(Adnkronos) - “La scelta di realizzare o no il Ponte sullo Stretto di Messina è politica e non tecnica, quello che possiamo affermare è che come Gruppo con la filiera abbiamo tutte le competenze tecniche e le tecnologie per realizzarlo bene, senza rischi, e nel massimo rispetto della legalità, come dimostriamo ogni giorno in Italia e nel mondo progettando, realizzando e consegnando opere complesse”. È quanto ha dichiarato Pietro Salini, Amministratore Delegato Webuild, ospite oggi di ReStart su Rai 3. “Questo progetto si inserisce in un piano di investimenti infrastrutturali molto più ampio portato avanti dal Governo Meloni e dal Ministro Salvini. Realizzare quest’opera significa dare ai 5 milioni di cittadini siciliani l’opportunità di essere connessi al Paese come tutti gli altri, con gli stessi diritti. Significa concretizzare un piano articolato di infrastrutture facendo sì che l’alta velocità ferroviaria su cui abbiamo già investito in Italia oltre 100 miliardi di euro raggiunga la Sicilia, dove forse mai come in questo momento si stanno realizzando ingenti investimenti in infrastrutture”. Prosegue Salini: “Dobbiamo immaginare un ampio piano di sviluppo infrastrutturale per la Sicilia nell’ambito del quale abbiamo lavorato ad un piano in grado di affrontare e risolvere in due anni il grave problema dell’acqua e della siccità con intervento di mercato di investitori interessati, rispondendo a quanto richiesto dalla Regione Siciliana. Come dimostriamo ogni giorno con gli impianti realizzati in Medio Oriente, con il nostro piano possiamo metter fine una volta per tutte all’emergenza idrica di cui soffrono oltre 2,3 milioni di siciliani in aree critiche, soggette a razionamento dell’acqua e aggravate dal precario stato di conservazione delle reti acquedottistiche e del sistema dei bacini di accumulo”, ha proseguito Salini. “Con il progetto del Ponte l’Italia si proietta sulla scena mondiale con un’opera incredibile dal punto di vista ingegneristico e trasportistico. Il progetto comprende anche importanti opere di collegamento sui versanti Sicilia e Calabria funzionali al Ponte, opere non funzionali al Ponte e opere di mitigazione ambientale, perché unite, Reggio Calabria e Messina danno luogo ad una grande metropoli. In Sicilia, infatti saranno realizzate tre fermate ferroviarie in sotterraneo che, unite alle stazioni di Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Messina, daranno concretezza al sistema metropolitano interregionale per l’area dello Stretto, una metropolitana al servizio dei suoi oltre 400mila abitanti. In Calabria, tra le altre cose, sarà realizzato un centro direzionale multifunzionale”. Il Progetto del Ponte “è stato assegnato al consorzio Eurolink a seguito di una gara internazionale, e oggi Webuild è al lavoro con gli spagnoli di Sacyr, con cui abbiamo già realizzato la straordinaria opera dell’ampliamento del Canale di Panama, e i giapponesi di IHI, specializzati nel settore ponti e cavi. Con queste competenze il Ponte si può fare”. Per quanto riguarda il tema delle faglie, Salini ricorda che è necessario far chiarezza su cosa sia una faglia. “Di faglie inattive ce ne sono infinite e ovunque nella crosta terrestre, anche in zone non soggette a rischio sismico, come, ad esempio, sotto il centro di Milano. Solo le faglie attive e capaci vanno tenute in considerazione nella progettazione delle opere. La faglia di cui si è parlato tanto in questi giorni non è grandi ponti sospesi costruiti in aree fortemente sismiche come il Ponte di Akashi Kaikyō in Giappone, che ha resistito al devastante sisma di Kobe del 1995, e il Ponte di Çanakkale in Turchia, che attraversa lo stretto dei Dardanelli con una campata centrale di 2023 metri, e che è stato costruito proprio sulla base del modello di impalcato elaborato per il Ponte sullo stretto di Messina. Questi esempi dimostrano che è possibile realizzare strutture sicure e durature anche in zone ad alta pericolosità sismica e contesti geologicamente complessi. Che il Ponte si possa fare è un fatto, che è sicuro è un altro fatto, se si vuole fare o meno è una scelta per l’Italia”, ha concluso Salini.
