(Adnkronos) - "Si può costringere una donna, una madre, una professionista che gode della stima dei suoi datori di lavoro a rivelare la verità dolente di una vita privata funestata dalla malattia d'un bambino di 7 anni irreversibilmente malato? In Italia, oggi, evidentemente sì. E vengo al punto". Antonella Giuli, sorella del ministro della Cultura Alessandro, replica alle anticipazioni del programma di Rai Tre Report sul servizio, dedicato a lei, che andrà in onda oggi, domenica 3 novembre. La trasmissione di Sigfrido Ranucci accusa la giornalista di lavorare per Fratelli d'Italia, pur essendo stata assunta alla Camera. In una lettera pubblica però Antonella Giuli smentisce le accuse. E si difende. "Preceduto dalla grancassa mediatica e intimidatoria affidata a un sito di gossip (a volerne dir bene), la trasmissione 'Report' di Sigrifido Ranucci si appresta questa sera a mandare in onda un servizio nel quale verrebbe costruito un teorema che reputo per lo meno manipolatorio, se non pure falso e diffamante: Antonella Giuli, la sottoscritta, 'ci risulta lavora per Fratelli d'Italia e che in ufficio non ci va mai'; in più, durante il fine settimana, lavorerebbe per Fratelli d'Italia in palese conflitto con le regole cui è sottoposta per contratto. Proprio così afferma l'inviato di 'Report' Giorgio Mottola - 'ci risulta che lei lavora per Fratelli d'Italia e che in ufficio non ci va mai' - incalzandomi all'uscita dalla Camera dei deputati, presso la cui Presidenza lavoro in qualità di addetta stampa, assieme ad altri colleghi. Sottotraccia, ma non poi troppo, la tesi di 'Report' è forse che io diserti il mio posto di lavoro per mettermi al servizio di Arianna Meloni, cui mi lega un rapporto limpido e pubblico di amicizia personale, fondato (perché negarlo?) su un passato di comune militanza nella destra partitica italiana e testimoniato da scatti fotografici e riprese video delle quali non mi vergogno, anzi" rimarca la sorella del ministro della Cultura. "Il teorema", prosegue Giuli, "è facilmente smentibile dai diretti interessati; a cominciare da chi, ai vertici del secondo ramo del Parlamento, ha potuto verificare e apprezzare quotidianamente l’abnegazione e la disponibilità con cui onoro il mio impegno professionale (la mansione affidatami sin da subito è stata la gestione delle numerosissime conferenze stampa quotidiane organizzate da tutti i gruppi politici a Montecitorio)". "Si può costringere una donna, una madre, una professionista che gode della stima dei suoi datori di lavoro a rivelare la verità dolente di una vita privata funestata dalla malattia d’un bambino di 7 anni irreversibilmente malato? In Italia, oggi, evidentemente sì. E vengo al punto. Preceduto dalla grancassa mediatica e intimidatoria affidata a un sito di gossip (a volerne dir bene), la trasmissione 'Report' di Sigrifido Ranucci si appresta questa sera a mandare in onda un servizio nel quale verrebbe costruito un teorema che reputo per lo meno manipolatorio, se non pure falso e diffamante: Antonella Giuli, la sottoscritta, “ci risulta lavora per Fratelli d’Italia e che in ufficio non ci va mai”; in più, durante il fine settimana, lavorerebbe per Fratelli d’Italia in palese conflitto con le regole cui è sottoposta per contratto. Proprio così afferma l’inviato di 'Report' Giorgio Mottola – “ci risulta che lei lavora per Fratelli d’Italia e che in ufficio non ci va mai” – incalzandomi all’uscita dalla Camera dei Deputati, presso la cui Presidenza lavoro in qualità di addetta stampa, assieme ad altri colleghi. Sottotraccia, ma non poi troppo, la tesi di 'Report' è forse che io diserti il mio posto di lavoro per mettermi al servizio di Arianna Meloni, cui mi lega un rapporto limpido e pubblico di amicizia personale, fondato (perché negarlo?) su un passato di comune militanza nella destra partitica italiana e testimoniato da scatti fotografici e riprese video delle quali non mi vergogno, anzi. Il teorema è facilmente smentibile dai diretti interessati; a cominciare da chi, ai