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(Adnkronos) - Jannik Sinner sfida oggi, domenica 18 maggio, Carlos Alcaraz nella finale degli Internazionali d'Italia 2025 per il titolo e per un assegno non indifferente. In carriera, Sinner ha incassato quasi 40 milioni di dollari di soli premi. Nella stagione attuale, caratterizzata da 3 mesi di stop, si è aggiudicato 2,1 milioni grazie al trionfo agli Australian Open. Il tennista azzurro oggi affronta lo spagnolo nell'ultimo atto del Masters 1000 di Roma dopo aver eliminato, rimontando, Tommy Paul in semifinale, mentre Alcaraz ha superato Lorenzo Musetti. Dopo i tre mesi di squalifica per il caso Clostebol, Sinner ha quindi l'occasione per tornare a vincere nel torneo 'di casa'. Ma quanto guadagnerebbe Jannik in caso di successo? Con l'accesso alla finale degli Internazionali d'Italia Sinner si è già garantito una buona fetta del montepremi messo in palio dall'organizzazione del torneo per il tabellone maschile. Ecco i premi garantiti alle tenniste in base ai risultati nel Masters 1000 di Roma: Primo turno: € 20.820 Secondo turno: € 30.895 Terzo turno: € 52.925 Ottavi: € 90.445 Quarti: € 165.670 Semifinale: € 291.040 Finalista: € 523.870 Campione: € 985.030 Sinner, dunque, è già sicuro di intascare oltre 523mila euro, ma potrebbe superare i 985mila in caso di vittoria contro Carlos Alcaraz.
(Adnkronos) - Costruire partenariati solidi tra pubblico, privato e cooperazione internazionale per valorizzare la formazione tecnico-professionale come leva strategica di sviluppo economico e inclusione sociale. In Africa come anche nel nostro Paese, agendo sul mismatch tra domanda e offerta di figure specializzate. Se ne è discusso a 'Codeway Expo 2025', la fiera della cooperazione internazionale organizzata da Fiera Roma e Internationalia e in corso a Fiera Roma fino al 16 maggio, con il tema della formazione tecnico-professionale che è stato al centro del panel 'Tvet Africa Index 2025. Responsabilizzare i giovani africani attraverso la formazione professionale', promosso da De Lorenzo Spa, con la partecipazione di istituzioni italiane e africane, rappresentanti del mondo produttivo, della ricerca e della società civile. Nel corso del panel è stato presentato lo studio inedito di Internationalia e De Lorenzo Spa sulla situazione dell’istruzione tecnico-professionale (Tvet) in Africa, che offre un’analisi comparativa dei dati disponibili in paesi come Ghana, Niger, Etiopia, Ruanda e Costa d’Avorio. Il quadro emerso è quello di un settore in evoluzione, con forti potenzialità ma ancora frenato da limiti strutturali, carenze normative, curricula obsoleti e una diffusa percezione negativa da parte dell’opinione pubblica. L’Africa, dove ogni anno entrano nel mercato del lavoro tra i 10 e i 12 milioni di giovani a fronte di soli 3,1 milioni di nuovi posti creati, sconta un paradosso evidente: disoccupazione elevata e carenza di profili tecnici qualificati. Tuttavia, i dati raccolti dimostrano che gli investimenti in Tvet generano un impatto reale in termini di occupabilità. In Costa d’Avorio, ad esempio, il 71% dei diplomati bts trova lavoro entro sei mesi dalla laurea. In Etiopia, gli studenti dei programmi Tvet sono passati da 5.264 nel 1999 a oltre 387.000 nel 2018, mentre in Niger la crescita è stata del 385% tra il 2013 e il 2017. Nel suo intervento a Codeway, il ministro dell’Educazione del Ghana, Haruna Iddrisu, ha sottolineato il ruolo centrale dell’istruzione professionale per trasformare il boom demografico africano in opportunità economiche: “Il Ghana punta a creare smart schools e ad integrare le competenze digitali fin dall’asilo. Il Piano Mattei rappresenta per noi uno strumento monumentale per costruire capitale umano, e la collaborazione pubblico-privato sarà la chiave per non disperdere questo potenziale”. Nel corso dell’appuntamento dedicato alla formazione a Codeway sono stati