INFORMAZIONIMassimo Pacassoni |
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(Adnkronos) - Mentre si prepara al ritorno di due delle sue serie più riconoscibili, Winx Club e Mermaid Magic, Rainbow compie compie un passo strategico destinato a ridisegnare il perimetro dell’intrattenimento per ragazzi in Italia: l’acquisizione di Geronimo Stilton, uno dei personaggi più amati della narrativa per l’infanzia a livello globale. Un’operazione che va oltre l’editoria e rafforza il progetto di Rainbow come unico grande polo italiano integrato, capace di sviluppare universi narrativi tra libri, animazione, cinema, contenuti digitali ed esperienze dal vivo. L'Adnkronos ne ha parlato con Iginio Straffi, fondatore e ceo del gruppo. Come nasce l’acquisizione di Geronimo Stilton? È una grande eccellenza italiana. È un personaggio che ha formato l’immaginario di milioni di bambini in tutto il mondo e che condivide con Rainbow una base di valori molto forte: curiosità, positività, inclusione, desiderio di conoscenza. L’operazione nasce da una visione che portiamo avanti da anni: consolidare un grande polo di produzione di contenuti dall’Italia per il mondo, valorizzando IP (proprietà intellettuale) che hanno già dimostrato di funzionare nel tempo. Quando Elisabetta Dami e Pietro Marietti hanno iniziato a cercare un partner a cui affidare il futuro di Geronimo, ci è sembrato naturale proporci e raccogliere questo testimone”. Cosa cambia concretamente per Geronimo Stilton con l’ingresso in Rainbow? “Da gennaio inizieremo a lavorare su un piano di sviluppo a 360 gradi. Ci concentreremo subito sui contenuti digitali e social, un’area che finora era stata meno presidiata, ma allo stesso tempo stiamo ragionando su un grande progetto audiovisivo: una serie o un film pensato come evento. Il nostro approccio è sempre integrato: il contenuto audiovisivo dialoga con i libri, con il gioco, con il licensing. L’obiettivo è amplificare la conoscenza del personaggio senza tradirne lo spirito”. Geronimo nasce come fenomeno editoriale. Quanto conta per voi la dimensione educativa? “Conta moltissimo. Geronimo non è un personaggio che impone modelli, ma che accompagna. È percepito dai bambini come un amico autorevole, e questo lo rende speciale. Rainbow ha sempre lavorato su storie capaci di intrattenere ma anche di trasmettere valori. In questo senso Geronimo è perfettamente in linea con il nostro dna. La sfida è farlo crescere su nuovi media mantenendo intatta questa relazione di fiducia con i giovani lettori e spettatori”. Rainbow è oggi l’unica realtà italiana realmente integrata nell’intrattenimento per bambini e ragazzi. È una scelta industriale precisa? “Sì. Siamo un gruppo 100% italiano che opera però con una visione globale. Produciamo animazione, live action, cinema, contenuti per le piattaforme, spettacoli dal vivo, esperienze immersive. Abbiamo Rainbow, Colorado Film, Bardel in Canada. Questa integrazione ci permette di accompagnare un IP lungo tutto il suo ciclo di vita. È un modello che in Italia non esisteva e che stiamo costruendo pezzo dopo pezzo”. Il rapporto con le piattaforme resta centrale, a partire da Netflix. Come evolve questo equilibrio? “Con Netflix abbiamo un rapporto eccellente, che dura da molti anni. Abbiamo prodotto originali importanti sia per l’infanzia sia in quello che si chiama ‘live action’. Ma il nostro piano è necessariamente più ampio: lavoriamo anche con altri broadcaster e piattaforme, perché la quantità e la varietà dei contenuti che produciamo richiede una pluralità di partner. È un mercato in continuo movimento e bisogna saper essere flessibili”. Continuate a investire anche nel cinema. Le sale hanno ancora un futuro? “Sì, ma con un ruolo diverso. Le sale resteranno centrali per i film evento e per determinate esperienze. Alcuni linguaggi funzionano meglio sul piccolo schermo o addirittura sullo smartphone, altri hanno bisogno dell’esperienza collettiva della sala. Credo che il futuro sarà sempre più selettivo, ma il cinema non scomparirà”. Un altro pilastro è il mondo delle esperienze dal vivo: parchi divertimento, spettacoli, tour. Il futuro prossimo sembrano essere i format immersivi, con scenografie avvolgenti, tecnologie digitali, suoni, luci e interazioni che trasformano lo spazio in un ambiente narrativo. “Per le famiglie l’esperienza dal vivo è fondamentale. Non si può stare sempre davanti a uno schermo. Uno spettacolo, un evento immersivo, crea un’emozione fisica, condivisa, che nessun altro mezzo può replicare. È un po’ quello che succede con i concerti nella musica. A ottobre dell’anno prossimo partirà un nuovo spettacolo e stiamo lavorando su esperienze