INFORMAZIONICristina Baraviera |
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(Adnkronos) - Il lieto fine racchiude un percorso di vita. Un sentiero di cuore e fatica, piazzando ganci e montanti fino alla rinascita. Quella di Gloria Peritore, regina della kickboxing italiana e pugile lanciata verso il titolo europeo dei pesi gallo, è arrivata sul ring. L’amico che dopo una storia tossica le ha permesso di ritrovare la forza giusta nei confronti del mondo. E l’amore, lo stesso con cui ogni giorno tende la mano a tante persone in difficoltà con "The Shadow Project", community nata per supportare donne bisognose di aiuto. Contro violenze fisiche o psicologiche. "Un tema che torna attuale nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ma di cui si dovrebbe parlare sempre" spiega all’Adnkronos. "Il 25 novembre va sfruttato in positivo - racconta la campionessa - facendo vedere quanti strumenti stanno nascendo per aiutare le donne che subiscono violenza. Per cambiare la società, bisogna però agire anche sugli uomini. Sono una pedina importante della battaglia". Nel 2020, "The Shadow Project" è nato con questa stella polare. Per dare sostegno, con gli sport da combattimento, a persone che in passato hanno vissuto una situazione simile alla sua: "Si tratta di una rete di amiche, ideata per semplificare il percorso d’uscita da storie difficili. Non è difesa personale, ma uno sportello basato sul concetto di primo aiuto, ciò che è mancato a me anni fa. Nella disperazione di quel periodo, mi sono trovata a scrivere su un sito di supporto anonimo. Nessuno rispose, così mi impegnai per cambiare le cose. Mettendo tutta me stessa in questo progetto. Questi sport insegnano a lottare nonostante le difficoltà, a distinguere la violenza dall’agonismo. E permettono il confronto, con uomini e donne, nel pieno rispetto delle differenze”. Con gli anni “The Shadow Project” ha spiccato il volo, fino all’America: "Qualche mese fa ho ricevuto una chiamata dal Consolato Generale d’Italia a Filadelfia e Detroit e sono stata lì per fare giornate di divulgazione, ho fatto allenare tanti ragazzi in palestra e ci siamo divertiti. Abbiamo dimostrato che i valori del fighting possono essere usati per una società migliore, non violenta. A breve tornerò lì per discutere nuove possibilità di collaborazione, sempre utilizzando il linguaggio universale dello sport. La novità è che ci siamo affiancati ad Alteya Onlus. Con loro, abbiamo istituito uno sportello di orientamento gratuito, a livello psicologico e poi anche pratico, per tutte le donne che non sanno con chi parlare in momenti bui.". La consapevolezza di prendere in mano la sua vita, muovendosi per cambiare anche quella degli altri, Gloria l’ha trovata grazie al potere dello sport: “Anni fa entrai in palestra quasi per gioco, la kickboxing mi intrigava". Se il combattimento venne per caso, il quadrato fu un richiamo. "In un momento complicato, tirai fuori il coraggio di fare il primo passo per lasciarmi alle spalle una relazione dannosa. Per un nuovo futuro". Arrivato con la kickboxing, il primo grande amore, che l’ha portata a diventare campionessa del mondo Iska e poi a confermarsi negli anni la numero uno in Italia. Oggi il viaggio continua con la boxe, che da qualche tempo dà nuove soddisfazioni e nuovi stimoli. "Il cambiamento è stato rischioso. Con una carriera già scritta non era facile riconfermarsi in un'altra disciplina, seppur simile, partendo da zero. Mi sono sempre trovata di fronte avversarie complicate, ma è sfidante e mi diverto". Un’impressione chiara anche all’esterno: "Le persone mi dicono che sono più felice. Ed è vero, la boxe è percepita con più attenzione e ho tante chance di combattere, divertirmi ed esprimermi. Il prezzo da pagare è che si ricomincia da 0-0-0 (ride, ndr), ma ne vale la pena". A fine ottobre, è arrivato a Palermo il titolo Ebu Silver dei pesi gallo, ma oltre al successo e alla possibilità di giocarsi presto la cintura europea, il ring le ha dato un’altra gioia. La proposta di matrimonio di Manuele, suo coach e compagno. "Al palazzetto c’era tutta la famiglia, ma non me lo aspettavo. È stata un’emozione fortissima". Quasi un regalo del destino, che con lo sport ha donato a Gloria una rinascita: "Ho pensato più di una volta a questo intreccio. Con Manuele ho trovato l’amore vero, basato sul rispetto reciproco. Non a caso, mi dà una carica incredibile e metto sempre sul ring tutti i valori che condividiamo". In fondo, non capita tutti i giorni di avere all’angolo un coach... futuro marito. (di Michele Antonelli)
(Adnkronos) - In tema di digitalizzazione "i fondi sono importanti, ma molto spesso risultano essere molto più strategiche le risorse di cui si dispone in termini di capitale umano. Su questo aspetto bisogna fare ancora dei passi in avanti importanti”. Risponde così, all’Adnkronos, l’amministratore delegato di Engineering, Maximo Ibarra, intervistato in occasione di ‘FutureS’, l’evento organizzato da Sisal nella Galleria Doria Pamphilj a Roma, per stimolare un confronto tra istituzioni, aziende e opinion maker e discutere delle sfide e delle opportunità legate all'innovazione digitale. Al centro dell’appuntamento il tema delle infrastrutture digitali come motore di sviluppo per il sistema produttivo italiano. Un contesto, quello del nostro Paese, che mostra ancora una forte disomogeneità negli investimenti digitali, con le Pmi che affrontano ritardi significativi rispetto alle grandi imprese: “Non si tratta di progettualità, ma di quelle persone e competenze, anche di program management, che possono aiutare i Comuni nella messa a terra di questi progetti”, legati alla digitalizzazione, “Perché quando si ha un piano, il piano è importante, rilevante, ma poi bisogna implementarlo”, le parole di Ibarra. A rallentare il progresso di trasformazione tecnologica, l’inverno demografico che vive il Paese: “Mancano i giovani. Bisogna fare tre cose per poter affrontare questo tema - suggerisce l’ad di Engineering - ci vuole maggiore collaborazione tra le aziende e le università preparando insieme i percorsi formativi, dall'inizio. Un secondo aspetto, invece, è la collaborazione tra le stesse aziende, cominciando a costruire o ad implementare un network di Academy. Questo può facilitare l’incontro tra la domanda e l'offerta. Terzo - continua Ibarra - un lavoro di innovazione su quelli che sono i percorsi formativi proprio nelle scuole. Non parlo più delle università. Il tipo di formazione che oggi bisogna dare per poter sfruttare al meglio”, le nuove tecnologie, “non è soltanto digitale in senso stretto - conclude - ma è molto più ibrido e molto più ampio”.
