INFORMAZIONIMarco Alboni |
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(Adnkronos) - L'attesa è finita. Questa notte andrà in scena l'incontro di boxe più atteso dell'anno: Mike Tyson contro Jake Paul. Tyson, 58 anni, torna sul ring dopo essersi ritirato nel 2005 all'età di 39 anni, mentre Paul riprende i guantoni dopo essersi affermato principalmente come youtuber. La tensione tra i due è cresciuta nella notte, quando Tyson ha rifilato un ceffone a Paul, che intenzionalmente gli aveva pestato un piede al momento della pesatura. Soltanto l'intervento dei rispettivi staff ha evitato che la situazione degenerasse. "Adesso è una questione personale, deve morire", ha detto lo youtuber, che nei mesi scorsi si era augurato di vedere "il vecchio Mike". Il match tra Tyson e Paul andrà in scena nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 novembre al AT&T Stadium di Arlington, in Texas, e sarà trasmesso in diretta esclusiva da Netflix. L'incontro sarà visibile quindi sia sulla piattaforma streaming che attraverso smart tv. La diretta inizierà verso le 2 ora italiana, con la campana che risuonerà verso le 4 del mattino. Ma quanto guadagneranno i due pugili dall'incontro? Jake Paul, l'ideatore, intascherà ben 40 milioni di dollari, mentre Mike Tyson la metà, 20. Il costo dei biglietti va tra i 37 ai 50mila dollari per le prime file, con suites a bordo ring che permetteranno di godersi l’evento a pochi metri di distanza dai protagonisti (messe in vendita per i vip a 2 milioni di dollari). Altre curiosità? La prima, che avvolge di fascino l’evento, è sicuramente il ritorno del 58enne Tyson sul ring 19 anni dopo l’ultima volta. Non solo: Paul, che ha un record di 9 vittorie e un ko, non è mai andato al tappeto e ha aumentato il suo peso di 14 chili per l’occasione. Tyson, che non combatte da un po’, aveva invece collezionato nella sua carriera 50 vittorie (44 di queste per ko) e 6 sconfitte. Numeri che hanno portato la commissione pugilistica del Texas a decidere per alcune modifiche al regolamento: ci saranno intanto guanti più pesanti, da 14 once, per alleggerire i colpi. E poi 8 round da 2 minuti, per rendere il confronto meno duro dal punto di vista fisico.
(Adnkronos) - Se le famiglie italiane potessero fruire di un credito d’imposta al 50% da applicare alla spesa sostenuta per colf, badanti e baby sitter avrebbero la possibilità di dimezzare i costi ed il tasso di irregolarità nel settore potrebbe passare dal 54% attuale, al 21%, con la conseguente emersione di circa 460mila lavoratori in nero. La misura, già sperimentata con successo in Francia, è stata analizzata dall’Ufficio Studi di Assindatcolf nel Rapporto 2024 'Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico', progetto editoriale in partnership con Censis, Effe, Centro Studi e Ricerche Idos e Fondazione studi consulenti del lavoro, presentato all’Auditorium dell’Ara Pacis. Per comprendere le ricadute economiche della misura si è preso l’esempio più emblematico, quanto comune, la badante assunta per assistere una persona non autosufficiente a tempo pieno ed in regime di convivenza. Per questa figura una famiglia deve prevedere un budget annuale di 16.300 euro (tra retribuzione, ferie, tredicesima e Tfr), a cui si aggiungono 2.550 euro di contributi. Applicando un eventuale credito di imposta al 50% si avrebbe uno ‘sconto’ di ben 9.425 euro, sul totale di 18.850 euro. Secondo le ipotesi formulate da Assindatcolf, la nuova misura dovrebbe essere accompagnata dall’eliminazione dell’attuale deduzione contributiva per lavoro domestico pari ad un massimo di 1.549,37 euro l’anno e dal raddoppio degli oneri contributivi. Il costo per lo Stato stimato sarebbe di 7,8 miliardi ma considerati i benefici diretti che deriverebbero dall’emersione di una quota significativa di occupati irregolari e da nuova domanda di mercato, il costo scenderebbe a 3,3 miliardi. Aggiungendo anche gli effetti indiretti che deriverebbero dai maggiori consumi che le famiglie potrebbero sostenere e dal gettito contributivo e fiscale derivante dalla potenziale nuova occupazione dei caregiver familiari in altri lavori, il costo netto della misura scenderebbe a 2,6 miliardi. Nello studio non è considerato l’effetto derivante dalla riduzione del costo del sommerso, in un settore in cui il tasso di irregolarità attuale è stimabile al 55,3% (media tasso degli ultimi 5 anni 2017-2021). Con la nuova misura questo potrebbe scendere al 21%, facendo emergere circa 460mila lavoratori oggi irregolari su 765 mila stimati (in totale 1 milione e 384mila occupati, tra regolari e non). Infine i costi, oggi il sommerso pesa sulle casse dello Stato per circa 2,4 miliardi di euro l’anno, tra mancato gettito contributivo (1,5 mld) ed evasione Irpef (904 mln). Con l’introduzione del credito di imposta al 50% potrebbe arrivare a 959 milioni (361 mln di evasione Irpef e 598 mila di evasione contributiva). “La storica battaglia di Assindatcolf - dichiara il presidente dell’Associazione Andrea Zini - è sempre stata quella di far ottenere alle famiglie la deduzione dell’intero costo sostenuto per il personale domestico. Tuttavia, nel corso di questi ultimi anni la situazione economica del Paese è andata peggiorando e questo ha reso sempre più inaccessibile il ricorso all’assistenza in casa, soprattutto per la non autosufficienza. Questo rende necessario un ripensamento del sistema fiscale, per risolvere non solo il problema dei costi ma anche quello del lavoro sommerso. Risultati che potrebbero essere raggiunti con l’introduzione del credito di imposta, uno strumento in grado di raggiungere una platea più ampia della deducibilità ed in modo più equo”.
