INFORMAZIONIKosta N. Kartsotis |
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(Adnkronos) - La Russia "prenderà qualcosa" dall'Ucraina. Kiev deve "accettare le condizioni poste da Vladimir Putin per la fine della guerra o il presidente russo distruggerà l'Ucraina". E' il quadro che Donald Trump prospetta per la guerra in corso da oltre 3 anni e mezzo. Il presidente degli Stati Uniti è reduce dalla telefonata con il presidente russo Vladimir Putin e dal colloquio alla Casa Bianca con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. I due appuntamenti, in vista dell'incontro tra Putin e Trump in programma a Budapest, hanno fissato paletti destinati a condizionare il percorso dei negoziati. In particolare, secondo il Financial Times, venerdì Trump ha recapitato a Zelensky una sorta di auto aut nel "burrascoso" incontro di venerdì alla Casa Bianca, che sarebbe più volte degenerato in una "sfuriata" con il presidente americano che "imprecava continuamente". Secondo le fonti interpellate dal FT, Trump ha gettato via le mappe del fronte in Ucraina e insistito affinché Zelensky consegnasse il Donetsk, la strategica regione dell'est, richiesta che - secondo il Washington Post - Putin ha avanzato nel corso della telefonata avuta tre giorni fa con il tycoon come condizione per mettere fine alla guerra. Le tensioni emerse nell'incontro - oltre a ricordare da vicino lo scontro tra i due nello Studio Ovale avvenuto lo scorso febbraio in mondovisione - hanno evidenziato la disponibilità del capo della Casa Bianca ad appoggiare le richieste massimaliste di Putin. A Zelensky, nel meeting di venerdì, Trump ha di fatto negato la fornitura di missili Tomahawk. "Non possiamo dare tutte le nostre armi all'Ucraina. Semplicemente non possiamo farlo", dice il presidente americano in un'intervista a Fox News. "Sono stato molto buono con Zelensky e l'Ucraina, ma non posso mettere in pericolo l'America", aggiunge Trump: da un lato, Washington teme un'escalation con la Russia. Dall'altro, i missili sono essenziali anche per l'America. Per Trump, in ogni caso, la fine della guerra si può ottenere anche senza Tomahawk. Il presidente degli Stati Uniti, però, dà per scontato che Putin ribadirà richieste territoriali anche nel vertice in Ungheria. Non è un segreto: Mosca vuole tutto il Donetsk. "Beh, prenderà qualcosa. Hanno combattuto, ha conquistato determinate proprietà. Noi siamo l'unico paese che va, vince una guerra e se ne va. Lo abbiamo fatto in Medio Oriente sotto il presidente Bush. Siamo andati, abbiamo distrutto tutti e ce ne siamo andati. Ricordate quando dicevo 'teniamo il petrolio?'", afferma Trump. L'Ucraina è disposta ad accettare sacrifici territoriali? Zelensky descrive un quadro bellico diverso rispetto a quello delineato da Putin, secondo cui la Russia è in una posizione di controllo su tutta la linea del fronte. "Non stiamo perdendo questa guerra, Putin non sta vincendo. Il suo esercito è in una posizione di debolezza", dice il presidente ucraino a Meet the Press, programma della Nbc. "Dall'inizio di questa guerra hanno occupato l'1% del nostro territorio perdendo 1,3 milioni di uomini. Ecco perché intensifica i raid" contro infrastrutture energetiche. "Vuole provocare un disastro in vista dell'inverno", aggiunge. In realtà la Russia occupa il 19% del territorio, secondo i dati di Meet the Press. Zelensky sarebbe disposto a trattare sulla cessione di territori? "Se vogliamo porre fine a questa guerra e arrivare rapidamente a trattative di pace per via diplomatica, dobbiamo rimanere dove siamo: non dobbiamo concedere altro a Putin", dice, invocando un cessate il fuoco immediato: "Le trattative non possono svolgersi sotto i missili e sotto i droni". Kiev auspica maggiore pressione da parte di Washington. "Putin è simile ad Hamas ma è più forte. Questa è una guerra più grande, la Russia ha il secondo esercito al mondo. Ecco perché serve più pressione", dice Zelensky rispondendo alla domanda se ritenga necessaria più pressione da parte di Trump. Il presidente degli Stati Uniti al momento non intende concedere i missili Tomahawk a Kiev. "E' positivo che il presidente Trump non abbia detto 'no'. Ma, ad oggi, non ha detto sì", la formula con cui Zelensky prova a riassumere la discussione andata in scena alla Casa Bianca. "Putin ha paura che gli Stati Uniti ci diano i Tomahawk, credo tema davvero che li useremo", aggiunge. Anche nell'intervista a Nbc News, Zelensky definisce Putin "un terrorista". Il presidente ucraino, in ogni caso, è pronto a partecipare al vertice di Budapest, dove si incontreranno Trump e Putin. "Se vogliamo davvero arrivare ad una pace giusta e duratura, abbiamo bisogno di entrambe le parti coinvolte in questa tragedia. Come possono esserci accordi relativi a noi senza la nostra partecipazione? Io sono pronto", dice. "Putin ha paura della società perché vuole essere presidente fino alla morte. Ed è per questo che, ovviamente, ha bisogno che la società lo sostenga. Ecco perché conta sulla continuazione di questa guerra. Ecco perché non sono sicuro che a Budapest sarà pronto" a dialogare. "Ma se il presidente Trump farà pressione su di lui e se Putin sarà pronto per qualsiasi formato di negoziazione - bilaterale, trilaterale, di qualsiasi tipo - penso che andrà bene".
