contento di questa politica dei dazi. Per questo sentiamo una grande responsabilità nei confronti del più grande rapporto commerciale del pianeta: 1,7 trilioni di dollari, 400 miliardi che ogni giorno attraversano l’oceano sotto forma di beni e servizi". È per questo che l'Ue sta "dimostrando enorme pazienza ed enorme creatività per trovare soluzioni. Ma se la situazione dovesse restare oltre il 30%, semplicemente il commercio, così come lo conosciamo, non potrebbe continuare, con effetti negativi enormi da entrambe le parti dell’Atlantico. E per questo credo che dobbiamo fare, e sicuramente io farò, tutto il possibile per evitare questo scenario estremamente negativo", ha sottolineato definendoli "di fatto proibitivi per il commercio reciproco". "Restiamo convinti che la nostra relazione transatlantica meriti una soluzione negoziata, che costruisca le basi per una stabilità e una cooperazione rinnovate. Ed è per questo che continuiamo a confrontarci con l’amministrazione statunitense e a dare priorità a soluzioni negoziate entro la nuova scadenza del 1° agosto. Oggi stesso intendo parlare di nuovo con i miei omologhi statunitensi, perché non posso immaginare di rinunciare senza aver fatto un reale sforzo", ha affermato ancora Sefcovic. "Detto questo, l’attuale incertezza causata da dazi ingiustificati non può persistere indefinitamente e pertanto dobbiamo prepararci a ogni esito, incluse, se necessario, contromisure ben ponderate e proporzionate per ristabilire l’equilibrio nel nostro rapporto transatlantico", ha proseguito. "Discuterò con i ministri i prossimi passi per le settimane a venire. Li vedo concentrati su quattro ambiti: negoziati, misure di riequilibrio, coinvolgimento con partner che condividono i nostri valori e diversificazione del nostro commercio. E, su quest’ultimo punto, voglio semplicemente sottolineare che stiamo raddoppiando gli sforzi per aprire nuovi mercati: l’accordo politico raggiunto e annunciato ieri nei negoziati per l’accordo di libero scambio e investimenti Ue-Indonesia è l’ultimo esempio concreto". La decisione del presidente Usa di imporre i dazi al 30% "ci pone in una dinamica totalmente diversa. Tuttavia, ho percepito anche dai miei omologhi americani che, nonostante la lettera, siamo pronti a continuare i negoziati. Naturalmente sfrutteremo questa opportunità, perché sono assolutamente sicuro al 100% che una soluzione negoziata sia molto migliore della tensione che potremmo avere dopo il 1° agosto se non arrivassimo a un accordo", ha detto ancora Sefcovic. L’Unione europea spera ancora di evitare una guerra commerciale con gli Stati Uniti, ma considera tutti gli strumenti. "Non vogliamo alcun tipo di guerra commerciale con gli Stati Uniti. Sarebbe devastante non solo per gli americani ma anche per l'Europa, quindi non vogliamo un’escalation. D'altra parte, però, dobbiamo anche mostrare i muscoli e credo che non dovremmo escludere nessuna possibilità. Dobbiamo prepararci a eventuali contromisure e dobbiamo rimanere aperti all’uso di tutti gli strumenti a nostra disposizione". Così Lokke Rasmussen, ministro danese degli Esteri, presidente di turno Ue, entrando alla riunione straordinaria del Consiglio affari esteri con gli omologhi Ue a Bruxelles, dove i dazi del 30% minacciati dal presidente Usa Donald Trump, che il politico definisce "molto preoccupanti", sono all'ordine del giorno. "Le nostre relazioni commerciali con gli Stati Uniti si trovano a un punto critico. È importante che restiamo uniti dopo quanto abbiamo vissuto questo fine settimana", evidenzia Rasmussen, sottolineando di voler sostenere la squadra negoziale del commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic che "ha fatto un lavoro eccezionale in circostanze molto difficili. Personalmente ho avuto l’opportunità di incontrare il segretario al commercio Howard Lutnick a Washington D.C. la scorsa settimana, il che mi ha dato una certa visione d’insieme", ha aggiunto. La speranza del ministro danese è che al Consiglio si sviluppi una "discussione onesta, con conclusioni chiare e mantenendo l’unità, che ovviamente è la cosa più importante. Al di là di questo, penso anche che, sebbene stiamo vivendo tempi di incertezza, ci siano anche delle opportunità", ha proseguito, sottolineando che gli Usa rappresentano circa il 13% del commercio globale; i Paesi che costituiscono il restate 87% "percepiscono una disponibilità" a "tendere la mano verso l’Europa. Accolgo con molto favore l’accordo di principio con l’Indonesia raggiunto durante questo fine settimana", ha concluso, asserendo che per la presidenza di turno danese "sarà una priorità assoluta concludere l’accordo con il Mercosur".
