(Adnkronos) - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sarebbe in procinto di proporre al proprio gabinetto un piano per annettere aree nella Striscia di Gaza nel tentativo di mantenere il ministro delle Finanze di estrema destra, Bezalel Smotrich, nel suo governo. A rivelarlo è la testata israeliana Haaretz, secondo cui il piano prevede che Israele dichiari l'intenzione di dare ad Hamas alcuni giorni per accettare un cessate il fuoco e iniziare ad annettere aree della Striscia in caso contrario. Secondo la testata, il premier israeliano avrebbe riferito ai suoi ministri che il ministro per gli Affari Strategici, Ron Dermer, ha presentato il piano al segretario di Stato Usa, Marco Rubio, incassando l'appoggio della Casa Bianca, nonostante il presidente Donald Trump si trovasse in Scozia nel momento dell'incontro. "La mossa sarà presentata ai membri del gabinetto dopo la decisione di Netanyahu di aumentare gli aiuti umanitari che entrano nella Striscia, che è stata accettata nonostante l'opposizione del partito Sionismo Religioso", guidato da Smotrich. "Secondo il piano che Netanyahu dovrebbe presentare, le aree nella zona cuscinetto saranno annesse per prime, seguite da aree nella Striscia settentrionale adiacenti alle città israeliane di Sderot e Ashkelon. Il processo continuerà gradualmente fino a quando l'intera Striscia sarà annessa", racconta Haaretz, secondo cui il premier israeliano, alle prese con un governo in bilico dopo l'uscita dei partiti ultraortodossi, "è disposto a considerare la promozione di un piano del genere" pur di salvarlo, anche al netto delle sue perplessità rispetto all'annessione di Gaza. Secondo le fonti politiche della testata, Smotrich avrebbe detto a Netanyahu che "giudicherà dalle azioni" e che avrebbe intenzione di rimanere nel governo, "per il momento", se il piano di annessione venisse implementato. Il ministro delle Finanze, noto per la sua linea dura e per il suo sostegno alla guerra di Gaza, non ha ancora pubblicamente commentato l'aumento degli aiuti ai gazawi; stando alla testata ha spiegato che non sta rompendo i ranghi perché il partito sta "promuovendo una buona mossa strategica su cui non è consigliabile elaborare al momento. Tra poco, sapremo se ha successo e dove siamo diretti". "In guerra, non è giusto fare considerazioni politiche. Saremo giudicati dal risultato finale, se Hamas è sconfitto o no", avrebbe aggiunto. La Commissione Europea propone intanto di sospendere parzialmente la partecipazione di Israele a Horizon Europe, il programma Ue che finanzia la ricerca. La sospensione riguarda specificamente la partecipazione di società con sede in Israele alle attività finanziate nell'ambito dell'acceleratore del Consiglio europeo per l'innovazione (Cei). La sospensione, parziale, è una risposta alla revisione dell'articolo 2 dell'accordo di associazione Ue-Israele. Il rispetto degli obblighi, sottolinea la Commissione, costituisce una parte essenziale della cooperazione Ue-Israele, anche per quanto riguarda la cooperazione scientifica e tecnologica bilaterale tra le due parti. La sospensione proposta, specifica la Commissione, è un'azione "mirata" e "reversibile". Non pregiudica la partecipazione di Università e ricercatori israeliani a progetti collaborativi e attività di ricerca nell'ambito di Orizzonte Europa. Perché la proposta della Commissione possa essere adottata, occorre il sostegno della maggioranza qualificata del Consiglio dell'Unione Europea. Nel voto, in teoria, la posizione dell'Italia potrebbe risultare decisiva: se si opponessero solo Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia e Germania (Paesi che per vari motivi hanno finora tenuto una linea molto favorevole a Israele), la proposta della Commissione verrebbe approvata. Se anche l'Italia votasse contro, verrebbe respinta. Il primo ministro dell'Autorità Palestinese, Muhammad Mustafa, chiede intanto il rilascio di tutti gli ostaggi, che Hamas ponga fine al suo controllo di Gaza e che trasferisca le sue armi all'Ap. È quanto ha affermato nel corso del suo discorso alla conferenza Onu in corso, volta a promuovere una soluzione a due Stati, riporta il Times of Israel. L'Ap è pronta ad accogliere e coordinarsi con una forza araba internazionale che aiuterà a stabilizzare Gaza dopo la guerra, ha aggiunto Mustafa; Israele ha espresso apertura all'assistenza da parte di Paesi come gli Emirati Arabi Uniti, questi hanno condizionato tale supporto al coinvolgimento dell'Autorità, che Israele ha a lungo respinto, paragonandola a Hamas. "Dobbiamo tutti lavorare per riunificare la Striscia di Gaza con la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, senza occupazione, assedio, insediamenti, sfollamento forzato o annessione", ha dichiarato Mustafa. "Dobbiamo ricostruire Gaza con e per il nostro popolo, porre fine all'occupazione, raggiungere l'indipendenza palestinese, e implementare la soluzione a due Stati, dove Palestina e Israele vivano fianco a fianco, in pace e sicurezza, verso il raggiungimento della pace, sicurezza e prosperità regionale".
