INFORMAZIONIAndrea Avidano |
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(Adnkronos) - La corruzione in Vaticano, il covid, le critiche e il rapporto con Benedetto XVI: questi alcuni dei temi al centro dell'intervista che l'allora direttore dell'Adnkronos Gian Marco Chiocci fece a Papa Francesco il 30 ottobre 2020. Fu un evento storico, la prima intervista rilasciata da Bergoglio a un'agenzia di stampa italiana, e fece il giro del mondo. *** (di Gian Marco Chiocci) - Un filo di voce accompagnato dal sorriso. ”Buongiorno, benvenuto…”. Il Santo Padre mi accoglie così nelle stanze vaticane dove ha acconsentito a rispondere agli interrogativi che tanto stanno scuotendo la Chiesa, preoccupando le porpore, angustiando i fedeli, dividendo gli addetti ai lavori che lo osannano o lo criticano a seconda della parrocchia d’appartenenza. Incontrare un Papa non è cosa di tutti giorni, regala emozioni rare, intense, fortissime anche se il padrone di casa fa di tutto per mettere l’ospite non solo a proprio agio ma – ed è davvero paradossale - sullo stesso piano. Parlare con Lui in una stanza spoglia, due sedie, un tavolo e un crocifisso, mentre fuori tracima l’apprensione per la pandemia, accresce quel desiderio di speranza e di fede di fronte all’ignoto, fede che per alcuni starebbe venendo meno a causa degli scandali, degli sprechi, delle continue rivoluzioni di Francesco e financo del virus, e di questi temi il Papa parlerà nel colloquio con l’Adnkronos. L’occasione è utile innanzitutto per mettere un punto e tirare la riga sull’annosa questione morale fra le mura al di là del Tevere che il Papa stesso non fatica a definire un “male antico che si tramanda e si trasforma nei secoli”, ma che ogni predecessore, chi più chi meno, ha cercato di debellare coi mezzi e le persone sulle quali in quel momento poteva contare. “Purtroppo la corruzione è una storia ciclica, si ripete, poi arriva qualcuno che pulisce e rassetta, ma poi si ricomincia in attesa che arrivi qualcun altro a metter fine a questa degenerazione”. Certo, nella vita millenaria della Chiesa non si ricorda un Papa così, tanto coraggioso quanto incurante di inimicarsi la potente curia romana con il mondo affaristico che le scodinzola intorno: Francesco è deciso a fare piazza pulita di ecclesiastici propensi a mettere il denaro (“i primi padri lo chiamavano lo sterco del diavolo e pure San Francesco” dice) prima della Croce. Coerente col suo dettame francescano il Vicario di Cristo fa quel che nessuno ha mai avuto la forza di fare per una Chiesa che sia davvero una casa di vetro, trasparente, com’era quella delle origini, votata agli ultimi, al popolo. In una Chiesa per i poveri, più missionaria, però – ed è questo il credo di Francesco - non c’è spazio per chi si arricchisce o fa arricchire il suo cerchio magico indossando indegnamente l’abito talare. “La Chiesa è e resta forte ma il tema della corruzione è un problema profondo, che si perde nei secoli. All’inizio del mio pontificato andai a trovare Benedetto. Nel passare le consegne mi diede una scatola grande: 'qui dentro c’è tutto – disse -, ci sono gli atti con le situazioni più difficili, io sono arrivato fino a qua, sono intervenuto in questa situazione, ho allontanato queste persone e adesso…tocca a te'. Ecco, io non ho fatto altro che raccogliere il testimone di Papa Benedetto, ho continuato la sua opera”. Già, Benedetto XVI. Una narrazione tradizionalista e conservatrice racconta di un Papa emerito perennemente in guerra con quello regnante, e viceversa: dissidi, dissapori, spigolosità, diversità di vedute su tutto e tutti, trame sotterranee e pettegolezzi. C’è del vero? Il Santo Padre si prende qualche secondo e poi sorride: “Benedetto per me è un padre e un fratello, per lettera gli scrivo 'filialmente e fraternamente'. Lo vado a trovare spesso lassù (con il dito indica la direzione del monastero Mater Ecclesiae proprio alle spalle di San Pietro, ndr) e se recentemente lo vedo un po' meno