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(Adnkronos) - "Per il 75% degli italiani uno dei driver di scelta negli acquisti è la convenienza. Il prezzo dei prodotti è un elemento che caratterizza quest'ultimo anno in modo particolare". Lo ha detto Maura Latini, presidente di Coop Italia, a margine della presentazione del Rapporto Coop 2024 “Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”. Un rapporto tutto orientato a leggere, con gli occhi degli italiani, le scelte che sono pronti a compiere e che quotidianamente fanno, partendo dal loro rapporto con il cibo. “Dal report emerge con chiarezza una preoccupazione di fondo che guarda più all'esterno che all'interno, ma che ha delle conseguenze importanti anche sui consumi”, illustra la presidente di Coop Italia. Preoccupazione per la situazione geopolitica, per la guerra, per gli effetti climatici, unita “all’inflazione che se pur ha rallentato nel corso del 2024, vede ancora prezzi in crescita, mentre i salari non hanno ancora recuperato quanto è stato perso”, sottolinea Latini. Anche se i consumi degli italiani sono orientati alla convenienza “rimangono attenti alla qualità, ai prodotti locali, alla sostenibilità. Un elemento sicuramente significativo” che genera la “necessità di dare risposte in questa direzione”, fa sapere la presidente che aggiunge: “Coop, con i prodotti a marchio, ha investito in questa direzione e cerca di trovare quel giusto equilibrio tra un prezzo che deve essere conveniente e accessibile a tutti che abbia all'interno la condizione di mettere a disposizione un cibo buono, sano e sicuro, che guarda al futuro ambientale, ma anche all'etica”. Proprio in merito all’etica, la presidente Latini si sofferma sull’importanza di attenzionare tutto ciò che riguarda il lavoro degli italiani nelle filiere produttive: “Ci deve essere una giusta remunerazione e il rispetto dei diritti. L’unico elemento che possa garantire che non si verifichino più quelle tragiche situazioni che abbiamo vissuto durante l'estate”, conclude.
(Adnkronos) - L’Italia cresce economicamente grazie al turismo. Il turismo, in particolare quello proveniente dall’estero, è in forte espansione, con presenze di visitatori internazionali aumentate del 14% rispetto al 2023, e spesa dei turisti stranieri, nei primi due mesi dell’anno in corso, cresciuta del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un incremento che potrebbe contribuire fino al 15% del Prodotto interno lordo italiano. Ma l’overtourism, che è l’altra faccia della medaglia, è diventato un fenomeno ormai complesso e difficile da controllare. L’Eurispes ha tentato di fare il punto della situazione attraverso uno studio coordinato dal direttore dell’Osservatorio sulle politiche fiscali del nostro Istituto. Gli arrivi turistici internazionali aumenteranno, nel mondo, di 43 milioni in media all’anno e raggiungeranno 1,8 miliardi entro il 2030, di cui il 41% in Europa. Per il 2024 sono stimati in Italia 215 milioni di presenze turistiche, con una spesa complessiva – tra stranieri e italiani – stimata in 62 miliardi di euro. Solo ad agosto 2024 l’arrivo degli stranieri è stato di circa 40 milioni, con un giro d’affari di oltre sei miliardi e mezzo di euro. Solo su Firenze, gli affitti brevi hanno un giro d’affari di circa 2 miliardi, con un flusso annuale in termini di tassa di soggiorno di circa 70 milioni di euro. Nel 2023 la sola Airbnb ha versato nelle casse comunali della città circa un milione al mese di imposta (14 milioni e 389mila euro) pari a circa il 20% di quanto pagato dai 393 hotel della città. Nel 2022 la piattaforma aveva versato circa 11 milioni di euro su un totale di 43 milioni incassati complessivamente. Stilando una graduatoria sulle mete urbane più colpite dall’overtourism, basata sul numero di notti trascorse nel 2023 da visitatori domestici e stranieri per chilometro quadrato, troviamo al primo posto Dubrovnik, seguita da Venezia e da Macao. Tra le prime quindici posizioni anche Roma (al 13° posto), appena sotto Parigi (12esima). Eppure, il numero di immobili destinati ad affitti turistici, a livello nazionale, è meno del 2% rispetto al patrimonio di immobili vuoti, pari a 