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(Adnkronos) - “La mancanza di un approccio educativo integrato, penalizza l’efficacia dei Cam”, Criteri ambientali minimi. “Abbiamo condotto una ricerca tra il 2022 e il 2023, in collaborazione con Cirfood e Milano Food Policy, che ha coinvolto tutte le regioni italiane con un numero significativo di mense nelle scuole primarie, somministrando questionari con l’aiuto dei docenti. I dati raccolti sono stati clasterizzati e il primo studio è stato pubblicato sulla rivista Food Preferences, mentre un secondo uscirà presto su Sustainability. I risultati mostrano che i Cam rappresentano un tentativo di migliorare le performance ambientali, il gradimento del cibo, le traiettorie di salute dei consumatori e la riduzione dello spreco alimentare. Tuttavia, il raggiungimento di questi obiettivi si è rivelato più complesso”. Così Michele Fino, università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, intervenendo oggi al Secondo Summit della Ristorazione Collettiva, al Cirfood District di Reggio Emilia in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. “I vari soggetti coinvolti nella nutrizione scolastica - spiega Fino - svolgono la loro parte, ma ciò non garantisce che il risultato finale sia ottimale. Questo approccio, che frammenta il processo, porta a risultati paradossali, come un alto spreco di cibi di qualità. Ad esempio, il pesce di alta qualità proveniente da zone Fao è scartato dal 60% dei bambini, non per motivi di gusto, ma perché non lo mangiano a casa e lo percepiscono come estraneo. Un altro punto critico è l’educazione alimentare, che risulta insufficiente. I bambini abituati a mangiare vegetariano o vegano a casa tendono ad accettare più facilmente i pasti a base di legumi e proteine alternative, mentre gli altri li rifiutano”. Dal punto di vista normativo, “i Cam presentano anche delle criticità - illustra il professore - Le prescrizioni appaiono a volte ideologiche, come nel caso dell’obbligo del 100% biologico per uova e latte. Questo crea difficoltà di approvvigionamento, soprattutto perché le filiere biologiche italiane per questi prodotti non sono sufficientemente sviluppate, portando le imprese a rivolgersi a fornitori esteri. Inoltre, alcuni criteri sembrano avere un effetto ‘taumaturgico’ del biologico, come il requisito del 10% di carne suina biologica, che non influisce significativamente sul risultato finale. C’è poi la questione della varietà dei prodotti biologici: mentre la produzione di frutta biologica è significativa in Italia, quella di cereali è molto ridotta. L’imposizione del 50% di prodotti biologici in peso per frutta, legumi e cereali non riflette accuratamente la realtà”. Oltre alla scelta di prodotti biologici, “è previsto l’utilizzo di prodotti locali o provenienti da Sqnp, un criterio di sostenibilità valutabile secondo uno schema approvato dal ministro dell’Ambiente - chiarisce Fino - Alcune decisioni del legislatore risultano però discutibili. Ad esempio, è stato prescritto che una quota di salumi e formaggi debba essere biologica, o in alternativa Dop o Igp, che non necessariamente garantiscono un valore nutrizionale superiore. Ancora più sorprendente è l’inclusione dei salumi nei Cam per la ristorazione scolastica, nonostante non vi sia alcuna linea guida che raccomandi il consumo di salumi per i bambini. Questo solleva dubbi, poiché carni rosse lavorate non dovrebbero essere un criterio di assegnazione per le mense scolastiche, indipendentemente dal fatto che siano biologiche, Dop, Igp o di montagna”. Inoltre, “durante un incontro con un senior policy advisor dell’Efsa, l’Autorità europea perla sicurezza alimentare - precisa l’esperto - è emerso un punto interessante: se alcolici e salumi fossero oggi presentati all’Efsa come novel food, sarebbero probabilmente bocciati a causa della mancanza di dati sufficienti sulla sicurezza alimentare. Questo evidenzia la necessità di una ristrutturazione logica e complessiva dei Cam, con un ripensamento su alcune prescrizioni. Un altro tema importante riguarda la valutazione scientifica del concetto di ‘residuo zero’ rispetto al biologico. Il 74% della frutta italiana è già prodotta a residuo zero, mentre solo il 30% è biologica. Questo significa che esiste un margine significativo di produzione non biologica, ma a residuo zero che potrebbe essere considerato per migliorare gli standard senza creare eccessive barriere all’ingresso”. Infine, “è fondamentale concentrarsi sui risultati di sicurezza garantita, anziché imporre rigidamente criteri di processo - conclude Fino - Occorrerebbe un sistema che privilegia i risultati concreti in termini di sicurezza alimentare e qualità, piuttosto che attenersi rigidamente a criteri processuali che, attualmente, dominano la disciplina dei Cam”.
