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(Adnkronos) - La Francia ricorda da giorni con una serie di eventi commemorativi gli attentati terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi e Saint-Denis. I morti sono 132, tra cui la nostra connazionale Valeria Solesin, e oltre 350 feriti. Oggi, nell'anniversario degli attacchi, sono previsti momenti di raccoglimento e minuti di silenzio davanti a tutti i luoghi colpiti dai commando di terroristi islamisti, alla presenza del presidente Emmanuel Macron. La notte di terrore del 13 novembre 2015 inizia allo Stade de France a Saint-Denis. Sugli spalti c'è il presidente della Repubblica François Hollande, in campo i giocatori in formazione per l'amichevole tra Francia e Germania. È l'inizio di una serie di attacchi terroristici simultanei, in diversi caffè e ristoranti affollati, poi un terzo commando irrompe al Bataclan. Sul palco si stanno esibendo gli statunitensi Eagles of Death Metal che vengono interrotti da una raffica di colpi. Tre jihadisti aprono il fuoco all'impazzata contro 1500 spettatori: è una strage. La giornata di oggi inizierà alle 11.30 con un omaggio a Manuel Dias, la prima vittima, e ai feriti dell'attentato allo Stade de France, a Saint-Denis. Seguiranno gli omaggi in successione in ogni luogo colpito, a partire dalle terrazze dei locali dell'est della capitale: alle 12.30 davanti al Petit-Cambodge e al Carillon, alle 13 alla Bonne Bière, alle 13.30 al Comptoir Voltaire e alle 13.50 a La Belle Équipe. La sosta davanti al Bataclan, la sala in cui vennero uccise 90 persone, è prevista alle 14.30. Alle 18 è in programma una cerimonia commemorativa al Jardin du 13 Novembre 2015, in Place Saint-Gervais a Parigi, vicino al Municipio. Sono attesi diversi interventi, tra cui quelli di Emmanuel Macron, della sindaca di Parigi Anne Hidalgo e di Philippe Duperron e Arthur Dénouveaux, presidenti rispettivamente delle associazioni 13onze15 e Life for Paris. Verranno letti ad alta voce i nomi delle vittime degli attentati. L'evento è affidato alla direzione artistica di Thierry Reboul, ex direttore esecutivo delle cerimonie dei Giochi Olimpici e Paralimpici del 2024. "La musica rock sarà centrale. L'idea è quella di rendere omaggio alla passione per la quale alcuni sono morti (soprattutto i fan della band Eagles of Death Metal che ha suonato quella sera al Bataclan)", ha detto Reboul al quotidiano Le Monde. La cerimonia sarà trasmessa in diretta su France 2 e su un maxi schermo in Place de la République. France Télévisions sta inoltre organizzando un programma speciale per il decimo anniversario degli attentati, su France 2 e france.tv. Tra gli eventi commemorativi, anche diverse esposizioni in tutta Parigi. La serata prevede inoltre omaggi in musica e a teatro: alle 20, l'Orchestra da Camera di Parigi eseguirà, tra le altre opere, "Il fait novembre en mon âme" di Béchara El-Khoury al Théâtre des Champs-Élysées, in memoria delle vittime. Sempre a teatro, il pubblico potrà assistere allo spettacolo 'Les Consolantes' dell'autrice e regista Pauline Susini, opera dedicata alle "forme di consolazione e di ricostruzione intima e collettiva" dopo gli attentati. Da ieri e fino a stasera la Tour Eiffel sarà illuminata di blu, bianco e rosso - i colori della bandiera - non appena farà buio, ha annunciato la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo.
(Adnkronos) - "La sentenza, tenendo ben conto del frastagliato quadro europeo, caratterizzato dalla compresenza di Paesi 'a salario minimo legale' e di Paesi - come l'Italia, la Danimarca e la Svezia - il cui sistema salariale è integralmente basato sulla contrattazione collettiva, conferma l’impostazione della direttiva. Si tratta di un scelta di fondo che risponde, sul piano sovranazionale, al principio di sussidiarietà orizzontale, che impone di privilegiare le fonti più vicine alla realtà da regolare, ricorrendo a quelle legali solo se strettamente necessario. E, sul piano costituzionale, almeno nella esegesi costituzionale italiana, al principio di libertà sindacale. Questi limiti attinenti al sistema delle fonti europee e nazionali, peraltro, non hanno impedito alla Corte di Lussemburgo di rigettare le rivendicazioni di sovranità politica svolte dai Paesi ricorrenti, affermando che ai Paesi come Danimarca e Italia, che definiscono i salari minimi esclusivamente tramite contratti collettivi, la direttiva 'non impone l’obbligo di introdurre un salario minimo legale né di dichiarare i contratti collettivi universalmente applicabili'. Il che assolve il Governo italiano dall’obbligo di introdurre la gran parte delle riforme la cui mancata adozione gli si imputa". Così, con Adnkronos/Labitalia, il giuslavorista e consigliere esperto del Cnel, Francesco Rotondi, sulla decisione della corte di giustizia dell'Unione Europea (Cgue) che ha respinto parzialmente, ma nelle sue parti più rilevanti, il ricorso presentato dalla Danimarca e dalla Svezia per ottenere l'annullamento integrale della direttiva 2022/2041 dell'Unione Europea sul salario minimo. Per Rotondi l'impostazione della direttiva "è mirante a rafforzare, con tecniche diverse, sia i sistemi 'a salario minimo legale', sia quelli 'a regime contrattuale', senza incidere sulla scelta del sistema da parte dei Paesi membri". Secondo Rotondi "agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi fissati per legge è rivolta invece la parte della sentenza in cui, con chirurgica precisione, la Corte ha isolato dal contesto generale, per annullarle, due specifiche disposizioni della direttiva, che sono state ritenute troppo invasive delle competenze riservate ai Paesi Membri". "In effetti, premesso che il diritto degli Stati Membri esclude espressamente la competenza Ue in materia di retribuzioni e diritto di associazione, il ricorso -spiega il giuslavorista. mirava ad annullare l’intera direttiva che rappresenterebbe un'ingerenza diretta del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni all’interno degli Stati membri'. La Corte non ha condiviso tale radicale impostazione, stabilendo che la norma europea si applica solo alle misure che comportano una 'diretta ingerenza del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni'. Al contrario, la direttiva -continua il giuslavorista- mira a “migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, in particolare l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori”, e pertanto esse sono state per lo più ritenute compatibili con la ripartizione delle competenze prevista dal Trattato". Secondo Rotondi "va soprattutto segnalato il rigetto del ricorso relativo all’art. 4 della direttiva, sul punto in cui la direttiva promuove la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari. La Corte ha escluso, cioè, che l’obbligo per gli Stati membri con bassa copertura contrattuale (inferiore all’80%) di elaborare un 'piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva' costituisca un’ingerenza diretta nel 'diritto di associazione' o nelle retribuzioni", conclude.
