(Adnkronos) - Adele Corradi, la professoressa che dal 1963 aiutò don Lorenzo Milani a fare scuola nel piccolo borgo di Barbiana, nel comune di Vicchio del Mugello (Firenze) fino 1967, anno della scomparsa del sacerdote, è morta questa mattina all'età di 99 anni a Firenze, dove era nata il 9 dicembre 1924. Corradi seguì anche l'intero lavoro di redazione collettiva del volume "Lettera a una professoressa", firmato come Scuola di Barbiana. Sulla sua esperienza e conoscenza di don Milani, negli anni più difficili e avvincenti della Scuola, Corradi, che per tutta la vita lavorativa è stata insegnante di scuola media fino all'età di 67 anni, ha pubblicato il libro "Non so se don Lorenzo" (Feltrinelli, 2012). Era "la professoressa diversa da tutte le altre", a cui don Milani dedicò una copia della più celebre delle sue lettere. L'annuncio della scomparsa è stato dato dalla Fondazione don Lorenzo Milani con un comunicato sul proprio sito internet: "Ci stringiamo intorno al dolore della grande famiglia del priore di Barbiana e di quanti hanno voluto bene ad Adele, consigliera ed anche per noi maestra". "Adele Corradi ha voluto bene al suo priore ed ha passato tutta la sua esistenza a difenderlo dalle periodiche accuse, a fare conoscere il suo insegnamento e la sua scuola", aggiunge la Fondazione. Nel suo libro "Non so se don Lorenzo" si legge a tal proposito: "A me pare orribilmente offensivo anche soltanto tentare di difenderlo. Don Milani si difende da solo. Con tutto quello che ha fatto. E con tutto quello che ha scritto. Ma bisogna leggerlo tutt’intero, non limitarsi a estrapolare una frasetta interpretandola a vanvera. Leggendo il suo testamento, si comprende che per don Lorenzo l’amore di Dio si potesse vedere solo attraverso l’amore per le sue creature. A Barbiana si viveva nell’attenzione: don Lorenzo i suoi ragazzi non li perdeva mai di vista. E, nonostante la fortissima personalità del maestro, non si creava mai dipendenza psicologica". Adele Corradi ha raccontato: "Mi diedero una supplenza, la prima supplenza della scuola statale, per l'appunto a Borgo San Lorenzo. La preside mi parlò di questa scuola di Barbiana, dove i ragazzi facevano cose straordinarie: studiavano, facevano orario continuato". Così ebbe il desiderio di visitare quella scuola e quando arrivò per la prima volta a Barbiana, don Milani, come sempre il pomeriggio, iniziò la lezione con la lettura del giornale. "Volevo conoscere questa scuola perché ero lì a combattere con ragazzi che non avevano voglia di far nulla e mi chiedevo: come fa questo tizio a ottenere questi risultati, ha qualche ricetta? Un mese dopo ci tornai. Arrivai che stavano facendo lezione e mi misi seduta ad ascoltare. Mezz'ora dopo, i ragazzi facevano dieci minuti di pausa. Don Milani mi disse: 'Ha qualche ragione particolare, signora, per essere ritornata oggi?' 'Sì' - dissi - 'vi volevo chiedere come fate a insegnare a scrivere l'italiano' - perché in un articolo avevo letto: 'nella nostra scuola si scrive quando siamo ispirati. Non insegna nessuno'". Così Adele chiese aiuto a don Milani e lui gli rispose che proprio quel giorno avrebbero iniziato un metodo di scrittura che sarebbe servito a qualcosa: "Stavano iniziando la lettera a Mario Lodi. Nella lettera dei ragazzi si descrive cos'è Barbiana. In quella di don Milani si spiega com’era stata scritta". Adele cominciò a seguire la scuola di Barbiana e don Milani però volle farle capire che non era importante solo il metodo. "Una delle cose che si imparavano era la scrittura collettiva, che rispettava il pensiero degli altri. E così sono rimasta a Barbiana". Infatti, poco dopo, si trasferì in una casa vicino alla parrocchia. La mattina la passava nella scuola media di Borgo San Lorenzo e la sera insegnava a Barbiana. Di sé stessa Corradi aveva detto: "Per tutta la mia vita lavorativa sono stata insegnante di lettere nella scuola media. Sono andata in pensione a 67 anni. Devo confessare che ero un'insegnante identica alla destinataria della 'Lettera ad una professoressa'. I rimproveri che i ragazzi di Barbiana rivolgono a quell'insegnante me li meritavo tutti. Per questo non c'è