(Adnkronos) - Per raggiungere gli obiettivi Pnrr occorre valorizzare il più possibile i sottoprodotti di origine agricola e la raccolta della frazione organica (Forsu). Servono per questo misure di semplificazione e snellimento amministrativo che consentano al maggior numero di operatori di cogliere questa importante opportunità di sviluppo. A ciò si affianca la necessità di nuove misure urgenti che favoriscano l’accesso alla rete di distribuzione del biometano prodotto e incrementino il quantitativo di frazione organica raccolta. Sono queste le linee guida per lo sviluppo della filiera del biometano in Italia tracciate dalla Piattaforma Tecnologica Nazionale del Biometano coordinata dal Cic - Consorzio Italiano Compostatori e dal Cib - Consorzio Italiano Biogas nel corso del convegno 'Piattaforma Biometano - le prospettive e le azioni per lo sviluppo del biometano: Pnrr e oltre', svoltosi il 6 novembre a Ecomondo. L’evento ha messo in evidenza il ruolo cruciale delle infrastrutture e dei processi burocratici all’effettiva realizzazione degli impianti per la produzione di biometano ed è stato anche un'occasione per fare il punto sui risultati ottenuti dai bandi del progetto biometano previsto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). In particolare, nell’ultimo bando sono stati ammessi 139 progetti, per una capacità produttiva totale superiore a 62.330 Smc/h, pari a circa 500 milioni di mc l’anno. Un percorso non privo di difficoltà, che, dopo i ritardi accumulati nei primi due bandi dei mesi scorsi, registra oggi una maggiore partecipazione delle aziende, grazie soprattutto agli interventi normativi più recenti che hanno conferito al settore una cornice favorevole agli investimenti. “Sono due gli strumenti, entrambi gestiti dal Gse, che in Italia sostengono lo sviluppo del Biometano: il Dm 2018 e il Dm 2022 - ha dichiarato Paolo Arrigoni, presidente del Gestore dei Servizi Energetici - Con il primo, con 170 impianti qualificati, che a regime garantiranno una produttività annua di oltre un miliardo di Smc, tutti destinati al settore dei trasporti, nel 2023, grazie agli impianti già entrati in esercizio, la produzione di biometano ha raggiunto i 332 milioni di Smc, sestuplicando il valore del 2019 di circa 51,7 milioni di Smc. La seconda misura di stimolo, prevista dal Pnrr, ha visto con le prime 4 procedure competitive l’ammissione di 278 progettualità, per una producibilità totale di altri 1,1 miliardi di Smc/anno, destinati per il 15% ai trasporti e per l'85% agli usi industriali. L'apertura della quinta procedura è prevista per il 18 novembre 2024”. I numeri del biometano - L’Italia è oggi il secondo Paese in Europa per produzione di biogas, con significativi aumenti di capacità anche nel settore del biometano. Le prospettive di crescita del settore trovano conferma anche a livello europeo: i dati Eba riportano 1.548 impianti di biometano, con una crescita del 32% rispetto al 2023. Oltre l'80% degli impianti è ora connesso alla rete del gas, con quasi la metà (49%) collegata alla rete di distribuzione e il 14% a quella di trasporto. Un percorso promettente che si avvicina con forza e impegno agli obiettivi del Piano RePowerEu della Commissione Ue, che mira a 35 miliardi di mc di biometano in Europa entro il 2030, anche se studi recenti suggeriscono un potenziale del settore fino a 150 miliardi di mc entro il 2050. Una traiettoria che si riflette anche nel nostro Paese. Infatti, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede entro il 2026 ulteriori 2,3 miliardi di Smc di biometano attraverso la realizzazione di nuovi impianti e la riconversione di una parte di quelli esistenti, a cui si aggiunge la linea indicata dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) che vede un target di produzione di 5 miliardi di mc di biometano entro il 2030. In questo contesto un ruolo cruciale sarà giocato dalle infrastrutture. In particolare, si auspica un ulteriore potenziamento delle infrastrutture di distribuzione per accogliere il biometano prodotto localmente, soprattutto nelle aree rurali, dove si concentra