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(Adnkronos) - Il ko contro David Goffin lascia strascichi pesanti in casa Alcaraz. Lo spagnolo, eliminato in maniera clamorosa nel secondo turno del Masters 1000 di Miami, ha salutato il torneo in California con una certezza. Quella di non poter più superare Jannik Sinner prima del suo ritorno in campo, agli Internazionali di Roma (al via il 7 maggio). A dirlo è la matematica, mentre la stampa spagnola parla di disastro per il tennista spagnolo. Anche vincendo i tornei di Montecarlo, Barcellona e Madrid, Carlos rimarrebbe dietro in classifica. Dunque, nessuna possibilità di sorpasso. Discorso simile anche per Alexander Zverev, numero 2 del ranking mondiale. Per lui, c’è ancora una possibilità di superare il fuoriclasse azzurro, ma la situazione è complicata. Quasi un’utopia. Il tedesco dovrebbe vincere sempre da qui a maggio, impresa non semplice visto lo stato di forma mostrato nella prima parte di stagione, soprattutto dopo la finale degli Australian Open persa contro Sinner. Al momento, Sinner resta in cima al ranking con 11.330 punti. Seguono Zverev, a 7.555 punti, e Alcaraz, a 6.910 punti. Dopo Miami, Sinner sarà a quota 10.330 (perdendo i 1.000 punti guadagnati l'anno scorso, vista la mancata partecipazione al torneo per la sospensione legata al caso Clostebol), mentre il tennista spagnolo scenderà a 6.720. Zverev debutterà proprio oggi in California, contro il britannico Jacob Fearnley (numero 83 del ranking).
(Adnkronos) - Il concetto di welfare aziendale sta cambiando. Lo fotografa la nuova indagine dell’Osservatorio Benessere felicità, realizzata con la partnership tecnica di Up day, dove emerge come il 60% dei lavoratori riconosce il welfare aziendale come utile alla felicità al lavoro e il 45% lo vede come un elemento di benessere in azienda, ma non un plus per cambiare. In un’Italia meno felice del 2024 (con una media di 3.09 punti su 5 rispetto al 3.24 dell’anno scorso), la ricerca dell’Osservatorio Benessere felicità rileva che alla domanda 'Quanto ti senti felice del tuo lavoro?' le donne superano gli uomini (3.28 rispetto 3.23), la Generazione Z è capofila con un valore medio di 3.34 e seguono a ruota Baby Boomers (3.31), Millennials (3.27) e Generazione X (3.21). “Quest’anno - afferma Elisabetta Dallavalle, presidente dell'associazione Ricerca felicità - abbiamo visto che rallenta lievemente la great resignation: alla domanda se 'ti piacerebbe avere la possibilità di cambiare posto di lavoro o lavoro nei prossimi 12 mesi?' il 59.9% dice di no (nel 2024 era il 55%). Rimane costante il 24% di chi vorrebbe cambiare azienda o posto di lavoro, ma scende la percentuale di chi vorrebbe cambiare lavoro o mestiere al 17% (l’anno scorso era il 21%). Tra gli aspetti considerati più importanti nello scegliere un nuovo posto di lavoro rimane alla prima posizione 'avere uno stipendio maggiore', che rispetto al 42% dell’anno scorso sale al 48%, oltre 25 punti percentuali sopra flessibilità (22%) e opportunità di crescita (21%). Scende 'l’avere un welfare dell'azienda o del settore migliore' dal 17% del 2024 al 13% e anche quest’anno lavorare in un ambiente/azienda con un marchio noto risulta essere l’ultima scelta per i lavoratori e le lavoratrici italiane”. Tra dipendenti e autonomi sono più felici del proprio lavoro questi ultimi (3.40 rispetto a 3.22) e i laureati lo sono più di chi non ha avuto un percorso formativo universitario (3.33 rispetto a 3.21). Alla domanda 'Secondo te, quanto il welfare aziendale determina la felicità dei/delle collaboratori/collaboratrici in azienda?' emerge che uomini e donne sono pressoché allineati con rispettivamente una media di 3.59 e 3.58, tra le