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(Adnkronos) - Dopo cinque anni da conduttore e direttore artistico, per il primo autunno Amadeus non è assorbito nel vortice della preparazione del festival della canzone italiana. "Sanremo mi mancherà, è chiaro. Mi mancherà, mi manca ascoltare le canzoni", ha ammesso nella puntata speciale di 'Password' con Nicoletta De Ponti e La Ceci su RTL102.5. Amadeus ha rivelato che "prima di lasciare la Rai ci ho messo un paio di mesi, riflettendoci giorno e notte". "Sono una persona pragmatica, e la proposta di Discovery è arrivata dopo Sanremo - ha spiegato il conduttore - Il mio contratto con la Rai scadeva il 31 agosto, ecco perché non ho potuto pensare a progetti nuovi. È chiaro che l'eventuale rinnovo mi sarebbe stato proposto intorno ad aprile o maggio, e quindi dovevo dare una risposta. Marzo e aprile sono stati mesi importanti: quando fai una scelta di vita così non la prendi alla leggera". Le proposte, "sia in termini economici che di durata, erano identiche -ha detto Amadeus- Non sono Cristiano Ronaldo che va in Arabia! Ho una visione delle situazioni, ma non ho una sfera magica. Però, se sento che devo fare qualcosa, la faccio. In tutta la mia vita ho dato ascolto all'istinto: qualche volta ho sbagliato, ma quasi sempre mi ha portato sulla strada giusta. Ognuno di noi fa un mestiere – radio, tv, musica – e non può essere sempre ripetitivo. Si può cercare una comfort zone, ma dentro di me tendo ad essere irrequieto". "Colapesce e Dimartino si prendono una pausa? Speriamo che non si separino, perché stanno benissimo insieme. Poi, ognuno nella sua vita, anche artistica, fa ciò che vuole. Tutti hanno il diritto di dispiacersi o di dire che non sono d'accordo, come si può fare in un Paese libero, ma Colapesce e Dimartino potranno fare ciò che vogliono, no? È chiaro che anch'io spero di vederli ancora insieme, ma se decidessero di separarsi, significa che sono felici così", ha continuato Amadeus. Sulla nuova esperienza al Nove Amadeus ha detto: "Quelli del Nove sono simpatici, bravi e carini". "Il Suzuki Music Party - ha spiegato, parlando dell'evento musicale che ha recentemente condotto sul canale - l'hanno fatto per me, perché mi piace ascoltare le canzoni. Era una festa di inizio e mi piaceva l'idea di dare ai cantanti l'opportunità di presentare i brani dell'autunno e di spiegare le canzoni al pubblico, cosa che di solito non si fa". E parlando degli ascolti del suo nuovo programma 'Chissà chi è' ha spiegato: "Non sono un pifferaio magico, non funziona così. Il Nove è un canale ambizioso e sta cercando di diventare generalista. Perché questo accada ci vuole tempo. Se mi sposto sul Nove con un programma conosciuto, ci vuole pazienza". "Il pubblico ha delle abitudini di sintonizzarsi su alcuni canali, questo non è scontato. Piano piano arriva, ma ci vuole del tempo, e io questo lo sapevo. Ho detto in conferenza stampa che partiamo dal tre: ogni punto di share in più equivale a 5 o 6 punti in più rispetto a un canale generalista", ha detto il conduttore. Amadeus rivela di non essere esente dall'amarezza sulle critiche: "Le critiche? Sarei bugiardo se dicessi che non ci soffro per niente. Ma sono stato abituato a cinque anni di Sanremo, dove ho accumulato una serie di polemiche, molte delle quali pretestuose. Questo ti aiuta ad andare dritto per la tua strada", dice. "Se perdi tempo a rimanerci male o a rispondere, ti distrai e perdi energia. L'energia la devo concentrare solo sul mio obiettivo". C'è poi spazio per una battuta sul suo prossimo programma, La Corrida, in cui Amadeus annuncia l'idea di trasmettere il programma anche in radio, proprio su Rtl 102.5. "Da bambino ascoltavo La Corrida in radio, nasce alla radio. Quindi l’idea, con il Presidente di Rtl 102.5 Lorenzo Suraci, ci siamo detti, perché non trasmettiamo in diretta in radio su Rtl102.5? Oltre ad essere sul nove sarà in diretta in radio. Facciamo che questo possa accadere".