(Adnkronos) - Solo il 35,7% degli adulti tra i 25 e i 64 anni prende parte a percorsi di istruzione o formazione (formale o non formale), con un divario di undici punti rispetto alla media europea. I giovani tra i 18 e i 24 anni partecipano meno dei coetanei europei (70% vs. 79,8% media Ue), mentre i disoccupati sono i più penalizzati: solo l’11,9% accede a percorsi legati al lavoro, contro il 28,9% in Francia. Su oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti presi in considerazione, 11,8 milioni di occupati non hanno partecipato a corsi di formazione tra il 2022 e il 2023. Pesano, su questi numeri, sia fattori oggettivi che culturali. Il 78% di chi non partecipa alla formazione dichiara di non averne bisogno. La percentuale sale all’81,7% tra gli uomini, mentre tra le donne emergono anche altre motivazioni personali. Il 20,3% avrebbe invece voluto formarsi, ma non ha potuto farlo per motivi organizzativi, economici o familiari. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, la responsabilità dell’accesso alla formazione è percepita soprattutto come individuale, più che come diritto garantito anche dai datori di lavoro o dai servizi pubblici. Nel frattempo, la formazione resta ampiamente autofinanziata dalle imprese. Il 76,8% delle aziende utilizza risorse proprie per formare i dipendenti, una quota che nelle microimprese (1-9 addetti) sale all’81,4%. I Fondi interprofessionali sono utilizzati solo nel 15,4% dei casi, mentre i fondi europei strutturali (6,1%) e le agevolazioni fiscali (5%) restano strumenti poco sfruttati, a causa della scarsa informazione e della complessità burocratica. Il sistema, in alcuni casi frammentato e farraginoso, scoraggia soprattutto le realtà più piccole. Sono queste alcune tra le principali evidenze estratte dalla ricerca 'Il mercato dei servizi per la formazione in Italia' condotta da Assolavoro DataLab, l’Osservatorio dell’Associazione nazionale delle agenzie per il lavoro. Lo studio è stato presentato questa mattina a Milano nel corso dell’Assemblea Pubblica di Assolavoro Formazione da Silvia Ciucciovino, già prorettore dell'Università degli studi Roma Tre, Maurizio Del Conte, professore di Diritto del Lavoro all’Università Bocconi, e Mauro Di Giacomo, responsabile Centro studi DataLab. L’assemblea si è aperta con l’intervento introduttivo di Agostino Di Maio, neoeletto presidente di Assolavoro Formazione, a seguito del quale sono intervenuti: Simone Cappelli del coordinamento Tavolo Formazione, Innovazione e Ricerca della Conferenza Stato Regioni, Natale Forlani, presidente Inapp, Stefano Raia, del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, suor Manuela Robazza, presidente della Fondazione Ciofs Fp Ets e Alessandro Voutcinitch, segretario generale Assolavoro formazione. Il mercato della formazione professionale per adulti ha generato nel 2022 un fatturato di oltre 3,2 miliardi di euro. Il 69,2% di questo valore è prodotto da appena il 6% delle imprese (quelle con fatturato superiore a un milione di euro), mentre il 41,5% delle aziende si ferma sotto i 100mila euro. Una polarizzazione che riflette anche la geografia economica del Paese: Lombardia e Lazio guidano per numero di imprese e volumi economici, con Milano e Roma in testa, seguite da Torino, Bologna, Napoli e Padova. E le aziende fanno la loro parte: il 68,9% delle imprese italiane con più di dieci dipendenti ha attivato percorsi di formazione continua tra il 2022 e il 2023. È un dato che colloca l’Italia sopra la media Ue (67,4%), ma ancora distante da Paesi come Germania (77,2%), Francia (75,9%) e Spagna (73,2%). In termini assoluti più di 804mila imprese hanno offerto opportunità formative ai propri dipendenti, di cui 384mila con percorsi strutturati e le restanti con forme di apprendimento on the job e in affiancamento. Un impegno che riflette la crescente consapevolezza del ruolo della formazione nella competitività e nella tenuta occupazionale, in un contesto profondamente segnato