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(Adnkronos) - L’impronta 33 non è di Andrea Sempio e “non è utile per i confronti dattiloscopici” (FOTO). La traccia è stata prodotta da un palmo “in movimento, sudato, magari sporco, ma non insanguinato” ed è stata lasciata a una distanza dalla porta a libro di 114 centimetri e a un’altezza dal secondo gradino (tra i 135 e i 156 centimetri) “facilmente raggiungibile per chiunque impegnasse la scala, curva, ripida, priva di corrimano ma soprattutto di appoggio a sinistra nel primo tratto” che si apre quasi sul vuoto. Sono le conclusioni della consulenza tecnica del dattiloscopista Calogero Biondi e del criminalista Dario Redaelli, consulenti della famiglia di Chiara Poggi uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. La relazione, in possesso dell’Adnkronos, contrasta con i risultati degli esperti (Giampaolo Iuliano e Nicola Caprioli) incaricati dalla Procura di Pavia. Per loro l’impronta della mano destra lasciata sulla parete delle scale, poco distante da dove è stato trovato il corpo senza vita della ventiseienne, è di Sempio, indagato per l’omicidio in concorso (con ignoti o Alberto Stasi condannato in via definitiva a 16 anni di carcere). Una diversità di opinioni che, salvo mosse della difesa di Sempio che può direttamente rivolgersi al giudice per le indagini preliminari, non verrà risolta nell’incidente probatorio: la Procura ha respinto la richiesta formulata dalla parte offesa e così sull’impronta diventata centrale nell’attuale indagine si prospetta un acceso scontro tra esperti. Nel parere di 22 pagine, i consulenti dei Poggi criticano il metodo usato dai ‘colleghi’ - ossia l’essere partiti dall’impronta del sospettato e non dal reperto - e sottolineano come “nel frammento in esame non c'è sufficiente nitidezza, non c'è distinzione tra cresta papillare e solco. Tra le 15 minuzie segnate solo 7/8 hanno caratteristiche qualitative appena sufficienti per essere confrontabili” si legge. Inoltre, “nella parte alta della traccia 33 è presente una minuzia non evidenziata dai consulenti tecnici (della procura, ndr) e non presente sulla palmare assunta all'indagato”. Per Redaelli e Biondi “le corrispondenze appena visibili si fermano a 7, non c'è niente di nitido, qualcosa è stato segnato dove non è presente la minuzia o in una posizione non corrispondente”. E ancora: “L'errore più grave - scrivono Biondi e Redaelli nella consulenza - è considerare minuzie i punti 6-7-8-9 appena visibili sul frammento e dovuti ad una pieghetta cutanea sul palmo del Sempio. Se avessero considerato minuzie tutte quelle dovute a pieghe presenti sulla palmare assunta con l'inchiostro, non essendo presenti sul frammento evidenziato con la ninidrina, avrebbero dovuto dire che il frammento non è stato lasciato da Sempio”. In conclusione, “il frammento d'impronta numero 33 non è utile per i confronti dattiloscopici, la dimostrazione prodotta non supera questo giudizio e pertanto giuridicamente non può essere attribuito”. L’impronta 33, rilevata dal Ris di Parma subito dopo il delitto di quasi 18 anni fa, è una delle 12 tracce trovate sulle scale (una attribuita al fratello della vittima e un’altra a un carabiniere) su cui furono subito eseguiti i rilievi dattiloscopici. Quella impronta come altre 10 delle 12 trattate con ninidrina (la sostanza che conferisce il colore rossastro, ndr) già allora non fu ritenuta utile per i confronti e l’intonato grattato dalla parete in corrispondenza di quel palmo destro sottoposto a Obti test diede invece esito negativo, escludendo quindi la presenza di sangue. L’esame delle fotografie dell’epoca - prima che fosse utilizzato lo spray a base di ninidrina - “sembra non lasciare dubbi circa l’assenza, nel punto di esaltazione dell’impronta 33, di eventuali tracce di origine ematica”. Le caratteristiche della traccia prima del trattamento “appaiono quelle di un appoggio veloce” scrivono i consulenti della famiglia di Chiara Poggi. “Appare evidente che la traccia 33 fosse già presente sulla bianca parete destra della scala ed avesse le caratteristiche di un appoggio, come visto in un punto agevolmente raggiungibile, prodotto da un palmo in movimento, sudato, magari sporco, ma non insanguinato. Inutile sottolineare quanto sarebbe stata più utile una tamponatura al fine di ricercare tracce genetiche che non il trattamento con ninidrina effettuato dagli operanti”.
