(Adnkronos) - LA NOTA DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA Oggi le giornaliste e i giornalisti italiani sono in sciopero. Scioperiamo perché il nostro contratto di lavoro è scaduto da 10 anni e soprattutto perché riteniamo che il giornalismo, presidio fondamentale per la vita democratica del Paese, non abbia avuto la necessaria attenzione da parte degli editori della Fieg: molti tagli e pochi investimenti, nonostante le milionarie sovvenzioni pubbliche. In oltre 10 anni la riduzione degli organici delle redazioni e la riduzione delle retribuzioni dei giornalisti attraverso stati di crisi, licenziamenti, prepensionamenti e il blocco del contratto hanno avuto fortissime ripercussioni sul pluralismo e sul diritto dei cittadini ad essere informati. In questi 10 anni i giornalisti dipendenti sono diminuiti, ma è aumentato a dismisura lo sfruttamento di collaboratori e precari: pagati pochi euro a notizia, senza alcun diritto e senza futuro. In questi 10 anni il potere di acquisto degli stipendi dei giornalisti è stato eroso dall’inflazione, quasi del 20% secondo Istat: per questo chiediamo un aumento che sia in linea con quelli degli altri contratti collettivi. Gli editori hanno proposto un aumento irrisorio e chiesto di tagliare ulteriormente il salario dei neo assunti, aggravando così in modo irricevibile la divisione generazionale nelle redazioni. Non ne facciamo una battaglia corporativa. Pensiamo che un’informazione davvero libera e plurale, che sia controllo democratico, abbia bisogno di giornalisti autorevoli e indipendenti, che non siano economicamente ricattabili. Chiediamo un contratto nuovo, che tuteli i diritti e che guardi all’informazione con le nuove professioni digitali, regolando l’uso dell’Intelligenza Artificiale e ottenendo l’equo compenso per i contenuti ceduti al web. Vogliamo spingere gli editori a guardare al futuro senza continuare a tagliare il presente. Se davvero la Fieg tiene all’informazione professionale deve investire sulla tecnologia e sui giovani che non possono diventare manovalanza intellettuale a basso costo. Lo deve a noi giornalisti, ma soprattutto lo deve ai cittadini tutelati dall’articolo 21 della Costituzione. LA NOTA DELLA FIEG Diversamente da quanto afferma il sindacato, gli Editori nell’ultimo decennio hanno realizzato ingenti investimenti a tutela sia della qualità e della libertà dell’informazione che dell’occupazione giornalistica. In un contesto drammatico nel quale le aziende hanno registrato un dimezzamento dei ricavi si è riusciti a scongiurare i licenziamenti attraverso il ricorso alle norme di settore e ciò è sempre avvenuto con il consenso del sindacato. Negli ultimi anni, il modello di business dei media tradizionali si è dovuto misurare con la concorrenza sleale degli Over The Top (quali Google, Meta e altri) che sfruttano economicamente i contenuti editoriali trattenendo la maggior parte dei ricavi pubblicitari e dei dati: ciò ha indebolito la sostenibilità finanziaria delle imprese editrici che, tuttavia, hanno reagito con responsabilità e rigore, raccogliendo la sfida dell’innovazione senza interventi drastici. Anche le aziende vogliono un contratto nuovo. Per fronteggiare l’attuale scenario occorre infatti poter promuovere l’innovazione, cogliere le opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica e dal sistema dell’informazione digitale, con un sistema di costi compatibili con le nuove dinamiche del settore e il contratto nazionale di lavoro dovrebbe rappresentare uno strumento di competitività. Tuttavia, in questi mesi di trattative ci si è trovati di fronte un sindacato che non ha voluto affrontare né il tema della complessiva modernizzazione di un contratto antiquato (che prevede ancora il pagamento delle ex festività soppresse da una legge del 1977) né l’introduzione di regole più flessibili per favorire l’assunzione di giovani, preferendo invece limitarsi a richieste esclusivamente economiche finalizzate al recupero della asserita perdita salariale registrata nell’ultimo decennio. Sebbene nel suddetto periodo il recupero dell’inflazione sia stato garantito dal sistema di scatti in percentuale previsto dal contratto gli Editori hanno offerto un riconoscimento economico importante, superiore a quello concesso nell’ultimo rinnovo del 2014, pur in assenza di alcun tipo di innovazione contrattuale. Con riferimento ai collaboratori è da ricordare come le aziende agiscono nel pieno rispetto dei compensi previsti dall’accordo del 2014 sottoscritto con il sindacato. In merito la FIEG ha costantemente espresso la propria volontà di migliorare l’accordo contrattuale vigente ma, anche su questo tema, si è dovuta registrare l’indisponibilità al confronto. Quanto all’intelligenza artificiale si ribadisce che la soluzione non può risiedere nella pretesa di introdurre norme limitative di utilizzo, destinate ad essere velocemente superate, ma piuttosto occorre un approccio etico da parte delle aziende con la possibilità di dotarsi di Codici che tutelino tanto la professione giornalistica quanto i lettori. Per affrontare le sfide dell’immediato futuro gli Editori sono pronti a fare la loro parte, continuando ad investire sui prodotti e sulla valorizzazione della professionalità e auspicano che il confronto possa avvenire in termini più realistici e senza pregiudizi.