(Adnkronos) - Le foreste europee coprono poco più del 30% del territorio continentale e sono considerate alleate fondamentali nella lotta al cambiamento climatico ma non sempre più alberi significano un clima più fresco. Uno studio pubblicato su Nature Communications, guidato dall’Eth di Zurigo e al quale ha partecipato, per l’Italia, l’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche di Perugia (Cnr-Isafom) all’interno del progetto Europeo Horizon Europe 'ForestNavigator', mostra che l’effetto delle foreste dipende anche dal tipo di specie e dalle caratteristiche locali. La gestione e la composizione delle foreste emergono così come fattori chiave per migliorare resilienza, biodiversità e capacità di mitigare il riscaldamento climatico. Il lavoro integra aspetti biogeochimici (assorbimento di carbonio) con quelli biofisici (riflettività, evaporazione e scambi di calore) in modo da disegnare strategie più efficaci per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, ed evidenzia come in molte regioni europee, l’espansione forestale possa talvolta contribuire al riscaldamento locale invece che al raffreddamento - spiega il Cnr in una nota - È il caso, ad esempio, delle foreste di conifere che, avendo una chioma più scura, assorbono una quantità di energia solare maggiore rispetto a pascoli o campi coltivati. Questo minor riflesso della radiazione solare riduce l’effetto rinfrescante legato all’evaporazione. “Siamo abituati a pensare alle foreste come soli serbatoi di carbonio - spiega Alessio Collalti responsabile del Laboratorio modellistica forestale del Cnr-Isafom di Perugia, coautore dello studio e responsabile scientifico del Cnr all’interno del progetto - Ma il loro effetto sul clima è più complesso: oltre a catturare CO2 atmosferica, le foreste influenzano la temperatura dell’aria e la sua umidità così come la riflettività della superficie terrestre”. Per indagare queste dinamiche, il team di ricerca ha utilizzato il modello climatico regionale Cosmo-Clm2, simulando il clima europeo tra il 2015 e il 2059 in diversi scenari di gestione forestale. Confrontando l’afforestazione, cioè il processo con cui vengono piantati alberi in aree dove non era originariamente presente alcuna forma di foresta, e la riforestazione tradizionale con scenari di conversione delle conifere in latifoglie, il team di ricercatori ha scoperto che la scelta delle specie può modificare in modo significativo la risposta climatica del territorio. “I risultati sono chiari: sostituire le conifere, come pini e abeti, con latifoglie, come faggio o quercia, può ridurre la temperatura media massima giornaliera di luglio fino a 0,6 °C su larga scala - spiega Collalti - quando la conversione è combinata con nuove piantagioni, il riscaldamento previsto di +0,3 °C può trasformarsi in un raffreddamento di -0,7 °C. Una differenza di pochi decimi di grado può sembrare minima, ma durante le ondate di calore può fare la differenza in termini di salute pubblica, stress agricolo e domanda energetica”. Questi risultati - evidenzia il Cnr - hanno implicazioni dirette per le politiche climatiche europee ed evidenziano che strategie di forestazione (sia afforestazione che riforestazione), come l’iniziativa europea che prevede di piantare 3 miliardi di alberi in più nell'Ue entro il 2030, dovrebbero superare la logica puramente quantitativa e considerare quali specie piantare e dove, poiché non tutte le foreste apportano gli stessi benefici climatici. “Riconsiderare la composizione delle foreste europee non è semplice -prosegue il ricercatore - richiede pianificazione a lungo termine, nuovi approcci gestionali e un coordinamento tra politiche europee e nazionali. Ma i benefici potenziali, maggiore resilienza, biodiversità e capacità di raffreddamento, rendono questo cambiamento una priorità”. In un’Europa che si riscalda sempre di più, lo studio dimostra che la scelta delle specie giuste è fondamentale per una buona gestione. “Le foreste sono attori attivi del sistema climatico, capaci di amplificare o mitigare il riscaldamento a seconda di come vengono gestite”, conclude Collalti.