(Adnkronos) - La Russia vuole chiudere la guerra in Ucraina? C'è un fattore chiave che va considerato per cercare una risposta che si avvicini alla verità: l'economia. Il 15 maggio a Istanbul dovrebbero aprirsi negoziati diretti tra Mosca e Kiev ma il livello dei partecipanti, e quindi le possibilità che si facciano consistenti passi in avanti verso una tregua, dipendono essenzialmente dalle intenzioni di Vladimir Putin. Se Volodymyr Zelensky ha fatto sapere di voler parlare solo con il leader russo, Mosca ha fatto trapelare l'intenzione di schierare il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, e il consigliere del Cremlino per gli affari internazionali, Yuri Ushakov, a guida della delegazione. Sul piano militare, è chiara l'intenzione di Putin di far pesare il più possibile le conquiste territoriali e la formula che sta usando la propaganda russa, "non può dettare condizioni chi ha perso", si lega al rifiuto di ultimatum e al rigetto della minaccia europea di nuove sanzioni. Proprio il tema sanzioni riporta in primo piano il fattore economia. Ogni volta che si prova a quantificarne il reale impatto si arriva a fare i conti con le condizioni del tessuto produttivo e lo stato di salute dei conti di Mosca. Un terreno su cui i numeri ufficiali scontano la propaganda e le analisi, anche quelle più autorevoli e indipendenti, sono influenzate da un margine di approssimazione ampio. La domanda che ricorre è: come sta realmente l'economia russa? A cui se ne lega un'altra: cessare la guerra conviene a Putin? Ci sono alcune evidenze oggettive da considerare. La crescita rallenta, anche se il crollo del Pil più volte ipotizzato non si è verificato nelle proporzioni attese, le importazioni sono in calo, le esportazioni dipendono il larga parte dal petrolio con il prezzo che sta scendendo, e l'economia di guerra sta pesando sui consumi, in costante calo. Anche queste considerazioni scontano però la poca trasparenza, perché diversi report segnalano un consistente aumento delle spese militari fuori bilancio. Vuol dire che la guerra sta costando molto di più di quello che dicono le statistiche ufficiali. C'è però anche un altro aspetto da non sottovalutare. Tre anni di guerra hanno modificato a tal punto la struttura dell'economia russa che immaginare una riconversione di un'economia totalmente sostenuta dalla guerra a un'economia di pace è particolarmente complicato. Nonostante le condizioni del Paese stiano strutturalmente peggiorando, Putin per evitare una crisi certa nei prossimi anni potrebbe puntare a prolungare il più possibile l'impegno bellico, in Ucraina se le condizioni lo consentiranno, o anche altrove, come temono i paesi dell'Europa orientale. In estrema sintesi, un'analisi oggettiva dello stato di salute dell'economia russa dovrebbe suggerire di archiviare la guerra il prima possibile per non compromettere definitivamente le possibilità di ripresa. Ma i calcoli di un regime, come quello di Putin, potrebbero portare a ribaltare il ragionamento, continuando a scommettere sulla guerra per difendere il proprio potere. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - Nel 2024 il Gruppo Nestlé ha generato 4,4 miliardi di euro di valore condiviso in Italia, corrispondente allo 0,2% del pil nazionale, con un incremento del 5% rispetto al 2022. Questi dati confermano, attraverso un approccio fondato su una visione a lungo termine, sulla presenza e la solida conoscenza del nostro paese, come l’impegno del Gruppo nel percorso di creazione di valore condiviso sia un elemento imprescindibile capace di assicurare una crescita costante e duratura in primis alla società in cui opera, dalle proprie persone a tutti gli attori coinvolti nella filiera, e poi a sé stesso. Un modo di fare impresa che permette al Gruppo di continuare a generare più valore per l’esterno che per sé stesso, poiché, per ogni euro generato nella fase di produzione, ne corrispondono 3,3 per il sistema economico italiano. Inoltre, rispetto al totale del valore realizzato dall’azienda nel nostro Paese, ben il 93% viene distribuito tra Stato, lavoratori e altre imprese della filiera. Sono questi alcuni dei dati emersi dall’analisi condotta da Althesys. Inoltre, nel 2024 Nestlé ha determinato ricadute dirette pari a 953 milioni di euro, indirette per un importo di 2.011 milioni di euro e indotte di 1.479 milioni di euro. Significativo anche l’impegno del Gruppo nel supportare i soggetti più fragili, come dimostrano i 3,8 milioni di euro di donazioni elargite da Nestlé nel 2024, in crescita del 12% rispetto al 2022. Il rapporto evidenzia che lo scorso anno il Gruppo Nestlé ha prodotto una contribuzione fiscale pari a 1,4 miliardi di euro, circa lo 0,2% delle entrate fiscali italiane nel 2024. L’analisi conferma anche l’importante ruolo che Nestlé svolge a livello occupazionale. Infatti, ogni sua persona contribuisce a generare indirettamente 11 posti di lavoro, considerando l’indotto, per un totale di 60.000 addetti, pari allo 0,22% degli occupati in Italia nel 2024. Il Gruppo contribuisce ad erogare un totale di 1,3 miliardi di euro di salari lordi e contributi nella filiera, in aumento del 6% in confronto al 2022. "I dati che emergono dipingono un quadro di continuità che conferma la solidità del Gruppo Nestlé in Italia e l’impegno verso un modello d’impresa sempre più orientato alla sostenibilità economica e sociale. I risultati raggiunti dimostrano l’efficacia del percorso intrapreso, nonché la nostra significativa capacità di affrontare le grandi sfide della contemporaneità", commenta Marco Travaglia, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Nestlé in Italia. "L’Italia riveste un ruolo cruciale nelle strategie di sviluppo del Gruppo, che mettono al centro le persone e le comunità, nella convinzione che la crescita della nostra azienda sia intrinsecamente connessa al valore che riusciamo a generare sui territori in cui operiamo".
(Adnkronos) - “In Italia abbiamo una normativa molto evoluta in tema di luce naturale che però al tempo stesso non viene applicata in fase sia progettuale che approvativa. Di conseguenza abbiamo attivato un progetto di ricerca con La Sapienza Università degli Studi di Roma. La luce zenitale è il modo per velocizzare il raggiungimento delle soglie minime di salubrità attraverso la luce naturale". Così Lorenzo Di Francesco, Public Affairs Manager Velux Italia, in occasione del seminario 'Costruire il benessere, il ruolo della luce naturale e della luce zenitale nell’edilizia' presso il Senato della Repubblica a Roma. "Se si fa ricorso soltanto alla luce naturale bisogna essere un po' più creativi. Certamente la luce zenitale è una cosa che riguarda le parti alte degli edifici però con la nuova edilizia, anche europea, e con la direttiva 'Case Green', si parla di una revisione del testo unico dell'edilizia, che potrebbe portare a una revisione delle prassi progettuali con più luce zenitale. In ogni caso, riuscire a risolvere il tema del rispetto delle soglie minime di luce naturale, automaticamente migliorerebbe anche il ricorso alla luce zenitale”, chiarisce. “Non è sufficiente costruire edifici energeticamente efficienti, come stiamo imparando a fare, se poi però manca un altro tassello dell'evoluzione, ovvero un'edilizia pensata per le persone che ci devono abitare, studiare o lavorare. Non ci si può soltanto soffermare sul calcolo termotecnico. Anche a livello legislativo c'è stata una grande evoluzione in termini di certificazioni energetiche, forse sarebbe anche il caso di integrare queste certificazioni energetiche con certificazioni di salubrità che valutano, misurano e monitorano nel tempo anche la qualità degli ambienti interni”, conclude.