(Adnkronos) - L'accesso al lavoro tramite Agenzia avviene oggi più velocemente che in passato: entro quattro mesi dal primo contatto con una Agenzia per il lavoro i candidati trovano una occupazione, rispetto ai sei mesi del 2022. In due casi su cinque il candidato ottiene un lavoro entro un mese. Dalla rilevazione di Ipsos si evidenzia, inoltre, che per i lavoratori in somministrazione sono preferibili i contratti a tempo determinato tramite Agenzia piuttosto che quelli diretti con l’azienda: oltre la metà dei lavoratori in somministrazione (54%), infatti, predilige i vantaggi del contratto a termine tramite Agenzia. E' quanto emerge dalla ricerca condotta da Ipsos per Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, sul mercato del lavoro in Italia e sul ruolo delle Agenzie, e presentata oggi in occasione dell'assemblea pubblica dell'associazione. In generale, aumenta tra la popolazione la conoscenza delle agenzie per il lavoro che passa dal 73% del 2002 al 79% di oggi, mentre permangono margini di miglioramento sulla conoscibilità della formazione offerta gratuitamente ai lavoratori dalle Agenzie e sul welfare dedicato: solo il 44% dei somministrati e il 22% dei candidati conoscono la formazione di settore, e solamente il 41% dei somministrati e il 15% dei candidati il welfare. I contratti in somministrazione vengono considerati una forma di lavoro moderna (33%) e assimilabile al lavoro dipendente (35%) (per legge i lavoratori tramite Agenzia hanno stessi diritti, stesse tutele e stessa retribuzione dei colleghi direttamente assunti dall’azienda, ndr). L’81% dei candidati intervistati consiglia di rivolgersi ad una Agenzia. Dalla ricerca Ipsos emerge che le Agenzie favoriscono le prime esperienze di lavoro per i giovani, aiutano chi ha perso un’occupazione a trovarne una nuova e forniscono supporto alle aziende nel rispondere alla domanda di lavoratori con competenze altamente specializzate. Se è vero, infatti, che più di un lavoratore su due in somministrazione è un giovane under 35, le Agenzie non sono solo un’ottima porta d’accesso al mercato del lavoro per chi ha ancora poca esperienza, ma nel 34% dei casi sono un valido canale per reinserirsi nel mondo del lavoro, e nel 38% una via per la ricerca di migliori opportunità di lavoro. Per chi cerca un lavoro inviare curriculum alle aziende rappresenta il canale migliore (50%, dato in calo rispetto al 2022), seguono le Agenzie per il Lavoro (43%) e il passaparola (34%). Sempre più rilevante l’utilizzo di LinkedIn, soprattutto tra gli under 35 laureati dove si raggiunge il 48%. In questo contesto, per la popolazione le caratteristiche più ricercate in un buon datore di lavoro sono stipendio adeguato (71%) e stabilità e sicurezza (57%). Seguono avere un contratto che ti tuteli nei momenti di difficoltà (27%), lavoro in smart working (24%) e avanzamenti di carriera (23%). Nel caso dei candidati risulta importante l’attenzione alla formazione dei dipendenti in tre casi su dieci. Sull’avvento dell’Intelligenza Artificiale una fetta importante deve ancora farsi un’idea o è in attesa degli sviluppi futuri. Per la popolazione l’ia stravolgerà il mondo del lavoro, incrementando l’efficienza e garantendo lo sviluppo di nuove professionalità. Sei persone su dieci temono, però, che l’ia causerà una riduzione del personale nelle aziende. Più ottimisti i manager delle Agenzie per il lavoro, tre su quattro hanno già iniziato a implementare l’ia nel proprio lavoro, mentre la quota residuale ha comunque pianificato di utilizzarla.