(Adnkronos) - Antonio Di Franco è il nuovo segretario generale della Fillea Cgil. E’ stato eletto con 139 consensi pari al 98,56% dei votanti, al termine dell’assemblea della federazione degli edili Cgil, che si è tenuta questa mattina al centro Congressi Frentani di Roma, alla presenza del segretario generale nazionale della Cgil Maurizio Landini. Di Franco prende il posto di Alessandro Genovesi, alla guida della categoria negli ultimi 8 anni, che andrà a ricoprire un incarico di rilievo nella Cgil nazionale. Antonio Di Franco, classe 1978, è nato a Cassano All’Ionio, si è laureato in Giurisprudenza alla Università Federico II di Napoli con una tesi in diritto sindacale. Inizia il suo percorso tra le fila della Cgil nell’ufficio immigrazione e vertenze della Camera del Lavoro di Napoli. Dal 2007 in poi ha seguito i cantieri: Metanodotti, Diga dell’Esaro, la Salerno-Reggio Calabria, 106 Jonica e diverse vertenze tra cui quella di Italcementi. E’ stato presidente del comitato consultivo dell’Inail Cosenza e poi vicepresidente della Cnce, del Sanedil e Formedil. Dal 2016 fino ad oggi è stato segretario nazionale con delega alla contrattazione del dipartimento Edilizia e Infrastrutture nella Fillea, il primo sindacato italiano delle costruzioni. “Ambiente costruito e infrastrutture sostenibili. Direttiva case green, Pnrr sono e saranno gli assi portanti di tutta la nostra filiera. Il Governo convochi le parti sociali e si confronti sul piano che deve predisporre entro il 2026. La smetta con il vittimismo dei bonus edili, una misura gestita male da tutte le forze politiche. Lo spirito dell’incentivo deve andare nella direzione di una politica industriale. Un piano di efficientamento del nostro patrimonio edilizio è urgente e prioritario. Serve un progetto di lungo periodo con regole certe, sostenuto dalle tante risorse pubbliche che la programmazione Europea mette a disposizione”, Questi alcuni punti cardine, esposti questa mattina nella proposta dal neo eletto segretario generale della Fillea Cgil Antonio Di Franco. “I lavoratori, i pensionati, le fasce con redditi bassi e gli incapienti sono la priorità. Per loro lo Stato si deve far carico della spesa, non ci sono altre alternative”, afferma Di Franco durante l’assemblea. E ancora, “La direttiva case green è un pezzo strategico della politica industriale del nostro Paese, che non riguarda solo le costruzioni. Gli effetti impattano su una parte importante del manufatturiero italiano. Le tante risorse pubbliche fin qui spese vanno redistribuite a partire dal rinnovo del Ccnl dell’edilizia. I salari vanno sostenuti recuperando l’inflazione con aumenti sui minimi. Le imprese sono riuscite a mantenere i propri margini trasferendo i maggiori costi sui prezzi finali. I lavoratori invece sono in difficoltà e va data una risposta importante così come da noi richiesto. Abbiamo le nostre proposte che non possono prescindere dal sostegno della finanza pubblica ai lavoratori e ai pensionati incapienti con redditi bassi. Le costruzioni realizzano i prodotti dove abitiamo nel senso di abitare il mondo. La necessità della transizione ecologica e digitale nel nostro Paese investe pienamente il settore e pone sfide complesse per lo sviluppo dell’ambiente costruito”. Un settore che ha ricoperto un ruolo centrale nella trasformazione della manodopera da agricola ad industriale, nell’ emigrazione interna ed extracomunitaria, caratterizzato da lavoro nero e pesanti tassi di infortunio, da discontinuità dei cantieri e irregolarità negli appalti, che oggi ha la possibilità di vivere da protagonista l’urbanizzazione e l’infrastrutturazione del territorio. “Non siamo più il sindacato di un settore che consuma in maniera espansiva suolo o che punta alla frenetica costruzione di nuove case – spiega Di Franco- secondo i dati Ispra, nel primo decennio del 2000 il consumo di suolo era di 210 Km2 l’anno, nel secondo decennio si è passati a 60 km2 di cui solo il 16% da ricondurre a nuove abitazioni. L’Istituto di ricerca più autorevole in materia, il Cresme, ci dice che oggi il settore costituisce il 25,4% del Pil, vale a dire un quarto dell’economia italiana. Votare contro la direttiva case green, negare gli effetti del mutamento climatico, continuare a dire che l’efficientamento energetico è una ‘roba da ricchi’, significa non avere una idea di futuro, non cogliere la portata industriale della sfida, non ascoltare il disagio di chi vive nelle periferie, nelle aree interne abbandonate e spopolate, di chi