INFORMAZIONIAnna Zaccaria Fabbri Relazioni Pubbliche Relazioni Pubbliche e Uffici Stampa Ruolo: Titolare Area: Top Management Anna Fabbri |
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(Adnkronos) - L’unico a vincere Wimbledon. L’unico a diventare numero uno del mondo. Jannik Sinner a 23 anni è già per distacco il più forte tennista italiano della storia. Va celebrato per i suoi risultati, che continueranno ad arrivare, e per il gioco che è capace di esprimere. La vittoria di domenica a Wimbledon l’ha portato però in un’altra dimensione. Dopo le finali perse a Roma e a Parigi con Carlos Alcaraz, e messo al spalle la querelle legata al farmaco che gli è costato una squalifica di tre mesi per doping, il campione altoatesino ha ribaltato l’equilibrio di una rivalità che continuerà ad alimentarsi torneo dopo torneo. Ora è lui a guidare, non solo la classifica mondiale ma anche l’uno contro uno, tecnico e mentale, che a Londra è riuscito a dominare. Sinner, ora, come ha detto con la coppa in mano, di fronte ai milioni di persone che lo stavano ascoltando al termine della finale che lo ha incoronato re di Wimbledon, sta vivendo il suo sogno, il sogno dei sogni lo definisce, dicendo che mai avrebbe potuto pensare di arrivare così lontano. Invece Sinner è arrivato proprio dove voleva. Non ci sarebbe riuscito senza il gigantesco talento che ha a disposizione, tecnico, fisico e mentale, non necessariamente in questo ordine. Ma ci è arrivato dopo i dubbi e le difficoltà che lo hanno reso ancora più forte. Ci è arrivato dopo aver sofferto fuori dal campo e poi in campo, prima a Roma e poi soprattutto a Parigi, quando ha iniziato a pensare che forse Alcaraz non era più alla sua portata. Ci è arrivato dopo lo psicodramma contro Dimitrov, due set sotto e un infortunio che sono stati spazzati via da un infortunio più grave, quello del suo avversario. Ci è arrivato dopo aver lavorato ancora di più sulla sua testa. Raggiungendo un equilibrio con le gambe e il braccio che ha evidentemente portato vicino alla perfezione. Sinner ha parlato diverse volte dopo la vittoria su Alcaraz. Quando si è rivolto direttamente ai tifosi italiani lo ha fatto parlando del rapporto con il suo Paese: "Sono contentissimo di essere italiano e di rappresentare l'Italia". Non sono state parole banali soprattutto se riportare alle polemiche per la residenza a Montecarlo e per le tasse pagate fuori dall’Italia, e alle critiche di chi gli attribuisce un carattere chiuso e scelte ‘fredde’, poco italiane e più teutoniche, come la rinuncia alla visita al Quirinale dal presidente Sergio Mattarella che ancora fa rumore. C’è un punto fermo, però, da cui nessuno può prescindere. Sinner, vincendo a Wimbledon, ha portato il suo nome e l’Italia ancora più in alto nella storia del tennis e dello sport mondiale. A 23 anni ha davanti il tempo e le possibilità per diventare sempre più grande. In campo, e ci sono poco dubbi, e anche fuori dove potrà considerare, se lo vorrà, di fare anche qualche scelta diversa rispetto a quelle fatte finora. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - Nasce 'Dedalo-laboratorio permanente sul fenomeno Neet'. Il progetto, unico nel suo genere, istituisce da oggi un osservatorio e un laboratorio nazionale che accende un faro continuativo e sistemico per studiare e comprendere le cause profonde dell’allontanamento dei giovani dai percorsi scolastici, formativi e dal mondo del lavoro, mappare e far conoscere le progettualità attivate nei territori e stimolare iniziative di contrasto e prevenzione. Dedalo è realizzato da Fondazione Gi Group in partnership con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con ZeroNeet - il programma di contrasto al fenomeno dei Neet promosso da Fondazione Cariplo - e Fondazione Compagnia di San Paolo. Il progetto si pone come punto di riferimento per l’intera società - istituzioni, terzo settore, scuole, università, aziende e famiglie - offrendo uno spazio condiviso, che, attraverso un portale interattivo dedicato - fondazione.gigroup.it/dedalo - mette a disposizione un patrimonio di risorse unico, composto da database nazionali e regionali sui Neet, analisi approfondite, interpretazione e sintesi di dati, e una raccolta di buone pratiche per affrontare il fenomeno. Il progetto è stato