(Adnkronos) - Arera-Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha certificato l’eccellenza del Gruppo Cap, che si è classificato primo in Lombardia e terzo a livello nazionale nella classifica annuale sulla 'Qualità tecnica del servizio idrico integrato', ricevendo un premio economico complessivo di quasi 7 milioni di euro. Lo rende noto Gruppo Cap, sottolineando il risultato straordinario, che conferma la società tra i gestori più virtuosi d’Italia. L'azienda, unica in Italia insieme a un altro gestore, è stata premiata in tutti gli indicatori previsti da Arera, senza alcuna penalità, a testimonianza dell’eccellenza tecnica e della capacità di miglioramento continuo. Un successo che l'azienda ha voluto condividere con i suoi principali stakeholder decidendo di distribuire parte del premio alle sue persone e ai comuni della Città metropolitana di Milano. Con la delibera 917/2017/R/Idr, Arera ha introdotto un sistema per valutare la qualità tecnica del servizio idrico integrato, con l’obiettivo di migliorare concretamente il servizio per gli utenti, tenendo conto delle diverse condizioni presenti sul territorio nazionale e assicurando allo stesso tempo equità tra gli operatori, trasparenza nei controlli e gradualità nell’applicazione delle nuove regole. Il sistema si basa su una serie di indicatori che misurano la qualità del servizio. Alcuni di questi sono prerequisiti fondamentali per accedere al meccanismo di premi e penalità; altri definiscono standard specifici da rispettare nei confronti dei singoli utenti, con eventuali indennizzi in caso di disservizi; infine, ci sono gli standard generali, che valutano le condizioni tecniche complessive del servizio e determinano l’assegnazione di premi o penalità economiche (indicatori M1–M6: interruzioni del servizio, qualità dell’acqua erogata, adeguatezza del sistema fognario, perdite idriche, qualità dell’acqua depurata, smaltimento fanghi in discarica). Gruppo Cap ha ottenuto risultati eccellenti su tutti i livelli previsti; nello specifico, sono stati riconosciuti 2.287.554 euro per le performance sui 6 macro-indicatori M1–M6 (interruzioni del servizio, qualità dell’acqua erogata, adeguatezza del sistema fognario, perdite idriche, qualità dell’acqua depurata, smaltimento fanghi in discarica) mentre 4.578.722 euro rappresentano il premio 'Best in Class', che certifica l’assoluta eccellenza di Cap a livello nazionale. "Questo riconoscimento -commenta il direttore generale di Gruppo Cap, Michele Falcone- rappresenta una conferma autorevole della solidità del nostro modello industriale e della capacità di Gruppo Cap di generare valore attraverso l’eccellenza operativa. Il risultato ottenuto è frutto di una strategia orientata all’innovazione, alla sostenibilità e alla qualità del servizio, resa possibile grazie all’impegno e alla professionalità delle nostre persone. Per questo l’azienda ha deciso di distribuire circa un milione di euro a lavoratrici e lavoratori di Gruppo Cap quale riconoscimento per l'impegno costante, la dedizione e la passione che ogni giorno mettono nel loro lavoro". "Il riconoscimento di Arera -aggiunge il presidente di Gruppo Cap, Yuri Santagostino- è per noi motivo di grande orgoglio, ma soprattutto un’opportunità per rafforzare il nostro legame con chi ogni giorno contribuisce al successo di Gruppo Cap. Per questo abbiamo scelto di destinare una parte importante del premio all’innovazione e a favore delle nostre persone e dei territori, secondo modalità che stiamo individuando, valorizzando il ruolo delle comunità locali che è centrale nella costruzione di un servizio idrico sempre più efficiente, sostenibile. È un gesto concreto che testimonia la nostra visione di impresa pubblica, orientata al miglioramento continuo e alla restituzione di valore alla comunità".