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(Adnkronos) - Era il 5 febbraio 2024 quando mamma Taghred, oggi 31enne, avvocato di Gaza, arrivava con le sue tre figlie all'ospedale pediatrico Vittore Buzzi di Milano, a bordo di un'ambulanza dai cui finestrini si intravedevano dei palloncini rosa e blu. Insieme alla madre allora 53enne, anche lei bisognosa di cure, la donna faceva parte di uno dei primi gruppi di palestinesi della Striscia di Gaza evacuati per motivi medici e accolti dall'Italia. Alle sue spalle il dramma del conflitto, testimoniato dalle ferite sulla sua pelle e su quella delle sue bambine. E' passato oltre un anno e mezzo da allora, e le ferite ci sono ancora. Taghred solleva la manica della maglia e si intravede una lunga cicatrice, non ancora completamente guarita, che da sopra il polso si inerpica lungo il braccio. Il percorso di cure non è ancora finito: "Il mese scorso sono stata operata per rimuovere la placca", dice all'Adnkronos Salute. "Nei prossimi giorni anche la mia figlia maggiore sarà operata, e così anche mia madre", spiega. Oggi Taghred, però, sorride. E al suo fianco c'è anche il marito Youssef, 32 anni, fra i primi papà a potersi ricongiungere con la propria famiglia, dopo un lungo anno e mezzo di attesa in un campo profughi fatiscente a Khan Yunis. Le loro bambine - Maryam di 8 anni, Zena di 6 e Rima di 3 - stanno giocando in strada insieme ad altri bimbi. Ieri la famiglia era in via Arquà, in occasione di un evento di quartiere organizzato dall'associazione Bellarquà. Vicino a loro c'è un'installazione con barchette di carta colorate, 'barchette per Gaza'. Una banda musicale suona e invoca "Palestina libera". Youssef ha in mano un telefonino, sullo schermo scorrono le immagini della sua vita di prima: foto di gruppo, foto di lui che stringe fra le mani una targa. Ha perso oltre 10 chili. E racconta: "Ho studiato informatica per 5 anni, e lavoravo in un'organizzazione benefica turca che si prende cura dei bambini di Gaza con bisogni speciali, che hanno perso i genitori". Ora cerca un impiego in Italia. "Parlo inglese e imparerò anche l'italiano. Sono disposto a fare qualsiasi cosa pur di garantire una vita dignitosa alle mie figlie", è il suo appello. "Vivevamo a Gaza City, Al-Nasr, vicino all'ospedale Al-Shifa - ripercorre Taghred -. Quando è stato chiesto di evacuare l'intera città di Gaza, il 13 ottobre 2023 abbiamo lasciato la città per raggiungere Rafah e i parenti di mio marito: padre, madre, il fratello con la moglie e i figli. C'era anche mia madre. Il 23 novembre la casa dei parenti di mio marito è stata bombardata. Aveva tre piani ed è stata completamente rasa al suolo". Quel giorno Youssef non era in casa. Taghred e le bambine sono rimaste sotto le macerie. L'uomo mostra un breve video del salvataggio della figlia maggiore. "Siamo riuscite a uscirne miracolosamente - commenta la moglie - 13 persone sono morte lì, compresi i nipoti di mio marito. Ci siamo trasferite all'Ospedale europeo per le cure e siamo rimaste lì per 50 giorni", fino a fine gennaio 2024. Poi il viaggio con le bambine e la mamma via mare verso l'Italia, durato una settimana, a bordo della nave Vulcano della Marina militare arrivata a La Spezia. Youssef è invece riuscito a raggiungerle a Milano nel maggio 2025. Il ricordo del giorno in cui la casa si è sbriciolata inghiottendole è angosciante. "Avevo una mano e un dito del piede rotti, 3 fratture al bacino, ustioni e ferite estese sulla pianta dei piedi e sul viso - ricorda Taghred - La mia figlia maggiore aveva la mano destra rotta e sanguinava. Mia madre aveva una grave emorragia al piede e fratture multiple. I miei figli più piccoli avevano ferite estese e ustioni che sono state trattate chirurgicamente. Per fortuna l'ambulanza è arrivata rapidamente. Sono rimasta sotto solo pochi minuti, altrimenti sarei morta perché avevo perso completamente la capacità di respirare. Ero tra le macerie, sul fondo, senz'aria. Poi sono stata attaccata a un apparecchio per l'ossigeno per un giorno intero e mio marito e la mia famiglia non hanno saputo che ero viva fino alla fine della giornata, quando ho ripreso un po' di conoscenza e ho detto all'ospedale il mio nome e chi ero". "Finché la situazione a Gaza rimarrà così, non potrò tornare nel mio Paese - spiega Taghred -. I valichi sono chiusi e non ci sono scuole o ospedali per bambini, ma questo non significa che resterò qui per sempre". Intanto, "stiamo cercando di stabilirci qui. Ora mio