presentato questa mattina a Roma nel corso di un evento istituzionale promosso dal presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Walter Rizzetto, presso la Sala Tatarella della Camera dei Deputati, alla presenza di rappresentanti del mondo politico-istituzionale, accademico, educativo, del lavoro e del terzo settore e con l’autorevole contributo della Viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, del sottosegretario di Stato presso la Presidenza del consiglio dei ministri con delega al Sud, Luigi Sbarra, del presidente dell’Inps, Gabriele Fava e della Vicepresidente della Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, Simona Malpezzi. L’evento è stato anche l’occasione per presentare la prima edizione dello studio sviluppato nell’ambito di Dedalo che, attraverso un approccio multidimensionale - supportato dal contributo scientifico di alcuni tra i maggiori esperti di politiche del lavoro e demografia in Italia e dalle elaborazioni di Odm consulting – apre la strada a nuove prospettive per comprendere e affrontare il fenomeno Neet nel nostro Paese. Fondazione Gi Group ha, inoltre, condiviso l’auspicio di istituire la 'Giornata nazionale per il contrasto al fenomeno Neet', proposta che è stata sostenuta dal presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Walter Rizzetto. Lo studio introduce una metodologia di classificazione dei Neet che, a partire dalla classificazione Eurofound – tra gli standard di riferimento internazionali - ed elaborando l’indagine Istat Forza di lavoro, offre una lettura del fenomeno a una profondità senza precedenti, permettendo di comprendere specificità inedite e di cogliere, a un livello di dettaglio superiore alle tradizionali analisi, l’eterogeneità e la complessità di questa condizione dei giovani. Su un totale di 2.078.705 di Neet italiani nel 2024, la condizione prevalente è la disoccupazione di lungo periodo, ovvero superiore a un anno (14%), seguita dai motivi famigliari legati all’essere casalinga, volere più tempo per la famiglia o aspettare un figlio (13,1%), e da chi è in attesa di risposte da ricerche di lavoro passate (12,4%). Elevata anche la quota di chi è Neet per motivi di vera e propria cura familiare che, su un totale di 11,8%, per il 9,4% sono il risultato di una scelta e per il 2,4% sono invece legati all’indisponibilità di servizi o al loro costo eccessivo. Una delle componenti più critiche del fenomeno è quella degli scoraggiati (11,2%): tra questi, la fetta prevalente (9,5%) pensa di non riuscire a trovare un lavoro in generale e un ulteriore 1,7% di non riuscire a trovare un lavoro adeguato alle proprie esigenze. Da una prospettiva di genere, tra la popolazione femminile prevale chi è Neet per responsabilità familiari (20,6% vs appena 2,4% dei maschi) e per responsabilità di cura 'scelte' (15,8% vs 0,4%) mentre tra i maschi sono più numerosi i disoccupati di lungo periodo (19% vs 10,5%) e chi è in attesa di risposte da esiti di ricerche passate (15,8% vs 9,9%). Per quanto riguarda gli scoraggiati, l’analisi evidenzia una prevalenza della componente maschile (13,6%) su quella femminile (9,5%). Anche l’età rappresenta un fattore di differenziazione. Se fra i 15-19 anni prevale la categoria dei Neet in transizione (20,3%), nella fascia 20-24 anni sono invece più numerosi i disoccupati di lungo periodo (17,4%), chi è in attesa di risposte (16,8%) e gli scoraggiati, che hanno in questo gruppo il loro valore più alto (12,2%). Nella fascia 25-29 prevalgono invece i disoccupati di lungo periodo (14,5%), mentre restano su valori alti anche gli scoraggiati (10,9%). Rilevante osservare come la quota di chi è Neet per responsabilità famigliari aumenti con l’aumentare dell’età fino a raggiungere il picco del 20,5% nella fascia dei giovani adulti (30-34 anni). L’inefficacia di un programma come Garanzia Giovani - che, come è noto, non è riuscito a coinvolgere i soggetti che maggiormente ne avrebbero avuto bisogno - sottolinea come, in assenza di strategie specifiche di intercettazione, siano proprio i giovani più vulnerabili e scoraggiati a restare fuori dal raggio delle politiche pubbliche. Per affrontare con efficacia il fenomeno Neet, è invece necessario sviluppare azioni dedicate sia in ottica di prevenzione - per evitare che i