una parola della 'Lettera' che non sottoscriverei. L'incontro con la Scuola di Barbiana e con don Milani ha scavato un solco nella mia vita. Mi sono vista come non mi ero mai vista. E non solo come insegnante, ma come persona". (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - In tema di digitalizzazione "i fondi sono importanti, ma molto spesso risultano essere molto più strategiche le risorse di cui si dispone in termini di capitale umano. Su questo aspetto bisogna fare ancora dei passi in avanti importanti”. Risponde così, all’Adnkronos, l’amministratore delegato di Engineering, Maximo Ibarra, intervistato in occasione di ‘FutureS’, l’evento organizzato da Sisal nella Galleria Doria Pamphilj a Roma, per stimolare un confronto tra istituzioni, aziende e opinion maker e discutere delle sfide e delle opportunità legate all'innovazione digitale. Al centro dell’appuntamento il tema delle infrastrutture digitali come motore di sviluppo per il sistema produttivo italiano. Un contesto, quello del nostro Paese, che mostra ancora una forte disomogeneità negli investimenti digitali, con le Pmi che affrontano ritardi significativi rispetto alle grandi imprese: “Non si tratta di progettualità, ma di quelle persone e competenze, anche di program management, che possono aiutare i Comuni nella messa a terra di questi progetti”, legati alla digitalizzazione, “Perché quando si ha un piano, il piano è importante, rilevante, ma poi bisogna implementarlo”, le parole di Ibarra. A rallentare il progresso di trasformazione tecnologica, l’inverno demografico che vive il Paese: “Mancano i giovani. Bisogna fare tre cose per poter affrontare questo tema - suggerisce l’ad di Engineering - ci vuole maggiore collaborazione tra le aziende e le università preparando insieme i percorsi formativi, dall'inizio. Un secondo aspetto, invece, è la collaborazione tra le stesse aziende, cominciando a costruire o ad implementare un network di Academy. Questo può facilitare l’incontro tra la domanda e l'offerta. Terzo - continua Ibarra - un lavoro di innovazione su quelli che sono i percorsi formativi proprio nelle scuole. Non parlo più delle università. Il tipo di formazione che oggi bisogna dare per poter sfruttare al meglio”, le nuove tecnologie, “non è soltanto digitale in senso stretto - conclude - ma è molto più ibrido e molto più ampio”.
(Adnkronos) - Quasi 3 italiani su 4 (73%) sanno che gli alberi abbassano la temperatura laddove sono piantati, limitando la formazione delle cosiddette 'isole di calore'. Allo stesso tempo, quasi 1 su 5 non sa che gli alberi sono in grado di mitigare gli effetti della pioggia intensa e di limitare gli allagamenti, mentre 1 su 3 ignora che gli alberi nelle città sono in grado di assorbire la CO2. Sono alcuni dei dati emersi da una ricerca elaborata dalla divisione Annalect di Omnicom Media Group per Prospettiva Terra, il progetto non-profit fondato dal Stefano Mancuso, accademico e divulgatore scientifico, e da Marco Girelli, Ceo di Omnicom Media Group Italia, con la partecipazione di realtà quali McDonald's, Henkel, Ricola, Acone Associati, Publitalia'80 ed il contributo di Pnat, come partner scientifico, e Bam-Biblioteca degli Alberi di Milano, come Botanical Partner, con l'obiettivo di affrontare insieme il problema del riscaldamento globale. L'indagine, realizzata su un campione di 1.000 intervistati residenti in cinque grandi città italiane, Milano, Torino, Roma, Napoli e Palermo, ha l'obiettivo di investigare il grado di conoscenza dei cittadini sul ruolo che gli alberi ricoprono nel contrastare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico in occasione della Giornata Nazionale degli Alberi (21 novembre). Nel dettaglio, si scopre che 6 italiani su 10 affermano che le foreste molto estese nel mondo sono in grado di assorbire grandi quantità di CO2, consapevolezza che cala, a sorpresa, sul target dei giovani 18-24enni (58%), sempre attenti ai temi ambientali, rispetto a quello dei 55-64enni (65%). "Sappiamo ancora troppo poco del nostro pianeta e questa ricerca ce lo dimostra - afferma Mancuso - Il disastro di Valencia o le alluvioni in Emilia-Romagna