(Adnkronos) - Il 2026 si aprirà con alcune importanti novità per milioni di automobilisti italiani, alcune positive, altre molto negative. Lo ricorda il Codacons, che calcola l'impatto delle nuove misure sulle tasche delle famiglie. La buona notizia riguarda le multe stradali. Il decreto Milleproroghe varato giovedì scorso dal governo ha infatti bloccato l'aggiornamento degli importi per le sanzioni stradali. Resta, così, invariato il valore delle multe che, in assenza di un intervento, a partire dal prossimo primo gennaio sarebbero salite di circa il 2%. Senza tale stop la multa per il divieto di sosta sarebbe passata da 42 a 43 euro, quella per l'accesso alle Ztl da 87 a 89 euro, il superamento dei limiti di velocità oltre i 60 km/h da 845 a 862 euro, il passaggio con semaforo rosso da 167 a 170 euro, il mancato uso delle cinture di sicurezza da 83 a 85 euro, quella per l'uso del cellulare alla guida da 250 a 255 euro, solo per fare qualche esempio. Si tratta del terzo blocco consecutivo dell'aggiornamento degli importi delle sanzioni stradali: la prima volta con la legge di bilancio per il 2023 il governo, in virtù della particolare situazione economica del Paese, scongiurò una stangata del 15,6% sulle multe, intervento prorogato poi anche per il 2025. L'ultimo incremento per le sanzioni risale al 2019, quando gli importi salirono del +2,2%, per poi scendere del -0,2% nel 2021 – ricorda il Codacons. Qui le brutte notizie riguardano i 16,6 milioni di italiani proprietari di autovetture, alimentate a gasolio. A partire dal prossimo 1° gennaio, infatti, scatterà il riallineamento delle accise voluto dal governo, con un aumento della tassazione pari a 4,05 centesimi di euro al litro per il Diesel che porterà nelle casse statali un incremento delle entrate pari a 552 milioni di euro nel 2026. Considerata anche l'Iva al 22%, un pieno di gasolio da 50 litri costerà quindi dal prossimo gennaio 2,47 euro in più rispetto ad oggi, con un maggior esborso su base annua, ipotizzando due pieni al mese, da +59,3 euro ad autovettura – calcola il Codacons – . Se si considera anche l’incremento da 1,5 centesimi scattato lo scorso maggio, il rincaro complessivo è pari a 3,38 euro a pieno, +81,1 euro all’anno. La manovra del governo prevede una analoga riduzione per l’accisa sulla benzina, ma il ribasso rischia di rimanere solo sulla carta: come già osservato a maggio, quando l’accisa è aumentata di 1,5 centesimi di euro il prezzo del gasolio alla pompa è immediatamente salito, mentre per la verde, pur in presenza di una riduzione dell’accisa da 1,5 centesimi, i ribassi sono stati minimi. A partire da gennaio si prevedono rincari anche per la spesa relativa all’Rc auto. Una delle misure contenute nell'emendamento omnibus al Ddl di bilancio, infatti, fa salire dal 2,5% al 12,5% l'aliquota per l’Rc auto relativa ai rischi di infortunio al conducente e rischio di assistenza stradale per i contratti stipulati o rinnovati a decorrere dal 1° gennaio 2026. Una misura che dovrebbe portare nelle casse statali 115 milioni di euro nel prossimo anno, e che sarà scaricata sugli assicurati che stipulano tale tipologia di polizza, attraverso un incremento delle tariffe. I prezzi dell’Rc auto stanno registrando sensibili aumenti, al punto che rispetto al 2022 il costo medio di una polizza ha subito un rincaro complessivo del 17,5%, passando da una media di 353 euro di gennaio 2022 (dato Ivass) ai 415 euro del secondo trimestre del 2025, con un aumento di ben 62 euro a polizza, conclude il Codacons.
