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(Adnkronos) - "Non sono d'accordo con l'idea di mettere un limite di età all'uso di smartphone e social". Questi strumenti sono "dannosi se assunti alla 'dose' sbagliata, per un tempo eccessivo", ed è su questo parametro che occorrerebbe intervenire. "E' lo stesso concetto che si applica all'uso dei farmaci: alla dose giusta e con opportune modalità di somministrazione fanno bene, in caso contrario possono essere anche mortali". E' la riflessione del pediatra Italo Farnetani, che interviene nel dibattito suscitato dalla petizione lanciata su 'Change.org' da un gruppo di esperti (pedagogisti, psicoterapeuti e altri) che invocano uno stop dell'uso dello smartphone sotto i 14 anni d'eta e dei social sotto i 16. Per Farnetani la fruizione di smartphone e social va piuttosto "gestita nel modo giusto sia da parte delle famiglie sia della scuola - evidenzia all'Adnkronos Salute - Non si deve cioè creare un 'proibizionismo' aspecifico, ma insegnare ai bambini l'uso responsabile, consapevole e documentato di tali strumenti. Inutile vietare qualcosa che ormai è divenuto non solo uno strumento della vita quotidiana, ma è entrato nello stile di vita delle persone, delle famiglie e della società, con indubbi vantaggi. Sono strumenti che rappresentano una forma di socializzazione e incontro, una modalità aggiuntiva per vivere il gruppo dei coetanei e sappiamo quanto sia importante, durante l'infanzia e l'adolescenza, conoscersi e identificarsi nei coetanei per poter verificare che la crescita, le modificazioni nel proprio corpo, nell'affettività, nei gusti, nelle preferenze, sono le stesse che presentano altre persone della stessa età. E' meglio di persona, ma quando non è possibile, va bene anche potersi confrontare attraverso i social. Come è avvenuto durante la pandemia di Covid-19". Un adolescente, continua il professore ordinario di Pediatria dell'università Ludes-United Campus of Malta, il gruppo dei pari lo incontra "a scuola, qualche volta facendo sport o nei parchi pubblici" quindi all'aperto, nel verde, "ma potresti confrontare con altri coetanei è sempre positivo purché" la modalità virtuale "non diventi una modalità esclusiva di incontro, di conoscenza, e per troppo tempo. Ecco perché a mio avviso, anziché mettere un divieto aspecifico legato all'età, sarebbe importante che i genitori creassero alternative di incontro" per i loro ragazzi, "oltre a insegnare loro a usare la rete e i supporti elettronici. E infine è ovvio che smartphone e social non devono divenire una baby-sitter". L'esperto offre dunque "3 consigli per rendere questi strumenti un aiuto per la crescita dei minori". Il primo suggerimento del pediatra è per i genitori: "Anziché 'nascondere' il problema, è più utile avere un dialogo con i figli quotidiano e continuativo" su questo fronte. Il confronto e la condivisione" devono essere "uno stile di vita familiare. Vale per tutti gli aspetti educativi e di relazione con i figli". Se è così, "quando inizieranno a usare lo smartphone e successivamente i social, sarà naturale per loro rivolgersi ai genitori per chiedere consigli chiarimenti e sciogliere i dubbi. Diversamente, con il proibizionismo" si rischia che "i figli si trovino senza supporto. Dunque il primo consiglio è quello di non lasciare soli i figli, ma aiutarli nell'ambito di una consuetudine al dialogo. In questo modo sarà più facile fargli conoscere i tranelli, i rischi, insegnare loro il modo giusto di usare social e smartphone". Il secondo consiglio riguarda la gestione del tempo: "Facciamo usare lo smartphone e anche i social, ma per un tempo ben determinato e soprattutto creiamo occasioni per riempire il tempo libero lasciato dalla scuola - esorta Farnetani - Far fare sport ai bambini e agli adolescenti è per esempio un modo di promuovere la salute fisica e occasione per aggregarsi, per uscire di casa e incontrare coetanei. Smartphone e social devono essere un integratore di socialità, non rappresentare un modo di chiudersi