(Adnkronos) - Anfia, Anita, Assogasliquidi-Federchimica e Unem ribadiscono "il loro impegno al sostegno di una mobilità che coniughi sostenibilità ambientale, economica e sociale e consenta di mantenere alta la competitività europea. Le imprese italiane da tempo investono in soluzioni tecnologiche all’avanguardia che come più volte dimostrato possono dare un fondamentale ed immediato contributo alla lotta ai cambiamenti climatici". E' quanto sottolineano Anfia, Anita, Assogasliquidi-Federchimica e Unem al side event 'Scenari di decarbonizzazione per un trasporto stradale pesante sostenibile e competitivo' organizzato oggi alla Cop29 di Baku, all’interno del “Padiglione Italia”. Un'occasione per approfondire e delineare percorsi realistici e pragmatici in grado di garantire il raggiungimento degli sfidanti obiettivi globali di lotta al cambiamento climatico, valorizzando filiere industriali, infrastrutture produttive, logistiche e distributive. L’importanza di ridurre le emissioni derivanti dai trasporti è tema ricorrente tra i padiglioni della Cop29. Un settore che, nel breve, medio e lungo periodo, sarà chiamato a soddisfare l’evoluzione di una crescente domanda di merci e mobilità delle persone e al contempo a ridurre la propria impronta carbonica, continuando a svolgere efficientemente il suo ruolo sociale a servizio delle collettività. Nel corso dell’evento, alla presenza del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata ribadita dalle associazioni e dalle imprese l’importanza e l’urgenza di intervenire a livello europeo per modificare la regolamentazione sui target di riduzione delle emissioni dei veicoli, introducendo un “carbon correction factor”, così da affiancare alle tecnologie elettriche e ad idrogeno, anche quelle alimentabili con carbon neutral fuels (biocarburanti avanzati, biometano, bioGnl e BioGpl, recycled carbon fuels, e-fuels o carburanti sintetici). La modifica proposta, infatti, permetterebbe di raggiungere realmente gli ambiziosi e condivisi obiettivi di decarbonizzazione, valorizzando tutte le tecnologie effettivamente in grado di abbattere le emissioni di CO2.
(Adnkronos) - Anche in settori fortemente innovativi e in costante evoluzione come quello delle criptovalute e delle startup, il pregiudizio di genere è una costante dura a morire: new economy, old story. La recente ricerca condotta da Bitget, exchange di criptovalute con 45 milioni di utenti registrati in oltre 200 Paesi nel mondo, sulla disparità di genere nel Web3 ha permesso di evidenziare come le startup blockchain guidate da uomini, nel 2023, abbiano attratto 27,85 miliardi di dollari, mentre quelle create e gestite da donne hanno raccolto 1,77 miliardi di dollari, ovvero solo il 6,34% dell’importo complessivo. Venturebeat, a livello globale, conferma la tendenza, evidenziando come le startup femminili rappresentino il 15% del totale e ricevano poco più del 2% dei finanziamenti complessivi. L’Oceania, con il sostegno a un’iniziativa femminile su cinque, è il paese più virtuoso in quanto a gender gap finanziario; segue il Nord America con il 15,7%, mentre l’Europa dimostra una forte arretratezza, con il 98% dei finanziamenti di venture capital destinato a imprese maschili. Peggio dell’Europa, solo i Paesi dell’area Mena. Ne parla con l'Adnkronos/Labitalia Gracy Chen, ceo di Bitget: "Come donna che lavora nel settore delle criptovalute, ho sperimentato in prima persona le sfide e i pregiudizi. Nonostante l'attenzione del settore sull'innovazione e la disruption, c'è ancora un significativo gender gap da colmare. Uno dei problemi più pressanti è la mancanza di rappresentanza e opportunità di mentorship per le donne. Ho partecipato a innumerevoli conferenze sulla blockchain dove i panel erano dominati dagli uomini. E' scoraggiante vedere una così limitata presenza femminile, soprattutto nei ruoli di leadership”. “Le startup blockchain - prosegue Gracy Chen - guidate da donne spesso incontrano difficoltà nell'ottenere credito economico, poiché gli investitori tendono a favorire i progetti guidati da uomini. Io stessa qualche anno fa, ho sperimentato questa difficoltà quando stavo raccogliendo capitali per la mia azienda, ricevendo feedback negativi da VC che non volevano investire in imprenditrici donne. Questo pregiudizio limita il potenziale imprenditoriale e ostacola in definitiva l'innovazione”. La ricerca condotta dal Boston Consulting Group ha dimostrato come le aziende guidate da donne generino il doppio del guadagno rispetto alle realtà che godono di investimenti e sono amministrate da uomini. In particolare, ogni dollaro investito da una donna nella sua impresa, genera 78 centesimi, contro i 31 centesimi delle realtà maschili, a dimostrazione di quanto colmare il gender gap anche in questo campo convenga a tutti. “In qualità di leader nel settore delle criptovalute, riconosciamo la nostra responsabilità nel generare un cambio di rotta significativo. Le disparità evidenziate dal nostro studio ci ricordano che dobbiamo impegnarci in modo proattivo per creare un ecosistema in cui il talento e il potenziale siano gli unici criteri, senza pregiudizi di genere”, prosegue Chen. Per affrontare questi problemi in modo concreto, Bitget ha lanciato l'iniziativa Blockchain4Her, un impegno da 10 milioni di dollari per favorire l'empowerment delle donne nel settore blockchain. Il programma offre risorse essenziali come formazione, mentorship e supporto finanziario. E' fondamentale che il settore riconosca il valore che le donne possono apportarvi: “Sostenendo la partecipazione e l'avanzamento delle figure femminili, possiamo creare un ecosistema crypto più equo e fiorente", conclude Gracy Chen. Bitget, inoltre, per favorire l’educazione nei giovani sul settore della blockchain ha dato vita al progetto Blockchain4Youth, con un investimento di 10 milioni di dollari destinati alla creazione di corsi online, masterclass nelle università, hackathon e incontri offline per parlare con esperti del settore e offrire borse di studio.
(Adnkronos) - La comunità scientifica è da tempo a caccia di un’alternativa sostenibile alle proteine della carne e potrebbe averla trovata nella lattuga di mare. È la tesi degli esperti della Chalmers University of Technology, in Svezia. Gli esperti sono convinti che le proprietà di questo particolare tipo di alga potrebbero fargli acquisire una certa importanza nella nostra dieta. Non è tutto: i processi legati alla produzione, alla raccolta e alla raffinazione avrebbero un impatto molto ridotto sull’ambiente rispetto alla ben più inquinante filiera della carne. Lo studio è comparso su “Food Chemistry”.