(Adnkronos) - "Con l'iniziativa di oggi 'Straight to te target - free Hcv screening' continua l'impegno del Consiglio regionale del Lazio in materia di prevenzione. Nel mese di ottobre, infatti, abbiamo lanciato il progetto 'Un Consiglio in Salute': dopo gli screening fatti a dicembre per le malattie cardiologiche, oncologiche e diabetologiche, oggi promuoviamo la prevenzione sull'epatite C, una patologia importante che, secondo l'Oms, coinvolge oltre 80 milioni di persone a livello globale, 300mila in Italia, di cui 35mila nel Lazio, e che vogliamo contrastare con obiettivi importanti". Così Antonello Aurigemma, presidente del Consiglio regionale del Lazio in occasione della presentazione - oggi a Roma nella sede del Consiglio regionale del Lazio - di 'Straight to the Target', progetto di prevenzione e sensibilizzazione che dà la possibilità ai dipendenti di sottoporsi gratuitamente a un test salivare per Hcv che consente di ottenere un riscontro immediato. "Siamo sempre più convinti - aggiunge Aurigemma - che va cambiata la cultura della prevenzione, che non è un costo per la nostra sanità, ma deve diventare un investimento. I dati scientifici che vengono pubblicati su riviste internazionali, dimostrano l'utilità della prevenzione non solo nei confronti dei pazienti che possono evitare, prevenire o addirittura stemperare le conseguenze delle malattie, ma soprattutto l'utilità e il guadagno economico da parte della sanità che potrebbe risparmiare importanti risorse da investire in altri settori. Dobbiamo affrontare un cambiamento di cultura non solo da parte dei cittadini ma anche da parte di chi amministra la sanità. È un obiettivo importante che anche come conferenza dei presidenti dell'Assemblee legislative stiamo cercando di diffondere in tutte le regioni d'Italia". L'iniziativa di oggi nasce da un dato. "Si stima che circa 300 mila persone siano portatrici inconsapevoli del virus, di cui 35mila risiedono in Lazio: sono numeri preoccupanti - commenta Aurigemma - Ma l'impegno è anche per altre patologie, come quelle da papillomavirus e la bronchiolite. La diffusione della vaccinazione è ormai un dato fondamentale". "Dobbiamo continuare a lavorare su una cultura che va cambiata, non soltanto da parte dei cittadini e pazienti, ma anche da parte degli amministratori che, troppo spesso" non indirizzano abbastanza risorse economiche "sulla prevenzione e sugli screening che sono fondamentali per riuscire ad abbattere fenomeni che purtroppo hanno impatti molto rilevanti sulla popolazione italiana", prosegue Aurigemma. Attualmente "stiamo cercando di allargare" questo progetto "anche ai territori confinanti - spiega - Stiamo sentendo i presidenti delle Province per poter portare questo progetto all'interno" dei luoghi "di lavoro. Abbiamo visto che, nonostante le numerose campagne di prevenzione lanciate nei confronti dei cittadini al compimento del 40esimo e 50esimo anno di età, la percentuale delle persone che ricevono lettere per fare esami gratuiti è intorno al 20-25%". Invece, quando si fa questa proposta nei luoghi di lavoro, "la percentuale cambia notevolmente: siamo intorno all'80-90%". La prevenzione promossa a dicembre "ha portato", nella sede regionale, "oltre 410 persone a fare screening, su un numero di collaboratori intorno a 500-550 persone. Quindi, entrare nel mondo lavorativo, entrare negli ambienti dove si fa comunità - conclude - porta sicuramente a dei risultati e percentuali molto più alte di adesione".
