(Adnkronos) - L'intesa politica è stata suggellata. Ieri il via libera all'alleanza da parte degli iscritti M5S, ha preceduto di qualche ora l'ufficializzazione della ricandidatura di Eugenio Giani a presidente della regione Toscana da parte della Direzione regionale Pd. Ma i 5 anni di opposizione pentastellata lasciano tante distanze a partire della fratture 'storiche', dalle infrastrutture alle grandi opere, vedi l'estensione dell'aeroporto Firenze Peretola o il rigassificatore di Piombino. Distanze che in questi mesi lo stesso Giani ha cercato di accorciare promuovendo temi cari ai 5 stelle. "Nell’ultimo anno di legislatura ha detto oggi in un'intervista- in Regione abbiamo fatto atti significativi insieme ai 5 Stelle, come la legge sull’assistenza al fine vita, gli asili nidi gratis, il salario minimo di 9 euro premiato negli appalti pubblici". Provvedimento quest'ultimo impugnato dal governo nel Cdm di lunedì scorso, come già era accaduto per la legge toscana sul fine vita. Tutti temi su cui si è registrata convergenza con M5S e Giani confida di riuscirci anche su altro. "Ci metteremo intorno a un tavolo e concentreremo l'attenzione perché vi sia chiarezza di fronte agli elettori su ciò che la giunta Giani bis, chiamiamola così, porterà avanti nei prossimi 5 anni", ha detto stamattina a Controradio parlando del tavolo programmatico che si aprirà con i 5 Stelle. Tavolo a cui i 5 Stelle arrivano chiedendo il rispetto di alcune priorità. Lo ha spiegato ieri lo stesso Conte: "La pronuncia dei nostri iscritti ci dà ora un mandato chiaro per un confronto con il candidato presidente, per verificare con rigore che siano rispettate e messe nero su bianco le condizioni che la comunità territoriale ha ritenuto prioritarie per sottoscrivere un accordo programmatico". I punti più divisivi nella legislatura che si sta chiudendo (si andrà al voto nella regione a metà ottobre) hanno riguardato in particolare le infrastrutture: non solo l'areoporto a Firenze ma anche diverse altre opere come il raddoppio ferroviario Firenze-Pisa. Poi ci sono le storiche battaglie per l'acqua pubblica, contro il consumo del suolo a cui si aggiunge anche la richiesta di una nuova governance locale per la sanità fino alla lotta contro il rigassificatore di Piombino condivisa anche da Avs. Sull'aeroporto di Firenze, Giani però precisa: "Il progetto adesso è a Roma per la valutazione di impatto ambientale, un iter indipendente dalla Regione". Insomma, sottolinea il candidato del centrosinistra: "Se si passa dai 'titoli' delle questioni ai dettagli, mettendosi a un tavolo, la sintesi si trova".
(Adnkronos) - "L'export del mercato americano ammonta a circa 170 milioni di euro e ovviamente l'incidenza del dazio è conseguente a questo volume. Quindi se consideriamo di un 15% di questi 170 milioni di euro si tratta di circa 24 milioni di euro, una cifra considerevole, impattante. Abbiamo preso un bello schiaffo, perchè il pecorino romano negli Usa si vende da 140 anni e non ha mai pagato dazio. Quindi siamo passati da uno zero a un più 15% e per noi è un danno non da poco". E' l'allarme che, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del Pecorino romano Dop, lancia sui possibili effetti dei dazi al 15% per i prodotti europei stabilito dall'intesa Usa-Ue su uno dei prodotti icona del made in Italy. "Il pecorino romano negli Usa -continua Maoddi- non ha mai pagato il dazio e si vende negli Usa da 140 anni, neanche in precedenza nel 2019 quando vennero introdotti i dazi a prodotti europei nella precedente amministrazione Trump. Il pecorino romano ne uscì indenne perché si riuscì a far capire all'amministrazione di quel tempo che ovviamente si trattava di una produzione particolare, con delle peculiarità assolutamente uniche, che di fatto poi non entrava in competizione con la produzione americana", aggiunge. E Maoddi ricorda quelli che sono i numeri del Pecorino romano Dop. "Siamo un consorzio che racchiude circa 40 produttori, che completano una filiera formata da circa 8.500 allevatori distribuiti tra Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto con una produzione che si attesterà nel 2025 intorno alle 39.000 tonnellate di pecorino, delle quali circa il 70% esportato nel mondo. E di questo circa il 40% negli Stati Uniti, che rappresentano il nostro primo mercato in assoluto di vendita oltre al mercato nazionale", spiega Maoddi. Maoddi sottolinea come "il 33-35% della produzione è destinato al mercato nazionale, il 35-37% al mercato americano, e la restante quota al resto del mondo, e quindi Unione Europea, a seguire il Canada, il Giappone, l'Australia". Ma il presidente del Consorzio resta ottimista su una possibile esenzione del Pecorino romano dai dazi. "Io sono convinto che ci sarà un