(Adnkronos) - Nel procurement dei materiali indiretti (Mro) in Italia è in atto una metamorfosi: le aziende investono su digitalizzazione, competenze e processi strutturati, mentre riconoscono all’ufficio acquisti un ruolo sempre più centrale nella governance. Il 74% delle imprese indica la digitalizzazione del processo d’acquisto come priorità, il 67% identifica l’ufficio acquisti come referente principale per gli approvvigionamenti Mro e l’81% stipula accordi di lungo periodo. Il tutto in un contesto che resta sfidante: il 72% segnala la riduzione dei budget operativi, il 61% quella dei budget Mro e il 42% lamenta scarsa visibilità dei fabbisogni e della spesa complessiva. Questo, in sintesi, il quadro che emerge dalla ricerca 'Il procurement dei materiali indiretti in Italia 2025', quarta edizione dell’indagine sui processi di acquisto degli Mro promossa da Rs Italia e Adaci-Associazione italiana acquisti e supply management), in collaborazione con l’Università europea di Roma. "Il procurement Mro -spiega Massimiliano Rottoli, managing director di Rs Italia- si allontana sempre più da un passato che l’ha visto relegato a ruolo periferico per affermarsi come leva per efficienza, resilienza e sostenibilità. I dati mostrano una funzione acquisti più integrata, digitale e capace di creare valore oltre il mero saving, con metriche come il cost avoidance e obiettivi Esg sempre più presenti. Come partner della filiera, il nostro impegno è aiutare le aziende a superare vincoli, sfide e pressioni, per trasformare questi segnali in risultati misurabili, semplificando la complessità e accelerando l’adozione di tecnologie e best practice". L’indagine, condotta tra aprile e agosto 2025, conferma segnali concreti di maturazione organizzativa, ed evidenzia un peso della spesa Mro non trascurabile: oltre il 55% delle aziende destina in media dal 3 al 20% del budget totale a questa categoria, mentre circa il 6% supera il 35%. Pressioni e criticità restano rilevanti. Oltre ai vincoli di costo, la quantificazione dei fabbisogni è complicata dalla numerosità dei codici prodotto (71%), dalla gestione di emergenze come rotture e fermi macchina (55%) e da collaborazioni interfunzionali non sempre efficaci (55%). La razionalizzazione è frenata da procedure non chiare (57%) e dall’eccessiva eterogeneità degli asset (52%). Per reagire, le imprese indicano tre leve prioritarie: digitalizzare i processi (74%), ridurre e razionalizzare la base fornitori (64%) e rafforzare le competenze dell’ufficio acquisti (58%). "I dati quest’anno restituiscono un quadro di crescente maturità nella gestione degli acquisti indiretti e, nonostante le sfide di budget e discontinuità operative, emergono segnali incoraggianti: il 67% delle imprese riconosce un ruolo strategico agli acquisti, il 74% investe nella digitalizzazione e il 58% punta sulla formazione -evidenzia Emanuela Delbufalo, professore ordinario di Economia e Gestione delle imprese dell'Università europea di Roma-. La tecnologia mostra un grande potenziale trasformativo, mentre l'Ai è percepita come leva chiave futura. Questi risultati raccontano un cambiamento che richiede investimenti mirati e visione sistemica, e che la ricerca accademica può e deve accompagnare offrendo strumenti analitici, evidenze empiriche e modelli interpretativi utili per orientare le decisioni". L’indagine mostra come le competenze tecniche (in particolare l’analisi dei dati) siano indispensabili per una corretta raccolta e gestione dei fabbisogni. Il 59% utilizza i fabbisogni generati dai sistemi informativi aziendali, il 56% analizza lo storico ordini e il 46% impiega rendiconti e carte di controllo. Tuttavia, il 42% dichiara di non adottare metodi strutturati, procedendo per stime. Sul versante delle relazioni di fornitura, la maggioranza diversifica i canali ma consolida i rapporti: l’81% stipula accordi di lungo periodo; restano però logiche fortemente orientate al prezzo, con il 72% degli accordi prevalentemente price-based, il 62% che mette i fornitori in concorrenza e solo il 26% che si affida a un unico fornitore