giovani entrino in tale condizione - sia di reintegro per chi ne è già coinvolto. In questa prospettiva, considerando che in Italia non esisteva fino a oggi una raccolta di progetti che permettesse di far conoscere oltre i confini locali le buone pratiche di intervento, Fondazione Gi Group ha avviato un’operazione di sistematizzazione delle progettualità lanciate sui territori, con riferimento nello specifico a quelle di reintegro, arrivando a mappare 20 iniziative attraverso un ampio studio esplorativo e il dialogo con una molteplicità di soggetti istituzionali ed esperti di politiche del lavoro. Le iniziative individuate interessano un numero di Regioni che, complessivamente, rappresentano l’85% dei Neet nella fascia di età 15-29 e l’85,6% dei giovani nella fascia di età 15-34 anni nel 2024. I progetti, pur differendo per target e per metodologie di intervento, condividono l’intento comune di riattivare i giovani nella consapevolezza di sé, dei propri desiderata, competenze e valori. Queste iniziative coinvolgono una rete ampia e trasversale di attori - dagli enti pubblici alle imprese private, dai player del lavoro al terzo settore, fino agli oratori e ai centri sportivi - e una varietà di ruoli: accanto a una figura di governance sempre presente (di solito project leader o coordinatore/trice), è fondamentale il ruolo sia degli educatori, con background in discipline psicologiche, pedagogiche o umanistiche, sia di figure con competenze più informali o specifiche che sul territorio si occupano a vario livello di giovani e della loro inclusione nel contesto sociale, scolastico e lavorativo. È il caso dei Link Worker, o dei Peer Educator, giovani che hanno già vissuto in prima persona le iniziative proposte dal progetto e che ne diventano protagonisti attivi nell’avvicinare altri giovani. Tra le altre figure chiave, psicologi e psicologi del lavoro, assistenti sociali e docenti. Accanto ai numerosi punti di forza e alle opportunità offerte da questi progetti, l’analisi ha posto in evidenza anche alcune criticità, segnalate dagli stessi stakeholder. Emerge in primo luogo la mancanza di un sistema centrale nazionale, o anche solo regionale o provinciale, capace di mappare le realtà sul territorio che possono essere coinvolte nei progetti, tra cui scuole, università e aziende. A questo si aggiunge la difficoltà di ingaggiare figure con competenze informali, come nel caso dei peer educator, spesso escluse dai bandi per mancanza di titoli riconosciuti. Ulteriori criticità sono poi legate alla difficoltà di trovare fonti di finanziamenti e alla durata limitata degli stessi progetti. Un fattore è poi rappresentato dalla gestione delle relazioni con le famiglie, che talvolta scoraggiano la partecipazione dei figli ai percorsi privilegiando entrate da lavoro sommerso o assegni sociali o opponendosi alle iniziative nel momento in cui le dinamiche famigliari vengono riconosciute come concausa della condizione del o della giovane. Pesano inoltre sia il rischio di abbandono precoce del percorso anche per motivi 'futili' sia in molti casi la scarsa integrazione degli istituti formativi nei progetti e nell’identificazione precoce dei giovani a rischio di dispersione. Un ulteriore ostacolo, infine, è rappresentato dal lavoro sommerso, che disincentiva il coinvolgimento in progetti e viene percepito in alcuni contesti come 'l’unica soluzione possibile' o come un’occasione di guadagno consistente, veloce e senza troppi vincoli. “Sono orgogliosa di annunciare la nascita di Dedalo, un progetto unico nel suo genere, con cui da oggi istituiamo un Osservatorio e Laboratorio permanente per studiare, comprendere e affrontare in profondità il fenomeno Neet. Come persone, professionisti e come Paese non possiamo permetterci di continuare a lasciare 'soli', ai margini del mondo dello studio e del lavoro, più di due milioni di giovani, dilapidando il potenziale delle nuove generazioni a scapito non solo della loro realizzazione di vita ma anche delle possibilità di sviluppo e benessere dell’intero Paese”, afferma Chiara Violini, presidente di Fondazione Gi Group. Prosegue Violini: “In questo senso, a partire dal nostro studio e dalla nostra esperienza, rivolgiamo alle istituzioni e a tutti gli stakeholder cinque proposte per supportare in