e in Sicilia, tanto per citare i gravi fatti più recenti, ci impongono un'azione forte e non più rimandabile. Il 2024 sarà l'anno più caldo di sempre ed il primo con una temperatura media globale di 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali. Per questo bisogna educare le persone, fare formazione e informazione su come proteggere il nostro pianeta e limitare i danni: questo è l'obiettivo di Prospettiva Terra, con cui stiamo costruendo un modello cooperativo e diffuso, simile alle reti vegetali, in cui delle imprese private decidono di farsi carico del futuro che ci aspetta, lavorando nell'unica direzione possibile, ossia la partecipazione diretta a progetti di innovazione scientifica". Tre abitanti su 4 dichiarano che nel proprio quartiere gli alberi sono molto o abbastanza diffusi (75%). Tuttavia, i dati sono molto diversi da città a città: a Torino e a Roma la percentuale è del 90%, a Milano dell'80%, a Palermo del 63% e a Napoli soltanto del 51%. In effetti, Torino ha la più alta percentuale della superficie comunale occupata da aree verdi (18,2%), mentre Palermo si ferma al 4,8%. Inoltre, la percezione cambia anche in base alla zona della città in cui si vive: il dato è più forte man mano che dal centro (72%) ci si avvicina al semi-centro della città (75%), fino alla periferia (77%). In particolare, la percezione della forte presenza degli alberi cresce, anche fino al 30%, in periferia, mentre nelle aree centrali e semi-centrali si attesta intorno al 20%. Non a caso, dunque, Napoli e Palermo sono le città in cui gli alberi sono più desiderati (rispettivamente 93% e 87%). Sebbene nelle altre città gli alberi sono percepiti come più presenti, le percentuali restano alte: a Torino e a Milano la percentuale di chi vorrebbe più verde in città si attesta intorno al 75% e a Roma al 69%. L'altro dato molto rilevante è quello della posizione rispetto alla città: il desiderio di avere più alberi, senza differenze sostanziali tra nord, centro e sud, è molto più sentito nel centro della città (87%) rispetto al semi-centro (80%) e, soprattutto, rispetto alla periferia (68%) dove la presenza degli alberi è tipicamente più forte. Scelta da oltre 6 italiani su 10, la quercia risulta essere l'albero che più di tutti, nell'immaginario collettivo, è in grado di contrastare gli effetti del cambiamento climatico, superando nettamente l'abete (39%) ed il pino (37%). Fuori dal podio sono i tigli (25%), i cipressi (24%) e i frassini (23%). "Le piante sono vere e proprie macchine in grado di stoccare CO2 nei propri tessuti legnosi e assorbire alcuni inquinanti atmosferici, come il monossido di carbonio ed il particolato atmosferico - afferma Camilla Pandolfi, Ceo e R&D Manager Pnat - La farnia, ovvero la quercia più conosciuta (Quercus robur), è un albero in natura molto longevo ed è in grado di apportare numerosi benefici nell'arco della sua vita. Anche tigli e frassini sono in realtà molto performanti per quanto riguarda la rimozione degli inquinanti, grazie a particolari caratteristiche delle foglie e dei rami che permettono alle particelle fini di depositarsi sulla loro superficie, rimuovendole così dall'atmosfera. Non dimentichiamoci però delle specie sempreverdi (abeti, pini e cipressi) che, a differenza degli alberi caducifoglie, mantengono la chioma fogliata tutto l'anno e apportano notevoli benefici ambientali anche nei mesi in cui le altre piante sono meno attive, ovvero durante la stagione invernale". Una cosa sicuramente mette tutti d'accordo da nord a sud: l'idea che essere circondati da alberi possa donare benessere mentale, serenità e gioia, per la quasi totalità del campione (96%). Napoli, una delle due città che lamentano una scarsa presenza di alberi, è quella in cui viene associata di più agli alberi l'idea di maggior aiuto per il benessere mentale e la serenità. E quando agli italiani viene chiesto quali pensieri e stati d'animo associano agli alberi, in generale, la risposta è un sentimento di serenità e di leggerezza: la prima idea, infatti, è quella del relax (33%), seguita dalla purezza (22%) e dai concetti di forza (17%), spiritualità (9%) e gioia (7%).