INFORMAZIONIValentina Quaglio |
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(Adnkronos) - L'elezione di ieri giovedì 8 maggio di Robert Francis Prevost, il primo Papa moderno proveniente dall'Ordine di Sant'Agostino, segna un momento carico di significato nella vita della Chiesa. Non si tratta solo di un fatto inedito collegato al primo cardinale statunitense salito sulla cattedra di Pietro: questa nomina riporta all'attenzione una delle famiglie religiose più antiche e influenti del cattolicesimo, la cui storia attraversa otto secoli di vicende ecclesiali, culturali e spirituali. Comprendere la portata di questo evento significa anche riscoprire il ruolo che l'Ordine degli Agostiniani ha avuto - e può ancora avere - nel rinnovamento della Chiesa. L'Ordine di Sant'Agostino trova la sua ispirazione nella figura e nel pensiero di Agostino di Ippona (354-430), vescovo, padre della Chiesa e autore di opere fondamentali come 'Le Confessioni' e 'La Città di Dio'. Intellettuale di primo piano dell'antichità cristiana, Agostino fu anche fondatore di una forma di vita comune monastica con i suoi chierici a Ippona, nel nord Africa. Agostino compose una Regola di vita comunitaria, semplice e flessibile, che poneva al centro l'unità della comunità, la condivisione dei beni, la preghiera e la carità fraterna. Questa regola, successivamente adottata da molteplici comunità religiose in tutta Europa, sarebbe divenuta la base per la costituzione dell'Ordine vero e proprio secoli dopo. Nel XIII secolo la crescita del movimento degli ordini mendicanti e il desiderio papale di riformare e disciplinare il panorama degli eremiti portò alla fondazione formale dell'Ordine di Sant'Agostino. In particolare, nel 1244, papa Innocenzo IV unì diverse comunità eremitiche italiane (soprattutto in Toscana e nell'Italia centrale) che già si ispiravano alla Regola agostiniana. Il passaggio definitivo avvenne nel 1256 con la bolla "Licet ecclesiae catholicae" di papa Alessandro IV, che decretò l'unione di vari gruppi in un unico ordine religioso sotto la guida di un priore generale: nacquero così gli Eremitani di Sant'Agostino, uno dei quattro grandi ordini mendicanti ufficialmente riconosciuti dalla Santa Sede (insieme a Francescani, Domenicani e Carmelitani). L'Ordine si sviluppò rapidamente in tutta Europa: i frati venivano destinati a vivere non più in eremi isolati, ma in conventi urbani, impegnati nella predicazione, nell'amministrazione dei sacramenti e nell’insegnamento. Seguendo il modello mendicante, rinunciavano alle ricchezze personali e si affidavano alla carità dei fedeli. Tra XIII e XIV secolo, l'Ordine contava centinaia di conventi in Italia, Germania, Francia, Spagna e Inghilterra. Gli agostiniani diedero un importante contributo anche al dibattito teologico e filosofico dell'epoca. Figure come Giles di Roma (Egidio Romano), teologo e discepolo di san Tommaso, influenzarono la corte pontificia e il pensiero scolastico. Altri agostiniani si distinsero come scrittori mistici, studiosi e predicatori. Nel corso del XV e XVI secolo l'Ordine visse tensioni interne tra l’osservanza della regola e le spinte alla riforma. Una delle figure più note fu Martin Lutero, monaco agostiniano tedesco del convento di Erfurt, che abbandonò l'Ordine e la Chiesa cattolica dando inizio alla Riforma protestante nel 1517. La crisi protestante colpì duramente l'Ordine, soprattutto nei territori germanici, dove molti conventi furono soppressi o si unirono alla Riforma. Nel frattempo, nel contesto della Controriforma, gli agostiniani si impegnarono in una profonda riforma interna. Nacquero osservanze più rigorose, come i Riformati, i Discalceati e altre congregazioni locali. L'Ordine contribuì attivamente all’espansione missionaria nei territori colonizzati: agostiniani furono tra i primi evangelizzatori nelle Filippine, in America Latina (soprattutto in Messico e Perù) e nell'Africa portoghese. L'Ottocento fu un periodo difficile: le soppressioni napoleoniche e i governi laici in Europa