è solo perché non voglio affaticarlo. Il rapporto è davvero buono, molto buono, concordiamo sulle cose da fare. Benedetto è un uomo buono, è la santità fatta persona. Non ci sono problemi fra noi, poi ognuno può dire e pensare ciò che vuole. Pensi che sono riusciti perfino a raccontare che avevamo litigato, io e Benedetto, su quale tomba spettava a me e quale a lui”. Il Pontefice riannoda le fila del discorso partito da lontano, ripensa a quando arrivò al soglio di Pietro e di cosa pensava allora dei mali materiali della Chiesa, nulla rispetto a quel che poi ritroverà affondando le mani nella gestione opaca delle finanze vaticane, l’obolo di San Pietro, l’imprudenza di certi investimenti all’estero, l’attivismo poco caritatevole di pastori d’anime trasformatisi in lupi di rendite. Bergoglio si rifà a Sant’Ambrogio, vescovo, teologo e santo romano, per sintetizzare la sua linea guida: “La Chiesa è stata sempre una casta meretrix, una peccatrice. Diciamo meglio: una parte di essa, perché la stragrande maggioranza va in senso contrario, persegue la giusta via. Però è innegabile che personaggi di vario tipo e spessore, ecclesiastici e tanti finti amici laici della Chiesa, hanno contribuito a dissipare il patrimonio mobile e immobile non del Vaticano ma dei fedeli. A me colpisce il Vangelo quando il Signore chiede di scegliere: o segui Dio o segui il denaro. Lo ha detto Gesù, non è possibile andare dietro a entrambi”. Da Sant’Ambrogio il Papa passa alla nonna dispensatrice di buoni consigli: “Lei, che certo non era una teologa, a noi bambini diceva sempre che il diavolo entra dalle tasche. Aveva ragione”. Come aveva ragione quella vecchina incontrata in una sterminata baraccopoli di Buenos Aires il giorno in cui morì Giovanni Paolo II: “Mi trovavo in un autobus – ricorda Francesco - stavo andando in una favela, quando venni raggiunto dalla notizia che stava facendo il giro del mondo. Durante la messa, chiesi di pregare per il Papa defunto. Finita la celebrazione mi si avvicinò una donna poverissima, chiese informazioni su come si eleggeva il Papa, le raccontai della fumata bianca, dei cardinali, del conclave. Al che lei mi interruppe e disse: senta Bergoglio, quando diventerà Papa per prima cosa si ricordi di comprare un cagnolino. Le risposi che difficilmente lo sarei diventato, e se nel caso perché avrei dovuto prendere il cane. “Ogni volta che si troverà a mangiare – fu la sua risposta - ne dia un pezzettino prima a lui, se lui sta bene allora continui pure a mangiare”. Questo pensa la gente del Vaticano? Che la situazione è fuori controllo che può succedere di tutto? “Era ovviamente una esagerazione” taglia corto il Santo Padre. “Ma dava conto dell’idea che il popolo di Dio, i poveri fra i più poveri al mondo, aveva della Casa del Signore attraversata da ferite profonde, lotte intestine e malversazioni”. La lotta pubblica e senza sconti al malaffare vaticano di questi tempi regala l’immagine di un Pontefice molto concreto, deciso, risoluto, un eroe solitario osannato dalle folle ma osteggiato da un nemico invisibile. Un Papa che appare solo nei palazzi del piccolo Stato, ma che solo non è avendo dalla sua la quasi totalità degli osservanti e dei devoti. Francesco inarca le sopracciglia, allarga lentamente le braccia cercando al contempo lo sguardo del suo ospite. Sono secondi interminabili. “Sarà quel che il Signore vuole che sia. Se sono solo? Ci ho pensato. E sono arrivato alla conclusione che esistono due livelli di solitudine: uno può dire, mi sento solo perché chi dovrebbe collaborare non collabora, perché chi si dovrebbe sporcare le mani per il prossimo non lo fa, perché non seguono la mia linea o cose così, e questa è una solitudine diciamo… funzionale. Poi c’è una solitudine sostanziale, che non provo, perché ho trovato tantissima gente che rischia per me, mette la sua vita in gioco, che si batte con convinzione perché sa che siamo nel giusto e che la strada intrapresa, pur fra mille ostacoli