(Adnkronos) - "Il cervello umano è eccezionalmente complicato: 86 miliardi di neuroni, ognuno dei quali ha 10mila sinapsi e ognuno interagisce con l'altro", spiegano gli esperti. Leggere e codificare queste interazioni è la sfida delle sfide. Un team di scienziati l'ha raccolta e in un nuovo studio, i cui risultati sono riportati su 'Nature Neuroscience', ha esplorato uno dei fenomeni più misteriosi: come nasce un'illusione ottica. Cosa succede, cioè, nella mente umana quando vediamo e percepiamo un oggetto che non corrisponde all'input sensoriale che raggiunge i nostri occhi. Nel lavoro appena pubblicato i ricercatori dell'University of California Berkeley, in collaborazione con colleghi dell'Allen Institute, con l'aiuto di laser, hanno identificato il circuito neurale chiave e il tipo di cellula che svolgono un ruolo fondamentale nel rilevamento di queste illusioni, più specificamente i loro bordi esterni o 'contorni', e come funziona questo circuito. Gli esperti Hyeyoung Shin (ora in forze all'Università di Seul), Hillel Adesnik e il loro team hanno scoperto uno speciale gruppo di cellule chiamate neuroni 'IC-encoder', che dicono al cervello di vedere cose che in realtà non ci sono, come parte di un processo chiamato completamento di schemi ricorrenti. "Poiché i neuroni IC-encoder hanno questa capacità unica di guidare il completamento di schemi, pensiamo che possano avere una connettività specializzata che consente loro di ricreare questo schema in modo molto efficace", spiega Shin. "Sappiamo anche che ricevono input dalle aree visive superiori. La rappresentazione dell'illusione nasce prima nelle aree visive superiori e poi viene restituita alla corteccia visiva primaria; e quando quell'informazione viene restituita, viene ricevuta" proprio dagli IC-encoder nella corteccia visiva primaria. E' come se un manager ordinasse a un dipendente di livello base di completare un compito. In questo caso, l'istruzione consisterebbe nel vedere o percepire qualcosa che in realtà non c'è. Gli scienziati portano un esempio in cui l'input sensoriale è costituito da 4 figure nere simili a 'Pac-man', poste ai 4 angoli. I livelli superiori del cervello interpretano l'immagine come un quadrato bianco (lo spazio interno delimitato dai 4 pac-man) e poi dicono alla corteccia visiva di livello inferiore di 'vedere un quadrato', anche se lo stimolo visivo è costituito da 4 cerchi neri semi-completi. Shin, Adesnik e il loro team hanno fatto la scoperta osservando i modelli di attività elettrica cerebrale dei topi quando venivano mostrate loro immagini illusorie. Gli esperti hanno 'sparato' fasci di luce laser sui neuroni IC-encoder, in assenza di immagini illusorie. Quando ciò accadeva hanno notato che, anche in assenza di un'illusione, i neuroni innescavano gli stessi modelli di attività cerebrale che si verificano in presenza dell'immagine illusoria. Sono riusciti così a emulare la stessa attività cerebrale stimolando questi neuroni specializzati. I risultati gettano luce sul funzionamento del sistema visivo e della percezione nel cervello e hanno implicazioni per le malattie in cui questo sistema non funziona correttamente. "In alcune patologie si verificano modelli di attività anomali nel cervello, e nella schizofrenia questi sono correlati a rappresentazioni di oggetti che compaiono casualmente", afferma Jerome Lecoq, ricercatore associato all'Allen Institute. "Se non si comprende come si formano quegli oggetti e come un insieme collettivo di cellule lavora insieme per far emergere quelle rappresentazioni, non si sarà in grado di curare la malattia; quindi capire con quali cellule e in quale strato si verifica questa attività è utile", precisa. I ricercatori del programma 'OpenScope' dell'Allen Institute, che consente a scienziati esterni di proporre esperimenti realizzabili utilizzando gli strumenti e le attrezzature all'avanguardia dell'istituto, hanno condotto alcuni degli esperimenti che facevano parte di questo studio. "OpenScope ha fornito al team di Berkeley l'accesso a registrazioni elettrofisiologiche uniche che coprono l'intero cervello. Con 6 sonde distribuite in tutto il cervello, hanno potuto osservare i circuiti di feedback in azione con una risoluzione di millisecondi in tempo reale", racconta Lecoq. I risultati dello studio cambiano il paradigma della visione e della percezione, da un processo passivo in cui semplicemente riceviamo e 'assorbiamo' informazioni dal mondo che ci circonda a un processo attivo in cui la nostra percezione della realtà viene interpretata e costruita da una serie di complessi calcoli cerebrali che poi influenzano ciò che effettivamente vediamo. La nostra vista, osservano gli studiosi, è meno simile a una macchina fotografica, che si limita a vedere il mondo così com'è, e più simile invece a un monitor di computer che ci mostra una scena o un'immagine basata su calcoli complessi e interpretazioni di dati basati su esperienze passate. Quest'ultima ipotesi, concludono, implica che ci sia molto più spazio per negoziare o manipolare ciò che effettivamente 'percepiamo'.