in casa e isolarsi dal mondo reale". Altro momento da proteggere è il sonno, continua. "Da anni parliamo di 'cyber-insonnia', perché l'uso di supporti elettronici prima di dormire, ancora peggio se distesi a letto, disturba l'addormentamento. Non vanno usati nemmeno durante i pasti". Il terzo consiglio è di fare "scuola di smartphone e social. Come ci vuole la patente di guida, e per ottenerla serve fare scuola guida, non si capisce perché si debba lasciare al fai-da-te l'uso di questo strumento ormai divenuto componente essenziale della vita quotidiana. La 'scuola di smartphone e social', è ovviamente in primo luogo compito dei genitori a livello familiare, ma è importante che la società affronti dei percorsi di formazione, come ormai avviene per ogni settore, anche rivolgendosi a personale esperto come informatici, Polizia postale, insegnanti opportunamente formati. Un percorso di formazione che deve iniziare già dai bambini più piccoli e fra i banchi, dove fino a 16 anni, cioè il periodo della scuola dell'obbligo, possiamo raggiungere tutti i ragazzi. Questa formazione, che non si sostituisce al ruolo della famiglia ma ne integra la potenza, può essere messa in campo non solo dalla scuola, ma anche dalle associazioni di volontariato e del Terzo settore".
(Adnkronos) - La Generazione Z, i nati tra il 1997 e il 2012, sta entrando nel mondo del lavoro con una visione e delle aspettative uniche, plasmate da un'era di tecnologia e digitalizzazione. Ne ha parlato Filippo Pantalena, ceo & founder di Atheljo B.V., una startup nata dall'incontro tra professionisti del settore per dare un nuovo orientamento al mondo delle agenzie per il lavoro. Atheljo si pone sul mercato come partner per aziende in cerca di talenti e candidati che vogliono valorizzare le loro competenze, offrendo un servizio di recruiting mirato per raggiungere il successo lavorativo. Nei confronti dei giovani, si pone con un’attenzione particolare preparando le aziende ad affrontare le mutazioni dei candidati, perché in futuro saranno i giovani di oggi ad occupare i posti di lavoro e i ruoli dirigenziali. In in occasione dell'undicesima edizione di Farete, l'evento di Confindustria Emilia progettato per favorire opportunità per sviluppare nuove relazioni professionali e creare occasioni di business, che si è svolto pochi giorni fa, a Bologna. tavolo dei relatori, Filippo Pantalena e Marco Barone, co-founder e vicedirettore di Siamo Zeta, il media di informazione della Gen Z, hanno dato vita a un interessante confronto esplorativo su come le aziende possono affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte da questa nuova generazione di lavoratori. La Generazione Z è la prima generazione cresciuta in un mondo immerso nella tecnologia che non conosce un'epoca senza dispositivi elettronici e cellulari. Questo influisce profondamente sulle loro aspettative lavorative. Sono nativi digitali con una predisposizione innata per il multitasking e la capacità di apprendere rapidamente attraverso canali alternativi come video online e corsi digitali. Questa generazione è abituata a un ritmo accelerato di apprendimento e a una cultura del lavoro che valorizza la flessibilità e l'innovazione. Tuttavia, il mercato del lavoro attuale non sempre risponde a queste aspettative. La Generazione Z cerca autonomia e flessibilità. Sono abituati a gestire la loro vita attraverso il telefono e desiderano applicare questa stessa flessibilità al lavoro. Non vogliono essere vincolati a orari rigidi o a una presenza fisica costante in ufficio. La possibilità di lavorare da remoto e di avere un equilibrio tra vita lavorativa e personale è fondamentale per loro. Inoltre, la Generazione Z è consapevole della difficile situazione economica e delle sfide legate alla stabilità lavorativa. "Sono cresciuti - sottolinea Filippo Pantalena - con l'idea che il lavoro potrebbe non essere sempre garantito quindi, oltre alla flessibilità, cercano anche un ambiente di lavoro che offra opportunità di crescita e