vertici del secondo ramo del Parlamento, ha potuto verificare e apprezzare quotidianamente l’abnegazione e la disponibilità con cui onoro il mio impegno professionale (la mansione affidatami sin da subito è stata la gestione delle numerosissime conferenze stampa quotidiane organizzate da TUTTI i gruppi politici a Montecitorio). Ma c’è qualcosa di peggio, qualcosa di più limaccioso e insinuante nelle domande di “Report”: che cosa fa Antonella Giuli durante il fine settimana? Lavora forse per Fratelli d’Italia? Ho risposto in modo sincero e preciso a quella domanda: vivo il tempo liberato dal lavoro come meglio credo; e cioè, salvi rarissimi casi, con la mia famiglia. Tanto ovvia è stata la mia risposta, quanto è lecito il mio dubbio che tale risposta verrà mandata in onda da “Report” e, ove ciò accadesse, inquadrandola nel giusto contesto, oltreché nel rispetto del mio diritto alla privacy che non è diverso da quello di ciascun cittadino italiano. Questo dubbio, appunto, mi induce a rendere pubblica una verità che io e mio marito avremmo voluto proteggere nel più stretto e amorevole riserbo: i miei fine settimana, i miei pochi attimi di libertà strappata alla vita sociale giornaliera, ma soprattutto le mie notti e i miei tormentati pensieri sono dedicati al mio dovere di madre di due bimbi piccoli uno dei quali, Giulio, affetto da una grave patologia curabile ma non guaribile, tale da rendere necessario il contributo della legge 104 art.3 comma 3. Ecco perché, come tutti gli altri addetti stampa sanno, all’alba sono dispensata dalla selezione della rassegna stampa cui si dedicano i miei generosissimi colleghi: devo preparare mio figlio e portarlo a scuola, dove è atteso da un’ammirevole maestra di sostegno. Era necessario che mi spingessi a tanto? Sì e no, considerando il clima di attenzione (aggressione?) mediatica cui vengo sottoposta con crescente morbosità; forse, anche, in quanto sorella d’un ministro della Repubblica… Ma la vera domanda che mi pongo, che vi pongo, è un’altra: è giusto o no che oggi mi ritrovi in questa condizione? Nella condizione di dover giustificare a cielo aperto il diritto, riconosciutomi dalla legge, di accudire il mio intraducibile dolore personificato in Giulio? Un giorno, se la malattia glielo consentirà, mio figlio verrà a conoscenza di tutto questo e me ne chiederà conto, ce ne chiederà conto. Io so già che cosa rispondergli. 'Report' e tutti coloro che hanno contribuito ad alimentare questi falsi teoremi, che risposta hanno, posto che ne abbiano una? Antonella Giuli"
(Adnkronos) - “Knorr nasce nel 1838, quando Carl Heinrich Knorr sperimenta per la prima volta come disidratare verdure da consumare fuori stagione, preservandone il sapore e i valori nutrizionali. Da quel momento nasce il nostro impegno per garantire alle persone la massima qualità dei prodotti e il rispetto e la valorizzazione delle tradizioni locali; Knorr, infatti, simboleggia una cucina “glocale”, una sinergia tra il globale e il locale, fatta e ispirata dunque al territorio in cui opera ma con un respiro più ampio e sempre guidata dal gusto e dalla sua ricerca, per aiutare le persone a preparare piatti buoni in modo semplice e veloce. L’unione fra tradizione e continua spinta all’innovazione è quindi quello che ha sempre caratterizzato, oggi come un tempo, Knorr. Ed è anche grazie a questi valori, fondati sull’importanza di mangiar bene e sul buon cibo, che siamo cresciuti, diventando un brand internazionale che ogni giorno offre a più di 320 milioni di persone brodi, minestre, condimenti, zuppe e tanti altri prodotti". Così, Paolo Armato, general manager nutrition, Unilever Italia, su Knorr, giunta alla sesta edizione del progetto BuonCibo, che ha messo a confronto quattro generazioni con una ricerca di Ipsos. "Oggi, dopo tre anni di crescita storica, Knorr è il secondo marchio più grande di Unilever, ha raggiunto la soglia dei 5 miliardi di euro ed è leader nel mercato globale dei brodi, un settore che vale 13 miliardi di dollari", conclude.