marito sta cercando lavoro e anch'io, ma in un modo che sia adatto ai miei figli, perché non potrò al momento lavorare a tempo pieno. Posso lavorare solo per poche ore". Se c'è un punto su cui occorre concentrarsi adesso "è questo", ragiona Glores Sandri, 'doula' milanese che dà una mano alle donne e alle famiglie di Gaza col suo progetto 'A doula for Palestine'. "Le cure prestate ai bambini e ai nuclei arrivati in Italia per motivi sanitari sono fantastiche, eccezionali. Ma poi serve una procedura umanitaria che li accompagni quando escono dall'ospedale, quando devono trovare una casa e un lavoro", auspica Sandri. Le immagini sul telefonino scorrono. Youssef mostra anche quelle nel campo profughi. C'è lui in tuta accanto a una tenda, con lo sguardo perso nel vuoto, è più magro di quando posava in giacca e cravatta con i colleghi e nelle foto di gruppo con i bambini supportati dall'organizzazione per cui lavorava. In un altro scatto si vedono pentole e attrezzi da cucina su un pavimento impolverato, e in un altro l'immagine di un enorme millepiedi sopra un cuscino, 'ospite sgradito' nell'alloggio di fortuna in cui ha vissuto. Mesi da dimenticare. Il ricordo di casa, invece, resta indelebile: "Gaza è tutta bellissima, la amo molto - dice Taghred - e spero di tornarci". (di Lucia Scopelliti)
(Adnkronos) - "Nella nostra mission in Intesa SanPaolo e quindi anche qui in Puglia, in maniera anche molto importante, supportiamo l'imprenditoria del territorio. Chiudiamo accordi come quello realizzato di recente con Confindustria, con 9 miliardi di plafond, proprio a supporto degli investimenti. E creiamo degli ecosistemi come quello rappresentato qui oggi in cui ci siamo noi di Intesa SanPaolo, c'è Confindustria, c'è l'iniziativa di Digithon, ci sono le start-up, ci sono gli investitori, gli imprenditori, gli specialisti del settore. Per noi è importante che questi ecosistemi collaborino, dialoghino, siano aperti e connessi in modo da poter essere motore per l'economia del territorio, non solo da un punto di vista economico ma anche valoriale, sociale e soprattutto perché poi le aziende restino in questo territorio che può diventare sia un hub di transizione energetica che un hub digitale". Così con Adnkronos/Labitalia, Alessandra Modenese, direttrice regionale di Intesa Sanpaolo, Puglia, Basilicata e Molise, a margine del suo intervento a Digithon, la maratona digitale in corso a Bisceglie. E Modenese ha dato anche dei suggerimenti alle startup. "Come ho detto prima sul palco, l'importante è non innamorarsi eccessivamente della propria idea, noi possiamo supportarli nel loro percorso di accelerazione, e abbiamo i mezzi, gli creiamo il network, i percorsi di formazione. E soprattutto la possibilità di poter aprire ovviamente anche a degli altri interlocutori in modo da capire se la propria idea è realizzabile, creare il valore e possa trovare spazio nel mercato di riferimento. Quindi non innamorarsi eccessivamente della propria idea, continuare ad avere il coraggio e affidarsi ovviamente a dei supporti corretti e concreti che li possano presentare al mercato", ha concluso Modenese.
(Adnkronos) - "Il Meeting è una storia che non va interrotta". Ad affermarlo in una nota è Barbara Marinali, Presidente di Acea, spiegando le ragioni della partecipazione del Gruppo per il secondo anno consecutivo alla manifestazione. "È un luogo di incontro e di confronto importante con istituzioni, concorrenti, imprese, ma anche con i nostri consumatori e con le famiglie". Acea, ha spiegato Marinali, punta a farsi conoscere non più soltanto come un operatore locale, ma come una realtà nazionale e internazionale attiva nelle infrastrutture e nei servizi di pubblica utilità, con competenze e professionalità riconosciute. La Presidente ha illustrato i principali progetti in corso: "Il raddoppio dell’Acquedotto del Peschiera, con una gara da oltre 1,4 miliardi, metterà in sicurezza l’approvvigionamento idrico della Capitale per i prossimi cento anni. E il termovalorizzatore di Roma, ormai prossimo all’avvio, è un intervento indispensabile dal punto di vista della sicurezza ambientale". Accanto alle grandi opere, Acea porta al Meeting anche la propria storia con la mostra Heritage, che celebra i 116 anni di vita del Gruppo. Abbiamo voluto condividere con i visitatori la nostra tradizione e l’innovazione, grazie anche alla robotica con il nostro umanoide Albert e il cane robot Teddy, che piacciono a grandi e bambini", ha concluso Marinali.