(Adnkronos) - A quanto apprende l'Adnkronos, i Carabinieri di Varese e Modena, supportati dal Ros di Milano hanno individuato e arrestato all’interno della propria abitazione a Cadrezzate, Varese, Elia Del Grande. Il 50enne si era allontanato dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia, a Modena, dove era stato collocato dal Tribunale di Varese al termine di una condanna a 30 anni per l’omicidio dei genitori e del fratello, commesso nel gennaio del 1998 e conosciuto come la Strage dei Fornai. L’uomo era stato ammesso alla misura di sicurezza della libertà vigilata nella struttura, dalla quale era fuggito lo scorso 30 ottobre. I carabinieri lo hanno rintracciato al termine di una lunga attività di indagine. Si è nascosto spostandosi più volte tra la vegetazione e di notte anche a bordo di un pedalò sul lago di Monate. Così Del Grande è riuscito a sfuggire alla cattura fino a questa sera. Le indagini, condotte in stretta sinergia tra la procura di Varese e la procura di Modena, si sono subito concentrate nel varesotto dove Del Grande era cresciuto e dove aveva vissuto, non solo prima della strage, ma anche nel periodo prima del 30 settembre scorso, quando i Carabinieri della Compagnia di Gallarate lo avevano sottoposto alla misura di sicurezza della permanenza nella Casa di Lavoro. La sua conoscenza del territorio ha ostacolato le operazioni di ricerca. Del Grande infatti si è spostato più volte con facilità tra la folta vegetazione dell’area tra Ternate, Travedona Monate e Cadrezzate con Osmate, anche grazie ad alcune persone che lo hanno favorito. L'uomo non ha esitato anche a utilizzare un pedalò per spostarsi sul lago di Monate, di notte, evidenziando particolare disinvoltura tra darsene e canneti lacustri. Questa sera è stato infine localizzato a Cadrezzate, nella propria abitazione dove era arrivato alcune ore prima. Del Grande è stato quindi fermato e portato nella casa circondariale di Varese. Del Grande era stato condannato per il triplice omicidio di madre, padre e fratello - avvenuto proprio a Cadrezzate -, uccisi a colpi di fucile da caccia nella notte fra il 6 e il 7 gennaio del 1998: datosi alla fuga, fu rintracciato in Svizzera poco dopo. Dopo 26 anni e 4 mesi di reclusione, del Grande era fuggito da una casa lavoro di Castelfranco Emilia, nel modenese, e da quel momento era irreperibile. Era stato lui stesso, in una lettera inviata a un quotidiano, a raccontare i motivi di quella che lui stesso ha definito "non una evasione" ma "un semplice allontanamento". "Probabilmente, pago ancora fortemente lo scotto del mio nome e di ciò che ho commesso, mi ritengo amareggiato perché vorrà dire che qualsiasi pena uno possa pagare in questo Paese, comunque tu rimarrai sempre la persona responsabile del gesto commesso". "Le case di lavoro oggi - scrisse a Varese News durante la sua fuga - sono delle carceri effettive in piena regola con sbarre cancelli e polizia penitenziaria, orari cadenzati, regole e doveri. Con la piccola differenza che chi è sottoposto alla casa di lavoro non è un detenuto, bensì un internato, ovvero né detenuto né libero, nessuna liberazione anticipata, nessun rapporto disciplinare, ma solo proroghe da sei mesi in su che servirebbero, in teoria e non in pratica, a riabituare il sottoposto a misura di sicurezza al tessuto sociale esterno contenendolo e dandogli opportunità lavorativa, quest’ultima attualmente è negata se non solo con turnazioni identiche a quelle carcerarie. Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo, mi riferisco alla magistratura di sorveglianza, avevo ritrovato una compagna un equilibrio i pranzi le cene il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendomi soltanto la realtà repressiva carceraria, anzi quella delle case lavoro è ben peggio, ci sono persone all’interno che sono entrate per sei mesi e avendo l’unica colpa di non avere una dimora e una famiglia, si trovano internate da 4/5 anni, in un Paese civile e al passo con le regole europee, questo non dovrebbe più esistere, difatti l’Italia è l’unico paese in tutta Europa che adotta le misure di sicurezza". "Ci tengo a precisare - proseguiva l'uomo - che io da questo paese sono stato condannato ad anni 30 di reclusione, effettivamente ne ho scontati 26 e 4 mesi e non sono stato condannato a galera in più, e invece grazie a questo articolo di legge risalente a Mussolini ancora in essere dal nostro codice penale mi sono ritrovato nuovamente peggio di un detenuto. Mi sono visto crollare il mondo addosso, ho visto perdere tutto ho visto non considerato il mio impegno lavorativo, ho visto non considerato il mio percorso di reinserimento durato due anni e mezzo dall’atto del mio ritorno in libertà, oggi tutte le cronache mi definiscono come il serial killer, il pazzo assassino che è sfuggito senza la minima remora e controllo, additandomi di tutte le cose del passato senza informarsi prima su cosa ho fatto da quando sono stato scarcerato il 16 luglio 2023, questo e molto altro mi hanno spinto a provare il tutto per tutto pur di uscire da quella situazione alla quale non riuscivo assolutamente ad abituarmi e a prenderne consapevolezza nonostante tutti i carceri che io abbia girato. Il disagio che ho visto lì dentro credo di non averlo mai conosciuto e sono scappato anzi, mi sono allontanato".
(Adnkronos) - "In un paese che invecchia, la previdenza deve parlare con i giovani. È per questo motivo che stiamo investendo sull'innovazione tecnologica, sull'efficienza, sulla trasparenza e sulla qualità dei servizi. Ed è questa un'occasione perché uniamo la cultura e la memoria, perché Palazzo Wedekind rappresenta l'unione tra la memoria e la visione. È così che vogliamo restituire al paese ciò che la previdenza rappresenta da sempre: fiducia, solidarietà e visione". Sono le parole di Gabriele Fava, presidente Inps, in occasione dell’evento organizzato a Roma 'Palazzo Wedekind: 100 anni di futuro. Un’eredità che guarda avanti', che celebra l’anniversario dell’acquisizione del Palazzo da parte dell’Istituto di previdenza.
(Adnkronos) - Da quasi cinquant’anni Ecoroe trasforma le sfide ambientali in soluzioni sostenibili. Fondata nel 1976, l’azienda è oggi un global service ecologico leader nella gestione integrata dei rifiuti, nel pronto intervento ambientale e nella consulenza strategica Esg. Con due piattaforme di proprietà e una flotta di oltre 25 mezzi operativi attivi 24 ore su 24, Ecoroe garantisce un servizio efficiente, sicuro e tracciabile in tutto il territorio nazionale. La piattaforma principale di Milano è autorizzata per il trattamento fino a 185mila tonnellate annue, mentre quella di Stradella dispone di un’autorizzazione fino a 44mila tonnellate. A supporto delle attività, un laboratorio interno certificato garantisce analisi e controlli di qualità in ogni fase del processo, offrendo anche servizi analitici dedicati ai clienti. L’esperienza maturata in mezzo secolo si riflette in una gamma di soluzioni complete: dal trattamento di rifiuti liquidi, solidi, pericolosi e non pericolosi, fino alle bonifiche ambientali e agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza per sversamenti o eventi critici. Ecoroe opera secondo un metodo collaudato che integra tecnologia, competenze specialistiche e consulenza normativa per tutti i principali settori industriali: chimico-farmaceutico, metalmeccanico, oil&gas, logistica, edilizia, Gdo e pubblica amministrazione.