(Adnkronos) - Lo spreco alimentare è considerato uno dei principali ambiti che incidono maggiormente sul nostro portafoglio, ma per il campione di italiani intervistati, lo sperpero all'interno delle famiglie non riguarda solo il cibo. Per il 72%, la causa principale di perdita di alimenti in casa è dovuta a prodotti acquistati e non consumati in tempo, quindi scaduti, oppure agli avanzi gettati dopo i pasti. E' quanto emerge da una ricerca realizzata da Ipsos nell’ambito della piattaforma 'Impegnati a Cambiare', promossa da Altroconsumo e condotta tra 1.000 persone rappresentative della popolazione. Inoltre, il 64% segnala un utilizzo eccessivo di acqua corrente, il 62% menziona un consumo eccessivo di energia elettrica, seguito dall'uso intensivo di carburanti per il 46% e dal riscaldamento eccessivo per il 37% degli intervistati. In media, in una settimana, una famiglia butta via circa 680 grammi di cibo avanzato, scaduto o non consumato. La percentuale aumenta al centro e al Sud mentre diminuisce al Nord. Se per il campione degli intervistati le cause dello spreco sono diverse - confezioni troppo grandi, poca conoscenza su come conservare i cibi, promozioni che incentivano acquisti in più, buttare il cibo anziché riscaldarlo il giorno dopo - dalla ricerca emerge un dato importante: solo il 60% del campione intervistato guarda gli ingredienti. I criteri di sostenibilità, dunque, giocano ancora un ruolo minore nella scelta dei prodotti alimentari. "Lo spreco alimentare non è solo una importante questione ambientale - afferma Federico Cavallo, responsabile relazioni esterne Altroconsumo - ma ha un impatto diretto sulle tasche delle famiglie sull’economia in generale e per l’Italia. Educare e sensibilizzare alla riduzione dello spreco indubbiamente è fondamentale per ridurre questi costi e, allo stesso tempo, contribuire alla sostenibilità del pianeta. Interventi concreti, come migliorare la conservazione degli alimenti, incentivare le donazioni da parte degli esercizi commerciali e fornire una chiara indicazione sulle etichette, possono fare la differenza sia in termini di risparmio che di impatto ambientale". Nella scelta di un prodotto alimentare, il ruolo della sostenibilità gioca un ruolo minore: il 48% degli intervistati attribuisce importanza a imballaggi sostenibili e riciclabili, il 43% presta attenzione al benessere degli animali negli allevamenti, mentre il 41% considera fondamentale che i prodotti abbiano una certificazione che ne attesti la sostenibilità, come il biologico. Inoltre, il 76% afferma di conoscere la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione di un prodotto alimentare. Il 78%, invece, definisce come "cibo sostenibile" quello prodotto con un uso efficiente delle risorse naturali. Nonostante le soluzioni per affrontare lo spreco alimentare non siano condivise da tutti, la maggioranza degli intervistati individua nell'educazione e nell'informazione la chiave per ridurre il fenomeno. Il 59% ritiene essenziale educare i bambini fin dai primi anni di scuola, mentre il 52% suggerisce di incentivare ristoranti ed esercizi commerciali a donare il cibo in eccesso alle associazioni benefiche. Il 50% propone di rendere più chiare le etichette, indicando meglio fino a quando il cibo può essere consumato oltre la data di scadenza. Per il 44%, sarebbe utile creare punti di raccolta per il cibo non utilizzato. Le piattaforme e le applicazioni digitali volte a ridurre lo spreco alimentare, tuttavia, sono ancora poco conosciute. Di questo tema si discute anche nella nuova puntata di Altroché, il podcast di Chora Media condotto da Francesco Oggiano, che fa parte del progetto Impegnati a cambiare e che, con la conduzione di Francesco Oggiano, vede in questa edizione la partecipazione di Andrea Fagnoni, Chief Client Officer di Ipsos e co-fondatore dell’Osservatorio Civic Brands e Lisa Casali, scienziata ambientale e scrittrice che si occupa dell’argomento sprechi alimentari da quasi vent’anni. Il podcast si può ascoltare su impegnatiacambiare.org e su tutte le principali piattaforme di audio streaming.