immersive itineranti, in collaborazione con partner internazionali. È un settore in forte crescita”. Per due tra le sue serie più di successo, Winx Club e Mermaid Magic, in molti aspettano le nuove stagioni. Le sirene, quando uscirono ad agosto 2024, arrivarono al primo posto su Netflix in oltre 50 paesi. Ci può anticipare quando si potranno vedere i nuovi episodi? Ci stiamo lavorando ma non dipende solo da noi: Netflix programma le uscite anche in virtù di quanto accade nel resto del mondo, di quali titoli arrivano dagli Stati Uniti o dalla Corea. Diciamo che da parte nostra siamo pronti a far tornare le Winx a settembre 2026 e le sirene entro la fine dell’anno. Guardando avanti, qual è l’obiettivo strategico di Rainbow? “Continuare a consolidare eccellenze. A volte acquistiamo studi, altre volte IP, perché sappiamo che un personaggio che ha già attraversato il tempo ha un valore enorme. Geronimo Stilton va esattamente in questa direzione. Vogliamo dimostrare che dall’Italia si possono costruire universi narrativi globali, solidi, capaci di parlare a più generazioni e su più piattaforme”. (di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Panettoni, cioccolatini, biscotti e snack confezionati vengono prodotti in grandi quantità durante il periodo festivo per rispondere a una domanda concentrata in poche settimane, ma una parte consistente di questi prodotti resta invenduta. Dietro l’apparente successo delle vendite natalizie si nasconde infatti un tema strutturale: l’invenduto alimentare rappresenta un costo concreto per la filiera, con ricadute economiche e ambientali che coinvolgono produttori, distributori e retailer. Il fenomeno assume dimensioni globali: secondo uno studio di Ecr Retail Loss, organismo internazionale di ricerca nel settore della distribuzione e del retail, ogni anno oltre un miliardo di tonnellate di cibo viene sprecato, generando costi stimati superiori ai 90 miliardi di euro lungo la catena del valore. Un impatto che incide direttamente sulla redditività: se i retailer riuscissero anche solo a dimezzare questi costi nascosti nei propri conti economici, la maggior parte potrebbe incrementare i profitti di oltre il 20%. Nel settore dolciario, la concentrazione produttiva di dicembre amplifica ulteriormente la pressione: prodotti perfettamente idonei al consumo rimangono invenduti, generando costi aggiuntivi per sconti, redistribuzione, smaltimento e logistica, che possono arrivare fino all’1,8% del fatturato. A questo si aggiungono immobilizzazioni di capitale e inefficienze operative che pesano sulla redditività complessiva, oltre all’impatto ambientale legato al consumo di risorse, alle emissioni e alla gestione dei rifiuti. In questo scenario, appare chiaro come la gestione delle eccedenze non sia un tema marginale, ma una leva strategica per la competitività delle aziende della filiera alimentare. Sempre più operatori stanno adottando modelli industriali strutturati per affrontare il problema in modo continuativo e non emergenziale. Tra queste realtà si inserisce Regardia, player di riferimento in Italia nella circular economy, che opera nel recupero degli ex-prodotti alimentari trasformandoli in risorse utili attraverso processi industriali dedicati. Grazie a questo modello, più di 165.000 tonnellate all’anno di surplus alimentare e concentrato solubile di frumento vengono mediamente preservate nella filiera dei mangimi, evitando lo spreco di risorse ancora valorizzabili. Le eccedenze, anziché essere destinate allo smaltimento, vengono così selezionate, trattate e reintrodotte nel ciclo produttivo come materie prime per la mangimistica e come matrici per bioenergie, riducendo il ricorso a risorse vergini e alleggerendo i costi logistici e ambientali dell’invenduto. L’approccio consente alle aziende di ridurre le perdite economiche legate allo stock fermo, limitare i costi di gestione e trasformare un problema operativo in una risorsa gestibile e misurabile. “Oggi - spiega Paolo Fabbricatore, Group ceo di Regardia - il vero tema non è più se gestire l’invenduto, ma come farlo in modo strategico. Ogni prodotto fermo in magazzino rappresenta un costo finanziario, un rischio operativo e una perdita di valore. Approcci strutturati permettono di ribaltare questa logica: trasformare l’eccedenza in opportunità concreta genera benefici economici e ambientali lungo tutta la filiera. Ridurre gli sprechi significa intervenire direttamente sui margini, sull’efficienza operativa e sulla solidità del business”. La portata del tema diventa ancora più evidente se si confronta l’incidenza dell’invenduto con le dimensioni complessive del mercato dolciario