(Adnkronos) - “L'obiettivo del 2026 sarà quello di gestire un clima incerto. Questo è stato l'anno dei dazi, che avevano portato previsioni restrittive per l’inizio del 2025, un anno che invece si chiude in buona salute, con un largo consumo che cresce di circa il 2,6%. Una percentuale che verrà confermata anche nel 2026, con un aumento dei volumi di circa +1% e un +1,6% nella componente prezzi”. È l’analisi di Stefano Cini, head of consumer intelligence & GeoMktg South Europe NielsenIQ, intervenuto oggi a Milano all’incontro con i giornalisti organizzato da Centromarca per illustrare considerazioni e dati relativi alle dinamiche e alle prospettive 2026 dell’economia, del largo consumo e dell’industria di marca. Per quanto riguarda il largo consumo, Cini evidenzia le tendenze dei diversi comparti: “Per quelli colpiti dall’inflazione legata ai costi delle materie prime si prospettano miglioramenti. L’intero comparto del caffè, che era stato tra i più penalizzati, troverà nel 2026 una buona ripartenza. Performance molto positive anche per il settore salute e benessere, che resterà una priorità per l’Italia”. La spinta alla crescita, sottolinea, arriverà quindi “dai comparti che rispondono a bisogni emergenti. Sarà necessario investire sempre di più su salute, naturalità e qualità percepita. Alcuni claim registrano performance particolarmente positive, intercettando gusti e necessità dei consumatori: ‘senza lattosio’, prodotti ricchi di proteine, compostabilità, mondo vegan e ‘senza zuccheri’”. Durante l’incontro è emersa con chiarezza anche la preferenza degli italiani per i prodotti di marca: “Una famiglia che acquista mediamente 246 brand in un anno lo fa scegliendo all’interno di un repertorio di oltre 22 mila marche. Tuttavia, se osserviamo la concentrazione degli acquisti, e quindi la fedeltà, scopriamo che una ventina di marche coprono l’80% della spesa. Dunque, molta sperimentazione nel dato complessivo, ma anche un elevato livello di fedeltà”, spiega Cini. “In questo contesto, l’evoluzione della domanda pone sfide importanti sia nella revisione degli assortimenti sia nei meccanismi promozionali, per i quali si registra un’efficacia in calo, con una riduzione del 47% del lift promozionale - riprende - Servono quindi piani sempre più mirati, basati su assortimenti razionalizzati e focalizzati sulle categorie in crescita. È inoltre necessario allentare la pressione del breve periodo e adottare strategie orientate a un posizionamento di medio-lungo termine, privilegiando l’incrementalità e aiutando le categorie a intercettare nuovi consumatori. Infine - conclude - è fondamentale valorizzare l’innovazione, sempre più supportata dalla distribuzione e dal marketing, per assicurare il corretto posizionamento dei prodotti sugli scaffali”.
(Adnkronos) - Il 46% degli italiani (quasi uno su due) è pessimista sul futuro del Paese e solo il 22% immagina un’Italia migliore nei prossimi dieci anni. Un giudizio severo che si affianca a un paradosso evidente: il 79% degli italiani, soprattutto i più giovani, dichiara di pensare al domani, ma il 63% continua a sentirsi 'ancorato' al presente. Questa è la fotografia che emerge dal 'Barometro del Futuro', l’indagine demoscopica presentata oggi dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e realizzata dall’Istituto Piepoli, nel corso dell’evento 'Un patto sul futuro, anche nell’interesse delle future generazioni', svoltosi all’Auditorium del Museo dell’Ara Pacis, in occasione della Giornata Mondiale dei Futuri dell’Unesco. L’incontro è stato l’occasione per presentare e discutere i primi risultati del progetto 'Ecosistema Futuro' (www.ecosistemafuturo.it), la partnership lanciata dall’ASviS un anno fa per mettere il futuro, o meglio 'i futuri', al centro della riflessione culturale, politica, economica e sociale del nostro Paese e che riunisce oltre 40 organizzazioni del mondo dell’istruzione, della cultura, dell’economia e dell’innovazione (tra cui i partner strategici Entopan, Intesa Sanpaolo, Iren, Randstad Research e Toyota Material Handling). “Come mostrato dall’indagine, gli italiani