(Adnkronos) - Più di un milione di chili di plastica riutilizzata ogni anno nelle proprie produzioni, arrivando a coprire fino al 90% della produzione totale. È il caso studio di Ifaba, presentato da Omnisyst a Ecomondo, evento di riferimento in Europa per nuovi modelli di economia circolare, terminato l'8 novembre a Rimini. Il caso vede protagonisti gli stabilimenti produttivi di Ifaba, multinazionale tascabile milanese specializzata nella fornitura di forme per la produzione di scarpe ai principali marchi mondiali del lusso. Affiancata da Omnisyst, attiva nella gestione circolare dei residui di produzione, Ifaba ha intrapreso un progetto che unisce logistica inversa, simbiosi industriale e responsabilità estesa del produttore per un riutilizzo virtuoso dei materiali plastici. Nel dettaglio, l’azienda ha richiesto supporto a Omnisyst per ridurre il quantitativo di residui in un ambito specifico: la produzione di forme in plastica per calzature, che hanno una vita molto breve. Queste forme, diverse per ogni collezione, modello di scarpa e taglia, non possono essere riutilizzate per le produzioni successive, incrementando così la quantità di rifiuti. È nato, così, un approccio che prevede il ritiro e il recupero delle forme di plastica ormai esauste dai clienti del lusso di Ifaba e il loro conferimento in un impianto che le riduce in granuli per essere reimpiegate nella produzione di nuove forme di scarpe, creando un ciclo virtuoso che minimizza l’impronta ambientale. “Le esigenze sono quelle di avere dei livelli di servizio, di professionalità e di struttura dell’azienda - afferma l’amministratore delegato di Ifaba Luca Giani - che devono essere sempre di più ricercate nell’eccellenza. Solo in innovazione, macchinari e attrezzature, nel piano industriale di Ifaba, investiamo tra il 7 e il 9% dei ricavi”. Ifaba decide, così, di assumersi la responsabilità del destino di residui industriali che non erano più in loro gestione: questo concetto di responsabilità estesa del produttore va oltre gli obblighi normativi e rappresenta un nuovo impegno per l’ambiente. La logistica inversa, che ha inizio alla fine del ciclo di vita delle forme per calzature e che mira a restituire valore al prodotto per un suo riutilizzo, rappresenta una soluzione di grande impatto nell’ambito della gestione sostenibile dei materiali, permettendo di chiudere il ciclo di vita dei prodotti riducendo gli sprechi. “Omnisyst ha supportato Ifaba in questo percorso - spiega Antonino Rapisardi, direttore Commerciale, Strategia e Sviluppo di Omnisyst - studiando il flusso di rifiuti plastici generati alla fine del ciclo di vita delle forme per calzature e progettando un processo per il recupero e la riduzione in granuli della plastica. Il modello operativo sviluppato è il risultato di un Waste Check-Up approfondito, che ha permesso di ottimizzare le soluzioni di riutilizzo con un approccio data-driven, monitorando al contempo le emissioni”. L'intervento ha portato a risultati tangibili: in due soli carichi, sono stati recuperati oltre 25mila chili di prodotto e compensati 540 kg di emissioni di CO2, monitorati con algoritmo proprietario e certificato Omnisyst, garantendo un processo carbon neutral. Questo modello integrato è stato reso possibile grazie alla digitalizzazione e a un’accurata gestione dei dati. Rapisardi continua: “Questi processi sono già in essere in Italia in certi ambiti da trent’anni. Se parliamo di riciclo, l’Italia è campione europeo, come dimostrato dal recente report GreenItaly. Qui si tratta ora di diffondere il messaggio e fare in modo che diventi una pratica sempre più diffusa. La sensibilità delle aziende a questo tipo di pratiche è fondamentale, altrimenti queste eccellenze restano dei silos pur virtuosi a livello europeo, ma che non si propagano in tutto il tessuto industriale”. Sono stati seguiti, dunque, i principi di simbiosi industriale, che puntano alla creazione di un circuito chiuso, in cui i cosiddetti 'scarti' di lavorazione possono essere riutilizzati all’interno di altri processi, che siano di un’azienda prossima o della stessa azienda che li ha generati. La simbiosi industriale consente alle aziende di condividere risorse e know-how, ottimizzando l’efficienza dei processi e abbattendo i costi.