non ha una casa, di chi non può ristrutturarla o comprarla. E ancora significa negare la realtà delle fasce più fragili e degli anziani che sono costretti soprattutto d’estate, per effetto dell’innalzamento delle temperature, a vivere in termosifoni di cemento letali, che annullano anche la socialità dei palazzi e dei quartieri, spesso l’unica risorsa contro la solitudine. Le risorse pubbliche ci sono: 24 miliardi di euro dal Pnrr, 86 miliardi di euro dal Fondo Sociale Europeo per il clima, 330 miliardi di euro (programmazione 2021‐2027) del Fondo Sviluppo e Coesione, 43 miliardi di euro dal Fondo transizione giusta”. Al centro della relazione programmatica presentata durante l’assemblea generale dei delegati il tema della sicurezza. “Gli eventi di cronaca degli ultimi tempi – afferma - ci consegnano un grave problema di governance delle grandi reti infrastrutturali, sia in termini sicurezza dei lavoratori che operano nelle manutenzioni, che in termini di funzionalità dell’esercizio. Quando la più grande stazione appaltante, perde la capacità di controllare sé stessa nel groviglio delle esternalizzazioni, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte i lavoratori continuano a morire sui binari, dall’altra il Paese si ferma per un chiodo, dietro al quale si nasconde un modello organizzativo non all’altezza di programmare efficacemente tutte le fasi del ciclo vita di una infrastruttura. Siamo concentrati molto e bene sulla fase dell’esecuzione dell’opera. Anche quando facciamo contrattazione di anticipo, e ne facciamo davvero tanta specie sul Pnrr, interveniamo sempre a valle della definizione dei progetti”. Pertanto chiarisce il segretario, “Bisogna attestare un livello di contrattazione quando si progettano salute e sicurezza dei lavoratori, stabilendo cronoprogrammi di esecuzione, logistica, sia in termini di tempi che di quantità e frequenza degli interventi. Come si stabiliscono, quantificano, calcolano i costi della manodopera e gli oneri sulla sicurezza? Intervenire nella fase della progettazione, altrimenti non basta aver ottenuto prezzi che non sono ribassabili in fase di offerta ed esecuzione. La verità è che negli appalti pubblici e privati la quantificazione degli oneri è sottostimata, così si generano i disastri e le stragi degli ultimi mesi. Dobbiamo far capire per esempio, che il mutamento climatico va preso in considerazione e che i tempi di esecuzione ne devono tener conto”. Quindi aggiunge il segretario “negoziare l’organizzazione del lavoro preventivamente, prima che si chiuda il progetto di costruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria. Dietro Palermo, Brandizzo, Firenze, Bologna e nei tanti infortuni avvenuti, nelle cementerie e nelle cave, ci sono queste dinamiche. Dobbiamo mettere in campo nuove competenze, coinvolgere i tanti tecnici ed esperti che abbiamo fra le fila delle nostre Rsu e dei nostri iscritti. Ci poniamo l’obiettivo di chiamare in causa tutte le stazioni appaltanti e i grandi gruppi su questi temi”. “Istituire una Procura Nazionale che si occupi di reati in materia di salute e sicurezza. Si tratta di un pool di magistrati, esperti e professionisti – spiega - che uniformi sul territorio nazionale una attività investigativa con metodi di indagine più avanzati, settorializzati. Strumento che ridurrebbe i tempi dei procedimenti con il fine di agire un sistema di prevenzione. Una risposta con norme coercitive da parte del legislatore. Pensando al caso di Salvatore Cucé venuto a mancare, a causa di uno scoppio dovuto a presenza di gas in galleria, sono trascorsi 20 mesi e il processo non è ancora iniziato. La Procura di Alessandria non ha chiuso le indagini, il cantiere non è stato mai sotto sequestro. Nelle scorse settimane il Vice Ministro alle Infrastrutture della Lega Nord Edoardo Rixi, ha annunciato in tono trionfale, la scoperta proprio in quella area del più grande giacimento di gas del Paese. Nessuno smentisce, tutto tace, una vergogna nazionale. Siamo stati l’unico sindacato ad aver chiesto un incontro all’ azienda che si svolgerà il giorno 14 ottobre. La precarietà produce insicurezza e infortuni. Il ricatto del licenziamento o del mancato rinnovo del contratto, produce insicurezza e