ridussero drasticamente la presenza dell'Ordine. Conventi, biblioteche e scuole furono chiusi, e la vita comunitaria subì gravi interruzioni. Tuttavia, il XX secolo vide una graduale rinascita. Dopo il Concilio Vaticano II, l'Ordine si rinnovò spiritualmente, tornando alle fonti agostiniane: vita comunitaria semplice, liturgia curata, servizio pastorale e attenzione ai poveri. Oggi, gli Agostiniani sono attivi in oltre 40 paesi, in Europa, nelle Americhe, in Asia e in Africa. Le missioni e le scuole agostiniane continuano a essere centri vitali di evangelizzazione, cultura e dialogo. In questo contesto storico si inserisce l’elezione di papa Prevost. Statunitense, teologo e missionario, è stato superiore della provincia agostiniana di Chicago, vescovo missionario in Perù per oltre un decennio, e infine priore generale dell’Ordine (2001–2013). Nominato successivamente a ruoli curiali, la sua elezione al pontificato ha riportato l'attenzione su una spiritualità centrata su interiorità, comunità e servizio. Il suo profilo riflette il carisma agostiniano: una Chiesa che vive nella comunione fraterna, che ascolta e si fa prossima, che cerca Dio attraverso il cuore inquieto e solidale dell'uomo contemporaneo. L'Ordine di Sant'Agostino ha attraversato la storia della Chiesa come una presenza discreta ma profonda, capace di unire pensiero e carità, contemplazione e azione, fedeltà e riforma. La salita al pontificato di uno dei suoi figli è più di un riconoscimento: è un richiamo a riscoprire una spiritualità che non cerca potere, ma unità, non visibilità, ma profondità. E forse è proprio questo il segno di cui la Chiesa ha più bisogno oggi e di cui i cardinali nel conclave si sono fatti interpreti. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - "Nel momento in cui ci sarà l'elezione del nuovo Papa ci si aspetta di vedere un picco di prenotazioni, con le persone che vorranno venire nella Capitale a vedere il nuovo Pontefice. Però al momento non ne abbiamo evidenza, in questo momento le visite sui siti, sui portali, quindi Airbnb, Booking, Expedia eccetera, sono più basse rispetto allo scorso anno, quindi la domanda in questo momento è scesa". Così, con Adnkronos/Labitalia, Marco Celani, presidente di Aigab, (Associazione italiana gestori affitti brevi) fa il punto sull'andamento delle prenotazioni per gli affitti brevi di appartamenti nella Capitale in vista del Conclave per l'elezione del nuovo Papa. Secondo Celani infatti "il 21 aprile avevamo avuto un'impennata di prenotazioni per affitti brevi di appartamenti e avevamo visto l'arrivo soprattutto da parte di troupe televisive per il funerale del Santo Padre. Invece in questo momento, sulla base dei nostri dati, possiamo dire che per i 5-6 giorni a partire da domani, quindi il periodo in cui dovrebbe essere eletto il Papa, abbiamo un tasso di occupazione nelle case di Roma del 77% mentre l'anno scorso nello stesso periodo era l'85% e tariffe che sono invece sostanzialmente più basse perché l'anno scorso erano nella stessa settimana 293 euro, quest'anno è 221", sottolinea. Quindi, secondo Celani, "in questo momento la domanda è più fiacca dello scorso anno e non c'è un effetto legato al Conclave, anzi mi viene a venire che probabilmente proprio perché abbiamo avuto quelle provocazioni più lunghe che sono state fatte negli ultimi giorni di aprile le troupe, i giornalisti che hanno prenotato hanno ottenuto prezzi migliori, e i pernotti sono infatti leggermente più lunghi". "Quest'anno il soggiorno medio è quasi 4 notti, l'anno scorso era 3 notti e 65, quindi mi sembra di dire che ci sono soggiorni più lunghi, un tasso di occupazione più basso e una tariffa sostanzialmente più bassa dello scorso anno", aggiunge sottolineando che si tratta di "una tendenza generalizzata, riguarda anche la zona del Vaticano e quelle più centrali". E Celani ricorda che solitamente maggio "è un mese molto 'pieno' per il nostro mercato a Roma, ma credo che quest'anno siano mancati un po' gli americani nella Capitale", conclude.