(Adnkronos) - Il passaggio generazionale rappresenta oggi una vera e propria urgenza industriale, ma quali sono gli ostacoli – culturali, organizzativi o personali – che ancora ne rallentano una pianificazione consapevole nelle imprese italiane? Adnkronos/Labitalia ne ha parlato con Marco Oliveri, co-founder & partner di KeyPartners. “Il passaggio generazionale – afferma – è una bomba a orologeria che riguarda l’intera struttura produttiva italiana. Entro il 2030, più di 400.000 imprese familiari, pari a circa ¼ del tessuto imprenditoriale privato nazionale, dovranno affrontare un ricambio ai vertici. Eppure, secondo le stime, solo il 17% ha già avviato un processo di successione strutturato. I motivi? Spesso non sono tecnici ma profondamente culturali. Il fondatore tende a rimanere accentratore, faticando a ‘mollare il timone’; la governance è spesso informale e poco adatta a gestire una transizione; e il ricambio viene vissuto come una perdita di potere, anziché come un atto di visione. Il paradosso è che si pianifica l’espansione, l’M&a, persino la digitalizzazione, ma non si pianifica la continuità. E’ come costruire un grattacielo senza prevedere le scale antincendio”. “In Italia – spiega – esiste una nuova classe imprenditoriale pronta a raccogliere il testimone, ma va coltivata e messa nelle condizioni di agire. Parliamo di una generazione più internazionale, fluente in modelli di business agili, digitale-native e con una maggiore attenzione a esg, de&i e impatto sociale. Una generazione che conosce e sperimenta attivamente l’utilizzo delle nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale ai big data, fino agli strumenti di automazione dei processi decisionali e alla digitalizzazione della customer experience. Ma la preparazione tecnica non basta. La nuova leadership deve saper tenere insieme il rispetto per il passato e il coraggio del cambiamento, saper dialogare con generazioni diverse, portare innovazione anche dove la tradizione è radicata. Il vero punto non è solo ‘cambiare’ ma convincere e guidare il cambiamento, dentro e fuori l’organizzazione. Le aziende che ce la fanno sono quelle che non lasciano soli i futuri leader, ma li affiancano con governance moderne, modelli collaborativi e alleanze strategiche”, aggiunge. Per Oliveri “oggi la leva per affrontare questa transizione generazionale è la professionalizzazione del processo. Non basta identificare ‘chi viene dopo’: serve un piano, una governance chiara, un assessment delle competenze e una roadmap per lo sviluppo. In KeyPartners accompagniamo le aziende in questo percorso con un approccio multidisciplinare: executive search per inserire risorse strategiche anche esterne alla famiglia; assessment e leadership advisory per valutare e far crescere i profili interni; coaching per le generazioni entranti e uscenti; e strumenti per il disegno della governance”. “Costruiamo – racconta – piani di successione su misura con metriche e kpi (key performance indicator), aiutiamo le imprese a gestire la transizione come un’opportunità strategica e non come una fase di incertezza. Abbiamo visto casi in cui la nuova generazione ha raddoppiato il business in pochi anni – ma solo quando inserita con metodo, visione e un ruolo ben definito. Inoltre, siamo attivamente coinvolti in progetti di diversity, equity & inclusion, un ambito che riteniamo fondamentale anche nei processi di passaggio generazionale. Una leadership inclusiva, consapevole delle dinamiche di genere, culturali e valoriali, è oggi un requisito essenziale per guidare imprese che vogliono essere competitive nel lungo periodo. Inserire la de&i come parte della cultura manageriale delle nuove generazioni è uno dei principali investimenti per il futuro”. Cosa dovrebbero fare le istituzioni per accompagnare e incentivare il passaggio generazionale nelle pmi italiane? “Serve – sottolinea – un cambio di paradigma: il passaggio generazionale non è un tema familiare, è una priorità industriale. E va trattata come tale. Da un lato, strumenti fiscali e normativi che premino le imprese che pianificano il ricambio: incentivi per chi investe nella formazione dei successori, agevolazioni per i passaggi di proprietà, supporti per la consulenza e la governance". "Dall’altro, servono tavoli tecnici permanenti tra istituzioni ed esperti – come noi di KeyPartners – per costruire soluzioni concrete, rapide e replicabili. Perché non prevedere, ad esempio, un credito d’imposta per le imprese che avviano un percorso certificato di successione? Oppure un sistema premiante per i distretti che si rigenerano con governance intergenerazionali? In un Paese che basa l’80% del Pil sulle pmi, perdere imprese per mancanza di continuità è un danno economico e sociale. Il futuro non si eredita: si costruisce, con metodo e visione. E’ tempo di affrontare questa sfida con l’urgenza che merita”, conclude.
