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(Adnkronos) - Evelina, la figlia di Vittorio Sgarbi, è stata ospite oggi, domenica 12 ottobre, a Domenica In per tornare a parlare pubblicamente della sua decisione di richiedere un amministratore di sostegno per il padre dopo la lunga fase di depressione che lo ha colpito. Una scelta ampiamente criticata dall'opinione pubblica, ma che Evelina ha spiegato con lucidità: "La depressione ti mina profondamente, ti offusca la mente. Io ho chiesto un tutore per mio padre perché vorrei solo la certezza che lui stia bene e che può prendere decisioni in un modo giusto e sano. Voglio essere rassicurata sulla sua salute, è tutto ciò che voglio. Parlare di interdizione è gravissimo. Io voglio solo aiutarlo". Nel corso dell'intervista, Evelina ha parlato del rapporto con papà Vittorio descrivendolo come "diretto, non convenzionale". Il rapporto tra i due, tuttavia, si sarebbe incrinato proprio a causa della malattia: "Mi ha fatto star male vederlo così trasfigurato, sono rimasta davvero colpita". Evelina ha raccontato di essersi accorta del malessere del padre quando l'ha visto ad agosto del 2024: "Mi ha dato un abbraccio strano, quasi una richiesta di aiuto, non mangiava. Lui ha iniziato a spegnersi". La giovane non ha nascosto, nel corso del suo racconto, il rapporto difficile e quasi inesistente con la compagna del critico d'arte: "Mio padre non risponde più al telefono perché non lo gestisce più lui". Evelina ha raccontato di aver ricevuto una chiamata a gennaio da Sabrina: "Mi ha detto che potevo andare a trovarlo e che non si sarebbero mossi da casa fino a quando non li avrebbero sfrattati visto che non hanno nemmeno più i soldi per pagare l'affitto". E sul ricovero in ospedale del padre, ha ricordato: "Sono andata in ospedale, ma lì ho litigato con la compagna Sabrina e i medici del Gemelli non mi hanno voluto dire niente, nonostante fossi la figlia".
(Adnkronos) - "Parlare della riforma patronati oggi significa parlare di una grandissima rete di prossimità che ogni anno in Italia e nel mondo accompagna diversi milioni di lavoratrici, lavoratori, pensionate, pensionati e più in generale i cittadine e cittadini, giovani e meno giovani, in quella che è la tutela individuale, che negli ultimi vent’anni è cambiata tantissimo perché sono cambiate le prestazioni". A dirlo, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Michele Pagliaro, presidente dell'Inca Cgil. "Se è pur vero - avverte - che siamo di fronte ad uno stato sociale via via sempre meno generoso, per cui l’accesso alle prestazioni spesso è sempre più difficile, va anche detto che ambiti come la digitalizzazione, l’avvento dell’intelligenza artificiale stanno contribuendo alla riduzione del front-office gran in parte della Pa, per cui il lavoro dei patronati diventa sempre più prezioso. Modernizzarlo significa agganciarlo alla realtà del Paese e al cambiamento in atto: l’obiettivo è quello di accrescere efficienza e soprattutto qualità dei nostri servizi". "Da oltre un decennio - sottolinea - rivendichiamo una riforma. Con l’attuale governo abbiamo svolto un incontro molto importante il 20 febbraio del 2024, alla presenza della ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone. E' stata aperta la discussione sulla riforma ma, dopo oltre un anno e mezzo, ci troviamo di fronte a un nulla di fatto. L’idea su cui abbiamo discusso è stata quella di semplificare l’attività ispettiva attraverso l’aiuto della tecnologia: basterebbe mettere in linea mandato di patrocinio-domanda-provvedimento per arrivare alla definizione dell’attività svolta da ogni singolo patronato attraverso un semplice clic: una scelta che consentirebbe di liberare così gli ispettori del lavoro, che ogni anno sono chiamati a verificare le pratiche una ad una. In un paese dove la carenza degli ispettori del lavoro è cronica e dove ogni giorno quasi 4 persone fra lavoratrici e lavoratori muoiono di lavoro, con una simile scelta, da un lato, si potrebbe efficientare il sistema dei patronati e dall’altro mandare gli ispettori nei luoghi di lavoro per verificarne salubrità e sicurezza". In che modo l'Inca guarda al futuro dei patronati, in attesa della riforma? "In primo luogo - spiega il presidente Pagliaro - rivendicando il tema della semplificazione delle visite ispettive, che resta un tema prioritario. Tra l’altro, qualche giorno fa il Tar del Lazio ha pubblicato una sentenza, su nostro ricorso, che