(Adnkronos) - "E' una manovra economica in chiaroscuro, e noi chiediamo al governo di modificarla in alcune parti che non ci convincono. Quella di scendere in piazza con la manifestazione nazionale di sabato 29 novembre al Teatro Brancaccio di Roma è una scelta fatta con il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, e a nostro parere molto accorta. Cercando di sollecitare il governo su alcuni temi che sono cari alla Feneal, alla Uil e ai nostri iscritti. Pensiamo all'evasione fiscale che nella manovra non trova risposta adeguata, non c'è niente sulla lotta a questo fenomeno. E poi c'è il tema dell'innalzamento dell'età pensionabile, che è impensabile per un settore come quello edile che vede tanti infortuni mortali di lavoratori over 60". Così, con Adnkronos/Labitalia, Mauro Franzolini, segretario generale della FenealUil, il sindacato di categoria della Uil che rappresenta i lavoratori dell'edilizia, dei manufatti, del legno, dei lapidei, racconta i motivi alla base della manifestazione nazionale del prossimo 29 novembre della Uil e delle sue categorie per chiedere al governo modiche alla manovra economica. Secondo Franzolini ci sono anche aspetti "positivi" nella manovra come "ad esempio la detassazione degli aumenti nei contratti nazionali che è una norma chiesta espressamente dalla nostra Confederazione, e che siamo riusciti a ottenere. E questo non può che farci dare un giudizio positivo, perché ci sono tanti lavoratori che vedono gli aumenti falcidiati dalle tasse. Quindi un giudizio in chiaroscuro, abbiamo perplessità su alcuni elementi e quindi sollecitiamo il governo a intervenire, ma anche un giudizio positivo su un tema che è così caro ai lavoratori dipendenti, come quello degli aumenti contrattuali", conclude.
(Adnkronos) - Per il 2025, le analisi indicano un lieve aumento delle emissioni di gas serra in Italia: +0.3% rispetto al 2024, a fronte di una crescita del Pil pari allo 0.5%; questo comporta una riduzione dell’intensità emissiva (emissioni di gas serra per unità di Pil) dello 0.5% rispetto all’anno precedente. L’incremento delle emissioni è dovuto prevalentemente a un maggior consumo di gas naturale per la produzione di energia elettrica (+2.5%), legato anche a una riduzione della produzione idroelettrica. Lo comunica Ispra che pubblica la stima trimestrale delle emissioni in atmosfera anno 2025 - III trimestre. Come previsto dalla strategia di decarbonizzazione, si registra un sensibile calo delle emissioni legate ai consumi di carbone per la produzione di energia - si legge in una nota - Nel complesso si stima un aumento delle emissioni dalla produzione di energia dell’1.2%. In leggera flessione le emissioni del settore dei trasporti (-0.5%) principalmente per la riduzione nei consumi nel trasporto navale, mentre la riduzione dei consumi di gasolio per autotrazione è quasi del tutto compensata dall’incremento dei consumi di benzina. Per il riscaldamento si prevede un moderato aumento delle emissioni (+0.9%), legato ancora una volta a un maggior utilizzo di gas naturale. Anche l’industria registra un leggero incremento (+0.3%) rispetto all’anno precedente. Nel 2025 la richiesta di energia elettrica (233,264 GWh) risulta inferiore al valore dello stesso periodo del 2024 (-1.2%) ed è stata soddisfatta per il 42.7% da Fonti Energetiche Rinnovabili, per il 42.2% dalla produzione da fonti non rinnovabili, e la restante quota del 15.1% dal saldo estero. Per quanto riguarda le emissioni provenienti dall’agricoltura e dalla gestione dei rifiuti, non si prevedono variazioni significative rispetto al 2024.