chiedono futuro, ma la gran parte di loro ritiene che nessuno se ne stia occupando seriamente, tanto meno i politici - ha commentato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS - tant’è vero che solo il 25% degli intervistati pensa che i governi agiscono anche nell’interesse delle future generazioni e il 65% ritiene che in Italia non si parli abbastanza di futuro. Ecosistema Futuro intende invertire questa tendenza, in linea con il ‘Patto sul Futuro’ approvato dall’Onu un anno fa, portando l’educazione ai futuri nelle scuole e nei musei, promuovendo riforme politiche come la Valutazione d’Impatto Generazionale delle nuove leggi, valorizzando la ricerca orientata al futuro e dando maggiore spazio alle giovani generazioni nelle scelte politiche”. Il 'Barometro del futuro', presentato da Livio Gigliuto, presidente dell’Istituto Piepoli, evidenzia un divario profondo tra percezione personale e collettiva: il 37% degli italiani è ottimista riguardo al proprio futuro, ma il 34% percepisce un vuoto di visione sul futuro del Paese. La politica è considerata orientata al futuro solo dal 4% dei rispondenti, la scuola dal 7%, con un pessimismo più marcato nel Centro e nelle Isole, e più attenuato nel Nord Ovest. Tra le preoccupazioni principali emergono l’aumento del costo della vita e delle diseguaglianze (44%), l’intelligenza artificiale (36%), i rischi globali per la sicurezza e la pace (32%) e la crisi climatica (30%). La fiducia degli italiani si concentra nella scienza (80%), mentre scende drasticamente per istituzioni (29%), media tradizionali (24%) e social media (21%). Il Barometro evidenzia inoltre una chiara domanda di giustizia intergenerazionale: sette italiani su dieci chiedono una Legge sul Clima e quasi due su tre sostengono un’imposta sulle grandi ricchezze per finanziare i giovani. Nel corso dell’incontro, organizzato in collaborazione con Icom Italia, Officine Italia, Save the Children e la Fondazione Italiana per gli Studi sul Futuro nell’ambito delle celebrazioni giubilari, sono state presentate le principali linee di azione di Ecosistema Futuro. Il Barometro del Futuro mostra una richiesta chiara: per il 75% degli italiani è urgente introdurre un’educazione al futuro nel sistema scolastico: da qui la prima linea di azione che riguarda l’introduzione della Futures Literacy proposta dall’Unesco nelle scuole e nei percorsi universitari, lungo le linee contenute nel Future Paper presentato oggi nel corso dell’evento. La seconda concerne le politiche pubbliche, attraverso l’applicazione della nuova normativa che impone la Valutazione d’Impatto Generazionale (Vig) delle nuove leggi, così da orientare le decisioni in una prospettiva di lungo periodo. La terza riguarda la partecipazione civica, con l’avvio del percorso verso la prima Assemblea Nazionale sul Futuro nel 2027. Nel corso dell’evento è stata annunciata anche la creazione del 'Network dei Musei dei Futuri', realizzato nell’ambito di Ecosistema Futuro da Icom Italia, rappresentata da Michela Rota (architetta esperta di sostenibilità), un’iniziativa che coinvolge già oggi oltre 40 istituzioni culturali apripista, che nel 2026 realizzeranno attività dedicate ai futuri possibili, con l’obiettivo di trasformare musei e istituzioni culturali in spazi di immaginazione civica e alfabetizzazione ai futuri. L’obiettivo è anche quello di realizzare un 'Museo dei Futuri' italiano, fisico e digitale, sulla falsariga delle esperienze internazionali esistenti. "Attuare il Patto sul Futuro in Italia vuol dire trasformare il modo in cui il sistema Paese prende le decisioni - ha commentato Luca Miggiano, responsabile del progetto Ecosistema Futuro - Per realizzare tale obiettivo è necessario confrontarsi sull’Italia che vogliamo nel futuro, migliorare i processi politici e creare una cultura orientata al futuro per navigare la complessità del presente. Ecosistema Futuro è nato per contribuire a creare un Paese per giovani, dando voce a chi già oggi lavora concretamente sul futuro e alle giovani generazioni, schiacciate tra debito climatico, precarietà e incertezze economiche".