per l’Mro. Anche la posizione dell’ufficio acquisti si rafforza: nel 40,3% dei casi riporta direttamente alla governance, nel 25,4% è a un solo livello, ed entra più spesso nella pianificazione e definizione dei fabbisogni (20,9%). La digitalizzazione dei processi è già un fattore chiave per gli acquisti indiretti, che può aiutare le imprese a gestire in modo più accurato i fabbisogni di MRO e a prevenire situazioni emergenziali. Ampia la diffusione di sistemi informativi integrati (73%) ed e-procurement (60%). Più contenuto l’uso di soluzioni avanzate: IIoT (17%), cloud (19%) e intelligenza artificiale/big data (20%). La digitalizzazione è più spinta nelle fasi di fatturazione (77%), quotazione prezzi (66%), invio delle offerte (61%) e order tracking (61%). Guardando invece alle barriere all’adozione, si evidenzia la mancanza di un investimento strategico dedicato (64%) e il processo d’acquisto viene ancora percepito come area 'non core' (60%). Tra le aziende più evolute emergono sfide di integrazione con i partner (60%) e di qualità/aggiornamento dei dati (52%). Come già visto, nel contesto degli Mro emerge una tendenza a diversificare i canali di fornitura, costruendo però con essi relazioni di lungo periodo. Tuttavia, solo il 50% del campione afferma di trovare presso i propri fornitori cataloghi digitali ampi e aggiornati, e un numero ancora più ridotto (37%) dichiara di coinvolgere abitualmente i fornitori di Mro nei propri processi decisionali. Tra i criteri di scelta, emergono con forza elementi di sostenibilità e servizio: il 55% premia fornitori certificati e socialmente responsabili, il 64% privilegia packaging sostenibili e fornitori locali, il 54% l’uso di rinnovabili; il 67% apprezza il consolidamento degli ordini per ridurre le spedizioni e il 70% i servizi a valore aggiunto. Le qualità più richieste sono disponibilità (88%), affidabilità (87%), puntualità (85%) e prezzo (83%). Il vendor-managed inventory è ancora poco diffuso (29,9%), ma dove adottato porta benefici tangibili: maggiore disponibilità dei prodotti (43%), minore complessità di gestione (41%) e più efficienza (40%). Guardando alle ragioni che limitano la diffusione di approcci strategici e collaborativi, si evidenziano la diffidenza della governance (64%), i costi fissi da ammortizzare (61%), il timore di perdita di efficienza (52%) e la paura di aumentare la dipendenza da un solo fornitore, con conseguente incremento degli switching costs (60%). Capitolo a parte per l’Intelligenza artificiale, tecnologia alla quale l’indagine 2025 dedica per la prima volta un focus specifico. Esiste una strategia di adozione nel 19,4% delle imprese, mentre il 26,9% è in fase di valutazione; l’uso avanzato e integrato riguarda il 10,4% e un ulteriore 20,9% applica l’Ia ad attività specifiche (es. analisi dati). Gli ambiti più promettenti per il breve-medio periodo sono previsione della domanda e gestione scorte (60%), automazione e digitalizzazione dei pagamenti (58%) e misurazione dell’impatto ambientale dei processi (51%). Tra le principali barriere, spiccano la difficile integrazione con i sistemi esistenti (71%), resistenza culturale (64%) e la necessità di sviluppare competenze interne (50%). Il quadro che emerge rivela dunque un'evoluzione significativa della funzione acquisti nelle imprese italiane. L'ufficio acquisti si afferma come referente principale per gli approvvigionamenti Mro nel 67% delle aziende, con procedure sempre più formalizzate e, in alcuni casi, tramite budget di reparto con voci dedicate agli Mro (54%). La maturazione della funzione si riflette nell'adozione di logiche strategiche avanzate: il 43% applica criteri di total cost of ownership e il 42% utilizza logiche di portfolio. Importante il cambio di paradigma nella valutazione: il 56% considera non solo il cost saving ma anche il cost avoidance. La maggior parte delle imprese conferma la crescita qualitativa, giudicando positivamente capacità di aggregazione (60%), razionalizzazione della spesa (62%) e qualità del servizio (65%). Il 51% partecipa a team interfunzionali, evidenziando