(Adnkronos) - L'Italia è il Paese "che più di tutti si è dotato di sistemi di autoproduzione" elettrica, come i pannelli solari. Oggi si contano 1,500,000 piccoli produttori e se ne aggiungono circa 1000 al giorno. Così Nicola Lanzetta, direttore di Enel per l'Italia, dal palco di Comolake. La sfida, spiega il dirigente, è rendere la rete in grado di ospitare i nuovi sistemi e accogliere l’immissione dell’energia extra. La difficoltà aggiuntiva è la complessità e la capillarità di quella italiana: "se la misurassimo copriremmo la distanza Terra-Luna tre volte", sottolinea Lanzetta. Ad accrescere l'urgenza c'è il cambiamento climatico: secondo i meteorologi gli eventi meteo estremi stanno aumentando mediamente del 15-20% ogni anno. Ne consegue che la resilienza della rete deve crescere: investire è indispensabile, spiega il direttore, anche perché sempre più applicazioni finali usano elettricità invece di fonti tradizionali.
(Adnkronos) - “Il tema dei Cam”, cioè dei Criteri ambientali minimi, “può essere inquadrato nell’ambito del cosiddetto Green Public Procurement (Gpp), lo strumento dell’Unione europea pensato per orientare la domanda pubblica verso servizi e beni a ridotto impatto ambientale. In Italia, il Gpp si è concretizzato attraverso decreti ministeriali che definiscono i Cam. Tra questi, i Cam della ristorazione, entrati in vigore nell’agosto 2020, durante la pandemia, hanno introdotto specifici requisiti per diverse tipologie di servizio, come la ristorazione scolastica, aziendale e sociosanitaria”. Questi criteri presentano però “delle criticità” e "variabilità interpretative". Così Anna Flisi, Quality, Health & Safety and Environment Manager Cirfood, intervenendo al Secondo Summit della Ristorazione Collettiva, oggi, al Cirfood District di Reggio Emilia in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, che si celebra il 16 ottobre. “I Cam della ristorazione sono suddivisi in due categorie: clausole contrattuali e criteri premianti - spiega Flisi - Le clausole contrattuali rappresentano i requisiti di base da rispettare per la presentazione dell’offerta, disciplinando aspetti come le percentuali minime di materie prime biologiche o ittiche e modalità per ridurre lo spreco alimentare, monitorare le eccedenze e incentivare l’uso di attrezzature energeticamente efficienti. I criteri premianti, invece, sono particolarmente rilevanti per l’assegnazione degli appalti, che avviene sulla base del principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, composta da un elemento quantitativo, ossia il prezzo, e uno qualitativo, ovvero il progetto tecnico. Il punteggio qualitativo si basa sui Cam, con particolare attenzione alla richiesta di prodotti da agricoltura biologica e a chilometro zero o filiera corta”. Tuttavia, “le definizioni di chilometro zero e filiera corta sono state oggetto di interpretazioni divergenti - osserva Flisi - I Cam, inizialmente, contenevano una definizione univoca ma, successivamente, i vari disciplinari di gara hanno personalizzato queste definizioni, portando a interpretazioni distanti da quelle originarie. La situazione si è ulteriormente complicata con l’introduzione della legge 61 del 2022, che ha ridefinito i concetti di chilometro zero e filiera corta senza abrogare i Cam, generando confusione”. Questa “variabilità interpretativa rappresenta un problema significativo - rimarca l’esperta - Un’impresa di ristorazione come Cirfood, che partecipa a circa 400 gare d’appalto all’anno, deve capire come vengono interpretati i Cam in ogni gara e adattare l’offerta di prodotti di conseguenza. Anche le commissioni di gara si trovano a dover giudicare le offerte in un contesto di incertezza interpretativa. Ciò ha portato a un aumento della richiesta di documentazione e certificazioni per oggettivare il lavoro delle commissioni, aggravando il carico burocratico, soprattutto per i piccoli produttori”. Questo scenario “non favorisce nessuno degli attori coinvolti nella filiera e rischia di compromettere la qualità del servizio - sottolinea Flisi - La difficoltà di reperire i prodotti conformi ai Cam e la sostenibilità economica rappresentano ulteriori criticità. Se non si riescono a garantire le percentuali richieste di biologico, chilometro zero e filiera corta, i fornitori possono trovarsi di fronte a due opzioni: non offrire il prodotto, con il rischio di non aggiudicarsi la gara, o offrirlo e successivamente dover chiedere deroghe durante l’erogazione del servizio. Questa situazione - conclude - pone le imprese di ristorazione in una posizione delicata, obbligandole a fare scelte che potrebbero compromettere sia la partecipazione alle gare che la qualità del servizio offerto, una condizione che coinvolge non solo Cirfood, ma tutti gli operatori del settore”.