INFORMAZIONIPrefettura di Benevento Pubblica Amministrazione Locale Ruolo: Responsabile Ufficio Stampa Area: Communication Management Silvana D'Agostino |
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(Adnkronos) - Xi Jinping e Vladimir Putin confermano gli obiettivi della loro partnership senza limiti alla parata del 9 maggio, che quest'anno celebra l'80esimo anniversario di quella che i russi chiamano la Grande guerra patriottica. I due leader si ritrovano, sottolineano, "insieme contro il neonazismo e i comportamenti da bullo di forze potenti della comunità internazionale". Oltre tre anni dopo l'inizio dell'invasione, il presidente russo non può ancora celebrare la vittoria nella guerra in Ucraina, ma mostra definitivamente al mondo che non è più isolato: oggi ad assistere all'evento ci saranno 29 tra leader ed esponenti di governi stranieri, da Xi al brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, fino al serbo Alexander Vucic e allo slovacco Robert Fico, unico capo di governo di un Paese Ue a Mosca. Ma prima ancora che missili, carri armati, soldati e contingenti di eserciti di Paesi amici, quella che è andata in scena oggi nella capitale russa è stata la rinnovata "saldatura" dell'alleanza tra Xi e Putin. Spezzarla, ricordano all'Adnkronos esperti di questioni russe, "era uno degli obiettivi di Donald Trump, insieme quello della fine della guerra in Ucraina. Al momento però questo risultato non è stato raggiunto, anzi forse si è ottenuto il contrario". Piuttosto il presidente americano è riuscito nell'obiettivo di 'riabilitare' Putin, pur se costretto ad ammettere che "forse mi sta prendendo un po' in giro". "I nostri rapporti hanno raggiunto il livello più alto della storia", ha rivendicato Putin, mentre i due Paesi firmavano altri 20 accordi, a dispetto di Trump che voleva portare la Russia dalla sua parte e sfiancare Pechino con la guerra dei dazi. Ma non c'è solo l'economia tra Mosca e Pechino. C'è il nuovo ordine mondiale di cui vogliono essere portatori - e la presenza di Lula, del venezuelano Nicolas Maduro e dell'egiziano Abdel Fatah al Sisi, tra gli altri, indica a quale parte di mondo guardano - e i 'valori' che vogliono difendere. "Insieme con i nostri amici cinesi - ha sottolineato il presidente russo - vigiliamo con fermezza sulla verità storica, proteggiamo la memoria degli anni della guerra e contrastiamo le moderne manifestazioni di neonazismo e militarismo". Il solito riferimento alla guerra in Ucraina, che, nonostante i tre giorni di tregua unilaterale proclamata dalla Russia - da oggi a sabato - continua, con accuse reciproche tra Mosca e Kiev, che insisteva invece per i 30 giorni. Quella di oggi sarà la parata con i leader internazionali, ma non della vittoria in Ucraina, "perché è Putin che non ha favorito questa conclusione - sottolineano gli analisti a Mosca - è stato il massimalismo russo a impedire che si arrivasse da qualche parte". Secondo gli esperti, "non è chiaro quanto il leader del Cremlino abbia calcolato questo rischio, ma non poteva non immaginare che mantenendo le sue posizioni massimaliste non sarebbe arrivato a questo stallo". Che ha irritato la Casa Bianca, anche se il consigliere di Putin Yuri Ushakov sostiene che russi e americani continuano "a parlarsi ogni due giorni e qualche volta anche ogni giorno". Tra l'altro, dallo stesso vice presidente americano JD Vance arrivano messaggi contraddittori: da una parte dice che la Russia "chiede troppo" sull'Ucraina, dall'altro dice di non essere "ancora pessimista" sulla possibilità che le due parti si siedano a un tavolo per mettere fine al conflitto. Intanto, però, anche se con la parata di oggi distrarrà, Putin ha un problema serio con l'andamento dell'economia russa, tanto più se Trump dovesse dare seguito alla sua minaccia di intensificare le sanzioni. Il prezzo del petrolio sta scendendo vertiginosamente e questo ha conseguenze enormi sulle casse dello stato, cala la domanda interna per via dell'aumento dell'inflazione, mentre aumentano le pressioni per una riduzione dei tassi di interesse, fermi dall'ottobre scorso al 21%. Neanche davanti a questo ci sono segnali che il presidente voglia cambiare approccio, nonostante, ricordano gli esperti, "tenesse a non deludere Trump". Ma, come detto al New York Times da Alexander Kolyandr, esperto di economia russa al Center for european policy analysis, al Cremlino "sono convinti di essere più resilienti dei loro nemici, credono che la vittoria non andrà al migliore ma a chi resisterà più a lungo".
