INFORMAZIONIValeria Aiello |
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(Adnkronos) - L'Italia 'vede' i playoff. A poche ore dalla sfida contro Israele, in programma oggi, martedì 14 ottobre, il ct Gattuso ha cominciato a studiare lepossibili avversarie negli spareggi che porterebbero ai Mondiali 2026 di scena in Stati Uniti, Messico e Canada. Per la terza volta consecutiva gli azzurri sembrano condannati a provare ad accedere alla rassegna iridata dalla porta secondaria, a meno che la Norvegia non perda contro l'Estonia, battuta 3-1 dall'Italia, e venga sconfitta proprio da Gattuso nella sfida, a quel punto decisiva, dell'ultima giornata del gruppo I. Agli spareggi accederanno le seconde classificate di tutti i gironi più le quattro migliori squadre della Nations League 2024/25 non ancora qualificate. Ecco quindi le possibili avversarie dell'Italia nei playoff per i Mondiali 2026. L'Italia, se dovesse chiudere al secondo posto il gruppo I e qualificarsi quindi ai playoff per i Mondiali 2026, potrebbe incrociare: Irlanda del Nord o Slovacchia, entrambe appaiate a quota 6 punti al secondo posto del girone A, con i primi avanti per differenza reti; il Kosovo (B); la Scozia (C), a quota 10 punti come la Danimarca prima del girone, ma nettamente avanti nella differenza reti; l'Ucraina (D); la Turchia (E); l'Ungheria (F); la Polonia (G); la Bosnia (H); il Belgio (J), secondo ma con una partita in meno rispetto alla Macedonia del Nord, al momento prima con un solo punto di vantaggio; l'Albania (K); la Repubblica Ceca (L). Alle seconde classificate di ciascun girone si aggiungeranno, come detto, le quattro migliori squadre della Nations League 2024/25 non ancora qualificate, che saranno inserite nell'urna 4 del sorteggio per i playoff, in programma il prossimo 21 novembre, e che saranno la prima avversaria dell'Italia, che eventualmente sarà inserita in prima fascia, nella semifinale degli spareggi. Al momento le possibili avversarie degli azzurri potrebbero essere Galles, Romania, Irlanda del Nord o Moldavia, a meno che la Svezia, al momento ultima nel girone B non riuscisse a scavalcare Slovenia e Kosovo e chiudere seconda, in quel caso sarebbe inserita nell'urna 4 e diventerebbe un potenziale pericolo per gli azzurri.
(Adnkronos) - In un momento in cui le imprese italiane trovano sempre più difficoltà nel reperire manodopera specializzata, il cosiddetto 'Decreto Cutro' si propone come uno strumento utile per favorire l’ingresso di lavoratori stranieri qualificati nei settori tecnici e industriali. E' l'esempio che arriva dalla Irem Spa di Siracusa, storica azienda dell’impiantistica industriale, che ha avviato l’inserimento di 60 lavoratori egiziani specializzati in saldatura e tubisteria. "Il nostro obiettivo - racconta l’amministratore delegato Giovanni Musso - non è sostituire i lavoratori italiani, ma integrarli con nuove competenze. Sul mercato nazionale, figure come saldatori e tubisti sono sempre più difficili da trovare. Abbiamo scelto di formare e inserire professionisti qualificati che possano lavorare fianco a fianco con il nostro personale, condividendo metodi, esperienze e valori", sottolinea. Il progetto, sviluppato in collaborazione con l'agenzia per il lavoro Orienta Spa, è partito in Egitto con corsi di lingua italiana e formazione tecnica certificata da enti terzi. "Abbiamo voluto costruire un percorso completo - aggiunge Musso - che parte dalla selezione e arriva fino all’inserimento operativo nei nostri cantieri. Il primo gruppo di venti lavoratori è già attivo da gennaio 2025 a Siracusa, mentre altri quaranta stanno arrivando progressivamente in Italia". Ma nonostante la positività del percorso, non mancano i passaggi critici, secondo Musso. Il 'Decreto Cutro' "è un provvedimento utile e necessario - sottolinea - perché consente alle aziende di reperire manodopera qualificata in modo più flessibile rispetto al vecchio Decreto Flussi, che era troppo rigido e vincolato da quote e click day. Tuttavia, i tempi delle procedure restano eccessivi: tra corsi di formazione, nulla osta e rilascio dei visti sono passati circa sei mesi. Per un’impresa che lavora su commesse complesse, con tempistiche molto rigide, questo è un ostacolo serio". E il dirigente aziendale sottolinea la centralità della formazione come leva di integrazione: "Crediamo fortemente che la competitività passi dalle persone - spiega ancora Musso - questi lavoratori, che arrivano con competenze già solide, si stanno integrando bene nei nostri team. Stanno imparando la lingua, la cultura aziendale e le regole di sicurezza. Non c’è distinzione tra chi è italiano e chi no: tutti lavorano con la stessa professionalità e dignità". Secondo l’ad di Irem, la sfida è comune a molte realtà italiane: "Il problema non è solo del Sud o del nostro settore - conclude Musso - ma di tutto il Paese. Se vogliamo davvero sostenere la crescita industriale, dobbiamo creare canali di ingresso più rapidi e strutturati per i lavoratori qualificati, senza rinunciare alla formazione e alla legalità. Il Decreto Cutro va nella giusta direzione: ora serve farlo funzionare con tempi certi e procedure più snelle".
(Adnkronos) - L'Italia “è un paese leader. Se guardiamo a livello dei Paesi europei siamo secondi solo ai Paesi Bassi. Per dare un dato, a oggi in Italia circa il 20% dei nostri prodotti già contiene prodotto da riciclo, quindi sicuramente anche kpi molto importanti”. Lo ha detto oggi all’Adnkronos Massimo Di Amato, vicepresidente Assolombarda con delega all'Economia circolare e Tecnologie ambientali, a margine del convegno “Creare valore economico sostenibile attraverso la gestione circolare dei residui industriali” presso Sda Bocconi School of Management, in collaborazione con Omnisyst. La Lombardia “è un'eccellenza”. A livello di raccolta differenziata “noi siamo già oltre il 73%, quando la media europea è al di sotto del 40, ma soprattutto la Lombardia ha un modello tale per cui si è resa autosufficiente nella gestione del ciclo dei rifiuti. Questa è una delle grandi tematiche, soprattutto se la guardiamo nel panorama italiano”. “Le nostre istituzioni – ha sottolineato il vicepresidente di Assolombarda - devono fare di più per far sì che questo modello sia replicato, possibilmente a livello italiano ma anche a livello europeo, perché è evidente che questa è una delle leve per far sì che si venga a creare quell’ecosistema che non è solo fatto di norme, ma anche di strumenti finanziari atti a incentivare un cambiamento”. “Bisogna spingere le nostre aziende verso un modello più sostenibile e far leva sull'economia circolare soprattutto per generare competitività e indipendenza verso l'estero”. “Le istituzioni possono avere un ruolo assolutamente centrale e possono essere a tutti gli effetti un motore di cambiamento” per abilitare le filiere sostenibili e l’economia circolare. “È chiaro che noi oggi dobbiamo intervenire a livello di regole, quindi creare chiarezza normativa – ha messo in guardia Di Amato -. Come Assolombarda riteniamo anche che il partenariato pubblico privato sia un qualcosa su cui spingere molto di più perché è una delle leve principali per far sì che appunto si converga verso un modello più sostenibile, quindi di adozione delle logiche di economia circolare, dello sviluppo delle filiere. E ovviamente questa è una leva per rendere le nostre aziende sempre più competitive e indipendenti”.