9,5 milioni, circa il 27% del parco immobiliare complessivo. Sul lato economico, nel 2023, Firenze, Roma e Napoli hanno fatto segnare il maggiore aumento delle tariffe rispetto al 2019 (oltre 60%), ma è Venezia la città nella quale la tariffa media giornaliera è più alta (209,63 euro). Nella fotografia del 2023 il Comune con più alloggi disponibili resta la Capitale (22.080), in crescita rispetto al 2022, ma ancora indietro rispetto all’anno da primato per il turismo italiano, laddove, nel 2019, gli alloggi disponibili erano oltre 30mila (-31%). A Milano c’è stato infine il maggior aumento dell’offerta per affitti brevi nel passaggio dal 2022 al 2023 (+48%). La prima Regione per sistemazioni per affitti brevi disponibili è la Toscana, dove ammontano a 108mila, un settimo del totale nazionale. La concentrazione di alloggi turistici vede poi al secondo posto la Sicilia con 90mila soluzioni disponibili, pari al 12% nazionale. Terza la Lombardia con 78mila unità, pari al 10% nazionale. Per quanto riguarda il giro d’affari generato dagli affitti brevi, dietro alla Toscana, prima con 1,3 miliardi di euro, si posiziona il Lazio, che, con l’8% di alloggi disponibili, genera il 14% del fatturato totale. Nella sola Capitale, seconda al mondo dopo Parigi per numero di notti prenotate attraverso le quattro piattaforme Airbnb, Booking.com, Tripadvisor and Expedia Group, si è passati da 8.574 milioni di prenotazioni nel 2022 a 11.768 milioni nel 2023. Terza per fatturato la Lombardia con poco meno di 1 miliardo di introiti, seguita da Campania (740mila euro), Sicilia e Veneto, entrambe a 630 milioni. Tra le prime 9 Regioni rientrano anche la Puglia (450mila euro), la Sardegna (410mila euro) e la Liguria (377 milioni). Nel suo complesso il settore, nel 2023, ha fatto registrare 57 milioni di notti prenotate con un fatturato di 7,7 miliardi. Per affrontare l’overtourism, la strada della penalizzazione tout court degli affitti turistici può portare comunque poco lontano. Le soluzioni, anche in termini di leva fiscale, devono avvenire nell’ambito di una cornice nazionale. E che la materia meriti ben altra disciplina lo dimostrano anche i numeri del comparto, laddove, per esempio, solo su Firenze, gli affitti brevi hanno un giro d’affari di circa 2 miliardi, con un flusso annuale in termini di tassa di soggiorno di circa 70 milioni di euro. Moltiplichiamo questi numeri per tutte le realtà italiane e potremo coprire più di una Finanziaria. In ultimo, va segnalato un altro aspetto fondamentale del comparto: la maggior parte degli hotel italiani è affiliata a società estere, che dominano il mercato. Nel 2023 il solo settore alberghiero ha generato 30,5 miliardi di euro di ricavi, di cui 18,3 miliardi relativi a strutture in affiliazione estera, con valore delle fee pagate all’affiliante pari ad almeno 2,7 miliardi (15% del fatturato), tassati prevalentemente all’estero. Il gettito fiscale perso è dunque stimabile in almeno un miliardo di euro l’anno. Ugualmente, le prenotazioni tramite Online Travel Agencies (quasi tutte estere) generano fee che riducono ulteriormente il gettito fiscale in Italia di circa un altro miliardo di euro l’anno. Quindi, il costo del nostro assetto del settore turistico-alberghiero per il Sistema Paese può essere stimato in una perdita di circa 2 miliardi annui di entrate per il fisco nazionale (senza considerare i miliardi di euro non versati delle grandi piattaforme telematiche con sede all’estero). Eppure, non ci sarebbero particolari vincoli che impediscano lo sviluppo di un operatore turistico nazionale di rilevanza internazionale. E questo, anche considerato che l’Italia è al quinto posto nella classifica degli arrivi dall’estero.Il tema dunque è che il turismo, almeno rispetto alle potenzialità, lascia ancora poca (e maldistribuita) ricchezza in Italia, ma garantisce il 100% delle esternalità negative a carico di tutti i cittadini. Bisogna in sostanza limitare il livello di appropriazione privata dei benefici e rafforzare la ricaduta in termini di redistribuzione delle risorse su tutti gli abitanti delle località a vocazione turistica. Bisogna fermare la degenerazione del turismo, non il turismo.