e naturali resistenze, è quella giusta. Ci sono stati esempi di malaffare, di tradimenti, che feriscono chi crede nella Chiesa. Queste persone non sono certo suore di clausura”. Sua Santità ammette di non sapere se vincerà o meno la battaglia. Ma con amorevole risolutezza si dice certo di una cosa: “So che devo farla, sono stato chiamato a farla, poi sarà il Signore a dire se ho fatto bene o se ho fatto male. Sinceramente non sono molto ottimista (sorride, ndr) però confido in Dio e negli uomini fedeli a Dio. Ricordo di quand’ero a Cordoba, pregavo, confessavo, scrivevo, un giorno vado in biblioteca a cercare un libro e mi imbatto in sei-sette volumi sulla storia dei Papi, e anche tra i miei antichissimi predecessori ho trovato qualche esempio non proprio edificante”. Oggi la miglior difesa dei nemici giurati del Papa è l’attacco a Francesco attraverso i continui richiami a quel che presto, sperano, verrà dopo di lui. Una sorta di liberazione e di resurrezione per un pontificato dato già per archiviato perché troppo divisivo, politicamente scorretto, ideologicamente schierato da una parte sola. Sul toto-papa che impazza nei passaparola, Bergoglio la prende con ironia: “Anche io ci penso a quel che sarà dopo di me, ne parlo io per primo. Recentemente, nello stesso giorno, mi sono sottoposto a degli esami medici di routine, i medici mi hanno detto che uno di questi si poteva fare ogni cinque anni oppure ogni anno, loro propendevano per il quinquennio, io ho detto facciamolo anno per anno, non si sa mai (il sorriso stavolta si fa più generoso, nda)”. Papa Bergoglio ascolta con attenzione l’elenco delle critiche che gli sono state rivolte nel tempo, non fa trasparire insofferenza sulla sortita del cardinal Ruini (“criticare il Papa non significa essergli contro”) sembra segnarsele a mente una per una le contestazioni, dalle unioni civili all’accordo con la Cina. Ci pensa su una decina di secondi e infine consegna un pensiero a tutto tondo: “Non direi il vero, e farei torto alla sua intelligenza se le dicessi che le critiche ti lasciano bene. A nessuno piacciono, specie quando sono schiaffi in faccia, quando fanno male se dette in malafede e con malignità. Con altrettanta convinzione però dico che le critiche possono essere costruttive, e allora io me le prendo tutte perché la critica porta a esaminarmi, a fare un esame di coscienza, a chiedermi se ho sbagliato, dove e perché ho sbagliato, se ho fatto bene, se ho fatto male, se potevo fare meglio. Il Papa le critiche le ascolta tutte dopodiché esercita il discernimento, capire cosa è a fin di bene e cosa no. Discernimento che è la linea guida del mio percorso, su tutto, su tutti. E qui – continua Papa Francesco – sarebbe importante una comunicazione onesta per raccontare la verità su quel che sta succedendo all’interno della Chiesa. E’ vero che poi se nella critica devo trovare ispirazione per fare meglio non posso certo lasciarmi trascinare da ogni cosa che di poco positivo scrivono sul Papa”. Il tempo di elaborare la domanda successiva e il Santo Padre anticipa ancor di più la risposta: “Non credo possa esserci una sola persona, dentro e fuori di qui, contraria ad estirpare la malapianta della corruzione. Non ci sono strategie particolari, lo schema è banale, semplice, andare avanti e non fermarsi, bisogna fare passi piccoli ma concreti. Per arrivare ai risultati di oggi siamo partiti da una riunione di cinque anni fa su come aggiornare il sistema giudiziario, poi con le prime indagini ho dovuto rimuovere posizioni e resistenze, si è andati a scavare nelle finanze, abbiamo nuovi vertici allo Ior, insomma ho dovuto cambiare tante cose e tante molto presto cambieranno”. Fatta salva la presunzione di innocenza per chiunque sia finito o finirà nel mirino della magistratura vaticana, è sotto gli occhi di tutti quanto di buono stia facendo Francesco camminando sul filo del dirupo dell’immoralità diffusa in settori precisi della Chiesa. Ci chiediamo, e con