generazioni i più positivi sono i Millennials con 3.66, seguono Baby Boomers (3.61) Generazione Z (3.57) e Generazione X (3.53). Il Sud e le Isole, con 3.71, guidano geograficamente questa consapevolezza, seguono Nord Ovest (3.56), Nord Est (3.52) e chiude Centro con 3.50. "Questi dati - afferma Mariacristina Bertolini, vice presidente, dg Up day e direttrice zona Euromed di Up - ci spingono a riflettere su una nuova grammatica del welfare. Questo perché emerge un disincanto forse dovuto anche alle eccessive aspettative in un welfare erogato dalle aziende, che non può competere o sostituirsi al welfare pubblico: basti pensare che quest’ultimo nel 2022 era di poco inferiore a 650 miliardi, a fronte dei 3 miliardi di quello privato. Paradossalmente, le risposte che vedono più determinante il welfare aziendale nella felicità dei lavoratori sono distribuite nei territori con un minor grado di diffusione degli stessi strumenti di welfare. Crediamo che questo sia dovuto al fatto che, chi l’ha ottenuto, ha compreso quanto il vero welfare non sia solo buoni pasto o buoni carburante, ma è qualcosa che promuove l’accompagnamento ai bisogni dei cicli di vita, la promozione dell’unicità delle persone, dello smart working, dei programmi di supporto alla genitorialità o del caregiving” . “Non può più essere - sostiene . solo un pacchetto di benefit, ma deve evolversi verso un modello che metta al centro ciclo di vita, bisogni reali, relazioni, flessibilità e supporto alla vita personale. La ricerca dimostra che il 45% degli italiani ritiene che i servizi di welfare fanno parte del benessere in azienda e solo il 34% li vede come un benefit in più per scegliere dove andare a lavorare. Per il 18% degli intervistati la propria azienda non eroga nulla, ma quello che ci ha fatto riflettere è che solo il 13% ritiene che nella propria azienda o organizzazione vengano promossi programmi di supporto alla genitorialità e solo il 10% programmi di supporto al caregiving. Quello che servirebbe al nostro Paese”. Il numero di interviste raccolte è stato pari a 1.000 e il campione è stato distribuito tenendo in considerazione variabili territoriali (Zona Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole), dimensione del centro abitato, genere, generazione culturale (Generazione Z, Millennials, Generazione X e Baby Boomer) e sono state monitorate anche le variabili sulla tipologia di rapporto di lavoro (dipendente/autonomo), fasce reddituali e titolo di studio (laureati/non laureati).
(Adnkronos) - Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua. Istituito dalle Nazioni Unite nel 1992, il World Water Day 2025 è dedicato alla ‘Conservazione dei ghiacciai’. “I ghiacciai si stanno sciogliendo più velocemente che mai - si legge sul sito Onu dedicato alla giornata - Mentre il Pianeta si riscalda a causa del cambiamento climatico, le zone ghiacciate si sta restringendo, rendendo il ciclo dell'acqua più imprevedibile ed estremo. Il ritiro dei ghiacciai minaccia devastazione. Per miliardi di persone, i flussi di acqua di disgelo stanno cambiando, causando inondazioni, siccità, frane e innalzamento del livello del mare, danneggiando gli ecosistemi. La conservazione dei ghiacciai è una strategia di sopravvivenza. Dobbiamo lavorare insieme per ridurre le emissioni di gas serra e gestire l'acqua di fusione in modo più sostenibile per le persone e il Pianeta”. Se non ridurremo le emissioni di gas serra, nel 2050 avremo perso quasi la metà (il 48,5%) della superficie attualmente coperta dai ghiacciai sulle Alpi italiane, mentre nel 2100 dovremo dire addio alla quasi totalità (il 94%) della superficie dei nostri giganti bianchi. È quanto emerge dal rapporto 'Ghiacciai italiani, addio' diffuso