modo sistemico i giovani nel loro percorso verso il lavoro e la realizzazione di sé. Innanzitutto, è necessario promuovere in Italia un sistema duale capace davvero di rafforzare il collegamento tra scuola e lavoro. In secondo luogo, occorre potenziare l’orientamento attivando percorsi fin dalla prima infanzia, rivalutare l’obbligo scolastico in rapporto al conseguimento di un titolo di studio riconosciuto e introdurre misure di sostegno economico per i giovani che vengono da situazioni più disagiate. Terzo, è necessario potenziare l’istruzione terziaria e promuovere politiche di apprendimento permanente per ridurre il rischio di obsolescenza delle competenze. Quarto, avviare percorsi multistakeholder di riattivazione e reinserimento, integrati da strumenti quali incentivi economici, servizi di cohousing e di mobilità che stimolino la partecipazione. Infine, intendiamo sollecitare le istituzioni a livello nazionale e regionale a trovare soluzioni e modalità che permettano di analizzare il fenomeno Neet attraverso dati di flusso, diretti e continuativi sull’intera popolazione, così da poter seguire il percorso individuale di studio e lavoro delle persone durante la loro intera vita e arginare il rischio di dispersione". Con Dedalo, portiamo a un nuovo livello il nostro impegno per il lavoro sostenibile, quel lavoro che è leva fondamentale di coesione sociale, sviluppo personale e generazione di valore per le persone e per la collettività. Ringrazio tutti i partner che hanno condiviso la nostra visione e scelto di accompagnarci in questo percorso innovativo che potrà diventare un riferimento per tutto il Paese.”
(Adnkronos) - Sono oltre 72 milioni di euro le risorse messe a disposizione ogni anno da A2a per le proprie persone. Questi i numeri del Gruppo relativi ai servizi di welfare, ai Premi di produttività, oltre al nuovo piano di azionariato diffuso presentati oggi a Milano: un sistema ampio e articolato che tiene conto delle diverse dimensioni che concorrono a favorire il benessere di un individuo, tra le quali la famiglia, il risparmio, la salute, il tempo libero. Le ricerche svolte da Percorsi di secondo welfare (laboratorio che studia i cambiamenti in atto legato al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell'Università degli Studi di Milano) indicano che nel 2023 le imprese italiane hanno investito nel welfare aziendale circa 3,2 miliardi di euro. Un dato in crescita di oltre il 6% rispetto all'anno precedente, che conferma un trend positivo che negli ultimi 10 anni ha visto il consolidamento della cultura delle organizzazioni sui temi sociali. Tra le aziende, infatti, continua a crescere la consapevolezza di come queste policy siano in grado di migliorare il benessere di chi lavora, incidendo positivamente su clima interno, produttività e attrattività delle organizzazioni. L’evento ‘WelLfare. Il Welfare fa davvero bene’ - a cui hanno preso parte la Sindaca di Brescia Laura Castelletti, il sindaco di Milano Giuseppe Sala e i vertici di A2a, il presidente Roberto Tasca e l’ad Renato Mazzoncini - è stato un’occasione per condividere una riflessione su questi temi e sull’intero ecosistema che coinvolge tanti attori nel panorama italiano, con i contributi della Prof.ssa Marilisa D’Amico, del professor Maurizio Ferrera e della professoressa Franca Maino, docenti dell’Università Statale di Milano e la moderazione di Barbara Stefanelli, vicedirettore vicario del Corriere della Sera. Gli effetti dei cambiamenti demografici e sociali richiedono interventi per rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini: in questo contesto le prestazioni erogate dalle aziende, affiancandosi e integrandosi al welfare pubblico, possono contribuire a generare un impatto positivo nella creazione di valore per il territorio e per le comunità. “Il welfare aziendale - commenta Roberto Tasca, presidente di A2a - ha una lunga tradizione nella storia di A2a: le prime forme di supporto ai dipendenti attivate negli Anni ‘60 per fronteggiare fenomeni come l’emarginazione sociale, tipica di quel periodo, erano già strumenti di attenzione alle persone e inclusione. Questo percorso è proseguito negli anni con numerose iniziative, l’ultima delle quali in ordine di tempo è il Piano di Azionariato Diffuso”. E aggiunge: “Oggi