un po’ di timidezza chiediamo al Santo Padre: ma il Papa ha paura? La replica stavolta è più ponderata. Il silenzio sembra non finire mai, sembra in attesa di trovare le parole giuste. Sembra. “E perché dovrei averne?” si domanda e ci domanda il Santo Padre. “Non temo conseguenze contro di me, non temo nulla, agisco in nome e per conto di nostro Signore. Sono un incosciente? Difetto di un po’ di prudenza? Non saprei cosa dire, mi guida l’istinto e lo Spirito Santo, mi guida l’amore del mio meraviglioso popolo che segue Gesù Cristo. E poi prego, prego tanto, tutti noi in questo momento difficile dobbiamo pregare tanto per quanto sta accadendo nel mondo”. Il coronavirus è tornato fra noi, si trascina dietro inquietudine, morti e paura. Il Sommo Pontefice si prende la parola e non la lascia più, e parla quasi tenendoti per mano, come non ti aspetteresti mai dal pastore in terra della chiesa universale. “Sono giorni di grande incertezza, prego tanto, sono tanto, tanto, tanto vicino a chi soffre, sono con la preghiera a chi aiuta le persone che soffrono per motivi di salute e non solo”. Il riferimento va ai famosi eroi, i “santi della porta accanto” come ebbe a definirli due settimane dopo l’appuntamento globale del 27 marzo, quand’era solo in piazza San Pietro, sotto la pioggia, in preghiera per la fine della pandemia ai piedi del crocifisso inondato dalle lacrime piovute dal cielo. Padre Santo, gli chiediamo, si prospettano nuovi lockdown, si riparla di restrizioni per il culto, c’è un rischio di ripercussioni per la Chiesa? “Non voglio entrare nelle decisioni politiche del governo italiano ma le racconto una storia che mi ha dato un dispiacere: ho saputo di un vescovo che ha affermato che con questa pandemia la gente si è 'disabituata' – ha detto proprio così - ad andare in chiesa, che non tornerà più a inginocchiarsi davanti a un crocifisso o a ricevere il corpo di Cristo. Io dico che se questa 'gente', come la chiama il vescovo, veniva in chiesa per abitudine allora è meglio che resti pure a casa. E’ lo Spirito Santo che chiama la gente. Forse dopo questa dura prova, con queste nuove difficoltà, con la sofferenza che entra nelle case, i fedeli saranno più veri, più autentici, Mi creda, sarà così”. L’incontro termina qui, il commiato è semplice e commovente più del benvenuto. Diceva San Francesco che un solo raggio di sole è sufficiente a cancellare milioni di ombre. Nella stanza improvvisamente vuota la luce di speranza dell’unico Papa che ha preso il nome dal fraticello d’Assisi resta incredibilmente accesa. E per un istante con l’oscurità del virus si spegne anche il buio del peccato dei consacrati del Signore.
(Adnkronos) - "Sulla scia di quanto avviato nel precedente mandato, intendiamo rafforzare l’impegno dell’Istituto in materia di appalti pubblici e sostenibilità ambientale, continuando a rappresentare le istanze delle Regioni e delle Province Autonome, con l’obiettivo di favorire il miglior raccordo con le istituzioni statali, gli enti locali e gli operatori del settore. Per quanto riguarda il settore degli appalti, proseguiremo con il sostegno al processo di digitalizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti, divenuti centrali nel sistema delineato dal nuovo Codice dei contratti". Così, in un'intervista ad Adnkronos/Labitalia, Elisa De Berti, presidente di Itaca (Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale), organo tecnico della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che ne sono soci fondatori. E la sostenibilità ambientale sarà al centro dell'attività dell'Istituto."Con riferimento al tema della sostenibilità ambientale, invece, intendiamo implementare l’aggiornamento e lo sviluppo di strumenti di valutazione ambientale degli edifici e degli ambiti urbani e le azioni di qualificazione degli operatori economici così da garantire maggiore efficienza e trasparenza nel settore. La nostra priorità è proseguire sulla direzione intrapresa, adottando un approccio