(Adnkronos) - Accelera la fusione del ghiacciaio della Marmolada, al ritmo attuale entro il 2040 non esisterà più. A fare il punto è Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con Cipra Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, che oggi conclude il suo viaggio sull’arco alpino con la sesta tappa sulla Marmolada diffondendo i dati sullo stato di salute del ghiacciaio e informando i cittadini sugli effetti della crisi climatica ad alta quota. "Il ghiacciaio della Marmolada, il più grande delle Dolomiti, è ormai un ghiacciaio in coma irreversibile - spiega Legambiente - Dal 1888 è arretrato di 1.200 metri e con un innalzamento della quota della fronte di 3500 metri. Negli ultimi cinque anni il ghiacciaio ha perso ben 70 ettari di superficie, ossia pari a 98 campi da calcio passando da circa 170 ha del 2019 ai 98 nel 2023. A questo ritmo entro il 2040 il ghiacciaio della Marmolada non esisterà più. Una condanna a morte che condivide con i due ghiacciai più grandi delle Alpi, quello dell’Adamello, situato tra Lombardia e Trentino, e quello dei Forni, in Lombardia, tutti e tre posti sotto i 3500 metri e segnati da perdite di spessore importanti". "Misure sulle condizioni superficiali dei ghiacciai indicano che il ghiacciaio della Marmolada e dei Forni hanno picchi di perdita di spessore a breve termine rispettivamente di 7 e 10 cm al giorno; mentre per il ghiacciaio dell’Adamello le misurazioni a lungo termine rilevano che la perdita di spessore derivata dalla fusione glaciale permette di camminare oggi sul ghiaccio derivato dalle nevicate degli anni '80", spiega l'associazione. Il ghiacciaio della Marmolada è un "super osservato speciale da Carovana dei ghiacciai che ha fatto tappa sulla Regina delle Dolomiti già nel 2020 e nel 2022 per poi tornarci nel 2024. Quello che emerge è un ghiacciaio in forte sofferenza: se 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari, ed era grande come 700 campi da calcio, dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore all’80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. Nel 2024 lo spessore massimo è di 34 metri. L’accelerata della fusione del ghiaccio ad alta quota sta lasciando il posto ad un deserto di roccia bianca, levigata da quello che un tempo era il grande gigante bianco, e prendono vita nuovi ecosistemi". “Le Alpi sono un luogo fondamentale a livello nazionale ed europeo, ma sono anche sempre più fragili a causa della crisi climatica che avanza. Il ghiacciaio della Marmolada - dichiara Vanda Bonardo responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia - ne è un esempio importante e con Carovana dei ghiacciai abbiamo raccontato la sofferenza di un ghiacciaio morente, segnato da un’accelerazione del processo di fusione che ha numeri impressionanti e che richiede risposte urgenti a partire da una governance sostenibile del territorio. Per questo abbiamo sottoscritto il Manifesto per Un’altra Marmolada per una fruizione sostenibile della montagna presentato da Climbing For Climate”. “Con Carovana dei ghiacciai, che con questa tappa conclude la sua quinta edizione, non solo è importante conoscere e capire cosa sta accadendo ad alta quota, ma anche che impatti sta avendo la crisi climatica in queste aree montane e che ripercussioni sta provocando a valle. La conoscenza, unita alla ricerca scientifica - commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente - devono però essere accompagnate anche da politiche di adattamento e di mitigazione, e da interventi su scala nazionale e locale, coinvolgendo anche le comunità locali. Per questo riteniamo sempre più urgente l’attuazione, accanto alle politiche di mitigazione, di un efficace piano di adattamento nazionale alla crisi climatica, a partire dalle zone più vulnerabili, come l’alta montagna". “I dati glaciologici sulla Marmolada rendono questo ghiacciaio emblematico per la sofferenza di tutti i ghiacciai alpini - dichiarano Valter Maggi e Marco Giardino, rispettivamente presidente e vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano - Si tratta di un corpo glaciale scarsamente alimentato che soffre a causa della pressione climatica e antropica. Le trasformazioni ambientali si stanno ripercuotendo su questo ambiente glaciale e dobbiamo tenerne conto sia per i ghiacciai sia per le aree circostanti”.