evidenziati i dati italiani, che rivelano come lo skill gap sia una barriera crescente anche per lo sviluppo industriale nazionale. Stando agli ultimi dati (aprile 2025) del ministero del Lavoro le imprese italiane ricercano 460.000 lavoratori, con il 48,2% delle posizioni difficili da coprire. Per le figure tecnico-ingegneristiche e gli operai specializzati, il mismatch tra domanda e offerta raggiunge il 66-76%. Le cause principali sono la mancanza di candidati (30%) e la preparazione inadeguata (14%). Cresce inoltre il ricorso alla manodopera straniera, passata da 95.000 lavoratori nel 2022 a una stima di oltre 128.000 nel 2024, pari al 22-24% del totale degli ingressi nel mercato del lavoro. Un segnale chiaro della necessità di rafforzare il sistema educativo tecnico anche in Italia, rilanciando i percorsi formativi legati all’industria, all’energia, alla sanità, all’agritech e al digitale. Il panel ha evidenziato l’urgenza di costruire partenariati solidi tra pubblico, privato e cooperazione internazionale per valorizzare la formazione tecnico-professionale come leva strategica di sviluppo economico e inclusione sociale. Codeway si conferma, in questo senso, un osservatorio privilegiato per analizzare i trend globali e costruire soluzioni condivise
(Adnkronos) - L’Italia mantiene il suo primato per livelli di circolarità, in seconda posizione dopo i Paesi Bassi tra i 27 Paesi Ue ma in prima posizione nel confronto con le altre principali economie europee (Germania, Francia e Spagna). E aumenta la produttività delle risorse, con un miglioramento del 20% rispetto al 2019. Allo stesso tempo, però, la dipendenza dalle importazioni di materiali rimane elevata. Nel 2023 è stata pari al 48% del fabbisogno complessivo, valore nettamente superiore a quello dell’Ue che nello stesso anno si è attestato al 22%. Il costo delle nostre importazioni è salito da 424,2 Mld di euro nel 2019 a ben 568,7 Mld nel 2024, con un aumento del 34%. Questa l'analisi contenuta nel Rapporto 2025 sull’economia circolare del Circular Economy Network (Cen), promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e realizzato in collaborazione con Enea, presentato in occasione della Conferenza nazionale sull’economia circolare. “Bene ma non benissimo - dice Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile - In un contesto economico e politico incerto, con l’aggravarsi di conflitti internazionali, in cui anche le materie prime giocano un ruolo fondamentale, l’Italia deve decidere se rafforzare la sua leadership nella circolarità o perdere questo vantaggio. Per far decollare davvero l’economia circolare dobbiamo cambiare prospettiva. Oggi si punta troppo sulla gestione dei rifiuti e troppo poco su azioni a monte, come progettare prodotti che durano di più, si riparano facilmente e si possono riutilizzare. Inoltre, il mercato delle materie prime seconde è ancora debole e mancano strumenti efficaci per monitorare i veri progressi sulla circolarità che non si misurano solo dai rifiuti. Per superare questi ostacoli, bisogna rendere più convenienti per tutti, sia per chi produce sia per chi consuma, le scelte sostenibili; usare la leva fiscale per premiare chi riduce gli sprechi e introdurre criteri circolari anche negli acquisti pubblici. L’economia circolare non è solo una buona idea per l’ambiente, ma è un’occasione concreta di innovazione e sviluppo”. “L’Italia si conferma tra i primi in Europa in termini di circolarità, in particolare su produttività delle risorse, riciclo dei rifiuti e tasso di utilizzo circolare dei materiali, rimane invece indietro negli investimenti privati per la circolarità delle attività produttive - afferma Claudia Brunori, direttrice del dipartimento di Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei Sistemi Produttivi e Territoriali di Enea - Nell’attuale quadro di instabilità geopolitica e climatica occorre limitare la