(Adnkronos) - La Cina non vede di buon occhio il riavvicinamento e la crescente cooperazione tra Corea del Nord e Russia. A dirsene convinto è stato il vicesegretario di stato americano Kurt Campbell, dando il proprio contributo al dibattito tra i partner asiatici degli Stati Uniti sulla posizione cinese. Il silenzio di Pechino, secondo il ministero degli Esteri giapponese, sarebbe un chiaro segnale di questo disagio e del timore che la collusione militare sull'Ucraina possa favorire la spinta americana a tessere una rete di alleanze con la Corea del Sud e il Giappone in Asia orientale. Finalizzata, per la Cina, a limitare il suo potere. Il gesto conciliante recentemente compiuto da Pechino nei confronti del Giappone - cui ha annunciato l'intenzione di rimuovere una boa di segnalazione installata all'interno della zona economica esclusiva giapponese vicino alle isole Senkaku, amministrate da Tokio, nel Mar Cinese Orientale - viene visto come il segno di uno sforzo volto a incoraggiare quanti in Giappone non vogliono essere coinvolti in un conflitto con la Cina diretto dagli Usa. Un passo piccolo, ma che riguarda un tema delicato. "Il tema che sta diventando sempre più scomodo per gli interlocutori cinesi è l'impegno della Corea del Nord con la Russia", ha dichiarato Campbell - citato dal Guardian - nel corso di un recente seminario presso il Center for Strategic and International Studies, un thinktank di Washington. "In alcune discussioni che abbiamo avuto, sembra che li stiamo informando di cose di cui non erano a conoscenza sulle attività della Corea del nord, e sono preoccupati che l'incoraggiamento russo possa portare Pyongyang a contemplare mosse o azioni militari che potrebbero non rientrare nell'interesse della Cina". "La Cina non è intervenuta direttamente per criticare la Russia, ma crediamo che il crescente coordinamento tra Pyongyang e Mosca li stia innervosendo", ha aggiunto. Ma gli analisti non sono unanimi sull'esistenza di una frattura tra Cina e Russia. Per l'ammiraglio Samuel Paparo, a capo del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti, nelle relazioni tra Russia, Cina e Corea del Nord c'è una "certa simbiosi transazionale". "La Corea del Nord - ha dichiarato al forum sulla sicurezza di Halifax - soddisfa le richieste di artiglieria e missili della Russia e la Russia in cambio fornirà probabilmente tecnologia missilistica e sottomarina alla Corea del Nord". La Cina da parte sua avrebbe fornito alla Russia il 90% dei suoi semiconduttori e il 70% delle sue macchine utensili per ricostruire la sua macchina da guerra. Anche Andrew Shearer, direttore generale dell'Office of National Intelligence australiano, si è detto scettico sulla portata del disagio della Cina. "L'idea di ampliare presunte divisioni tra Putin e Xi è piuttosto fantasiosa e se non affrontiamo la realtà che Putin è ancora in guerra in Ucraina oggi solo grazie al sostegno militare, diplomatico e di tecnologia dual use della Cina, non riusciremo a elaborare strategie efficaci". I dubbi sull'atteggiamento della Cina si riflettono anche tra gli osservatori in Giappone. "Non è possibile che la Cina non sapesse cosa stava progettando la Russia. La Cina non può permettersi di vedere la Russia perdere contro l'Occidente, e se la Russia contribuisce a creare una propaganda" di successo, "sarà un precedente per la Cina nel tentativo di controllare Taiwain", ha dichiarato la professoressa Emi Mifune, della facoltà di legge dell'Università di Komazawa. E per Hideya Kurata, dell'Accademia Nazionale di Difesa del Giappone, la posizione di Pechino non è di approvazione o disapprovazione, ma di disagio e difficoltà. Il conflitto - ha sottolineato - deve essere visto nel contesto della decisione della Corea del Nord di abbandonare gli sforzi per riunificare la penisola coreana. Pyongyang sta cercando di definire e impostare una escalation a tappe, progressiva, che parte dalle armi nucleari tattiche, si estende ai missili balistici a raggio intermedio diretti in Giappone, quelli a medio-lungo raggio diretti a Guam e ai missili balistici intercontinentali che potrebbero colpire la terraferma degli Stati Uniti.