(Adnkronos) - Trent’anni fa veniva presentata la prima grande indagine sul temporary management (TM) in Italia, lanciata da Atema in partnership con L’Impresa e guidata da Maurizio Quarta. A Maurizio Quarta, managing partner di Temporary Management & Capital Advisors e fondatore del gruppo internazionale IMW operante oggi in trenta paesi, Adnkronos/Labitalia ha chiesto di raccontare l’evoluzione del mercato, facendo riferimento ad una successiva indagine del 2015 (sempre da lui guidata con Leading network e IIm Italy) e ad altre di respiro internazionale. "I punti più rilevanti emersi nel 1995 - spiega - in primis, la presenza di poche società specializzate di livello, oltre ad uno scarso interesse da parte di gruppi stranieri. In secondo luogo, il servizio risultava poco usato da pmi e aziende familiari ed era percepito soprattutto come adatto a situazioni di crisi. Infine, si palesava molta confusione tra TM e consulenza. Il mercato delle pmi è sicuramente in crescita. Già l’indagine del 2015 evidenzia come conoscenza ed utilizzo dello strumento da parte delle pmi fossero sensibilmente aumentati, con un in più un sostanziale cambio di prospettiva in cui il TM veniva visto soprattutto come un mezzo importante per portare in azienda competenze manageriali". "A livello generale - avverte - la conoscenza nelle pmi è cresciuta: circa il 60% delle aziende piccole ( Per Maurizio Quarta questo accresciuto interesse ed utilizzo si deve a "una spinta che deriva dalle numerose e importanti sfide che le pmi italiane si trovano oggi a dover fronteggiare. 1) La tendenza dei grandi oem (original equipment manufacturer) a ridisegnare l’intera catena del valore, che implica forte digitalizzazione delle pmi della filiera e maggiore integrazione tra grandi aziende e pmi, in difficoltà per la limitatezza di risorse disponibili e per il non semplice dialogo tra realtà aventi diversi e modi di operare e comunicare". "2) Il passaggio - continua - dalla digitalizzazione forzata a quella ragionata: circa il 50% delle imprese (Osservatorio Polimi) deve fare il salto. 3) Sostenibilità e ESG: se oggi (ormai ieri) per molti era solo una leva di marketing, domani (ormai oggi) è sempre più leva di vantaggio competitivo, richiesta dalle banche e dai grandi Oem. Il che significa integrare gli obiettivi ESG nella strategia economico-finanziaria aziendale (senza parlare della prospettiva verso il Report Integrato di Sostenibilità). 4) Passaggio generazionale: tema ipertrattato anche per l’alto numero di pmi ancora non pronte o comunque senza un piano strutturato già avviato". Tra le altre sfide ricorda: "La crescita all’estero: necessario passare dal concetto di esportazione a quello di internazionalizzazione, per aumentare e riqualificare la presenza sui mercati. Ciò richiede un sostanziale cambio di approccio: per citare Confindustria Lombardia e Assolombarda, 'bisogna portare sempre più geopolitica nella fabbrica' (come il principio del friend shoring rigorosamente applicato dagli USA), così come serve una 'presenza più strutturata' ed 'essere più locali', passare progressivamente da una logica che vede i mercati esteri come sbocco addizionale ad una che percepisce i mercati esteri come fonte di fattori produttivi e destinatari di investimenti diretti. Da non trascurare infine l’impatto di quanto prescritto dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Teoricamente - dice - i fondi messi a disposizione dal Pnrr potrebbero essere di aiuto, anche se una recente indagine Unioncamere - Centro studi Guglielmo Tagliacarne, evidenzia come l’80% delle pmi che non ha a piano di utilizzare le risorse allocate". In quali aree le pmi utilizzano maggiormente il TM? "L’imprenditore - afferma Maurizio Quarta - tende a privilegiare quelle con un più immediato impatto sul conto economico (esempio operations, area commerciale, internazionalizzazione), trascurando almeno in parte le aree finanza e risorse umane. Su queste aree è necessario un grande lavoro di stimolo: sulla finanza, per superare l’ostacolo, soprattutto psicologico, legato al dare accesso ai propri conti (oltre al delicato del rapporto con altri professionisti in azienda), e sulle risorse umane per far comprendere il valore economico di una loro gestione in chiave professionale". "Secondo un’indagine internazionale del 2022 - osserva - il grosso dei progetti TM nel mondo interessa aziende medio-grandi, con solo il 26% nella fascia 100-500 dipendenti (teniamo conto che molte aziende familiari si collocano tra 200 e 400 dipendenti) e il 12% nella fascia di quelle più piccole ( "TM e fractional management di fondo - commenta - due facce della stessa medaglia. Il fractional, come da esperienze estere, è una particolare declinazione del TM nata sulla spinta della domanda di imprese molto piccole (esempio sotto i 5 milioni) per situazioni nelle quali il classico TM potrebbe essere ridondante. In aziende più grandi la scelta della modalità, full time o part time, è funzione del problema da risolvere e del contesto, tenuto conto che il bacino dei manager è lo stesso. Il fractional lo si è sempre fatto: oggi è sicuramente molto più conosciuto ed apprezzato grazie ad una pregevole attività di tipo informativo e di marketing". "TManager e fractionalmanager - sottolinea - ben si distinguono rispetto al consulente: rispetto a quest’ultimo, attua un progetto o un’iniziativa specifica; è un operativo, uno che 'fa' avendo responsabilità dirette, deleghe e poteri. In epoche molto recenti, però, l’eccessiva attenzione all’aspetto 