(Adnkronos) - Caccia a 26 milioni (circa) di votanti. E' un lavoro 'sporco' ma è quello che sono chiamati a fare i promotori dei referendum dell'8 e 9 giugno, quando gli italiani sono chiamati ad esprimersi sui quattro quesiti sul lavoro e su quello sulla cittadinanza. Per la Costituzione, infatti, essendo di tipo abrogativo questi referendum devono ottenere il quorum per essere validi: deve cioè votare il 50% più uno degli aventi diritto, che in Italia sono circa 51 milioni. E a guardare la storia referendaria i promotori Cgil e Comitato per la cittadinanza devono lavorare sodo (e incrociare le dita). In Italia si sono svolti sino ad oggi 72 referendum abrogativi e con i prossimi si arriverà a quota 77. In assoluto, comprendendo quindi tutti i tipi di voto referendario, gli italiani sono stati chiamati a esprimersi per 78 volte. Con la tornata del prossimo giugno si toccherà quindi quota 83 a partire dalla storica scelta tra monarchia e Repubblica del 2 giugno 1946, un referendum non di tipo abrogativo. Il primo quesito di questo tipo è anche il più famoso, quello del maggio '74 sul divorzio, quando il mondo cattolico si rivolse agli italiani per chiedere se volevano o no la legge Fortuna-Baslini, in vigore dal dicembre del '70. Il referendum, come è noto, nacque proprio 'grazie' a quella legge come una sorta di risarcimento alla Dc che aveva subito lo smacco dell'approvazione di un provvedimento cui era fortemente contraria. Storia a parte, il quorum è la spada di Damocle per tutti i referendum abrogativi. Su 72 quesiti di questo tipo in Italia in 39 casi si è raggiunto il quorum e per 33 volte no. Per gli amanti della statistica nei 39 casi in cui è stato centrato il quorum per 23 volte ha vinto il sì e per 16 casi il no. Questo però dice relativamente poco su vincitori e vinti. Nel caso del divorzio, per esempio, a promuovere il referendum era stato un 'cartello' di stampo cattolico che con il no venne sconfitto, con la legge Fortuna che rimase in vigore. Indicativo è il trend del quorum. Dal divorzio ('74) al 1995 (privatizzazione Rai il più famoso tra i quesiti) la soglia richiesta dalla legge è stata sempre raggiunta con una sola eccezione: il 1990 (caccia), quando l'affluenza si fermò tra il 42 e il 43%. Una striscia positiva portata a casa nonostante il celebre 'andate al mare' di Bettino Craxi, che nel '91 non riuscì a fermare l'onda sollevata dai quesiti proposti da Mario Segni sulla preferenza unica, passati con il 95,6% dei sì e una affluenza del 62,5%. Dalla privatizzazione Rai, quindi negli ultimi 30 anni, il segno del quorum è andato in senso diametralmente opposto: dal 1997 (carriere dei magistrati tra i referendum di allora) al 2022 (Csm, tra gli altri) il mal di quorum si è diffuso stabilmente e nessun referendum abrogativo ha avuto validità. Con una sola eccezione: il quesito del 2011 sull'acqua pubblica che ebbe una affluenza del 54,8%. In termini assoluti invece, nel Guinness dei primati dell'affluenza bisogna iscrivere il referendum sul divorzio con il suo 87,7%. Nella top five dell'affluenza figurano poi, nell'ordine, il quesito del 1978 (finanziamento pubblico ai partiti) con l'81,2%, quello del 1981 (leggi anti terrorismo e aborto) con il 79,4%, quello dell'85 (scala mobile) con il 77,9% e quello del 1993 (finanziamento ai partiti, tra gli altri) con il 77%. Al contrario, Cenerentola dell'affluenza sono invece i quesiti del 2022 (Csm e magistrati), ultimo referendum sin qui celebrato e fermo a quota 20%. A seguire nel 2009 (premio di maggioranza, tra gli altri) affluenza al 23,3%, nel 2003 (art 18) e nel 2005 (Gpa) tutte e due le volte al 25,5 e nel 1997 al 30,2%.