gran parte della produzione. Un’infrastruttura più capillare permetterebbe di immettere il biometano nelle reti di distribuzione nazionali, facilitando l’accesso al mercato e riducendo i costi logistici per i produttori. Secondo le proiezioni del Centro Studi Cic, l’Italia ha prodotto nel 2023 circa 220 milioni di metri cubi di biometano dai rifiuti organici. Per garantire un flusso regolare di rifiuto organico verso gli impianti di digestione anaerobica e tendere al target ambizioso di produzione di biometano, è necessario anche incrementare la raccolta differenziata di questa frazione che, in alcune aree d’Italia, è ancora assente o insufficiente nonostante l’obbligo già in vigore dal 2022. Verosimilmente, i quantitativi massimi raggiungibili dal rifiuto organico potrebbero aggirarsi intorno ai 370 milioni di metri cubi/anno al termine del biennio 2024-25. “Il Cic e i suoi associati hanno colto da subito la sfida proposta al settore anni fa, impegnandosi nella produzione di biometano da Forsu e contribuendo attivamente all'economia circolare del Paese e alla sicurezza energetica nazionale - ha dichiarato Lella Miccolis, presidente del Cic - Senza dubbio gli incentivi hanno un ruolo cruciale, per ammodernare gli impianti, crearne ex novo e sostenere gli investimenti ingenti per la produzione di energie rinnovabili da rifiuti e di biometano, ma chiediamo un allineamento dei meccanismi di incentivazione e di adeguamento inflazionistico, per garantire una concorrenza leale tra gli operatori. I prossimi passi saranno fondamentali, per promuovere l’adozione della digestione anaerobica a monte del compostaggio e ottimizzare la produzione di biometano. Inoltre, sarà fondamentale il supporto dei Comuni, per aumentare la quantità di rifiuto organico prodotto: pur essendo obbligatoria la raccolta differenziata della frazione organica dal 2022, registriamo ancora numerosi Comuni che non hanno avviato la raccolta differenziata dell'organico e altri che hanno margini di crescita importanti. Nonostante le difficoltà legate all'aumento dei costi e ai lunghi iter autorizzativi, il settore è pronto a investire ulteriormente, confidando nella continuità del supporto governativo oltre il 2026 per raggiungere gli obiettivi di produzione di biometano”. Secondo i dati del Cib, anche alla luce dello scenario delineato dai bandi del Pnrr, il settore agricolo si conferma un importante motore della transizione ecologica del Paese. Nel 2023 la produzione di biometano da impianti agricoli è stata di circa 600 milioni di metri cubi. Ma al 2030 il settore potrà raggiungere oltre 6 miliardi di metri cubi di biometano agricolo. “Il lavoro sinergico che stiamo portando avanti con il Cic e la Piattaforma Biometano ha posto le basi per un percorso che, nel corso degli anni, ha evidenziato come il settore biometano rappresenti un’opportunità strategica per contribuire alla decarbonizzazione del nostro Paese. Come dimostrato anche dai risultati dei bandi Pnrr in corso, in questo percorso comune il ruolo del settore agricolo, vero driver della transizione, è centrale - ha dichiarato il direttore del Cib, Christian Curlisi - Molto è stato fatto in questi mesi, anche grazie all’attività del Gse, per accelerare i processi e garantire un’ampia partecipazione. Tuttavia, resta fondamentale intervenire con misure concrete che semplifichino i processi e assicurino l'accesso alla rete di distribuzione, così da permettere alle aziende agricole di poter realizzare tutti i progetti previsti entro le stringenti scadenze del Piano e cogliere appieno le opportunità di sviluppo e di investimento disponibili. Per costruire una prospettiva solida per il settore sarà essenziale predisporre al più presto le regole che consentiranno una traiettoria di sviluppo del settore ‘post Pnrr’, definendo un quadro che consenta di guardare con maggiore certezza al futuro, in linea con le stime di sviluppo al 2030 di oltre 6 miliardi di mc di biometano agricolo, rendendo sempre più accessibile il percorso di transizione verso la produzione di energia rinnovabile, a partire dai sottoprodotti agricoli”.