(Adnkronos) - "Non siamo quasi mai contenti di quel che passa il convento politico. Se c’è un(a) leader forte, si teme e si denuncia l’eccesso di potere che accompagna quelle figure che finiscono per stare troppo in alto e troppo sole. Se invece c’è il riaffacciarsi delle correnti e si invoca una maggiore condivisione delle scelte, si critica quel tanto di confusione che l’agitarsi di troppe persone in ordine sparso quasi sempre produce. E così, come un pendolo, finiscono per oscillare tutti i nostri stati d’animo e le troppe insofferenze che li accompagnano. Qualcosa di tutto questo si è visto negli ultimi giorni, tra il rinnovato censimento delle correnti del Pd e la sfida su chi dovesse confrontarsi vis a vis con Meloni sul palco di Atreju. L’argomento in questa fase appartiene infatti soprattutto al centrosinistra e segnatamente al suo maggior partito, il Pd. Laddove Elly Schlein viene gratificata da un consenso forse meno unanime e meno convinto di quel che si racconti. Mentre il riunirsi più frequente di gruppi vecchi e nuovi getta inevitabilmente un’ombra sul fulgore di quella leadership. Così, mano a mano che si avvicinano le elezioni l’argomento lievita come un soufflé e finisce per dare adito a un dibattito non sempre così facile da decodificare. Ora, è piuttosto ovvio che Schlein consideri un atto dovuto la sua candidatura a premier in quanto leader del maggior partito di opposizione. Ed è altrettanto ovvio che le seconde e le terze file di quel partito vogliano essere tenute in considerazione in vista delle candidature prossime venture. Tanto più con una legge elettorale che consegna al/la segretario/a tutto il potere a questo riguardo. Dunque fin qui siamo nel campo del consueto e del già visto. Quello che invece andrebbe aggiunto, e magari considerato con una migliore disposizione d’animo, è il fatto che tutto questo trambusto è, per così dire consustanziale al centrosinistra. Fa parte della sua storia e della sua natura. Mentre l’inseguimento di un modello di leadership più assertiva, decisionista, finisce per far giocare la partita secondo gli schemi dell’avversario(a). Assai più capace di padroneggiare quel tipo di competizione. Si aggiunga che ormai la sotterranea contesa tra Schlein e Conte non appare certo più un segreto di Stato. E dunque che ogni volta che uno dei due segna un punto a proprio favore, l’altro è indotto a controbattere e a rilanciare. Con l’effetto inevitabile di accrescere il tasso di confusione che regna da quelle parti. Laddove si dovrebbe invece imparare a farsi forti delle proprie debolezze e a diventare più virtuosi facendo pace con alcuni dei propri vizi. In una parola, il centrosinistra dovrebbe fare davvero i conti con se stesso. E piuttosto che nascondere la polvere delle proprie divisioni sotto al tappeto della propria retorica farebbe meglio a mettere a frutto la pluralità delle sue storie presentandosi per quello che è -nel bene e nel male. Infatti, al netto delle umane ambizioni (e anche delle umane miserie, a volte), c’è sempre un vantaggio quando si discute. Si sprigionano energie, si fanno affiorare nuovi argomenti, si dà modo a più gente di dire la sua. Insomma, si rende meno asfittica la vita di quel partito, e meno solitaria la posizione di chi lo guida. Il disordine insomma può essere alle volte anche creativo, ancorché scomodo. Mentre l’obbedienza dei propri cari nasconde spesso insidie che il coro dei consensi e la vanità dei leader finiscono per sottovalutare. Dunque, il fastidio per la pluralità delle voci dissonanti dovrebbe prima o poi lasciar posto a una discussione più vivace e magari anche più sincera. Questa regola dovrebbe valere appunto soprattutto per la sinistra. Poiché la destra solitamente incarna un principio d’ordine e ha una naturale tendenza alla semplificazione, quando non addirittura al culto del proprio capo. Mentre la sinistra invece è quasi sempre un luogo convulso, disordinato, irriverente. E’ la sua natura, e con la natura occorre sempre scendere a patti. Insomma, a quanti fanno opposizione di questi tempi servirebbe forse più una disputa vera che una finta unità". (di Marco Follini)
