(Adnkronos) - I droni ucraini contro la casa di Vladimir Putin? Le accuse della Russia rischiano di azzoppare i negoziati per porre fine alla guerra con l'Ucraina. L'ottimismo parziale alimentato dall'incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky evapora dopo poche ore. All'incontro tra il presidente americano e quello ucraino a Mar-a-Lago, con un accordo 'al 90%' sul piano di pace, fanno seguito le accuse che Mosca indirizza a Kiev: l'Ucraina ha attaccato la residenza di Vladimir Putin a Novgorod subito dopo il vertice in Florida, nella notte europea tra 28 e 29 dicembre. "E' terrorismo", dice il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, annunciando l'abbattimento di 91 droni a lungo raggio di cui, in realtà, non si fa menzione nei report quotidiani ufficiali sull''operazione speciale'. Mosca preannuncia una rappresaglia, con "obiettivi già individuati". L'effetto dirompente nel momento cruciale dei negoziati è facilmente valutabile. L'Ucraina spinge per ottenere solide garanzie di sicurezza dagli Stati Uniti, la quadratura del cerchio non è ancora stata trovata. Il dialogo non ha ancora prodotto una soluzione condivisa per il destino del Donbass: la regione è obiettivo prioritario per Mosca, Kiev non intende accettare sacrifici territoriali senza il ricorso ad un referendum popolare. L'episodio, smentito da Zelensky, diventa il fulcro della telefonata tra Trump e Putin, la seconda nel giro di 24 ore. "Non ne so molto. Sarebbe pessimo, non sarebbe positivo. Non mi piace, il presidente Putin mi ha detto che è stato attaccato. E' un momento delicato, non dimenticate che io ho fermato la fornitura di missili Tomahawk: una cosa è attaccare, un'altra cosa è attaccare la sua casa", dice Trump rispondendo alle domande dei media prima dell'incontro con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Mancano conferme indipendenti sull'esecuzione dell'attacco. "L'intelligence verificherà? Magari scopriremo se non c'è stato, è possibile. Il presidente Putin mi ha detto che c'è stato, è molto arrabbiato", dice Trump che, evidentemente, tende a fidarsi della versione russa. La posizione di Trump, a quanto pare, è più netta nella telefonata con Putin, a giudicare dal resoconto di Yuri Ushakov, consigliere del Cremlino. "Putin ha richiamato l'attenzione di Trump sull'attacco con droni di Kiev alla sua residenza nella regione di Novgorod. Trump è rimasto scioccato e indignato dall'attacco di Kiev. Ha dichiarato che non poteva nemmeno immaginare azioni così folli", afferma Ushakov, aggiungendo anche un 'dettaglio': il presidente degli Stati Uniti avrebbe detto che "per fortuna, non ha fornito Tomahawk a Kiev". La casa di Putin, in sostanza, sarebbe finita nel mirino dei missili a lungo raggio. A giudicare dal resoconto di Ushakov, documentato dalla Tass, l'episodio è un 'game changer'. Putin "ha dichiarato al presidente statunitense che le azioni terroristiche di Kiev nell'attacco alla residenza statale non resteranno impunite" e che nell'ambito dei negoziati "la posizione della Russia sarà rivista in relazione al terrorismo di Stato praticato da Kiev". Trump, a quanto pare, ha replicato affermando che l'attacco dei droni "influenzerà gli approcci americani nel lavoro con Zelensky". Il presidente ucraino prova a smentire la ricostruzione russa, ma la sua è una missione improba. "Le dichiarazioni riguardo agli attacchi dell'Ucraina alla residenza di Putin sono una menzogna", dice, sottolineando che "la Russia vuole minare i progressi tra l'Ucraina e gli Stati Uniti nei negoziati di pace. Sono state fatte delle dichiarazioni molto pericolose dalla Russia, che sono chiaramente intese a minare tutti i risultati del nostro lavoro congiunto con la squadra del presidente Trump. Stiamo lavorando insieme per avvicinare la pace", dice il leader di Kiev. "Ora i russi hanno inventato una storia chiaramente falsa riguardo a un presunto attacco a una residenza del dittatore, in modo da avere una scusa per continuare gli attacchi all'Ucraina, in particolare a Kiev, e per rifiutare di prendere le misure necessarie per porre fine alla guerra", prosegue. Da Mosca, però, continuano ad arrivare fendenti: "Zelensky mente, il regime di Kiev pagherà per i suoi crimini", incalza Maria Zakharova, portavoce di Lavrov, che attribuisce al presidente ucraino l''invenzione' di bambini rapiti dalla Russia e dei crimini di Bucha, alla periferia di Kiev, commessi dai militari russi all'inizio della guerra nel 2022.