maggiore integrazione aziendale. Guardando invece alle sfide future, le aziende si concentrano su gestione dei rischi nella supply chain (79%), sul controllo dell'inflazione (77%) e su investimenti tecnologici (75%). "Accogliamo con grande piacere questa quarta ricerca sul procurement Mro, ormai tassello fondamentale nell'evoluzione della funzione acquisti in Italia -afferma Fabrizio Santini, presidente Adaci-. I dati confermano che una metamorfosi è in atto, e le imprese stanno investendo nella qualificazione del personale, riconoscendo all'ufficio acquisti un ruolo strategico. È attraverso la formazione continua che abilitiamo questa trasformazione. Adaci continua a promuovere iniziative di aggiornamento perché solo con professionisti preparati costruiamo un procurement moderno e capace di generare innovazione, sostenibilità, valore".
(Adnkronos) - Una buona idea e un pitch accattivante non bastano più per attrarre investimenti. In un ecosistema sempre più competitivo, oggi gli investitori richiedono soprattutto preparazione, tenacia e trasparenza. A sostenerlo è Nova Ventures, il polo italiano composto da oltre 1000 piccoli investitori raccolti negli anni, che punta su startup in fase pre-seed con un approccio selettivo e quasi chirurgico: al centro, le persone. Ma non tutte. "Troppi founder pensano che basti raccogliere qualche decina di migliaia di euro per considerarsi imprenditori. Non è così. E' necessario prima di tutto saper gestire quel denaro, ma anche coltivare e mantenere vivo il legame con chi ha creduto in te. Purtroppo, l’amara verità è che tanti, una volta chiuso il primo round, spariscono letteralmente dai radar", racconta Lorenzo Ferrara, ceo di Nova Ventures. "Fortunatamente - sottolinea - nella nostra storia di oltre 50 investimenti, abbiamo avuto un solo caso simile perché siamo molto selettivi nella scelta delle startup, ma so che questo comportamento è diffuso e, oltre a minare la fiducia degli investitori, rovina la credibilità di un intero ecosistema". Il messaggio è chiaro: serve una nuova generazione di imprenditori in grado di far crescere il Paese con tenacia, preparazione e onestà. Nova Ventures nasce proprio per rispondere a questa esigenza: selezionare, formare e accompagnare solo quelle startup che dimostrano da subito una maturità imprenditoriale reale. "Non ci serve - avverte Ferrara - l’ennesima idea brillante: cerchiamo founder capaci di costruire una macchina operativa che funzioni, anche prima di avere il prodotto sul mercato". "A volte - fa notare - capita che le startup si trovino in difficoltà. Non c’è nulla di cui vergognarsi, fa parte del gioco. Ma nascondersi non è mai la risposta. Abbiamo già affrontato situazioni in cui un confronto tempestivo con i founder ha permesso di salvare realtà promettenti. In questi casi, gli investitori possono rappresentare una risorsa, un aiuto concreto nelle emergenze. Avere una base di oltre 1000 soci ci consente di attivare rapidamente una massa critica attenta e motivata a tutelare la startup e il proprio investimento". Il portfolio attuale di Nova Ventures è la dimostrazione di questa filosofia: oltre 20 startup nate con una visione solida e strutturata, capaci di parlare con i numeri già nei primi mesi e costruire fiducia giorno per giorno. Non promesse, ma progressi. Vale la pena ricordare che in 10 anni di attività, i fondatori di Nova Ventures (Seed Money e Open Seed) hanno collezionato anche diverse exit come Premoneo, Corobotics, CleanBnB, Genuino, Gasgas, Fitprime, Cupsolidale e altri, dando prova di grande lungimiranza e capacità di scelta. Secondo Tommaso Baldissera Pacchetti, founder e ceo di Crowdfundme, "uno dei problemi che ultimamente ha segnato l’ecosistema italiano è stato proprio la scarsa accountability. In Italia abbiamo investitori insoddisfatti perché troppi founder hanno dimostrato poco senso di responsabilità. Come piattaforma di crowdfunding, da sempre facciamo sottoscrivere alle aziende in raccolta un documento in cui si impegnano a inviare aggiornamenti trimestrali a tutti gli investitori. Siamo