(Adnkronos) - "L'Italia sta perdendo giovani talenti e cervelli". A lanciare il grido d'allarme oggi allo Spazio Mastai - Palazzo dell’Informazione AdnKronos, in piazza Mastai 9, a Roma, Gianni Scaperrotta, ceo Nhrg, in occasione della presentazione della ricerca 'Talenti in fuga: un’emergenza da affrontare', che l’Osservatorio di Nhrg ha svolto per capire quali siano le motivazioni che spingono i giovani ad andare all’estero per trovare lavoro e realizzazione. "Stiamo andando - spiega - verso un invecchiamento lavorativo e i nostri giovani talentuosi, con un livello di istruzione alto, scelgono di andare a lavorare all'estero, con un impatto sulla nostra economia e sulla nostra previdenza". "Ciò che attrae il giovane - sottolinea - non è tanto lo stipendio, ma il fatto che all'estero le aziende mettono in primo piano, la meritocrazia e il rispetto del bilanciamento privato-lavoro. Per le nuove generazioni, infatti, il lavoro è importante, ma non è la cosa più importante. Stato, istituzione e imprese devono fare qualcosa per trattenere e agevolare i giovani a restare; siamo già in ritardo ma possiamo ancora fare qualcosa per far cambiare idea ai ragazzi prendendosene cura e formandoli". Daniela Spaziano, responsabile hr Nhrg, ricordando i risultati della ricerca afferma che "tra i fattori che spingono i giovani a trasferirsi all’estero, i più rilevanti sono la meritocrazia, l’opportunità di crescita professionale e uno stipendio più alto". "Tali risposte - osserva -rappresentano il 72% ed è coerente con il motivo di insoddisfazione del lavoro in Italia che è rappresentato dallo stipendio basso e scarse opportunità di crescita. Nella ricerca di lavoro il 62% dei giovani non ricevono risposte e le proposte economiche che ricevono sono per il 56% non completamente in linea con le aspettative o il percorso di studi. L’elemento che lega i giovani alle aziende italiane e al restare/tornare in Italia risiede nelle relazioni familiari e lavorative con i colleghi". "Le risposte alle domande aperte - illustra - confermano la schiacciante rilevanza che i giovani sono interessati ad un trasferimento all'estero al fine di trovare una migliore soddisfazione economica e di crescita professionale, nonché una qualità della vita che gli consenta di avere più tempo libero e più flessibilità. L'importanza dei legami affettivi, sia nella vita privata che lavorativa, resta l’elemento di maggior attaccamento al paese attuale, mentre non sono rilevate risposte di attaccamento al proprio Paese. Molto rilevante il dato dell’inefficacia delle aziende nel rispondere alle candidature dei giovani che in maggioranza rilevano la mancanza di risposte e di offerte non in linea con le proprie aspirazioni. A tal proposito i canali scelti per la quasi totalità del campione restano i portali di ricerca e i social". "I risultati emersi dall'Osservatorio Nhrg concordano con gli elementi di una ricerca che presenteremo tra 20 giorni. Siamo all'interno della più grande rivoluzione culturale e sociologica della storia dell'umanità. I giovani hanno una cognizione del tempo diversa da quella che avevamo noi. Dobbiamo fare uno sforzo per capirli in modo da far incontrare domanda e offerta di lavoro. I ragazzi cercano un ambiente di lavoro che li faccia realizzare non solo in campo professionale, ma anche rispetto ai propri progetti di vita". A dirlo oggi Agostino Di Maio, direttore generale Assolavoro, intervenendo alla presentazione della ricerca Nhrg 'Talenti in fuga: un’emergenza da affrontare'.
(Adnkronos) - Calo significativo dei gas serra nel 2024: -3% rispetto all’anno precedente, principalmente per effetto del comparto che produce energia elettrica. Questo settore incide mediamente per un quarto delle emissioni nazionali e negli anni si è dimostrato tra i più efficienti in termini di riduzione dei gas climalteranti, diminuiti del 64% dal 1990 ad oggi. Questo il quadro che emerge dalle prime elaborazioni dell’Ispra relative al 2024, presentate oggi a Roma nell’ambito del convegno 'Decarbonizzazione: costruire un futuro emissioni zero' promosso da Ispra. Tornando ai dati, si conferma problematico il settore dei trasporti le cui emissioni continuano a crescere significativamente e rappresentano il 28% di quelle nazionali: derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale e sono aumentate di circa il 7% dal 1990. Il parco veicolare italiano è tuttora caratterizzato da mezzi ad alimentazione tradizionale (benzina e gasolio) e negli anni il numero dei veicoli ha registrato una notevole espansione (oltre il 50%). Tutti gli altri settori economici registrano marcate riduzioni delle emissioni ad eccezione della gestione dei rifiuti che però contribuisce solo al 5% del totale nazionale. Disponibile da oggi online il rapporto 'Le emissioni nazionali di gas serra, la situazione in Italia in vista degli scenari futuri', che delinea il quadro emissivo italiano a partire dal 1990 fino al 2023 e presenta un’analisi degli scenari emissivi al 2030 e 2055 rispetto a quello di riferimento (a politiche correnti) e allo scenario a politiche aggiuntive previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec). Il Rapporto conferma la tendenza alla riduzione delle emissioni dal 1990 al 2023, diminuite del 26,4% e passate da 518 a 385 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Oltre ai trasporti e alla produzione di energia, un contributo importante alle emissioni totali è rappresentato dalle categorie del residenziale (18%), dell’industria manifatturiera (13%), dell’agricoltura (8%), dei processi industriali (6%), della gestione dei rifiuti (5%). Rispetto agli obiettivi europei di neutralità emissiva al 2050 e di riduzione delle emissioni nette del 55% entro il 2030, l'Italia è in linea su 2 dei 3 pilastri principali: sia per il target Ue di riduzione del 62% rispetto al 2005 delle emissioni dei grandi impianti, dell’aviazione e del trasporto marittimo (Emission Trading System o Ets-1 ), come anche quello di assorbire la CO2 (obiettivo Lulucf - Land Use, Land use Change and Forestry) fissato per l'Italia a circa 35 milioni di tonnellate. Problematico, invece, l'obiettivo dell'Effort Sharing di ridurre le altre emissioni (trasporti, riscaldamenti, agricoltura, piccola industria, ecc...) del 43,7% rispetto al 2005. Gli scenari Ispra indicano una riduzione del 30% al 2030 per quello a politiche correnti e -41% con politiche aggiuntive Pniec.