infortuni. L’autonomia differenziata determinerà meno controlli. Quindi dobbiamo tirar dritto per la nostra strada, in questa epoca di ‘invisibilità politica’ del lavoro, cantiere per cantiere, fabbrica per fabbrica, intensificando il numero delle nostre vertenze. Esposti precisi e diretti alle Procure. Non possiamo più accettare che alle nostre segnalazioni agli appositi organi di vigilanza, non faccia seguito alcuna risposta”. “In base ad alcuni dati relativi all’anno 2023 della Cnce, coordinamento nazionale delle casse edili, il 40% degli edili sono migranti. La crescente presenza di lavoratori stranieri nel nostro settore impone una riflessione seria e coordinata con le politiche di governo rispetto alla tutela dei diritti di operai ‘fragili’, troppo spesso vittime di caporalato e sottoposti a logiche di sfruttamento. Per loro dobbiamo fare di più. Batterci ad esempio per la cancellazione della Bossi‐Fini, che produce sfruttamento con la logica del contratto di soggiorno e arricchisce le mafie. Siamo al paradosso, bisogna pagare per essere sfruttati e calpestati nella propria dignità. Nei nostri settori lo sfruttamento dei migranti è in forte aumento e soprattutto per alcune comunità, come Milano, base logistica del reclutamento e dello smistamento. Va riformato il diritto di cittadinanza e fatta una sanatoria", sottolinea. "Abbiamo messo in campo con il precedente Governo un protocollo importante, in merito al quale la Fillea ha ricevuto un premio dall’ Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Un progetto per formare e inserire nel mondo del lavoro 3mila rifugiati. Questo accordo fatto con tutte le parti datoriali, supera la norma rispetto ad alcune limitazioni previste. L’iniziativa nasce dalla richiesta del mondo delle costruzioni all’indomani delle terribili immagini che provenivano dall’Afganistan, dopo il ritiro delle truppe americane. Il Mediterraneo è un mare ricco di storia. Ci ha regalato una civiltà importante i cui segni sono presenti ancora oggi nella nostra cultura. Nel 2023, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sulla rotta Mediterranea sono morte 2271 persone. Quanto avvenuto il 26 febbraio del 2023 a Steccato di Cutro rappresenta la pagina più triste degli ultimi anni della nostra Europa”, conclude
(Adnkronos) - In 50 anni (1970-2020) c'è stato un calo del 73% della dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici oggetto di monitoraggio: in America Latina e nei Caraibi il calo più marcato (-95%) seguite da Africa (-76%) e Asia-Pacifico (-60%). E' quanto emerge dal Living Planet Report (Lpr) 2024 del Wwf. Il Living Planet Index (Lpi), fornito dalla Zsl (Zoological Society of London), si basa sui trend di quasi 35mila popolazioni di 5.495 specie di vertebrati dal 1970 al 2020. Il calo più forte si registra negli ecosistemi di acqua dolce (-85%), seguiti da quelli terrestri (-69%) e poi marini (-56%). Il report avvisa che, mentre il Pianeta si avvicina a pericolosi punti di non ritorno che rappresentano gravi minacce per l’umanità, nei prossimi cinque anni sarà necessario un enorme sforzo collettivo per affrontare la duplice morsa della crisi climatica e biologica. "La perdita e il degrado degli habitat, causati principalmente dai nostri sistemi alimentari, rappresentano la minaccia più frequente per le popolazioni di specie selvatiche di tutto il mondo, seguita dallo sfruttamento eccessivo, dalla diffusione delle specie invasive e di patologie. Il cambiamento climatico rappresenta un’ulteriore minaccia in particolare per la biodiversità in America Latina e nei Caraibi, regioni che hanno registrato un impressionante calo medio del 95%. Il calo delle popolazioni di specie selvatiche è un indicatore di allerta precoce del crescente rischio di estinzione e della potenziale perdita di ecosistemi sani", avverte il Wwf. Quando gli ecosistemi vengono danneggiati, "cessano di fornire all’umanità i benefici da cui dipendiamo, aria pulita, acqua e terreni sani per il cibo, e possono diventare più vulnerabili e sempre più vicini al punto di non ritorno. Un ‘tipping point’, infatti, si verifica quando un ecosistema viene spinto oltre una soglia critica, determinando un cambiamento sostanziale e potenzialmente irreversibile. I