sempre più integrato, innovativo e sostenibile", sottolinea De Berti. E l'impegno di Itaca sulla digitalizzazione è testimoniato da esempi concreti, come il Servizio Contratti Pubblici. "Si tratta di un servizio, messo a disposizione dal ministero delle infrastrutture e gestito da Itaca mediante una specifica piattaforma telematica (https://www.serviziocontrattipubblici.it/), come previsto dal Codice dei contratti pubblici (art. 223 comma 10), che contribuisce -spiega De Berti- alla digitalizzazione del ciclo dell’appalto pubblico con particolare riferimento alla fase della programmazione". De Berti sottolinea come "obiettivo del servizio è, inoltre, fornire assistenza e supporto alle stazioni appaltanti nell’applicazione della disciplina di settore e garantire trasparenza, efficienza e correttezza nelle procedure di appalto pubblico. I servizi erogati includono la pubblicità dei programmi di lavori, beni e servizi, il supporto tecnico-giuridico alle stazioni appaltanti, il monitoraggio delle opere pubbliche incompiute e la pubblicità dei prezzari regionali. Molto importante ed utilizzato è il supporto giuridico che offre assistenza gratuita alle stazioni appaltanti e alle centrali di committenza per la corretta applicazione del Codice dei contratti. Tale servizio si concretizza nella produzione di pareri sintetici, di natura teorico-pratica, sempre più apprezzati e oggetto di analisi anche da altre istituzioni centrali", rimarca De Berti, sottolineando che "il servizio SCP è anche segnalato nel portale 'Your Europe' della Commissione Europea come punto di accesso digitale per le informazioni sugli appalti pubblici in Italia, facilitando la partecipazione degli operatori europei al mercato italiano". E dall'osservatorio di Itaca De Berti può sottolineare che "la digitalizzazione e la semplificazione degli appalti pubblici in Italia rappresentano la più grande innovazione nel sistema degli appalti negli ultimi anni rispetto ai quali si stanno compiendo significativi passi avanti, anche se ci sono ancora parecchie sfide da affrontare. Si tratta di un processo caratterizzato dall'introduzione di piattaforme di e-procurement e strumenti governato principalmente da Anac (Autorità nazionale anticorruzione) e Agid, con cui Itaca collabora da lungo tempo per favorire la piena attuazione di tale processo". Un percorso ancora non completato. "Tuttavia, la transizione completa richiede un adattamento continuo da parte delle stazioni appaltanti, sia a livello locale che centrale, per garantire un’adozione efficace e senza intoppi, e un superamento delle difficoltà nell’utilizzo delle piattaforme di e-procurement e malfunzionamenti degli applicativi informatici, soprattutto nei flussi informativi di interoperabilità tra i sistemi digitali di Anac e delle stazioni appaltanti, con conseguenze su tutte le gare d’appalto", spiega. E De Berti sottolinea che "in questo percorso diventa fondamentale il ruolo di Itaca nel supportare concretamente la digitalizzazione degli appalti pubblici, fornendo servizi di consulenza, formazione e assistenza tecnica, in particolare con strumenti innovativi come la piattaforma Scp che facilita l'interoperabilità tra i sistemi digitali delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, Itaca è impegnata nel rafforzamento della trasparenza e nell'adozione di soluzioni tecnologiche avanzate, come l'intelligenza artificiale, per migliorare l’efficienza, ridurre la burocrazia e ottimizzare i processi decisionali". Secondo la presidente di Itaca, in conclusione, "è fondamentale governare bene tale fase di transizione, anche con un sistema di assistenza a rete che coinvolga gli Osservatori regionali dei contratti, gli organismi più vicini alle esigenze del territorio. In sintesi, siamo sulla buona strada, ma è ancora necessario continuare a lavorare per una piena digitalizzazione e semplificazione, in modo che tutti gli attori coinvolti possano trarre vantaggio da un sistema più