(Adnkronos) - Promuovere la formazione continua e interdisciplinare, valorizzare le competenze professionali e costruire sinergie che svolgono un ruolo strategico nel mondo del lavoro e dell’informazione. Sono questi gli obiettivi del protocollo d’intesa siglato a Roma tra il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, con il patrocinio dell’Enpacl e dell’Inpgi, e la partecipazione della Fondazione Studi Cdl. L’intesa mira a realizzare una collaborazione formativa e professionale, strutturata e permanente tra le due Categorie, finalizzata a garantire ai rispettivi iscritti un aggiornamento costante sulle evoluzioni normative, sui cambiamenti del mercato del lavoro e sulle informazioni utili alla collettività anche attraverso l’introduzione di strumenti e operativi innovativi, anche alla luce del riordino delle professioni. L’obiettivo è quello di specializzare gli iscritti su alte professionalità, incrementandone le potenzialità, così da favorire lo sviluppo di ciascuna professione. Tra le azioni previste per sostenere la crescita e l’efficienza delle due categorie: la realizzazione di progetti di formazione congiunta e corsi interdisciplinari; lo scambio di competenze ed esperienze; la promozione di iniziative comuni di divulgazione e orientamento e la valorizzazione di buone pratiche e l’innovazione nei modelli formativi. “Quest’intesa rappresenta una sinergia virtuosa tra due professioni che condividono una missione comune: favorire conoscenza, consapevolezza e buona prassi”, ha dichiarato Rosario De Luca, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro. “In un contesto in costante evoluzione, unire le forze significa rafforzare la qualità e la credibilità delle nostre professioni. Una formazione qualificata e condivisa è lo strumento più efficace per accrescere le competenze, sostenere il valore sociale delle professioni”. “Il futuro della professione giornalistica - ha affermato Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti - sta nella capacità di mantenere alta la qualità dell’informazione. E' quindi necessario cooperare con il mondo delle professioni e l’intesa con i Consulenti del Lavoro va nella direzione di rafforzare la collaborazione, lo scambio di conoscenze e la formazione professionale, anche in merito agli adempimenti previdenziali”.
(Adnkronos) - "Oggi non possiamo non mettere al centro del Green Deal la parola autonomia strategica, sarebbe velleitario continuare ad attuare il Green Deal dipendendo da autocrazie sempre più pericolose e non mettendo i soldi che servono". Così Carlo Corazza, direttore dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia, intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "Il Green Deal non è piovuto dall’alto, è stato approvato dal legislatore", premette Corazza. "Il Green Deal è nato nel 2019, quindi un'era geologica fa, c'è stato il Covid, c'è stata l'aggressione russa all'Ucraina, la crisi energetica, l'inflazione, il 7 ottobre, Trump, i dazi, la Cina che è diventata ancora più dominante in tutta una serie di tecnologie e di materie prime; è evidente che ci dobbiamo interrogare se il Green Deal del 2019 è ancora il Green Deal che serve all'Unione europea", osserva. "Su una cosa sono tutti d'accordo: tu non puoi fare una transizione di quel tipo che è una transizione di politica industriale senza metterci i soldi. L'Europa ha messo molto poco e non mi sembra che da questo punto di vista la Commissione europea stia cambiando rotta. Questo secondo me è un punto nevralgico", sottolinea. "Readiness 2030 non è solo più armi, più cybersicurezza o più spazio, è anche più industria, una base industriale più solida, così come il Green Deal, senza un'industria forte e innovativa, non si attua perché è l'industria che fa l'innovazione, è l'industria che trova le risposte - rimarca - Noi abbiamo ancora delle filiere dove possiamo avere una leadership tecnologica - nucleare, carbon storage, forse lo stoccaggio con l'idroelettrico - su tante altre cose purtroppo siamo in ritardo e sarà molto difficile recuperare. Oggi non possiamo non mettere al centro del Green Deal la parola autonomia strategica, sarebbe velleitario continuare ad attuare il Green Deal dipendendo da autocrazie sempre più pericolose e non mettendo i soldi che servono". "Questo è un momento in cui o l'Europa trova delle risposte unitarie, anche sul debito comune e sulla difesa, oppure rischia veramente di cedere la sua sovranità non a Bruxelles, ma a qualche autocrazia", conclude.