dalla rapida diffusione dell’Intelligenza Artificiale, dalla transizione green, e da importanti squilibri demografici. Se il ruolo delle imprese è sempre più riconosciuto - e i settori ad alta intensità tecnologica come chimica, farmaceutica, public utilities e Ict registrano livelli di formazione più elevati - la partecipazione effettiva dei lavoratori resta un nodo da sciogliere. "La formazione mirata - ha dichiarato Agostino Di Maio, presidente Assolavoro formazione, oltre che direttore generale Assolavoro - che tiene conto delle reali esigenze delle imprese e dell’evolversi del mondo del lavoro, è l’unico vero volano per il futuro, sia delle singole persone, sia del sistema Paese. Ogni euro investito efficacemente in formazione genera un valore doppio o triplo e arriva a valere fino a sette volte tanto nel caso dei giovani". "Occorre mantenere alta la qualità della formazione erogata, superando un approccio talvolta eccessivamente burocratico, fine a se stesso e del tutto inidoneo a tale scopo. Va inoltre definita una strategia univoca nazionale che superi una eccessiva frammentarietà regionale. Abbiamo di fronte la sfida delle nuove politiche attive da mettere in campo, ripartendo dalle luci e dalle ombre di Gol e valorizzando ancora di più una virtuosa sinergia tra pubblico e privato. C’è l’opportunità di affrontare al meglio la nuova programmazione", ha sottolineato. "Le agenzie per il lavoro e le società di formazione che operano nel nostro settore sono da sempre in prima linea, il nostro sistema è riconosciuto un modello sul piano internazionale e grazie alla formazione che poniamo in essere con i fondi privati di Formatemp ogni anno 400mila persone seguono percorsi utili, tanto che poi più di uno su tre accede rapidamente a una reale occasione di lavoro", ha concluso.
(Adnkronos) - “Per noi il welfare è una tradizione storica: siamo arrivati a questa decisione già nel primo dopoguerra grazie a coloro che mi hanno preceduto alla guida di A2a. Credo che sia un sintomo di responsabilità importante che ci siamo già assunti come Gruppo. Siamo la prima life company a presentare un piano di incentivazione per i nostri dipendenti e abbiamo un piano sulla genitorialità”. Sono le dichiarazioni di Roberto Tasca, presidente di A2a, in occasione dell’evento ‘WelLfare. Il Welfare fa davvero bene’, organizzato da A2a per condividere una riflessione sui servizi di welfare, sui Premi di produttività e sul nuovo piano di azionariato diffuso, presentati a Milano. “In un momento in cui il Paese ha una serie di problemi di natura economica e sociale, dove gli stipendi sono bassi, noi vogliamo affrontare tali problematiche intervenendo a sostegno dei nostri dipendenti e della comunità nella quale siamo inseriti, con tutti i nostri limiti, ma con la consapevolezza di volerlo fare - spiega Tasca - Non è un caso che oggi vi sia la presenza dei sindaci di Milano e Brescia, le due città che rappresentano il controllo del nostro Gruppo. Credo sia un'unione perfetta di sforzi volti a intervenire su un problema concreto del nostro Paese”. “Il piano sulla genitorialità che abbiamo fatto consiste nel pagare chi fa figli all’interno della nostra life company, sostenendo da 1 a 18 anni il figlio: diamo 3250 euro al momento della nascita e diluiamo nel corso del tempo. Un piano varato per 12 anni - sottolinea - Abbiamo fatto questo per incentivare i nostri dipendenti. Infatti, regaliamo per tre anni il controvalore di 500 euro in azioni. Questo per far sì che chi lavora con noi si senta anche parte dei risultati economici e del comportamento che il titolo azionario ha sul mercato”. “Lo facciamo con un'assunzione di responsabilità: non è un vincolo, non è una legge o un decreto, è una testimonianza che vogliamo dare esattamente in questa direzione perché riteniamo che essere presenti in una comunità significhi anche farsi carico, in momenti particolari come questo, di questo tipo di responsabilità”, conclude il presidente di A2A.