trasparente e veloce", sottolinea. Formazione e Pnrr "In attuazione della Strategia di professionalizzazione delle stazioni appaltanti prevista dal Pnrr, Itaca, Sna e Ifel hanno sviluppato una specifica offerta formativa in tema di appalti pubblici, realizzando percorsi di formazione dedicati a dirigenti e funzionari delle amministrazioni centrali, regionali e degli enti locali, oltre che specifici corsi di aggiornamento professionale per i Rup. L’Istituto è stato coinvolto, inoltre, dal ministero delle Infrastrutture e trasporti insieme con altri partner di progetto, Ifel (Fondazione Anci) e Invitalia, per potenziare il servizio di Scp nel supporto alle stazioni appaltanti nella qualificazione e acquisizione di competenze digitali, favorendo l’integrazione di tecnologie avanzate nella gestione degli appalti pubblici", spiega De Berti. "La proposta -prosegue Berti- è quella di organizzare un sistema di rete di comunicazione, associato a servizi di assistenza, consulenza, aggiornamento e formazione articolato in un ambito centrale (Mit) e in uno territoriale (Regioni e Province autonome)". E De Berti chiarisce che "entro giugno 2026 saranno implementati, quindi, una serie di servizi, tra cui un hub dei contratti pubblici, ovvero un portale centralizzato che raccoglie le attività attuali e future nel settore degli appalti pubblici; e ancora, applicativi come OpenDigitApp e E-Contract Hub, per fornire supporto tecnico, giuridico e normativo alle stazioni appaltanti, con l'utilizzo sperimentale dell'intelligenza artificiale. Sarà realizzata la 'Bussola' del Rup, un’applicazione che guida le stazioni appaltanti e i responsabili unici di progetto nella gestione del ciclo di vita degli appalti, migliorando l’efficienza e riducendo i tempi degli investimenti pubblici. Sono, inoltre, previsti supporti per la digitalizzazione tramite il Building information modeling (bim) e risorse come webinar e podcast per aggiornamenti normativi e operativi. Infine, verrà realizzata una piattaforma per la gestione della fase di esecuzione dei contratti pubblici che le stazioni appaltanti potranno utilizzare gratuitamente, nonché una piattaforma per garantire la trasparenza degli appalti, che permetterà di semplificare gli adempimenti inerenti la pubblicazione degli atti e documenti relativi alle gare", aggiunge ancora. E la presidente dell'Istituto ricorda che "Itaca ha messo in campo numerosi progetti formativi in un settore strategico per il nostro Paese come quello degli appalti pubblici, che spesso sono legati anche al Pnrr. Un’attività di grande rilevanza è collegata all'attuazione del Piano nazionale di formazione per la professionalizzazione dei Rup (Pnf). Grazie ad un accordo tra Mit, Itaca, Ifel e Sna è stata costituita un’organizzazione dedicata all’attuazione del Piano nazionale di formazione mirato alla professionalizzazione del personale delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, a livello sia nazionale che territoriale", aggiunge "L’obiettivo -continua De Berti- è garantire qualità e uniformità dell’azione formativa su tutto il territorio nazionale. Il Piano coinvolge tutti i livelli della pubblica amministrazione: Stato, Regioni e Autonomie locali, con il supporto della Rete degli osservatori regionali dei contratti pubblici, costituita dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che assiste le stazioni appaltanti di ambito territoriale. Entro il 30 giugno la rete degli Osservatori avvierà e concluderà la formazione di base in tutte le regioni italiane sul Bim, un tema cruciale per i lavori pubblici, destinata ai rup, ai dirigenti e ai funzionari", spiega ancora. "L’attività formativa è organizzata sia in presenza che online mediante una piattaforma telematica gestita da Itaca alla quale sono iscritti circa 85.000 utenti e che ha rilasciato 45.000 attestati di frequenza. Per dare maggiore visibilità e accesso all’offerta formativa ed agli eventi specifici, è stato realizzato un sito