(Adnkronos) - “Leggeremo il rapporto annuale dell’Osservatorio 4.Manager nel dettaglio perché è un documento complesso, con molte risultanze, molte analisi di causalità statistica, molte mappature del nostro sistema industriale, come sapete costituito soprattutto da piccole e medie imprese. E' prezioso perché rappresenta un'ottima base di conoscenza, soprattutto delle interrelazioni complesse all'interno delle filiere. Vengono analizzate le interrelazioni nell'ambito della filiera per implementare politiche pubbliche e, soprattutto, politiche industriali”. Lo ha dichiarato Renato Loiero, consigliere per le politiche di bilancio del Presidente del Consiglio dei ministri, oggi a Roma in occasione della presentazione del nuovo rapporto dell’Osservatorio 4.Manager intitolato 'Le filiere produttive nell’era della conoscenza aumentata'. “Si tratta - prosegue Loiero - di traguardare uno dei requisiti che dovrebbero caratterizzare le politiche pubbliche nel settore dell'industria, cioè la selettività: cercare di compendiare il rigore dei conti pubblici e lo sviluppo, indirizzando le risorse pubbliche, che sono per natura limitate, verso quegli ambiti produttivi che hanno una maggiore dinamica del valore aggiunto quelle che sarebbero più meritevoli di ricevere contributo o sostegno istituzionale”. Loiero ha concluso ricordando l’importanza del rapporto anche per le altre amministrazioni coinvolte nel disegno delle politiche industriali: “Serve alle varie altre istituzioni, al netto di quelle che hanno contribuito alla sua realizzazione, in particolare l’Istat, anche a fare valutazione delle politiche pubbliche ex ante ed ex post”.
(Adnkronos) - Il Gruppo Davines - azienda attiva nel settore della cosmetica professionale, B Corp dal 2016 - in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, autorevole centro studi sulla green economy in Italia, ha premiato oggi al Davines Group Village di Parma i vincitori della seconda edizione del 'The Good Farmer Award', iniziativa dedicata a giovani agricoltori under 35 che abbiano già avviato progetti ispirati ai principi fondamentali dell’agroecologia e dell’agricoltura biologica rigenerativa, intesa come insieme di pratiche ecocompatibili di gestione agricola, fortemente alternative all’agricoltura convenzionale. Questa seconda edizione del Premio ha coinvolto anche le aziende agricole-zootecniche, in particolare quelle attente al benessere animale, che utilizzano sistemi di allevamento estensivi e che adottano pratiche zootecniche rivolte al miglioramento degli agroecosistemi. I due agricoltori hanno ricevuto 10mila euro ciascuno per l’acquisto di materiali e per interventi finalizzati al miglioramento e allo sviluppo delle pratiche agroecologiche già avviate. Nel corso della cerimonia è stata letta una lettera di saluto inviata da Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, che ha espresso il proprio sostegno all’iniziativa. La Giuria che ha valutato e selezionato i progetti è composta da otto membri, fra professori universitari ed esperti in temi di agricoltura, agroecologia e sostenibilità a cui quest’anno si sono aggiunti due esperti di zootecnia. I VINCITORI - Alessia Mazzù (classe ’90), socia della Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio - Cooperativa Romana Agricoltura Giovani, è stata premiata per aver trasformato una terra pubblica abbandonata in un luogo di rigenerazione ambientale e sociale. Alessia si è formata tra l’Italia e la Scozia, dove si è specializzata in sostenibilità e studi ambientali. La Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio nasce nel 2011 da una vertenza politica per consentire ai giovani agricoltori l’accesso alle terre pubbliche abbandonate. Situata nel cuore del Parco di Veio a Roma, la Cooperativa pratica metodi biologico-rigenerativi, coltivando cereali rari, ortaggi e leguminose, e custodendo il 'frutteto della biodiversità' per recuperare antiche varietà frutticole. Co.r.ag.gio si distingue come modello di agricoltura sociale e multifunzionale, dedicandosi alla formazione, ai laboratori didattici e offrendo percorsi di inclusione a persone in condizioni di fragilità o svantaggio. Il premio servirà a realizzare un sistema integrato per la raccolta e la gestione dell'acqua piovana e atmosferica, per diversificare le fonti idriche e continuare a far evolvere la Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio come laboratorio di rigenerazione ambientale e sociale. Luca Quirini (classe '94), fondatore dell’Azienda Agricola Quira, è stato premiato per il suo allevamento incentrato sul benessere animale e la salvaguardia del territorio ligure. L’azienda, situata a Borzonasca (Genova) nell’Appennino ligure, a ridosso di Portofino e le Cinque Terre, alleva 60 bovini di razza Cabannina, specie autoctona a rischio di estinzione. La formazione di Luca non è agricola: dopo essersi diplomato al