nostra dipendenza dall’importazione di materiali che è oltre il doppio rispetto alla media europea. Pertanto, risulta urgente l’implementazione di un sistema economico basato su un approccio circolare a partire dall’eco-design e dall’innovazione di prodotto, che garantisca un approvvigionamento sostenibile e sicuro delle materie prime, con particolare riguardo a quelle critiche e strategiche”. IL RAPPORTO - Utilizzando il sistema europeo di indicatori, l’Italia risulta leader per livello complessivo di circolarità fra le principali economie europee e seconda fra i 27 Paesi europei. La performance migliore è dei Paesi Bassi (70,6 punti), seguita dal nostro Paese con 65,2 punti. La Germania si classifica in terza posizione (60,6 punti). La Francia e la Spagna si trovano in quinta e settima posizione totalizzando rispettivamente, 58,7 e 56,9 punti. Nel 2023 l’Italia ha raggiunto una produttività delle risorse pari a 4,3 euro di Pil per ogni kg di risorse consumate. Si tratta di un dato nettamente superiore alla media Ue (2,7 euro/kg) e anche a quella di Paesi come Spagna (4,1 euro/kg), Francia (3,5 euro/kg) e Germania (3,4 euro/kg). L’Italia ha confermato nel 2023 gli ottimi livelli di tasso di utilizzo circolare di materia, facendo segnare un valore pari al 20,8%, a fronte di una media dell’11,8% nell’Ue, con una crescita di 2 punti percentuali rispetto al 2019. È la performance migliore tra i principali Paesi europei, seguita dalla Francia (17,6%), dalla Germania (13,9%) e dalla Spagna (8,5%). Ottime le performance dell’Italia anche nella gestione dei rifiuti. Il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto di 3,2 punti percentuali rispetto al 2019, attestandosi al 50,8% nel 2023. Confrontando le performance dei quattro principali Paesi europei, solo la Germania fa meglio dell’Italia con il 68,2%, mentre risultano peggiori le performance di Francia (42,2%) e Spagna (41,4%). Il consumo dei materiali per abitante (11,1 tonnellate nel 2023) è minore della media europea (14,1 t) ma è in crescita, mentre altri Paesi come Germania, Francia e Spagna lo stanno riducendo. Nel 2023, gli investimenti privati in alcune attività tipiche dell’economia circolare (riciclo, riparazione, riutilizzo, noleggio e leasing) nell’Ue 27 sono stati pari a 130,6 miliardi di euro (0,8% del Pil). L’Italia, con 10,2 miliardi (0,5% del Pil), si colloca al terzo posto dopo Germania e Francia, ma registra un calo significativo rispetto al 2019: -22% in valore assoluto e -0,2 punti percentuali in rapporto al Pil. Anche sul fronte occupazionale l’Italia perde terreno in valore assoluto: 508mila occupati in alcune attività tipiche dell’economia circolare, con un calo del 7% rispetto al 2019. Tuttavia, in rapporto al totale degli occupati, l’Italia si allinea alla media Ue del 2%, superando Francia (1,8%) e Germania (1,7%). UNO SCENARIO PIU' CIRCOLARE - Uno studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha stimato i potenziali benefici per l’Italia con una crescita del tasso di riciclo dell’1,5% annuo, una riduzione della produzione di rifiuti dell’1% annuo e una riduzione del consumo di materiali del 3,5% annuo. Questo scenario più circolare genererebbe al 2030 una riduzione del 14,5% del consumo di materiali (rispetto al 2020), una diminuzione di 17 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti, un aumento del tasso di riciclo fino all’89,8% (+18%), e soprattutto una riduzione di 40 milioni di tonnellate della dipendenza da importazioni con un risparmio di 82,5 miliardi di euro. Va inoltre considerato che a livello di impatto climatico le misure di circolarità hanno un valore strategico nel percorso di decarbonizzazione verso la neutralità climatica. E la Commissione europea stima che l’aumento della circolarità può ridurre i costi del sistema energetico in Europa del 7% tra il 2031 e il 2050, pari a 45 miliardi di euro di risparmio annuo.