da Greenpeace Italia. Il 2024 è risultato un anno molto piovoso. Ad affermarlo è il Bigbang, modello nazionale di bilancio idrologico di Ispra che fornisce il quadro quantitativo sulla risorsa idrica dal 1951. Il volume totale annuo di precipitazioni è stato stimato dall’Ispra in circa 319 miliardi di metri cubi (corrispondenti a 1.056 mm), superiore di oltre il 10% alla media annua riferita all’ultimo trentennio climatologico 1991-2020, stimata in circa 285 miliardi di metri cubi (951 mm). A livello territoriale, nel Meridione e nelle isole maggiori la riduzione idrica è stata del -49% nel distretto idrografico della Sicilia, del -55% nel distretto della Sardegna e del -39% nel distretto dell’Appennino Meridionale. Situazione rovesciata invece nel Nord Italia, dove troviamo Piemonte, Veneto e Liguria che nel 2024 hanno visto un surplus annuo di precipitazione superiore al 40%, rispetto alla media di lungo periodo. Secondo i dati del Bigbang, nel nostro Paese la disponibilità complessiva di risorsa idrica nell’anno 2024 è stata stimata in 158 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore medio annuo di 138 miliardi di metri cubi (+14%). Questa maggiore disponibilità complessiva è, tuttavia, da attribuire alle elevate precipitazioni verificatesi al Nord. Permane, a livello nazionale, un trend decrescente, dal 1951 a oggi, della disponibilità annua di risorsa idrica. “L’acqua è fonte di vita, ma è una risorsa esauribile. Nel nostro G7 Clima, Energia e Ambiente, ad aprile scorso, abbiamo creato la Water Coalition: l’obiettivo sono strategie comuni per definire insieme percorsi di azione rispetto al cambiamento climatico, che incide sulla biodiversità, il degrado e la disponibilità della risorsa”. Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, intervenendo nell’Aula Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati al convegno 'Acqua: cura della risorsa e accesso universale'. “L’Italia vuole essere in prima fila”, ha spiegato il ministro, ricordando il Forum Euromediterraneo sull’Acqua che si terrà nel 2026 a Roma e la Seconda Ministeriale sull’Acqua dell’Unione per il Mediterraneo, assegnata all’Italia sempre nello stesso anno. “Portiamo avanti - ha detto - 18 impegni volontari della Water Conference di New York del 2023, nove del Mase e altrettanti del ministero degli Esteri, per un impegno finanziario complessivo di 6 miliardi di dollari. Siamo attivi nella cooperazione, molto sui Balcani e con l’Africa nell’ambito del Piano Mattei”. Tra imprese, agricoltura e settore energetico, la filiera estesa dell’acqua ha un peso sempre più rilevante per l’economia italiana: dalle risorse idriche 'dipende' il 20% del Pil italiano, un valore che ha superato i 383 miliardi di euro. A conclusione dei lavori della sesta edizione della Community 'Valore Acqua per l’Italia' di Teha (The European House-Ambrosetti), sono stati presentati il Blue Book 2025 realizzato dalla Fondazione Utilitatis e promosso da Utilitalia che comprende tutti i dati relativi al servizio idrico integrato, e il Libro Bianco 2025 'Valore Acqua per l’Italia' di Teha con un focus specifico sul ciclo idrico esteso che, tra servizi, consorzi di bonifica e irrigazione, software e tecnologie, macchinari, impianti e componenti, vale 11 miliardi di euro. La filiera estesa dell'acqua è in crescita mediamente del 5% all'anno e dal 2015 a oggi coinvolge 1,5 milioni di imprese italiane. Per quanto riguarda invece i gestori del servizio idrico integrato, dal 2021 al 2023 sono stati realizzati investimenti per circa 7,1 miliardi di euro, cifra che, come emerge dal Blue Book 2025 sale a 13,2 miliardi se si considerano gli interventi programmati per il biennio 2024-2025.