momento successivo a questo che stiamo vivendo -spiega- nel quale ci sarà spazio per entrare come nel dettaglio dei singoli prodotti e per definire insomma delle esenzioni. A mio parere, infatti, ci sono dei prodotti come il nostro che non possono essere replicati su quel mercato e che di fatto non entrano in competizione con quelli Usa. Se però non si riuscisse a farlo e ci fosse questo dazio al 15% questo avrebbe un impatto importante su tutta la filiera perché i numeri che rappresentano il mercato americano sono importanti e quindi è ovvio che ci sarebbero dei riflessi su tutta la filiera in termini di valori e in termini di quantità vendute", sottolinea. Maoddi ricorda anche che il comportamento del Consorzio negli Usa è lineare. "Non creiamo questioni legate né tanto all'utilizzo del marchio o del nome, e di fatto è già presente anche nella produzione americana una produzione di formaggio che si chiama Romano, formaggio industriale fatto di latte vaccino che viene utilizzato per il condimento per la preparazione di cibi pronti e di salsa. Questa è una situazione con la quale noi conviviamo e che testimonia che la nostra non è una produzione che ostacola quelle americane". "Quindi io mi auguro veramente che ci sia un momento nel quale si possa entrare nel dettaglio delle singole produzioni e a quel punto non credo ci siano problemi da parte dell'amministrazione americana nel riconoscere le peculiarità del nostro prodotto", sottolinea. Ma come viene distribuito il Pecorino romano dop negli Usa? "Il pecorino romano viene venduto in America su due canali: uno -spiega Maoddi- è quello dell'industria alimentare nel quale viene utilizzato come ingrediente per le sue qualità uniche di condimento di insaporimento. L'altro è invece il canale retail che è quello più vicino al consumatore. Di questi due canali sicuramente il primo è quello più sensibile al dazio al 15% e che farà più fatica ad assorbirlo. C'è il concreto rischio che il nostro prodotto venga sostituito in parte o del tutto da altri prodotti, con costi minori, come ingrediente nell'industria alimentare statunitense", aggiunge ancora. Per quanto riguarda il canale retail, secondo Maoddi, negli Usa "se già oggi un consumatore americano paga circa 35 dollari un chilo di formaggio pecorino non cambierà molto se lo pagherà diciamo 39, perchè stiamo parlando di un di un consumatore che ha delle possibilità importanti di vendita e quindi il dazio sicuramente non inciderà in maniera importante sul suo bilancio". "Le cose potrebbero cambiare invece nell'utilizzo nell'industria, dove il pecorino di solito fa parte di una miscela di altri prodotti, di altri ingredienti, che di fatto sono sempre molto 'attenzionati' nella formazione di quello che poi è il costo di un prodotto finale. Con i dazi si rischia che cambi la quantità di pecorino inserito in queste miscele, sostituito in parte da altri prodotti con minor costo, o che addirittura in alcuni casi venga sostituito completamente", lancia l'allarme Maoddi. Di certo il management del Consorzio sta concentrando le forze per trovare una soluzione. "Io non nascondo che il Consorzio non assiste da spettatore in questo momento e, attraverso una serie di attività, stiamo cercando di coinvolgere la politica americana. Abbiamo avuto audizioni a livello europeo presso i gabinetti del commissario dell'Agricoltura Hansen e del commissario Sefcovic per quanto riguarda il commercio. Abbiamo dato ovviamente le nostre indicazioni, abbiamo fatto valere quelle che sono le nostre peculiarità di questo prodotto. Stiamo cercando di coinvolgere il più possibile la politica affinché spinga su questa richiesta di esenzione del dazio per il nostro prodotto che secondo me è conveniente non solo per noi, ma anche per l'amministrazione Trump che di fatto ha un elemento che potrebbe poi utilizzare per far vedere che c'è apertura da parte loro. Su un prodotto che non va a intaccare, non va a disturbare nessuna produzione americana sul mercato", sottolinea ancora Maoddi. E dalla politca italiana c'è attenzione sul settore. "Devo dire -spiega- che la politica ci sta ascoltando. Il ministro dell'Agricoltura si è da subito reso disponibile con il suo staff ad ascoltarci, a metterci nelle condizioni di poter dialogare con queste strutture sia a livello europeo, quindi attraverso la Commissione europea, che a livello americano tramite l'ambasciata con la quale abbiamo veramente un filo diretto. Ma abbiamo un filo diretto anche col Ministero, ripeto, che si è da subito all'operato. Quindi io sono convinto che loro faranno tutto il possibile. Io ho sentito il ministro anche l'altro ieri e nelle sue parole ho sentito veramente l'attenzione, la vicinanza per questo comparto e questo mi fa molto piacere", conclude.