riconoscimento”. Spiega ancora Pantalena: “Le aziende, specialmente le pmi, devono adattarsi per attrarre e trattenere talenti della Generazione Z. Molti imprenditori ancora operano con modelli tradizionali e Atheljo si impegna a supportare le aziende nell'adottare pratiche più moderne e inclusive. “Vogliamo aiutare le imprese a creare ambienti di lavoro che non solo rispondano alle esigenze dei giovani, ma che li facciano sentire veramente parte della squadra". Atheljo è nata per porsi come intermediario cruciale tra giovani e aziende: "Il nostro compito è duplice: aiutiamo i candidati a capire le dinamiche aziendali e a prepararsi adeguatamente per i colloqui, mentre guidiamo le aziende nella creazione di percorsi di crescita per i nuovi assunti"; prosegue il ceo Pantalena. "Non vogliamo essere semplicemente fornitori di mano d'opera, ma partner nel costruire carriere e nel migliorare le pratiche aziendali." Pantalena riconosce che ci sono sfide significative. "Molti giovani si trovano a dover affrontare situazioni in cui le loro competenze non sono riconosciute o valorizzate. Per esempio, le esperienze di stage spesso sono mal retribuite e non sempre offrono reali opportunità di crescita. E' essenziale che le aziende trattino gli stage come un investimento nel futuro e non come una mera fonte di lavoro a basso costo". In sintesi, la Generazione Z porta con sé nuove aspettative e sfide per il mercato del lavoro. Tuttavia, con il giusto supporto e le giuste strategie, sia le aziende che i giovani possono trarre vantaggio da questa transizione. Conclude Pantalena: "Il nostro obiettivo è costruire ponti tra generazioni diverse e creare ambienti di lavoro che siano stimolanti e gratificanti per tutti". Atheljo si impegna a facilitare questo processo, lavorando a stretto contatto con le aziende e i candidati per promuovere un'integrazione armoniosa e produttiva nel mondo del lavoro.
(Adnkronos) - Nuovo calore pulito dal termovalorizzatore Rea Dalmine per ampliare il teleriscaldamento A2A di Bergamo. Dal prossimo autunno, A2A Calore e Servizi potrà così portare calore pulito in città, riscaldando fino a 11mila appartamenti in più, grazie al calore di scarto dell’impianto Rea Dalmine. Il progetto, avviato nel 2019 con la stipula dell’accordo tra le due società, è arrivato a conclusione ed è stato presentato oggi. “Il completamento di questo progetto rappresenta un traguardo strategico di assoluta rilevanza per il Gruppo Greenthesis e per l’intero territorio. Il recupero di calore dal nostro impianto di termovalorizzazione è la dimostrazione concreta di come l’innovazione tecnologica e la sostenibilità possano convergere per generare valore, ridurre lo spreco di risorse e promuovere una gestione più efficiente dell’energia - ha spiegato il presidente di Rea Dalmine Marco Sperandio - Questo intervento non solo contribuisce ad aumentare la resilienza energetica della città di Bergamo, ma rappresenta un notevole vantaggio ambientale: grazie al recupero di calore, evitiamo l’immissione in atmosfera di circa 15mila tonnellate di CO2 all'anno. Il nostro impegno, reso possibile attraverso una solida collaborazione con A2A, dimostra la nostra capacità di rispondere efficacemente con soluzioni concrete alle sfide che il tempo presente ci pone davanti, contribuendo in modo significativo agli obiettivi di decarbonizzazione”. “Nel recente studio che abbiamo elaborato con Ambrosetti, 'Sostenibilità urbana. Decarbonizzazione, elettrificazione e innovazione: opportunità e soluzioni per città future-fit', è emerso in maniera evidente come il teleriscaldamento sia una delle leve più efficaci per decarbonizzare le città - ha commentato l’ad di A2A Renato Mazzoncini - Un teleriscaldamento di nuova generazione, che non utilizza fonti fossili ma cascami termici. Il recupero di calore è infatti uno dei pilastri dello sviluppo sostenibile che A2A sta perseguendo in tutte le sue filiere. Stiamo lavorando affinché il teleriscaldamento utilizzi sempre più il calore di scarto dei grandi