il Gruppo è tra le prime aziende del Paese e la prima che opera anche nell’ambito dell’economia circolare ad avere attivato questo programma con 5,3 milioni di euro che cresceranno ancora nella fase successiva. Oltre a coinvolgere i nostri colleghi nel percorso di crescita della società condividendo con loro i risultati raggiunti insieme, rappresenta anche una leva di educazione finanziaria per favorire la conoscenza rispetto all’impiego delle proprie risorse economiche. Con questo Piano testimoniamo il senso di responsabilità che abbiamo nei loro confronti. Le quasi 11mila adesioni ci confermano l’importanza dell’investimento fatto e l’elevato livello di affiliazione dei nostri dipendenti”. Evidenzia l’ad di A2a, Mazzoncini: “La disponibilità e l’accessibilità dei servizi incidono sempre di più sulla qualità della vita. L’impegno del Gruppo per il benessere dei dipendenti è cresciuto negli anni ed è diventato centrale nella nostra strategia. Per le nostre persone abbiamo previsto oltre 72 milioni di euro all’anno attraverso un sistema strutturato che si è evoluto e rafforzato nel tempo fino a diventare un modello di riferimento nel nostro ambito industriale. Ne è esempio il piano da 120 milioni al 2035 per sostenere i nostri colleghi nei loro progetti di genitorialità”. Quindi sottolinea: "Di fronte ai cambiamenti socio-demografici in atto i sistemi di welfare possono diventare laboratori di innovazione in grado di attivare alleanze tra pubblico e privato e mettere a sistema azioni orientate a garantire maggiore benessere per le comunità”. Mauro Ghilardi, direttore People and Transformation di A2a, rimarca come, a partire dai primi fondi di assistenza sanitaria per le famiglie, le case vacanze e le colonie estive avviati diversi anni fa, l’impegno del Gruppo per il benessere dei dipendenti si sia esteso e rafforzato. Solo negli ultimi 18 mesi sono stati avviati A2a Life Caring - il programma da 10 milioni di euro l’anno (120 milioni in arco piano) per supportare la genitorialità con aiuti economici e iniziative formative, tra le quali un contributo annuale fino a 3.250 euro per i primi 3 anni di vita del bambino e il supporto per le spese sostenute per la cura e l’istruzione dei figli fino alla fine dell’istruzione secondaria - e A2a Life Sharing - il Piano di Azionariato Diffuso da oltre 5,3 milioni annui grazie al quale le persone del Gruppo possono partecipare alla crescita dell’azienda. Gli elementi distintivi dei due piani (Life Caring e Life Sharing) risiedono anche nella condivisione con le organizzazioni sindacali. In particolare, il Piano di Azionariato Diffuso è stato sottoscritto e supportato dalla maggior parte delle sigle presenti nel Gruppo, un unicum nel panorama imprenditoriale (recenti analoghe iniziative di altre aziende sono state definite in modo unilaterale). Alla prima fase ha aderito oltre l’86% degli aventi diritto; in autunno partirà la seconda fase nella quale tutti i dipendenti potranno acquistare azioni di A2a ricevendone ulteriori gratuitamente con una premialità inversa rispetto al proprio inquadramento contrattuale per favorire i colleghi con le retribuzioni più basse: 1 azione gratuita ogni azione acquistata per gli operai, 1 azione gratuita ogni 3 per quadri e impiegati, 1 azione gratuita ogni 5 acquistate per i dirigenti. Diciotto milioni di euro sono inoltre previsti per altri servizi (tra i quali il progetto ‘Case ai lavoratori’, l’assistenza sanitaria integrativa, assistenza psicologica, iniziative di wellbeing e lotta alle dipendenze, convenzioni attive) a cui si aggiungono ulteriori 39 milioni per i Premi di produttività, che i dipendenti possono scegliere di destinare in tutto o in parte ai fondi di previdenza complementare, usufruendo di un contributo aggiuntivo da parte di A2a sull’importo convertito (di circa il 15%). Oltre a quelli di natura economica, le politiche di welfare di A2a sono in grado di abilitare importanti benefici indiretti: favoriscono la diffusione tra la popolazione aziendale di informazioni sulle prestazioni alle quali si può accedere, e quindi maggiore consapevolezza sui propri diritti, e incentivano meccanismi occupazionali virtuosi come la capacità di attrazione di nuovi talenti e lo sviluppo di un indotto di servizi di qualità sul territorio.