internet tematico consultabile all’indirizzo www.formazionenazionaleappalti.it", ricorda De Berti. La sostenibilità "Sono tre le linee di intervento di Itaca sul tema -spiega De Berti- della sostenibilità ambientale. La prima riguarda l’aggiornamento costante degli strumenti per valutare la sostenibilità ambientale sia degli edifici sia a livello urbano. Con riferimento al protocollo Itaca a scala edifici - attivo da 20 anni e riconosciuto norma UNI da 10 anni -, oltre a garantire l’allineamento con la normativa vigente, stiamo lavorando in merito alla prevista introduzione dei nuovi Cam edilizia e sull’estensione della disciplina agli ospedali. Per quanto riguarda il Protocollo Itaca a scala urbana, si tratta di uno strumento recente che ha, però, già suscitato l’interesse di alcune Regioni in quanto valido strumento per la valutazione ex ante, ex post e in itinere dei progetti che interessano aree più vaste rispetto al singolo edificio. L’obiettivo è estenderlo a tutti i progetti di riqualificazione urbana". De Berti spiega che "la seconda linea di intervento è la formazione a cura di uno specifico Comitato che, presto, includerà anche il Consiglio nazionale degli ingegneri, il Consiglio nazionale degli architetti e l’Uni, l’Ente nazionale di normazione. Nel corso degli anni, Itaca ha formato centinaia di tecnici in tutta Italia e ora l’obiettivo è valorizzare queste competenze attraverso un percorso in collaborazione con Certing e Casaclima. Tale percorso consentirà di certificare tale formazione secondo la norma tecnica internazionale Iso EN Uni 17024, apportando valore aggiunto nelle gare di appalto per l’edilizia pubblica, specialmente in relazione alla crescente attenzione alla qualità delle opere nel nuovo codice dei contratti pubblici", sottolinea ancora. E secondo il presidente di Itaca "la terza linea di intervento vede Itaca impegnata nella promozione e diffusione della sostenibilità ambientale in edilizia, attraverso la partecipazione ai principali eventi del settore e la sottoscrizione di accordi con università per progetti di ricerca specifici o per l'insegnamento in corsi universitari. Si tratta di iniziative che contribuiscono a promuovere la sostenibilità, diffondendo le buone pratiche e sensibilizzando le nuove generazioni di professionisti".
(Adnkronos) - Gruppo Cap, la green utility che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, aderisce al Green Energy Day 2025, la giornata nazionale dedicata alla transizione energetica, alle rinnovabili e all’efficienza energetica, organizzata dal Coordinamento Free e promossa da Legambiente, con l’obiettivo di offrire ai cittadini l'opportunità di scoprire da vicino come i rifiuti si trasformano in risorse per il territorio. Sabato 12 aprile, dalle 10:30 alle 12, sarà possibile visitare l’impianto di Bresso-Niguarda, un esempio concreto di economia circolare dove i fanghi di depurazione delle acque reflue vengono trasformati in biometano, un combustibile rinnovabile e sostenibile. Durante la visita guidata, articolata in due turni da 45 minuti ciascuno, i partecipanti potranno scoprire le attività legate alla depurazione delle acque e il processo di digestione anaerobica, attraverso il quale i fanghi vengono stabilizzati e trasformati in biogas. Quest’ultimo, ricco di metano, viene successivamente purificato fino a diventare biometano, pronto per essere immesso nella rete come energia pulita. L’impianto di Bresso-Niguarda rappresenta un hub avanzato nella produzione di energia rinnovabile, con una capacità di upgrading potenziata nel 2024 a 155 Sm3/ora di biometano prodotto. Il sito è stato il primo depuratore in Italia connesso alla rete nazionale con immissione di biometano prodotto da fanghi di depurazione, e dal 2019 a oggi sono stati prodotti circa 2,8 milioni di mc di biometano. La partecipazione alla visita è gratuita ma soggetta a prenotazione obbligatoria entro mercoledì 9 aprile, scrivendo all’indirizzo simone.gal@gruppocap.it.