Università della CalabriaCorsi di Laurea: Filosofie e Scienze della Comunicazione e della conoscenza (Rende) |
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(Adnkronos) - 'Decapitate' le "organizzazioni terroristiche" a cui Israele ha dichiarato guerra dopo l'attacco del 7 ottobre 2023 nello Stato ebraico. Yahya Sinwar, leader di Hamas, è stato ucciso dalle forze israeliane nella campagna militare che va avanti da oltre un anno nella Striscia di Gaza. Ma prima di lui sono stati altri i leader di peso "eliminati" da Israele: SALEH AL-AROURI: il 2 gennaio viene ucciso in un raid israeliano nella periferia sud della capitale libanese Beirut. Era il numero due dell'ufficio politico di Hamas dal 2017, fra i fondatori delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo, e membro del Politburo dell'organizzazione dal 2010. MARWAN ISSA: considerato il numero tre del gruppo e il terzo più ricercato dai militari israeliani, viene ucciso l'8 marzo. Vice comandante dell'ala militare di Hamas a Gaza, era ritenuto una delle menti dell'attacco del 7 ottobre 2023 in Israele. FUAD SHUKR: comandante di spicco di Hezbollah viene ucciso in un raid delle forze israeliane a Beirut lo scorso 30 luglio. ISMAIL HANIYEH: capo del Politburo di Hamas, che guidava da Doha (in Qatar), è stato ucciso il 31 luglio scorso nella capitale iraniana Teheran, dove si trovava per l'insediamento del presidente Masoud Pezeshkian. HASAN NASRALLAH: viene ucciso il 27 settembre in un massiccio raid israeliano sulla periferia sud di Beirut. E' stato il leader di Hezbollah dal 1992, quando aveva preso il posto di Abbas Moussaoui, ucciso da Israele. HASHEM SAFIEDDINE: ritenuto un possibile successore di Nasrallah alla guida di Hezbollah potrebbe essere stato ucciso nelle scorse settimane in un pesante raid su Beirut della scorsa settimana. Ma non ci sono certezze.
(Adnkronos) - "Possiamo automatizzare moltissimi servizi pubblici, penso alla documentazione, e fornire benefici e vantaggi ai cittadini". Lo ha detto Adrian McDonald, presidente Emea di Dell Technologies nel corso della conferenza Comolake a Cernobbio. "C'è un mondo straordinario davanti a noi se guardiamo appunto come fornire migliori servizi al pubblico e ai cittadini", ha sottolineato.
(Adnkronos) - “La mancanza di un approccio educativo integrato, penalizza l’efficacia dei Cam”, Criteri ambientali minimi. “Abbiamo condotto una ricerca tra il 2022 e il 2023, in collaborazione con Cirfood e Milano Food Policy, che ha coinvolto tutte le regioni italiane con un numero significativo di mense nelle scuole primarie, somministrando questionari con l’aiuto dei docenti. I dati raccolti sono stati clasterizzati e il primo studio è stato pubblicato sulla rivista Food Preferences, mentre un secondo uscirà presto su Sustainability. I risultati mostrano che i Cam rappresentano un tentativo di migliorare le performance ambientali, il gradimento del cibo, le traiettorie di salute dei consumatori e la riduzione dello spreco alimentare. Tuttavia, il raggiungimento di questi obiettivi si è rivelato più complesso”. Così Michele Fino, università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, intervenendo oggi al Secondo Summit della Ristorazione Collettiva, al Cirfood District di Reggio Emilia in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. “I vari soggetti coinvolti nella nutrizione scolastica - spiega Fino - svolgono la loro parte, ma ciò non garantisce che il risultato finale sia ottimale. Questo approccio, che frammenta il processo, porta a risultati paradossali, come un alto spreco di cibi di qualità. Ad esempio, il pesce di alta qualità proveniente da zone Fao è scartato dal 60% dei bambini, non per motivi di gusto, ma perché non lo mangiano a casa e lo percepiscono come estraneo. Un altro punto critico è l’educazione alimentare, che risulta insufficiente. I bambini abituati a mangiare vegetariano o vegano a casa tendono ad accettare più facilmente i pasti a base di legumi e proteine alternative, mentre gli altri li rifiutano”. Dal punto di vista normativo, “i Cam presentano anche delle criticità - illustra il professore - Le prescrizioni appaiono a volte ideologiche, come nel caso dell’obbligo del 100% biologico per uova e latte. Questo crea difficoltà di approvvigionamento, soprattutto perché le filiere biologiche italiane per questi prodotti non sono sufficientemente sviluppate, portando le imprese a rivolgersi a fornitori esteri. Inoltre, alcuni criteri sembrano avere un effetto ‘taumaturgico’ del biologico, come il requisito del 10% di carne suina biologica, che non influisce significativamente sul risultato finale. C’è poi la questione della varietà dei prodotti biologici: mentre la produzione di frutta biologica è significativa in Italia, quella di cereali è molto ridotta. L’imposizione del 50% di prodotti biologici in peso per frutta, legumi e cereali non riflette accuratamente la realtà”. Oltre alla scelta di prodotti biologici, “è previsto l’utilizzo di prodotti locali o provenienti da Sqnp, un criterio di sostenibilità valutabile secondo uno schema approvato dal ministro dell’Ambiente - chiarisce Fino - Alcune decisioni del legislatore risultano però discutibili. Ad esempio, è stato prescritto che una quota di salumi e formaggi debba essere biologica, o in alternativa Dop o Igp, che non necessariamente garantiscono un valore nutrizionale superiore. Ancora più sorprendente è l’inclusione dei salumi nei Cam per la ristorazione scolastica, nonostante non vi sia alcuna linea guida che raccomandi il consumo di salumi per i bambini. Questo solleva dubbi, poiché carni rosse lavorate non dovrebbero essere un criterio di assegnazione per le mense scolastiche, indipendentemente dal fatto che siano biologiche, Dop, Igp o di montagna”. Inoltre, “durante un incontro con un senior policy advisor dell’Efsa, l’Autorità europea perla sicurezza alimentare - precisa l’esperto - è emerso un punto interessante: se alcolici e salumi fossero oggi presentati all’Efsa come novel food, sarebbero probabilmente bocciati a causa della mancanza di dati sufficienti sulla sicurezza alimentare. Questo evidenzia la necessità di una ristrutturazione logica e complessiva dei Cam, con un ripensamento su alcune prescrizioni. Un altro tema importante riguarda la valutazione scientifica del concetto di ‘residuo zero’ rispetto al biologico. Il 74% della frutta italiana è già prodotta a residuo zero, mentre solo il 30% è biologica. Questo significa che esiste un margine significativo di produzione non biologica, ma a residuo zero che potrebbe essere considerato per migliorare gli standard senza creare eccessive barriere all’ingresso”. Infine, “è fondamentale concentrarsi sui risultati di sicurezza garantita, anziché imporre rigidamente criteri di processo - conclude Fino - Occorrerebbe un sistema che privilegia i risultati concreti in termini di sicurezza alimentare e qualità, piuttosto che attenersi rigidamente a criteri processuali che, attualmente, dominano la disciplina dei Cam”.