(Adnkronos) - “L'intelligenza artificiale sta impattando molto nel mercato del lavoro, sta generando nuovi lavori, nuovi modi di lavorare ma anche un po' di sfiducia nelle persone che pensano di poter perdere il posto di lavoro”. Sono le parole di Andrea Cafà, presidente Cifa, intervenuto a Bologna al convegno organizzato da Confsal 'Presentazione rapporto Salute e sicurezza sul lavoro nella contrattazione collettiva' che si è tenuto all'interno della fiera ‘Ambiente e Lavoro’. “Questo genera stress, stress da lavoro correlato e quindi la prima risposta è fare formazione continua, una formazione che dia la possibilità alle persona di acquisire quelle competenze che gli permettano di gestire e governare questo processo. L' intelligenza artificiale non deve sopraffare l'uomo, ma è a servizio dell'uomo - ha continuato Cafà - per evitare fatica fisica, per evitare fatica mentale, ma deve essere a servizio dell'uomo ed è vero che una volta fatta la formazione, poi la persona è più tranquilla e più serena perché riesce a raggiungere i propri obiettivi addirittura con più facilità”. Non solo, Cifa chiede che alla formazione vengano accompagnate misure di welfare che devono aiutare la persona a conciliare e integrare la vita personale con la vita professionale. “Tutto questo non solo è narrato e scritto nella nostra contrattazione collettiva di qualità, ma soprattutto è sostenuto da una bilateralità; c'è Fonarcom che finanzia tantissima formazione continua in materia di sicurezza, in materia di innovazione o adesso anche di intelligenza artificiale, abbiamo Epar che adesso è diventato organismo paritetico e svilupperà tantissima formazione, in maniera particolare abbiamo generato una piattaforma si chiama Valida, piattaforma che aiuterà gli operatori che si accrediteranno a progettare meglio, gestire, monitorare e addirittura asseverare la formazione, questo diventa importante perché diventa un elemento di garanzia per non solo l'entità di formazione, ma soprattutto per l'azienda e il lavoratore che finalmente rischia meno infortuni sul lavoro", ha concluso il presidente del Cifa.
(Adnkronos) - “L’Italia, Paese leader del riciclo in Europa, vive un paradosso proprio sul materiale riciclabile al 100 per cento e infinite volte, l’alluminio. Non sono infatti disponibili quantità sufficienti di rottami. Abbiamo, cioè, una capacità di riciclo sottoutilizzata”. Lo hanno affermato il presidente di Assomet-Centroal, Danilo Amigoni, e il direttore generale di Cial, Stefano Stellini, in una conferenza stampa alla Camera. (VIDEO) “La ragione - ha spiegato Amigoni - è che in quantità crescente (a livello Ue 1,4 mln t nel 2023, +13% su base annua) i rottami di alluminio vengono accaparrati sul mercato da Paesi del Far East, dove vengono lavorati con bassi standard ambientali e tramite sussidi che danneggiano l’Europa e, al suo interno, in modo particolarmente grave, l’Italia. Chiediamo alla politica italiana, che nei mesi scorsi ha offerto un primo segnale inserendo i rottami di alluminio e di altri metalli non ferrosi nel sistema di monitoraggio nazionale sull’export delle materie prime critiche, di spingere per l’introduzione in Europa di norme che consentano la fuoriuscita di rottame solo verso Paesi terzi in grado di certificare i medesimi standard ambientali della Ue, e dunque i medesimi oneri a carico delle imprese. Chiediamo inoltre una posizione a favore di modifiche al Cbam, il meccanismo che tassa l’importazione in Ue di materiali ad elevate emissioni, ma non i prodotti finiti che al loro interno contengono proprio quei materiali. Il che è un ulteriore elemento di penalizzazione per le attività di riciclo e per il mercato all’interno della Ue”. Le performance dell’alluminio nel riciclo sono molto evidenti nel comparto degli imballaggi, di cui si occupa Cial. Stellini ha evidenziato: “Con un tasso di riciclo medio, negli ultimi cinque anni, del 70% di imballaggi in alluminio, il nostro Paese non solo ha da tempo raggiunto e superato gli obiettivi al 2030, ma si colloca al primo posto in Europa con ben 10 punti percentuali sopra la media (59%) degli altri paesi. L’efficienza del sistema italiano è ancor più evidente se si analizza lo spaccato del tasso di riciclo per le sole lattine in alluminio per bevande, pari al 93,8% per il 2023. Un risultato da record, in linea con quello dei paesi i cui sistemi sono basati sul deposito cauzionale e abbondantemente superiore al tasso medio di riciclo europeo del 76%”. Ma l’Italia è capofila anche sulla prevenzione. "Uno studio realizzato da Cial per tracciare la tendenza evolutiva del packaging in alluminio a partire dal 2000 dimostra come le imprese della filiera siano riuscite a risparmiare in media ogni anno circa 5.350 tonnellate di materiale (l’equivalente di 51.000 carrozzerie per auto) per un totale di 107.000 tonnellate pari ad una riduzione complessiva di 936.000 tonnellate di CO2. Ciò grazie a miglioramenti dei processi produttivi e a una progettazione dell’imballo finalizzata a massimizzare il riciclo”, ha aggiunto Stellini. “In Italia - hanno ricordato Amigoni e Stellini - viene prodotto solo alluminio da riciclo che garantisce sostenibilità ambientale, decarbonizzazione ed efficienza energetica. Il riciclo necessita di solo il 5% dell’energia richiesta per la produzione di alluminio primario. A livello europeo il riciclo dell'alluminio potrebbe comportare una riduzione delle emissioni di CO2 del 46% all’anno al 2050”.