(Adnkronos) - Samantha de Grenet ha raccontato ospite oggi, martedì 13 maggio, a 'La volta buona' di quando ha scoperto di essere stata tradita dal suo ex compagno. "Non ho mai dimenticato", ha detto la showgirl e conduttrice televisiva che ha raccontato nel salotto di Caterina Balivo di aver pianificato una vendetta contro l'ex e la sua amante. Samantha de Grenet ha scoperto del tradimento quando si trovava in vacanza in Sardegna insieme a una sua amica. Tornata a Milano per lavoro, lascia l'ex fidanzato e attua un piano di vendetta contro l'amante, che era una sua amica di vecchia data: "Più forte è l'amicizia, più grande è il dolore", ha esordito la showgirl che si è detta fiera e orgogliosa del suo piano "malvagio". "Ho finto di essere una manager di eventi e sfilate", ha spiegato De Grenet. "All'epoca lavoravo molto in Germania quindi sapevo esattamente dove mandarla". Tra le risate e gli applausi del pubblico, Samantha spiega nei dettagli il suo piano contro l'amante: "La chiamo sotto nome di un'importante agenzia, facendo però parlare una mia amica. Le propongo di partecipare a un grandissimo evento che coinvolgeva clienti italiani e le dico che l'avrei pagata profumatamente", ha detto de Grenet che ha pensato a tutto nei minimi dettagli: nella chiamata le aveva promesso ogni beneficio, dal biglietto di invito a quello dell'aereo con "posto in prima classe". Ecco che arriva la svolta del piano: "Lei arriva in aeroporto, le arriva una telefonata in cui le viene comunicato che c'è stato un problema con le carte di credito e che alla fine si doveva pagare lei il biglietto, il taxi, l'hotel, fino a scoprire che la sfilata non esisteva. Quindi è tornata indietro a mani vuote e pagando tutto di tasca sua". Morale della favola? "Andare a letto col mio fidanzato le è costato qualcosa", ha concluso Samantha de Grenet.
(Adnkronos) - I lavoratori italiani possono contare su un sistema retributivo garantista che prevede un livello di protezione economica tra i più completi e articolati nel panorama europeo. Il modello italiano è, infatti, fondato su una solida architettura di contrattazione collettiva e su istituti normativi consolidati, come la tredicesima e la quattordicesima mensilità e il Trattamento di fine rapporto, non previsti per legge negli altri sistemi retributivi europei. È il caso, ad esempio, di quelli vigenti in Francia, Germania, Romania, Spagna e Svezia. È quanto emerge dall’approfondimento della Fondazione studi consulenti del lavoro dal titolo 'Struttura della retribuzione e salario minimo: disciplina italiana e confronto con altri Stati comunitari', che mette a confronto la disciplina retributiva italiana con quella dei cinque Paesi europei citati. E i consulenti del lavoro in un documento presentato oggi in Commissione Lavoro del Senato nelle osservazioni sui disegni di legge sul salario minimo nn. 956, 957 e 1237 sottolineano che "in uno scenario" come quello italiano "la previsione di un 'salario minimo' di derivazione legale potrebbe essere percepito come un elemento di disturbo nel paradigma del dialogo delle parti sociali, normalmente impegnate su un fronte indubbiamente più esteso ed esauriente". Oggetto dello studio sono stati i sei ccnl più applicati in Italia, cioè utilizzati per la gestione di svariati milioni di lavoratori. Così come va sottolineata la copertura universale che ha la contrattazione collettiva nel nostro Paese. La comparazione non si limita al solo valore del salario minimo legale – spesso usato come unico indicatore – ma si estende all’intera struttura della retribuzione, includendo elementi indiretti e differiti, come indennità contrattuali, mensilità aggiuntive e Tfr. Il quadro che emerge dall’analisi della Fondazione Studi, secondo i consulenti del lavoro "è chiaro: le 'retribuzioni ultra-mensili e differite' (13^ e 14^ mensilità e Trattamento di fine rapporto) in Italia sono istituti contrattuali previsti per legge, o per ccnl, a differenza di quanto accade nei cinque Paesi messi a confronto". In sostanza, per realizzare una comparazione credibile, secondo i professionisti, "è necessario osservare non solo i minimi retributivi orari, ma l’intera struttura della retribuzione. Infatti, soffermandosi esclusivamente sulla paga oraria non si rappresenta in modo veritiero quanto viene percepito effettivamente da un lavoratore. Dunque, anche in assenza di un salario minimo legale, il livello retributivo complessivo previsto dai Contratti collettivi nazionali di lavoro è già in linea o addirittura superiore alla retribuzione minima imposta per legge in altri Stati". A questo si aggiunge il fatto – si sottolinea nel documento dei consulenti del lavoro – che in alcuni casi la contrattazione collettiva italiana si spinge addirittura oltre la quattordicesima mensilità, disegnando elementi retributivi ulteriori, che a esempio possono essere previsti sotto forma di welfare come la conciliazione vita-lavoro e l’assistenza sanitaria integrativa. Nonché la corposa previsione di ore retribuite con permessi giustificati; ovvero tutti gli strumenti erogati dalla bilateralità. Come evidenziato, la forza del modello italiano risiede, dunque, nella sua flessibilità e capacità di adattamento settoriale, garantita dalla contrattazione collettiva rappresentativa. Un meccanismo che consente di calibrare i trattamenti economici in base alle reali esigenze dei lavoratori e delle imprese, assicurando al contempo equità e dignità del lavoro in conformità all’art. 36 della Costituzione. La contrattazione collettiva è, dunque, secondo i consulenti del lavoro "un patrimonio da preservare, perché in grado di garantire tutele economiche solide e flessibili ai lavoratori, adattandosi ai cambiamenti del mercato. Naturalmente, in questa indagine non viene incluso il valore del costo della vita che determina il potere di acquisto delle retribuzioni. Costo della vita che nei Paesi oggetto della comparazione ha oscillazioni diverse, in molti casi superiore a quello italiano. E per ovviare a ciò è dunque necessario spingere nei ccnl sulla retribuzione di risultato, valorizzando la partecipazione attiva dei lavoratori al successo dell’impresa. Un approccio che potrà genere benefici tangibili in termini di produttività, retribuzione e rafforzamento del legame tra impresa e capitale umano", conclude.
(Adnkronos) - Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Acea, ha ritirato oggi il Premio Guido Carli, il riconoscimento dedicato all’ex governatore della Banca d’Italia e assegnato ogni anno alle personalità che si sono distinte per il loro impegno sociale, i successi in campo imprenditoriale, oltre che per aver portato lustro al talento e alla genialità italiana nel mondo. Dopo una carriera professionale che spazia dal mondo della finanza ai settori industriali, Palermo è, dal 2022, amministratore delegato di Acea. "Ricevere questo premio – ha commentato l'ad - è un onore, un tributo soprattutto ai valori sui quali ho centrato il mio percorso professionale: la creazione di valore nelle aziende, le ricadute sulla collettività, portando sempre al centro le persone". La cerimonia di premiazione si è svolta a Roma, nella sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica. La XVI edizione del Premio Guido Carli è stata intitolata a Papa Francesco e interamente dedicata all’impegno sociale e all’attenzione agli ultimi.