tipping point globali, come il deperimento della foresta amazzonica e lo sbiancamento di massa delle barriere coralline, creerebbero onde d’urto che andrebbero ben oltre l’area interessata, provocando un impatto sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza. Il segnale d’allarme è arrivato con gli incendi in Amazzonia che ad agosto hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi 14 anni, mentre all’inizio di quest’anno è stato confermato un quarto evento globale di sbiancamento di massa dei coralli". Per Kirsten Schuijt, direttrice generale del Wwf Internazionale, "la natura sta lanciando un vero e proprio Sos. Le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti, con pericolosi punti di non ritorno globali che minacciano di danneggiare i sistemi che supportano la vita sulla Terra e di destabilizzare le società. Le conseguenze catastrofiche della perdita di alcuni dei nostri ecosistemi più preziosi, come la foresta amazzonica e le barriere coralline, colpirebbero le persone e la natura di tutto il mondo”. "Il sistema Terra è in pericolo, e noi con lui - dice Alessandra Prampolini, direttrice generale del Wwf Italia - Il Living Planet Report ci avverte che le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti. Le decisioni e le azioni dei prossimi cinque anni segneranno il futuro della nostra vita sul pianeta. La parola chiave è trasformazione: dobbiamo cambiare il modo in cui tuteliamo la natura, trasformare il sistema energetico, il sistema alimentare, uno dei motori principali della perdita di biodiversità globale, il sistema finanziario, indirizzandolo verso investimenti più equi e inclusivi. La Conferenza sulla biodiversità di fine ottobre e quella sul clima a novembre sono occasioni preziose: servono azioni coraggiose e leadership forti da parte dei governi. Servono piani nazionali più ambiziosi per il clima e la natura e chiediamo al governo italiano di riconoscere la centralità di questa sfida che riguarda il futuro di tutti". Tra le popolazioni di specie monitorate nell’Lpi è segnalato, ad esempio, un calo del 57% tra il 1990 e il 2018 nel numero di femmine nidificanti di tartaruga marina embricata sull’isola Milman, nella Grande Barriera Corallina in Australia; un calo del 65% dell’inia (un delfino di fiume) nel Rio delle Amazzoni e un calo del 75% della più piccola sotalia tra il 1994 e il 2016 nella riserva di Mamirauá sempre in Amazzonia. Lo scorso anno, durante un periodo di caldo estremo e siccità, oltre 330 inie sono morte in soli due laghi. L’indice rivela anche come alcune popolazioni animali si siano stabilizzate o siano aumentate grazie agli sforzi di conservazione, come è accaduto per la sottopopolazione di gorilla di montagna, aumentata di circa il 3% all’anno tra il 2010 e il 2016 all’interno del massiccio del Virunga nell’Africa orientale, e per il bisonte europeo, che ha visto un ritorno delle popolazioni in Europa centrale. Tuttavia, questi successi isolati non sono sufficienti. Kirsten Schuijt, continua: “Nonostante la situazione sia disperata, non abbiamo ancora superato il punto di non ritorno. Disponiamo di accordi e soluzioni globali per portare entro il 2030 la natura sul percorso di ripresa, ma finora ci sono stati pochi progressi sia in termini di risultati che di urgenza. Le decisioni e le azioni intraprese nei prossimi cinque anni saranno cruciali per il futuro della vita sulla Terra". Per Andrew Terry, direttore Conservation Policy presso la Zsl, "il Living Planet Index evidenzia a livello globale la continua riduzione delle popolazioni animali selvatiche e questo assottigliamento dell’albero della vita rischia di farci arrivare a pericolosi punti di non ritorno. In questa perdita non siamo inermi. Sappiamo cosa fare e sappiamo che, se ne ha la possibilità, la natura può riprendersi: ciò di cui abbiamo bisogno ora è un aumento dell’azione e dell’ambizione. Abbiamo cinque anni per raggiungere gli impegni internazionali volti a ripristinare la natura entro il 2030. I leader mondiali si riuniranno presto per la Cop16 e abbiamo bisogno di vedere risposte forti da parte loro e un aumento immediato delle risorse necessarie a raggiungere tali impegni e rimetterci sul percorso verso la ripresa”.