(Adnkronos) - Direzione Lavoro Group spa, consolidata realtà nel mondo delle agenzie per il lavoro, entra a far parte del capitale sociale di New hr generation, agenzia per il lavoro. Con questa operazione nasce un gruppo con oltre 120milioni di fatturato consolidato e una presenza capillare garantita da più di 30 filiali distribuite su tutto il territorio nazionale. Le due aziende manterranno ciascuna il proprio brand, la propria struttura territoriale e la propria governance. La partnership nasce, soprattutto, dalla necessità di creare una sinergia fra le peculiarità di ciascuna azienda al fine di realizzare i progetti innovativi necessari per ricoprire un ruolo importante nel mondo delle risorse umane, in un momento storico di grandi cambiamenti e di un mercato del lavoro in continua evoluzione. La centralità delle persone, la valorizzazione del patrimonio umano, una leadership moderna, un approccio etico e responsabile nei confronti di collaboratori, clienti e stakeholder sono valori condivisi e alla base di questa nuova realtà. "Questa operazione - dichiara Massimiliano Aloi, ceo di Direzione Lavoro rappresenta un passo strategico nel percorso di sviluppo del nostro gruppo. Unendo competenze, valori e visione siamo certi di poter generare nuove opportunità di crescita sostenibile, ponendo al centro la qualità del servizio e l’attenzione alle persone". "La partnership con Direzione Lavoro - spiega Gianni Scaperrotta, amministratore unico di Nhrg - è frutto di una lunga collaborazione con questa realtà che per filosofia, posizionamento e organizzazione si sposa alla perfezione con il nostro progetto di crescita e soprattutto di innovazione. Siamo certi che questa unione si rivelerà una combinazione vincente sia per il nostro team sia per le aziende clienti".
(Adnkronos) - L’aumento del 5% della superficie alberata in città comporterebbe una riduzione degli inquinanti atmosferici tale da evitare circa 5mila morti premature all’anno. È quanto emerge da uno studio internazionale al quale ha partecipato Enea, condotto in 744 città di 36 Paesi europei, pubblicato su The Lancet Planetary Health e realizzato nell’ambito del progetto europeo Life Airfresh. Inoltre, la ricerca ha evidenziato che si potrebbero evitare fino a 12mila morti all’anno se ogni centro cittadino avesse una copertura arborea di almeno il 30%. “In ambito urbano polveri sottili, biossido di azoto e ozono sono tra gli inquinanti più pericolosi per la nostra salute e per quella degli ecosistemi. Entro il 2050, si stima che circa l’80% della popolazione europea risiederà in contesti urbani, accentuando la rilevanza di queste problematiche - spiega la coordinatrice del progetto per Enea Alessandra De Marco, responsabile del Laboratorio Impatti sul territorio e nei paesi in via di sviluppo - Aumentare la quantità di alberi in città permetterebbe di ottenere benefici simultanei come il miglioramento della qualità dell’aria, la mitigazione dell’effetto isola di calore estiva, la conservazione della biodiversità e, soprattutto, il benessere dei cittadini”. La Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Unece) raccomanda l’adozione della strategia del 3-30-300 che consiste nel raggiungimento di tre obiettivi specifici: 3 alberi visibili da ogni casa, scuola o luogo di lavoro, 30% di copertura arborea in ogni quartiere e 300 metri di distanza massima della propria abitazione da un parco o da spazio verde pubblico. Utilizzando un approccio integrato che combina dati ambientali e sanitari a livello europeo su un arco temporale di 20 anni (2000-2019), lo studio ha evidenziato che la copertura arborea media è cresciuta di appena 0,76 punti percentuali e che il 73,5% delle città analizzate ha registrato un incremento del verde. Parallelamente, la mortalità attribuibile all’inquinamento atmosferico è diminuita in media del 3,4%. Nel 2019, 130 città dei 744 centri urbani europei presi in esame (oltre 50 milioni di abitanti, pari a circa il 25% della popolazione di questi centri) avevano una copertura arborea media superiore al 30%. Attualmente, in Italia la copertura vegetale raggiunge il 30% solo a Napoli (32%), mentre a Milano e a Roma arriva, rispettivamente, al 9% e 24%. “Una copertura arborea urbana al 30%, come quella raggiunta da alcune città europee, potrebbe ridurre le morti premature del 9,4% da Pm2,5, del 7,2% da biossido di azoto e del 12,1% da ozono. Al contrario, abbattere la superficie alberata fino ad azzerarla comporterebbe un aumento della mortalità: +19,5% da Pm2,5 (circa 19mila morti premature in più ogni anno), +15% da biossido di azoto (oltre 5.200 in più) e +22,7% da ozono (circa 700 in più)”, sottolinea De Marco. I benefici del verde urbano non si fermano alla qualità dell’aria; gli alberi possono infatti ridurre la temperatura percepita, mitigando l’impatto delle ondate di calore come quella dell’estate 2022 che ha causato circa 62mila morti in Europa (+4%). La Strategia Ue sulla biodiversità al 2030 prevede l’impegno dei Paesi aderenti a piantare almeno 3 miliardi di alberi entro la fine del decennio per portare a un aumento significativo della copertura arborea media nelle città. “Per raggiungere questo obiettivo, i programmi di piantumazione dovrebbero interessare non solo gli spazi pubblici, ma anche, e soprattutto, quelli privati, come cortili residenziali, oltre alle aree periurbane. È fondamentale che urbanisti e amministratori vengano incoraggiati a integrare infrastrutture verdi urbane pensate su misura per i diversi contesti locali. Questo approccio dovrebbe essere accompagnato da politiche di riduzione delle emissioni e da interventi complementari, come i corridoi di aria fredda o i tetti verdi, per massimizzare i benefici in termini di salute pubblica e qualità della vita, con il risultato di città più sostenibili e resilienti ai cambiamenti climatici nel lungo termine”, conclude De Marco.