(Adnkronos) - Il ruolo degli enti di terzo settore (Ets) è sempre più centrale nella gestione dei beni confiscati alle mafie. E' uno dei temi emersi nel corso del meeting di presentazione, tenutosi a Salerno, del progetto 'Co-programmare con i giovani', finanziato dal ministero del Lavoro e che vede Moby Dick Aps come ente capofila. Secondo il prefetto Maria Rosaria Laganà, direttore dell'Anbsc - Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, intervenuta all'evento "è fondamentale il ruolo che gli enti del terzo settore possono avere sia per una gestione diretta dei beni, ma soprattutto in coprogettazione con gli enti territoriali. Specialmente in piccoli contesti in cui magari i Comuni hanno carenze di competenze specifiche dal punto di vista del personale, e quindi la difficoltà anche a immaginare e a progettare, il terzo settore può veramente fare la differenza. Quindi da un lato c'è l'ente territoriale che esprime i bisogni di una collettività e il terzo settore che è in grado, oltre che di esprimere e rappresentare questi bisogni, ma anche di individuare delle progettualità e quindi anche di vedere nel bene confiscato una risorsa reale, che poi ovviamente necessiterà anche di risorse finanziarie. Però è un connubio indispensabile per il futuro, per una gestione di beni che sia veramente efficace e sostenibile", spiega Laganà ad Adnkronos/Labitalia sottolineando come l'evento tenutosi a Salerno abbia evidenziato "grande entusiasmo, veramente fa piacere che ci siano dei giovani così interessati ai temi della legalità in generale, la loro consapevolezza e impegno è centrale su questi temi", sottolinea. E per Don Aniello Manganiello, prete anticamorra, anch'egli intervenuto all'evento, "tutte le epoche hanno bisogno dei giovani perché portano la novità, portano l'intelligenza, portano l'entusiasmo. Ogni epoca è caratterizzata dall'impegno giovanile e corale e quindi ci ho tenuto a sottolinearlo e ad invitarli a mettersi in gioco perché il rinnovamento se deve esserci non può che avvenire da ora. Poi, io lo dico sempre ai ragazzi, se volete vivere la vostra vita con un senso, con un significato, non potete essere egoisti, dovete donarvi perché è il dono che dà valore alla nostra vita, dà senso alla nostra esistenza, altrimenti vivacchiamo, ma noi dobbiamo vivere. E una delle dimensioni di una vita veramente vissuta a fondo è quella di spezzarla, spezzarla anche per gli altri", aggiunge ancora. Secondo Ciro Castaldo, segretario generale della Fondazione Banco di Napoli il meeting di presentazione del progetto 'Co-Programmare con i giovani' "è stata una bellissima iniziativa, mettendo a confronto gli enti del terzo settore e i giovani con pubblica amministrazione e privati. Per noi in questo caso come fondazioni bancarie è un momento di ascolto, un momento di aiuto anche a valutare, a selezionare, a creare criteri di selezione per le progettazioni che provengono da questo mondo. Quindi è un momento di confronto e di ascolto che noi veramente apprezziamo perché i giovani possono far crescere noi e noi dobbiamo ascoltarli". E parlando dell'attività del 2025 della Fondazione ha sottolineato che "ce ne sono state tante. Noi stiamo anche predisponendo un progetto speciale collegato a un bilancio sociale proprio per evidenziare le attività che più hanno dato impatto anche sul territorio. Il nostro apporto è quello di assistere le comunità, ascoltarle e cercare, nei limiti ovviamente della disponibilità economica a disposizione, di sostenere quelle progettualità che possono servire a fare anche piccoli cambiamenti ma significativi", ha concluso.
(Adnkronos) - «Rendere il territorio più sano, più pulito e più biodiverso»: con questo obiettivo, cinque anni fa, è nato il Consorzio Forestale KilometroVerdeParma, che oggi celebra un traguardo storico con la messa a dimora del 100.000° albero. A sottolinearne il valore è Maria Paola Chiesi, presidente del Consorzio Forestale KilometroVerdeParma che definisce il risultato tutt’altro che scontato. «Ci siamo dati un obiettivo quantitativo perché è importante avere dei traguardi. Centomila alberi in cinque anni sembravano una sfida ambiziosa, e invece ce l’abbiamo fatta», afferma. Un successo reso possibile, spiega Chiesi, «grazie alla collaborazione delle istituzioni, dei privati, delle aziende, dei cittadini e delle associazioni», che rende questo risultato «il simbolo di una comunità che si prende cura di se stessa e del proprio territorio». La posa del Ginkgo biloba in viale Du Tillot segna anche l’avvio di un nuovo progetto: la nascita dell’arboreto urbano di Parma, concepito come museo a cielo aperto dedicato alla cura del territorio e alle generazioni future. È un Ginkgo biloba, pianta antichissima e straordinariamente resistente, a rappresentare il significato profondo del 100.000° albero piantato dal progetto KilometroVerdeParma. «La scelta non è casuale -spiega Maria Paola Chies-. Il ginkgo ci lega alla storia del pianeta: cresce lentamente, diventa imponente, ed è il simbolo di un amore per il territorio che richiede tempo ma si costruisce in modo solido». Chiesi ha aggiunto che l’albero messo a dimora in viale Du Tillot è anche il primo tassello dell’arboreto urbano, destinato a diventare «una grande biblioteca di alberi, con centinaia di specie diverse». Un progetto che guarda lontano e che nasce dalla partecipazione condivisa di cittadini, bambini, istituzioni e partner. «Prendersi cura oggi del territorio significa costruire benessere, qualità della vita e futuro per le generazioni che verranno», conclude.