liceo classico, intenzionato a conoscere meglio la sua Liguria, inizia a lavorare per un allevatore di vacche piemontesi nell’entroterra, esperienza che lo appassiona al punto da creare la sua azienda, che porta il nome della prima vacca che ha acquistato, Quira. La mandria pratica la transumanza spostandosi tra pascoli che si estendono dai 700 ai 1.400 metri di altitudine, evento che ha assunto il ruolo di un vero e proprio appuntamento culturale e turistico. Il sistema di allevamento rispetta i ritmi biologici degli animali: le Cabannine, allevate in libertà su circa 2.500 ettari di prati e boschi, pascolano liberamente, di giorno e di notte, alimentate solo a erba e, in inverno, con fieno biologico locale. L’Azienda Agricola Quira ha adottato il pascolo razionale Voisin, un metodo che prevede la rotazione controllata dei pascoli, per favorire l’aumento della biodiversità. In questo modo, con la stessa superficie, è possibile nutrire un numero maggiore di capi, mantenere il terreno fertile e in equilibrio e contribuire alla rigenerazione del suolo e alla prevenzione degli incendi sui versanti montani. Il premio sarà utilizzato per il progetto della 'stalla nel bosco', una zona protetta con microclima equilibrato nei mesi invernali, e per l'acquisto di un furgone attrezzato a laboratorio polifunzionale mobile. Nel 2021 il Gruppo Davines ha investito 2 milioni di euro per realizzare a Parma, in partnership con il Rodale Institute, l’European Regenerative Organic Center (Eroc), primo centro di formazione e ricerca in Italia e in Europa nel campo dell’agricoltura biologica rigenerativa. Nel frattempo, il Gruppo ha continuato a investire sul progetto e il centro oggi è costituito da 188 parcelle sperimentali in cui vengono coltivate 22 differenti specie vegetali, tra cui frumento, mais, achillea, calendula, melissa e camomilla. Dopo tre anni di sperimentazione condotte su Eroc, guidate dal direttore di Ricerca Dario Fornara, sono stati raccolti dati sufficienti a dimostrare che i terreni gestiti secondo pratiche biologico rigenerative hanno raggiunto livelli di produttività paragonabili a quelli ottenuti con l’agricoltura convenzionale, confermando la solidità del modello sul piano delle rese. Gli studi hanno rilevato un netto incremento della biodiversità del suolo - sia per quanto riguarda il microbioma, sia per quanto riguarda il numero di lombrichi - e un miglioramento significativo della densità dei nutrienti nelle colture, in particolare dei sali minerali essenziali come magnesio, calcio e zinco. Nel 2025, Eroc ha rinnovato la propria certificazione Roc - Regenerative Organic Certified. Inoltre negli ultimi due anni il Gruppo Davines ha supportato attivamente 16 aziende agricole italiane nel percorso verso la certificazione Roc, che valuta in modo integrato la salute del suolo, il benessere animale e la tutela dei lavoratori. "Penso che questo premio, così come Eroc, siano esempi concreti del cosiddetto effetto risonanza, un’amplificazione positiva che fa bene a tutti - ha commentato Davide Bollati, presidente del Gruppo Davines - In Davines crediamo fermamente che il futuro del nostro pianeta sia strettamente legato alla salute del suolo, che è il nostro capitale più prezioso. Per questo, ‘The Good Farmer Award’ non è solo un riconoscimento, ma un investimento concreto nella prossima generazione di agricoltori. Alessia e Luca, i vincitori di quest’anno, ne sono un esempio: attraverso la loro dedizione all'agroecologia, alla tutela della biodiversità e al benessere animale, dimostrano come un'agricoltura responsabile possa non solo produrre eccellenza, ma anche generare un impatto sociale e ambientale positivo". “L'agricoltura biologica si basa su un metodo di coltivazione volto a produrre alimenti con sostanze e processi naturali, con l’esclusione di prodotti della chimica di sintesi. L’agricoltura rigenerativa si basa su un metodo di coltivazione che punta a mantenere e ripristinare la biodiversità del suolo e degli ecosistemi agricoli in modo che siano in grado di fornire beni e servizi ecosistemici di qualità e a lungo termine - ha dichiarato Edo Ronchi, presidente di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - L’agricoltura biologica rigenerativa è un’evoluzione, in parte già prevista nelle pratiche agricole biologiche, in parte innovativa, per rendere l’agricoltura più resiliente alle sfide della crisi climatica e più attiva nel ripristino della natura per affrontare il degrado dei suoli e la perdita di biodiversità”.