ci dà ragione, obbligando il ministero del Lavoro a chiudere l’annualità 2022 entro 30 giorni dalla sentenza". "I ritardi delle chiusure - rimarca - sono assurdi: il 2017 è stato chiuso nel 2025 dopo ben 8 anni Inoltre, con il Ce.Pa, il raggruppamento che mette insieme i patronati Inca, Inas, Ital e Acli, che da soli rappresentano oltre il 50% di tutta l'attività patrocinata in Italia e nel mondo, abbiamo avviato un gruppo di lavoro tecnico, per avanzare proposte: dalle attività svolte all’estero alla definizione di nuovi indicatori di qualità, dalla revisione delle tabelle ministeriali, a tutto quello che può essere utile per rafforzare la nostra rete di prossimità, senza escludere la possibilità di nuove attività". "Non a caso - fa notare - abbiamo intrapreso interlocuzioni con i Comuni italiani attraverso l’Anci e con le Regioni attraverso la Conferenza delle Regioni. Vogliamo evitare riforme affrettate, i patronati non sono semplici sportelli: rappresentano una rete di prossimità sociale che combatte solitudine, marginalità, isolamento nelle periferie e nelle aree interne del Paese. E' un valore costituzionale riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale. Da quando siamo nati (e quest’anno a febbraio abbiamo compiuto ottant’anni) abbiamo contribuito all’emancipazione delle persone e più in generale della società e anche adesso abbiamo raccolto la sfida del cambiamento e vogliamo continuare a fare la nostra parte".
(Adnkronos) - Il settore privato italiano è pronto ad assumere un ruolo guida nella transizione digitale, orientandola verso modelli di sviluppo capaci di coniugare profitto, benefici ambientali e sociali e creazione di valore condiviso. È questo il messaggio chiave che emerge dal position paper 'La transizione digitale a supporto della sostenibilità del business: rischi e opportunità', promosso da Un Global Compact Network Italia (Ungcn Italia) e realizzato con il contributo di 47 imprese aderenti all’iniziativa Onu. Il documento è stato presentato oggi a Milano, in occasione della tredicesima edizione del Salone della Csr e dell’Innovazione Sociale. Il position paper di Ungcn Italia mette in evidenza che il digitale è uno strumento ma il fine deve restare la sostenibilità del business, intesa nelle sue dimensioni ambientale, sociale e di governance. Le tecnologie digitali, se correttamente indirizzate, possono generare benefici concreti per le imprese: maggiore efficienza operativa, riduzione dei costi, accesso a dati strategici, relazioni più efficaci con gli stakeholder e processi produttivi più green e circolari. “La transizione digitale è una delle grandi trasformazioni del nostro tempo e ci impone una riflessione profonda su come guidare l’innovazione affinché sia al servizio della sostenibilità - ha dichiarato Filippo Bettini, presidente Ungcn Italia - In un contesto di forte instabilità, è essenziale che le imprese mantengano salda la propria visione strategica. Digitalizzazione, Intelligenza Artificiale e nuovi modelli tecnologici devono diventare strumenti concreti per generare impatti positivi, in tutte le dimensioni Esg. Per farlo è necessario un approccio sistemico, che affronti i rischi e valorizzi le opportunità. La dimensione digitale impatta trasversalmente l’organizzazione aziendale, richiedendo una governance integrata, investimenti in formazione e una rinnovata attenzione ai soggetti più vulnerabili. Le aziende italiane stanno mostrando un forte dinamismo, ma l’integrazione piena delle tecnologie digitali richiede uno sforzo comune, coordinato, e una cultura dell’innovazione realmente capillare e inclusiva”. “Il nostro position paper nasce per offrire a imprese e decisori una chiave di lettura sulla transizione digitale intesa come leva per rafforzare la sostenibilità del business - ha detto Daniela Bernacchi, Executive Director Ungcn Italia - Tra le priorità individuate vi è la necessità di tradurre l’Ai Act europeo in linee guida operative, capaci di supportare le aziende nell’adozione etica e trasparente dell’intelligenza artificiale. A tutto questo si aggiungono rischi trasversali che non possono essere ignorati: il divario digitale, le fragilità generazionali e la carenza di competenze adeguate. Affrontarli richiede un impegno condiviso tra imprese e istituzioni, con un investimento deciso nella formazione interna e in politiche di supporto capaci di accompagnare tutte le categorie di lavoratori in questo cambiamento”.