(Adnkronos) - “Il nostro ruolo è stato proprio quello di creare il Rapporto Gem Italia, che viene affidato annualmente ai singoli Paesi, per confluire, poi, in un rapporto globale di tipo internazionale”. Con queste dichiarazioni, il rettore dell’Universitas Mercatorum, Giovanni Cannata, all’evento di presentazione del Rapporto Gem Italia 2024-2025, a cura di Universitas Mercatorum - l’università delle Camere di Commercio Italiane del Gruppo Multiversity - svoltosi a Roma, intitolato ‘L’imprenditorialità per la crescita del Paese’. “E’ un Rapporto multiuso: può servire all'accademia per approfondire le ricerche; alle imprese per capire, se già non lo sanno, dove il mondo gira; alla mano pubblica, per capire quali politiche orientare e può servire alle organizzazioni internazionali, quando fanno politica di alto livello per orientare le attività delle imprese. Gli interrogativi sono tanti”, conclude il rettore Cannata.
(Adnkronos) - Calo significativo dei gas serra nel 2024: -3% rispetto all’anno precedente, principalmente per effetto del comparto che produce energia elettrica. Questo settore incide mediamente per un quarto delle emissioni nazionali e negli anni si è dimostrato tra i più efficienti in termini di riduzione dei gas climalteranti, diminuiti del 64% dal 1990 ad oggi. Questo il quadro che emerge dalle prime elaborazioni dell’Ispra relative al 2024, presentate oggi a Roma nell’ambito del convegno 'Decarbonizzazione: costruire un futuro emissioni zero' promosso da Ispra. Tornando ai dati, si conferma problematico il settore dei trasporti le cui emissioni continuano a crescere significativamente e rappresentano il 28% di quelle nazionali: derivano per oltre il 90% dal trasporto stradale e sono aumentate di circa il 7% dal 1990. Il parco veicolare italiano è tuttora caratterizzato da mezzi ad alimentazione tradizionale (benzina e gasolio) e negli anni il numero dei veicoli ha registrato una notevole espansione (oltre il 50%). Tutti gli altri settori economici registrano marcate riduzioni delle emissioni ad eccezione della gestione dei rifiuti che però contribuisce solo al 5% del totale nazionale. Disponibile da oggi online il rapporto 'Le emissioni nazionali di gas serra, la situazione in Italia in vista degli scenari futuri', che delinea il quadro emissivo italiano a partire dal 1990 fino al 2023 e presenta un’analisi degli scenari emissivi al 2030 e 2055 rispetto a quello di riferimento (a politiche correnti) e allo scenario a politiche aggiuntive previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec). Il Rapporto conferma la tendenza alla riduzione delle emissioni dal 1990 al 2023, diminuite del 26,4% e passate da 518 a 385 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Oltre ai trasporti e alla produzione di energia, un contributo importante alle emissioni totali è rappresentato dalle categorie del residenziale (18%), dell’industria manifatturiera (13%), dell’agricoltura (8%), dei processi industriali (6%), della gestione dei rifiuti (5%). Rispetto agli obiettivi europei di neutralità emissiva al 2050 e di riduzione delle emissioni nette del 55% entro il 2030, l'Italia è in linea su 2 dei 3 pilastri principali: sia per il target Ue di riduzione del 62% rispetto al 2005 delle emissioni dei grandi impianti, dell’aviazione e del trasporto marittimo (Emission Trading System o Ets-1 ), come anche quello di assorbire la CO2 (obiettivo Lulucf - Land Use, Land use Change and Forestry) fissato per l'Italia a circa 35 milioni di tonnellate. Problematico, invece, l'obiettivo dell'Effort Sharing di ridurre le altre emissioni (trasporti, riscaldamenti, agricoltura, piccola industria, ecc...) del 43,7% rispetto al 2005. Gli scenari Ispra indicano una riduzione del 30% al 2030 per quello a politiche correnti e -41% con politiche aggiuntive Pniec.