(Adnkronos) - Un Pil più alto dell’1,1% nel 2035 e dell’8,4% nel 2050, rispetto allo scenario base, con dinamiche positive per l’industria, l’agricoltura e i servizi, disoccupazione più bassa, riduzione del debito pubblico, nonostante l’aumento degli investimenti: sono solo alcuni degli effetti positivi per l’Italia se si decidesse di accelerare la transizione ecologica e digitale. È questo il quadro che emerge dal 'Rapporto di Primavera 2025' dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile Ets (Asvis), presentato a Milano all’evento inaugurale del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025, all’Auditorium del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. Il Rapporto, dal titolo 'Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità', realizzato in collaborazione con Oxford Economics e contenente, per la prima volta, anche dati per i diversi comparti economici, dimostra che nello scenario Net Zero Transformation il sistema produttivo nazionale potrebbe registrare benefici già al 2035, con il Pil che potrebbe essere superiore dell’1,1% rispetto a quello dello scenario di base e il tasso di disoccupazione inferiore di 0,7 punti percentuali. Il trend positivo continuerebbe successivamente e nel 2050 il Pil sarebbe superiore dell’8,4% a quello tendenziale, grazie al rallentamento del riscaldamento globale, all’innovazione e all’aumento dell’efficienza energetica, che contribuirebbero anche a ridurre la spesa per i danni ambientali e ad aumentare le entrate fiscali. In questo modo, nonostante l’aumento degli investimenti pubblici, si registrerebbe anche un miglioramento del rapporto debito pubblico/Pil rispetto allo scenario di base. “È a questo scenario virtuoso che dobbiamo guardare, rispetto agli altri tre analizzati (Net Zero, Transizione Tardiva, Catastrofe Climatica) - ha sottolineato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Asvis - Dobbiamo accelerare la transizione, non rallentarla, e sostenerla con investimenti innovativi a tutto campo, perché questo produrrebbe risultati positivi per tutti i settori sia al 2035, sia al 2050, con l’ovvia eccezione dell’estrazione e della produzione di combustibili fossili: rispetto allo scenario di base, il valore aggiunto della manifattura resterebbe invariato nel 2035, ma crescerebbe del 9,3% nel 2050; quello dei servizi aumenterebbe dello 0,5% nel 2035 e del 5,9% nel 2050; quello delle costruzioni del 6,9% e del 18,2%; quello dell’agricoltura resterebbe stabile nel 2035, ma crescerebbe del 7,1% nel 2050; quello delle utilities del 13,9% nel 2035 e del 52,6% nel 2050 (con la ricomposizione a favore della generazione e distribuzione di energia elettrica da rinnovabili)”. In termini aggregati, il comparto industriale vedrebbe il valore aggiunto aumentare dell’1,7% nel 2035 e del 14,9% nel 2050, un valore maggiore di quello che sperimenterebbe la Germania nello stesso periodo. Anche per i servizi si registrerebbe un risultato complessivamente positivo, visto che essi presentano una bassa intensità energetica, che li rende più protetti dai costi della transizione energetica e dalla debolezza della spesa dei consumatori. “La sostenibilità è una leva strategica per rafforzare il sistema produttivo e sociale del nostro Paese ed è sbagliato pensare che ci sia contrapposizione tra sostenibilità e competitività - ha commentato Pierluigi Stefanini, presidente dell’Asvis - Come dimostrano le simulazioni condotte con Oxford Economics, l’inazione ha costi crescenti, mentre investire nella sostenibilità conviene, perché aumenta la redditività delle imprese e genera benessere sociale”.