molto intransigenti su questo punto perché onestà, trasparenza e puntualità nelle comunicazioni sono alla base di un patto reciproco di fiducia. Oggi, chi vuole fondare una startup deve partire con lo stesso rigore con cui si gestisce una società quotata, nel pieno rispetto di chi ti ha dato fiducia e capitali". L’obiettivo di Nova Ventures è contribuire alla crescita di un nuovo modello di founder: preparato, credibile, etico. "Puntiamo- afferma Ferrara - su founder con caratteristiche precise: sognatori sì, ma anche professionisti dell’innovazione. Perché l’intuizione non basta, bisogna studiare. I founder che vogliono crescere e giocare in mercati internazionali devono partire con la freddezza di un analista e la determinazione di un maratoneta. L’epoca dei pitch pieni di buzzword e delle exit sognate al primo anno è finita. Il mercato premia chi ha i piedi per terra, la testa lucida e la capacità di meritarsi ogni centesimo raccolto. Sono queste le regole del gioco". Per sostenere l’innovazione italiana e puntare su startup che hanno questi requisiti, Nova Ventures ha in corso una campagna su crowdfundme. I fondi raccolti verranno investiti in giovani aziende che operano in quattro verticali ben definiti e dall’elevato ritorno economico: proptech, creative Ia, lifetech, impact investing.
(Adnkronos) - Padova Congress rafforza il proprio impegno per la sostenibilità aderendo al progetto Food for Good, l’iniziativa nazionale promossa da Federcongressi&eventi in collaborazione con le onlus Banco Alimentare e Equoevento, finalizzata al recupero e alla redistribuzione delle eccedenze alimentari generate durante i congressi e gli eventi. Il progetto verrà sperimentato per la prima volta in occasione del 55° congresso Sin - Società italiana di neurologia, in programma dal 24 al 28 ottobre, che vedrà la partecipazione di 4mila congressisti, fra cui 2mila specialisti, in arrivo da tutto il territorio nazionale. L’iniziativa verrà poi proposta in occasione di tutti gli eventi ospitati. Grazie a questa adesione, le eccedenze provenienti dal catering verranno raccolte in sicurezza - e nel rispetto della normativa vigente - dai volontari del Banco alimentare per poi essere consegnate alle vicine cucine economiche popolari, contribuendo concretamente alla lotta contro lo spreco alimentare. L’iniziativa - che a livello nazionale dal 2015 ha consentito il recupero di 230mila piatti pronti e 12,5 mila tonnellate di pane e frutta - si inserisce nel più ampio percorso di responsabilità sociale e ambientale intrapreso da Padova Hall, società che gestisce il quartiere fieristico di Padova e il centro congressi. L’iniziativa, che verrà proposta in occasione di tutti i congressi ospitati, si inserisce in continuità con l’iniziativa child care, dedicata a promuovere l’inclusione e la conciliazione, favorendo la partecipazione agli eventi dei congressisti con figli. "ll settore congressuale è un settore capace di generare valore non solo economico, ma anche sociale e ambientale: a partire da questa visione, condivisa con Federcongressi, abbiamo scelto di lanciare un progetto che coniuga solidarietà, sostenibilità e comunità", spiega Stefania De Toni, responsabile di Padova Congress. Alla scelta di Padova Congress di aderire a Food for Good si affianca quella della segreteria organizzativa del congresso Sin di impegnarsi per la riduzione del consumo di carta - in coerenza con uno dei Sustainable Development Goals della società - privilegiando il formato digitale per la condivisione della documentazione congressuale. "Siamo soddisfatti che il progetto Food for Good venga sperimentato a Padova per la prima volta in occasione del Congresso della Società Italiana di Neurologia, perché questa iniziativa si unisce al costante impegno della SIN nel ridurre l’impatto ambientale e promuovere la sostenibilità dei propri eventi. In un’ottica One Health, siamo infatti fortemente convinti che la salute del cervello e il benessere delle persone passino anche dal rispetto dell’ambiente", osserva il Professor Maurizio Corbetta, presidente del Congresso.