(Adnkronos) - Nell’ambito delle iniziative per la Giornata della Memoria 2025 per ricordare il dramma dello sterminio e delle persecuzioni nei confronti del popolo ebraico, si è oggi celebrato presso la sala degli Svizzeri di Villa Mondragone, in Monte Porzio Catone, l’evento 'Villa Mondragone house of life', per il decennale dal riconoscimento a Villa Mondragone del titolo di 'House of life' da parte della International Raoul Wallenberg Foundation. A rappresentare Roma Tor Vergata Nathan Levialdi Ghiron, rettore, Lucia Ceci, direttrice del dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, Claudia Gina Hassan, direttrice del Master in Studi sulla Shoah e sulla Memoria, Massimo Pulcini, sindaco di Monteporzio Catone e Francesca Sbardella, sindaca di Frascati. A introdurre e coordinare il tutto Tommaso Caliò, direttore del Centro romano di studi sull’ebraismo (Cerse) e associato di Storia del cristianesimo al dipartimento di Storia, patrimonio culturale, formazione e società dell’ateneo. Nel 2015 fu conferita la targa per ricordare il ruolo del rettore del Nobile collegio gesuitico, padre Raffaele de Ghantuz Cubbe, dichiarato 'giusto tra le nazioni', insieme ad altri docenti della scuola nella protezione di alcuni bambini ebrei perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale. Si trattava di Graziano Sonnino, che allora aveva 9 anni, suo fratello Mario, di 11, e suo cugino Marco Pavoncello, anche lui di 9 anni. A questi, va aggiunta la storia del piccolo Florian Hettner, anche lui rifugiato nella struttura assieme al padre Roland, pittore espressionista tedesco costretto a fuggire dalla Germania dopo l’avvento del nazismo, con sua moglie Marfried Salomon, di origine ebraica. Clelia Bonaiuto e Luca Hettner, figli di Florian, insieme agli ex alunni del Nobile Collegio di Villa Mondragone Marco Pavoncello e Graziano Sonnino, hanno partecipato all’evento commemorativo. Ai presenti il rettore Leviald Ghiron si rivolge dicendo: “Con profonda emozione voglio rivolgere un saluto ai signori Marco Pavoncello e Graziano Sannino, due bambini salvati in quegli anni drammatici. Con la stessa commozione saluto i familiari di Florian Hettner. Villa Mondragone ha rappresentato per voi un rifugio sicuro in un periodo oscuro della storia. Oggi la vostra storia non è soltanto un ricordo vivente di quel coraggio e di quella solidarietà che permisero di salvarvi, ma anche un messaggio che anche nei momenti più bui la luce dell’umanità può brillare attraverso le azioni di pochi uomini e donne giusti, come Padre Cubbe e coloro che aiutarono”. La storia della loro presenza a Mondragone, di cui erano perse le tracce, è stata raccontata da chi l’ha ricostruita maniera dettagliata: Valentina Viotti, studentessa della laurea magistrale in Scienze della storia e del documento dell’Università di Roma Tor Vergata, grazie alla fattiva collaborazione degli eredi di Florian Hettner. “La ricerca - spiega Viotti - è finalizzata a colmare un vuoto documentario sorto intorno alla permanenza, durante il secondo conflitto mondiale, della famiglia Hettner presso il Nobile Collegio gesuita di Villa Mondragone che durante i nove terribili mesi dell’occupazione nazista di Roma, si erge a ricovero per cittadini sfollati e rifugiati. La testimonianza orale, rilasciata nel 2010 da un protagonista appartenente alla comunità ebraica romana, riflette una luce chiara sull’operato dei religiosi: mettendo a repentaglio la propria incolumità, hanno accolto tra le viscere del Collegio dei bambini ebrei, che inizialmente si pensava fossero tre”. Tuttavia, una fotografia scattata sulla terrazza del Collegio Pio Latino Americano nel 1944, riportava nella didascalia il nome di Florian Hettner, avvalorava l’ipotesi di un quarto bambino, che neanche gli altri tre bimbi