(Adnkronos) - In Italia è Sos incendi. Dal 1° gennaio al 18 luglio 2025 nella Penisola si sono verificati 653 incendi che hanno mandato in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. Una media di 3,3 incendi al giorno con una superficie media bruciata di 47,5 ettari. A scattare questa fotografia è Legambiente che ha diffuso nei giorni scorsi il suo nuovo report 'L’Italia in fumo'. Stando al report di Legambiente, che ha analizzato e rielaborato i dati Effis (European Forest Fire Information System), dei 30.988 ettari di territorio bruciati nei primi sette mesi del 2025, 18.115 hanno riguardato ettari naturali (ossia aree boscate); 12.733 hanno interessato aree agricole, 120 aree artificiali, 7 aree di altro tipo. Il Meridione si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari bruciati in 248 roghi. Seguita da Calabria, con 3.633 ettari in 178 eventi incendiari, Puglia con 3.622 ettari in 69 eventi, Basilicata con 2.121 ettari in soli 13 roghi (con la media ettari per incendio più alta: 163,15), Campania con 1.826 ettari in 77 eventi e la Sardegna con 1.465 ettari in 19 roghi. Tra le regioni del Centro e Nord Italia: ci sono il Lazio (settimo in classifica) con 696 ettari andati in fumo in 28 roghi e la Provincia di Bolzano (ottava in classifica) con 216 ettari in 3 roghi e la Lombardia. Per l’associazione ambientalista, "ad oggi il Paese paga non solo lo scotto dei troppi ritardi, ma anche l’acuirsi della crisi climatica che amplifica il rischio di incendi boschivi e l’assalto delle ecomafie e degli incendiari". Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia diffuso il 10 luglio scorso, nel 2024 sono stati 3.239 i reati (incendi boschivi e di vegetazione, dolosi, colposi e generici in Italia) contestati dalle forze dell’ordine, Carabinieri forestali e Corpi forestali regionali, un dato però in calo del 12,2% rispetto al 2023. “Per contrastare gli incendi boschivi - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - non basta concentrarsi sull’emergenza estiva o su singole cause, ma è fondamentale adottare un approccio integrato che integri prevenzione, rilevamento, monitoraggio e lotta attiva. Bisogna puntare sulla prevenzione attraverso una gestione territoriale efficace, che includa l’uso ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali. Ma è anche fondamentale promuovere e remunerare i servizi ecosistemici, sostenendo e rivitalizzando le comunità rurali nelle aree interne e montane affinché possano riappropriarsi di una funzione di presidio territoriale. Allo stesso tempo è importante applicare la normativa vigente per arginare qualsiasi ipotesi di speculazione futura sulle aree percorse dal fuoco, ed estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo a qualsiasi rogo. È cruciale rafforzare le attività investigative per individuare i diversi interessi che spingono ad appiccare il fuoco, anche in modo reiterato. L’analisi approfondita dei luoghi colpiti e dei punti d’innesco accertati può costruire una mappa investigativa essenziale per risalire ai responsabili”. Da segnalare anche gli incendi scoppiati in aree naturali. Su 30.988 ettari di territorio bruciati, 6.260,99 hanno riguardo aree Natura 2000 in 198 eventi incendiari. A livello regionale, Puglia e Sicilia risultano le regioni più colpite da incendi in aree Natura 2000.