impianti industriali, termovalorizzatori, ma anche acciaierie e data center, per riscaldare e rinfrescare le abitazioni senza produrre ulteriore CO2. Con il collegamento a Rea Dalmine, Bergamo potrà ampliare la propria rete grazie a calore pulito: un contributo importante per vincere la sfida del Climate City Contract e raggiungere la neutralità climatica già nel 2030”. Il progetto si è articolato su tre livelli di intervento: la realizzazione della sezione cogenerativa presso il termovalorizzatore di Dalmine, in modo che l’impianto possa produrre non solo energia elettrica ma anche calore da cedere alla rete del teleriscaldamento; la posa di una dorsale di oltre 5,6 chilometri per portare il calore da Dalmine a Bergamo e, da lì, nei nuovi quartieri cittadini raggiunti dalla rete; il potenziamento della stazione di pompaggio all’impianto A2A di via Goltara, in città, dove è stato anche realizzato un nuovo accumulo termico, un grande serbatoio in grado di immagazzinare 5mila metri cubi di acqua calda per gestire al meglio il calore in arrivo da Rea e distribuirlo nel territorio urbano. Il risultato è un aumento di circa il 50% del calore disponibile per il teleriscaldamento di Bergamo, che significa un aumento in 5 anni di 2,6 milioni di metri cubi di volumetria riscaldata. Il termovalorizzatore Rea Dalmine, impianto modello del Gruppo Greenthesis, tratta ogni anno 150mila tonnellate di rifiuti. Con il nuovo assetto cogenerativo, costituito da una nuova turbina e da uno scambiatore di calore, a parità di rifiuti trattati, oltre a produrre 95mila MWh elettrici all’anno sarà recuperato calore pari a 90mila MWh termici, oggi in gran parte dissipati in atmosfera. In questo modo il rendimento di conversione energetica dell’impianto passerà dal 27% a oltre l’80%. Il collegamento di 5,6 chilometri per portare il calore Rea in via Goltara ha visto l’attraversamento dei comuni di Dalmine, Lallio e Bergamo, con la posa di una doppia tubazione. Questa specifica opera ha potuto contare su un finanziamento ottenuto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di 3,8 milioni di euro, visto che l’intervento consente di ampliare la copertura e la capacità di servizio della rete di teleriscaldamento e aumentare il numero di utenze allacciabili. Dopo l’accordo sottoscritto nel 2019 e i tempi tecnici per le autorizzazioni, i lavori di posa della nuova rete sono iniziati nel 2022 e si sono conclusi nelle scorse settimane. Nel complesso, il progetto ha comportato un investimento di circa 30 milioni di euro, di cui oltre 20 per la realizzazione del collegamento con la rete del teleriscaldamento e per le opere alla centrale Goltara (accumulo e sistema di pompaggio), di competenza di A2A Calore e Servizi; e di circa 9,5 milioni per la realizzazione della nuova sezione cogenerativa, di competenza di Rea Dalmine. Oggi il sistema di teleriscaldamento di Bergamo si sviluppa per oltre 87 chilometri, riscalda circa 37mila appartamenti equivalenti evitando l’emissione in atmosfera di 20mila tonnellate di CO2. Con il calore recuperato da Rea Dalmine, sarà possibile servire ulteriori zone della città come i quartieri Colognola, Malpensata e San Tomaso, la nuova area ChorusLife oltre alla zona dello stadio, compreso il nuovo Gewiss Stadium. In 5 anni, A2A Calore e Servizi prevede di ampliare la rete di altri 22 chilometri, con benefici ambientali ed economici per le famiglie. Grazie al recupero di calore da Rea Dalmine, verranno spente 11mila caldaie, eliminando la stessa quantità di CO2 che eliminerebbe un impianto di 25mila pannelli fotovoltaici. La nuova estensione del teleriscaldamento consentirà di diminuire le emissioni di anidride carbonica di circa 15mila tonnellate all'anno. Per tutte queste ragioni, il progetto A2A-Rea Dalmine è inserito nelle azioni previste dal Climate City Contract di Bergamo. Il capoluogo orobico è infatti tra le 100 città europee (9 italiane) che hanno aderito alla missione della Commissione Ue per raggiungere la neutralità climatica entro il 2030.