ricordavano di aver incontrato in quel periodo. “Dopo aver allacciato un contatto con i familiari a lui succeduti - prosegue - e ottenuto la loro fiducia, si è dischiuso per me l’archivio privato conservato presso la loro abitazione di Verona. Lo studio della documentazione inedita ha confermato non solo il nascondimento di Floriano presso il Nobile Collegio di Villa Mondragone, ma anche quello di suo padre Roland, artista tedesco fuggito dal regime nazista al quale si opponeva, e quello di sua madre Marfried Salomon, figlia di commercianti ebrei di Amburgo. Nuove carte a riguardo - conclude la studentessa - sono emerse dall’archivio dell’anagrafe del Comune di Monte Porzio Catone e dall’Archivio storico della Segreteria di Stato presso la Città del Vaticano”. Con la speranza di restituire ai protagonisti la giusta collocazione nella porzione di Storia a loro spettante, ulteriori prospettive di indagine sono aperte verso raccolte documentarie italiane ed estere.
(Adnkronos) - Geotermia, nuovo nucleare e idrogeno. Saipem raccoglie la sfida della transizione energetica e studia nuove soluzioni innovative per il settore energetico in linea con l’obiettivo Net Zero al 2050. In questo quadro, guardando al calore dal sottosuolo come fonte di energia rinnovabile affidabile e continuativa, ma ancora poco utilizzata rispetto alle sue reali potenzialità, Saipem ha siglato nel 2024 un Memorandum d’Intesa con Geolog, azienda attiva nella valutazione di formazioni geologiche e in soluzioni di perforazione, e Ignis H2 Energy, azienda specializzata nell'acquisizione, esplorazione e sviluppo di fonti geotermiche. L’obiettivo è quello di sviluppare soluzioni avanzate che possano consentire un maggiore utilizzo dell’energia geotermica, in Italia e a livello internazionale. In particolare, a livello di ricerca e sviluppo i tre ambiti principali di interesse di Saipem sono i sistemi geotermici di prossima generazione, l’energia geotermica offshore e la riconversione di pozzi oil&gas. Il Memorandum d’Intesa prevede che le tre società realizzino studi congiunti sull’energia geotermica non convenzionale, ovvero sorgenti di calore terrestre difficilmente accessibili e per questo ancora scarsamente sfruttate, e su quella offshore, di cui è ricco il bacino del Mediterraneo. Saipem si occuperà dello studio di fattibilità di impianti geotermici, valutando le soluzioni tecniche ad oggi disponibili sul mercato e identificando eventuali gap tecnologici. Geolog e Ignis contribuiranno alla valutazione delle formazioni geologiche e delle soluzioni di perforazione, nonché all'analisi della disponibilità di risorse geotermiche. L’expertise riconosciuto di Saipem nell’ambito della perforazione nel settore Oil&Gas così come nella realizzazione di grandi impianti e di sistemi di trasporto di fluidi, è già oggi virtuosamente al servizio della geotermia tradizionale onshore, permettendo di operare lungo l’intera catena del valore. La rivalutazione strategica dell’energia geotermica da parte di Saipem prevede anche lo sviluppo di convergenze virtuose con altri ambiti cruciali nei percorsi di decarbonizzazione dei prossimi decenni. La parola chiave, in questo senso, è 'ibridazione': ibridazione di progetti e tecnologie close to market come, ad esempio, nella sinergia tra processi di cattura della CO2 (Ccs) ed energia geotermica a bassa-media entalpia. La soluzione tecnologica Bluenzyme di Saipem per la Ccs, idonea all’utilizzo di calore recuperabile da fonti a bassa temperatura, può infatti ridurre ulteriormente le emissioni sfruttando l’energia geotermica come energia di processo. Questo concetto viene concretamente sfruttato nel progetto di cattura della CO2 del Gruppo Hera e Saipem, denominato CapturEste, che è stato recentemente selezionato dalla Commissione Europea per ricevere quasi 24 milioni di euro di sovvenzioni dal Fondo per l'Innovazione, per contribuire a mettere in atto tecnologie pulite all'avanguardia in tutta Europa. Per