'esteriore' del fractional rispetto alla sua 'essenza manageriale', ha finito per produrre un effetto perverso. Sembra infatti essere aumentata l’offerta di servizi di fractional management (non di TM) con un numero crescente di operatori che si presentano al mercato: nella maggior parte dei casi, basta navigare sul web, si tratta di società di consulenza che presentano anche questo servizio, dato che nella modalità fractional/part time le con il consulente diventano più sfumate". "Sul TM - continua - questo avviene tuttora in maniera trascurabile anche per il fatto di dover ottemperare a determinate disposizioni legislative (es. autorizzazioni dal Ministero del Lavoro) cosa che non sussiste per il fractional". "Negli anni - sostiene - il numero di operatori qualificati e specializzati non è cambiato di molto (specie di quelli con significativa esposizione sui mercati internazionali), così come l’interesse da parte di realtà straniere, eccetto qualche sporadico caso non di successo. Il 2024 ha rappresentato una significativa discontinuità: è stata completata l’acquisizione della maggioranza di un importante operatore italiano da parte di un gruppo francese, tra i più rilevanti a livello globale. Nello stesso periodo, altri due gruppi francesi, entrambi finanziati da un fondo di PE, ed un gruppo americano (idem come sopra) si sono mossi in Italia alla ricerca di società da acquisire. Un noto operatore italiano è peraltro 'ufficialmente' in vendita". "Le conseguenze per il mercato - dice - sono certamente positive in termini di innalzamento della qualità del servizio ai clienti, potendo attingere ad esperienze di successo in contesti molto diversi l’uno dall’altro, e di allargamento dei paesi in cui è possibile seguire un cliente italiano". Ma cosa cambia se dietro un acquirente estero c’è un fondo di Private Equity? "Premesso che - spiega Maurizio Quarta - la logica dell’operazione, vista già in altri mercati, è quella di far crescere i volumi e far aumentare il valore complessivo del gruppo nell’ottica di plusvalenza tipica di un fondo, si sta assistendo ad operazioni riguardanti anche piccole aziende, operanti anche in mercati relativamente piccoli. La pressione ad accrescere i volumi tende a sua volta a ribaltarsi sulla società acquisita: in diversi casi all’estero è stata rilevata la tendenza ad una certa riduzione dei prezzi (con beneficio per i clienti)". E per i manager cosa cambia? "In operazioni estere - avverte - si è manifestata una certa pressione sui compensi dei TMan per salvaguardare i margini. Non a caso, l’indagine di Inima sui temporary manager evidenzia come la pressione sul pricing definita 'alta' cresca dal 30% (ultimi 6 mesi) al 41% (prossimi 6 mesi)". "La possibile distonia culturale - osserva Maurizio Quarta - derivante dalle diverse strutture dei mercati, ovvero tra un’Italia a trazione pmi e società estere maggiormente a trazione grandi imprese. Potrebbe anche porsi qualche problema di natura 'formale', derivante dal fatto che le società straniere per lo più 'somministrino' (contrattualizzino il temporary manager) e che quelle italiane, siano spesso in possesso di un’autorizzazione ministeriale per l’attività di ricerca e selezione. Si tratterebbe comunque di impatti di portata limitata. E per il 2025 il mercato avrà un trend sempre positivo con possibilità di nuove operazioni societarie".
(Adnkronos) - "Abbiamo raccolto più di 400 tesi: se pensate che l'altro anno erano meno di 130 è evidente il grande interesse da parte degli studenti alle tematiche Esg". Così Luca Dal Fabbro, presidente del Gruppo Iren, in occasione della terza edizione del Premio Esg Challenge Iren, ospitato a Palazzo Madama a Torino. "Oggi premiamo le 10 tesi migliori che arrivano da tutta Italia, a ciascun tesista daremo 1.000 euro - dice - certamente è una cifra simbolica, ma attesta il fatto che vi siano stati ben 430 studenti che hanno lavorato, si sono impegnati su di un tema molto importante per Iren, ma ritengo per tutta l'economia, che è appunto il fattore Esg, quindi ambiente, sociale, buona governance". "Oggi abbiamo chiamato esperti a parlare del tema Esg, abbiamo esperti che si occupano di scienze naturali, di finanza, di economia, di sociale, per dibattere su quale sia il futuro dei fattori Esg e in generale quale sia il futuro del capitalismo italiano, tra industria, profitto, ma anche giuste esigenze di sviluppo e giustizia sociale, di attenzione a coloro che possono rimanere indietro - prosegue il presidente Dal Fabbro - Crediamo che fare impresa significhi avere una responsabilità sociale importante e non preoccuparsi solo del business. Dobbiamo riuscire a fare proprio questo: coniugare business, società, ambiente, e impatto sul territorio in modo tale da proiettarsi nel futuro e prosperare con business, da una parte, e salvaguardia dell'ambiente e buona governance dall'altra". "E' inutile fare catastrofismi, dobbiamo guardare al futuro, con ottimismo e con sano realismo - ribadisce a proposito di alcune questioni sollevate nell'ambito delle varie tavole rotonde - Il sano realismo è quello che ci impone di coniugare, quando si parla di energia e di ambiente, tre fattori: la sicurezza energetica, la competitività, quindi il costo per famiglie e imprese dell'energia, che non deve mai essere eccessivamente gravoso. E infine l'ambiente, ultimo ma non meno importante. Questi tre fattori insieme rappresentano e rappresenteranno i pilastri su cui ogni azienda che si occupa di energia e di ambiente deve lavorare per il futuro".