globale. Secondo il report Confectionery Worldwide 2025 di Statista, il comparto genera 531 miliardi di euro di fatturato annuo, con i prodotti da forno e pasticceria come principale categoria, seguiti da cioccolato, dolciumi e gelati. L’Europa occidentale rappresenta circa un terzo del mercato mondiale, davanti al Nord America (22%) e all’Asia-Pacifico (14%). In un settore di questa scala, anche piccole percentuali di eccedenze hanno un impatto economico significativo, moltiplicandosi lungo tutta la filiera. Il divario tra il valore complessivo del mercato e i costi nascosti legati all’invenduto rende evidente come la gestione delle eccedenze non sia una questione marginale, ma un elemento strutturale dell’equilibrio del settore. In questo scenario, adottare modelli efficienti e sostenibili significa non solo ridurre gli sprechi, ma rafforzare la competitività e la resilienza dell’intera filiera. In risposta a questa sfida, le aziende stanno adottando strategie strutturate per recuperare valore dall’invenduto, trasformando eccedenze che altrimenti rappresenterebbero un costo in opportunità concrete per la filiera. La gestione intelligente dell’invenduto non riguarda più solo la riduzione dello spreco, ma si sta evolvendo in approcci integrati che combinano efficienza operativa, sostenibilità e innovazione. Tra i principali trend emergenti si possono individuare i seguenti aspetti. Mangimistica animale: i prodotti dolciari invenduti vengono selezionati e trasformati in ingredienti sicuri e nutrienti per mangimi, contribuendo a ridurre i costi delle materie prime e l’impatto ambientale della filiera. Donazioni a enti benefici: le eccedenze alimentari vengono ridistribuite a organizzazioni caritative, offrendo un vantaggio sociale e riducendo sprechi e costi di smaltimento. Reimmissione sul mercato: alcune aziende utilizzano canali alternativi come outlet o promozioni dedicate, trasformando i prodotti invenduti in vendite aggiuntive senza intaccare il prezzo pieno. Trasformazione in nuovi prodotti o ingredienti secondari: l’invenduto può essere convertito in nuove linee di prodotti o materie prime per altre produzioni, valorizzando risorse altrimenti perse. Conversione in compost o bioenergie: gli scarti non utilizzabili a fini alimentari e non declassabili ad uso zootecnico possono essere destinati a produzione di compost o energia rinnovabile, chiudendo il cerchio della circolarità e riducendo l’impatto ambientale complessivo.
(Adnkronos) - "Dall'inizio di quest'anno c'è l'obbligo di introduzione del 25% di riciclato nelle bottiglie, quindi andiamo a toccare con mano e abbiamo toccato con mano dal vivo in questo 2025 che cosa vuol dire obbligare qualcuno a mettere del riciclato". Queste le parole di Corrado Dentis presidente Coripet, il consorzio autonomo, volontario che opera nella raccolta e nell'avvio a riciclo dei contenitori per liquidi in Pet, intervenendo alla Conferenza Nazionale Industria del Riciclo 2025, promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con Conai e Pianeta2030, con il patrocinio di Mase e Commissione Europea. "Abbiamo dato il 25% di riciclato, quello che è obbligatorio per legge, a tutti i consorziati produttori – prosegue Dentis – quindi rispettano gli obblighi normativi. Questo l'abbiamo fatto grazie ad una catena di custodia che parte dalla raccolta e segue tutta la filiera fino alla consegna ai soci di un Pet riciclato di altissima qualità, qualitativamente elevato. Abbiamo condotto in questi anni assieme all'Università Federico II di Napoli uno studio completo su più di mille campionature effettuate su tutta la filiera. La capacità di produzione del polimero in estremo oriente è 12 volte superiore a quella di tutta l'Europa. Quindi abbiamo dimensioni e dinamiche non comparabili. Siamo riusciti, ciononostante, attraverso questo nuovo modello, a garantire i presupposti per ottemperare alla legge, dando ai nostri soci un polimero, peraltro, a condizioni economiche estremamente stabili, che è tracciato made in Italy (dalla raccolta alla produzione) e rispetta perciò anche le norme che prevedono l’obbligo di utilizzo di E-Pet europeo”. “Il nostro modello riguarda più del 40% dell’immesso a consumo e auspichiamo che anche tutti gli altri produttori sposino il modello Coripet. Ma al momento la restante quota di mercato, approfittando di un vuoto normativo privo di sanzioni, non rispetta gli obblighi, continuando ad usare il Pet vergine di importazione, favorito da un prezzo più basso. Questo è un qualcosa che va colmato a stretto giro, anche perché la concorrenza, quella che arriva dalla Cina, riguarda sia il polimero vergine che sui polimeri riciclati”.