Saipem l'energia geotermica ha un ruolo strategico nel proprio mix energetico per accelerare la decarbonizzazione sia dell'approvvigionamento che del consumo energetico. La valorizzazione su larga scala e lo sfruttamento dell'energia geotermica rappresentano campi di naturale interesse per Saipem poiché comportano l'impiego di tecnologie, asset e competenze vicine al core business tradizionale dell’azienda: in qualità di leader nella perforazione e costruzione di impianti Oil&Gas onshore e offshore, con know-how e tecnologie specifiche per l'esecuzione di grandi e complessi progetti in tutto il mondo, Saipem è stata coinvolta nello sviluppo di progetti relativi allo sfruttamento dell'energia geotermica convenzionale fin dagli anni '70. Sempre in ottica di sviluppo di nuove fonti di energia, Saipem intende valutare le potenziali applicazioni dei reattori compatti di nuova generazione Small Modular Reactor (Smr) per installazioni offshore. Da qui l’accordo di collaborazione con newcleo, siglato lo scorso anno. L’obiettivo è quello di studiare l’applicazione della tecnologia ‘Small Modular Lead-cooled Fast Reactor’ (Sm-Lfr) di newcleo per produrre energia elettrica. L’accordo prevede, inoltre, la possibilità di estendere l'uso della tecnologia di newcleo per generare energia elettrica a zero emissioni e anche calore di processo a zero emissioni alle installazioni offshore di petrolio e gas e migliorarne quindi le performance di sostenibilità. La tecnologia di newcleo consente una maggiore efficienza nell’utilizzo del combustibile nucleare rispetto ad altri tipi di impianti convenzionali a fissione, grazie al riutilizzo del combustibile esausto utilizzato da altri reattori, in linea con i principi dell’economia circolare. Per Saipem la produzione di energia a zero emissioni attraverso impianti galleggianti offshore dotati di reattori compatti di nuova generazione può rappresentare una nuova frontiera per la transizione energetica. Altro vettore del futuro energetico è l’idrogeno verde, prodotto cioè sfruttando l’energia ricavata da fonti rinnovabili. Saipem e Nel Asa, durante la World Hydrogen Week 2024 a Copenaghen, hanno presentano Ivhy 100, prototipo di elettrolizzatore da 100 MW che sfrutta la tecnologia di elettrolisi alcalina atmosferica di Nel. L’innovativa soluzione per la generazione di idrogeno rinnovabile è stata progettata ed industrializzata per essere scalabile, modulare e per facilitare l'installazione e la messa in servizio di sistemi su larga scala. Saipem punta a soddisfare la crescente domanda di riduzione delle emissioni di carbonio nei settori più critici attraverso l'utilizzo di idrogeno rinnovabile, concentrandosi sulla creazione di derivati dell’idrogeno come l’ammoniaca, il metanolo e i carburanti sostenibili. Sempre in ottica di decarbonizzazione, la cattura della CO2 consente di chiudere il cerchio contenendo l’emissione di carbonio in atmosfera prodotto dai settori industriali cosiddetti hard-to-abate. Bluenzyme, soluzione tecnologica di Saipem per la cattura della CO2 basata sull’impiego di enzimi che, oltre al progetto precedentemente descritto con Hera a Ferrara, è stata selezionata da Ren-Gas, sviluppatore finlandese di progetti per l'idrogeno verde e l'e-metano, per il proprio impianto di e-metano a Tampere in Finlandia. Si tratta del primo impianto di cattura del carbonio post-combustione su scala industriale introdotto nel Paese. Saipem fornirà supporto completo dalla progettazione al collaudo finale delle prestazioni dell'unità di cattura. L'impianto Ren-Gas di Tampere produrrà circa 200 GWh di carburante rinnovabile per il trasporto pesante sia su strada che marittimo, oltre a 180 GWh di teleriscaldamento a zero anidride carbonica per il sistema di teleriscaldamento di Tampere. Il processo di produzione di e-metano utilizzerà le circa 40mila tonnellate di anidride carbonica catturate ogni anno dai fumi dell'impianto di incenerimento dei rifiuti di Tarastenjärv.