(Adnkronos) - Benessere delle famiglie con animali d’affezione, l’Italia non tiene il passo: i servizi offerti nel settore pet care mostrano ritardi strutturali e forte disomogeneità tra Comuni costieri e interni. E' la fotografia del XIV rapporto nazionale 'Animali in Città' di Legambiente sulle performance dei Comuni e delle Asl nella gestione degli animali nei centri urbani (con il patrocinio di Anci, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Enci, Fnovi, Amvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva), presentato questa mattina in occasione ella 37esima edizione di Festambiente, il festival nazionale del Cigno Verde dal 6 al 10 agosto a Rispescia (GR). Nel 2024, su un campione di 734 amministrazioni comunali (appena il 9,3% dei comuni italiani) che hanno risposto in modo completo al questionario di Legambiente, solo il 39,5% (meno di 4 comuni su 10) ha ottenuto una performance almeno sufficiente nella gestione degli animali d’affezione. Di questi - spiega l'associazione - 82 Comuni costieri (il 12,7% del totale in Italia) e 652 interni (il 9% del totale) che, pur condividendo ritardi strutturali, dimostrano andamenti divergenti, con differenze marcate nella qualità e disponibilità dei servizi offerti ai cittadini e ai loro animali. La disomogeneità più evidente riguarda l’accesso ad aree libere per cani: presenti nel 36,2% dei Comuni costieri e nel 10,4% appena dei Comuni interni - rileva Legambiente - Altra differenza si registra per i servizi di pensione per animali, disponibili nel 57,3% dei Comuni costieri e in appena il 21,9% di quelli dell’entroterra. Nella gestione del fine vita degli animali d’affezione, invece, solo il 28% dei Comuni costieri e il 10% degli interni ha predisposto regolamenti per cremazione, tumulazione o inumazione. Altro tema sensibile sono botti e fuochi d’artificio, spesso fonte di stress per gli amici a quattro zampe - si legge nel report - ad adottare regolamenti specifici per limitarne l’uso il 21,9% dei Comuni costieri e l’8,3% di quelli interni. Ancora limitata, poi, la presenza di Sportelli Animali o di un Garante per i diritti degli animali (l’8,5% dei Comuni costieri e il 4,4% per quelli interni) e di un sostegno economico ai cittadini nella sterilizzazione degli animali (14,6% e 4,7%). Un grave ritardo dei Comuni costieri - avverte l'associazione - è costituito dall’adozione di un regolamento per la corretta fruizione delle spiagge da parte delle famiglie con animali d’affezione, presente solo nel 23,2% dei casi. Il Cigno Verde è tornato a denunciare, poi, l'assenza di una sanità veterinaria pubblica di prossimità. Non solo la fotografia dei ritardi da colmare. Anche quest’anno Legambiente assegna il Premio 'Animali in città' a quelle realtà virtuose che si sono distinte per l’offerta di servizi e azioni dedicate alla prevenzione del benessere animale, sulla base di 36 indicatori per i Comuni e di 25 per le Aziende Sanitarie. Tra le amministrazioni comunali premiate, Napoli che si distingue per la copertura sanitaria e l’integrazione tra servizi veterinari e socioassistenziali; San Giovanni in Persiceto (BO) che eccelle grazie a servizi integrati, un forte attivismo civico e ordinanze comunali efficaci; Modena per l’investimento economico significativo e una regolamentazione urbana completa a tutela del benessere animale. Tra i Comuni sotto i 5mila abitanti, premiati Zocca (MO) e Campodolcino (SO) per i loro investimenti in educazione civica e in progetti sociali adattati al contesto rurale e montano. Tra le Asl più virtuose, invece, si distinguono Napoli 1, Bergamo e Vercelli, che oltre a fornire dati puntuali, integrano meglio i servizi sanitari con quelli offerti dai Comuni, operando con proattività. "Il XIV Rapporto di Animali in città - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - conferma che solo grazie a solide alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati è possibile garantire il benessere delle famiglie con animali d’affezione. Per questo chiediamo di promuovere ed agevolare la firma di 1.000 accordi o patti di comunità in tutto il Paese. È urgente rilanciare la sanità veterinaria pubblica di prossimità, obiettivo per cui chiediamo al governo di realizzare un piano nazionale a supporto delle Regioni che consenta l’assunzione stabile di 6mila veterinari e alle Regioni il raggiungimento complessivo di 1.000 strutture veterinarie pubbliche (850 tra canili sanitari e gattili sanitari e circa 150 ospedali veterinari pubblici), distribuite equamente sul territorio in rapporto alla popolazione servita. Inoltre, alle Amministrazioni comunali l'appello è di potenziare le aree verdi con libero accesso dedicate alle famiglie con cani, di valorizzare l’applicazione di regolamenti e ordinanze e rafforzare il senso civico grazie al supporto di 10mila guardie ambientali e zoofile delle associazioni di volontariato, per migliorare concretamente la qualità della vita di cittadini e animali”.