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La minaccia dei dazi Usa pesa sull'Europa ma intanto gli affari di Trump vanno a gonfie vele

(Adnkronos) - Dopo la lettera del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che prevede dazi al 30% per Europa e Messico dal primo agosto, le principali borse europee stanno continuando a contenere le perdite. Un vero e proprio boom, invece, lo registrano le ...

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Assolavoro formazione: "3 aziende su 4 finanziano corsi con risorse proprie"

(Adnkronos) - Solo il 35,7% degli adulti tra i 25 e i 64 anni prende parte a percorsi di istruzione o formazione (formale o non formale), con un divario di undici punti rispetto alla media europea. I giovani tra i 18 e i 24 anni partecipano meno dei coetanei europei (70% ...

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Fire: "Nuovo record nel 2024 per le nomine di energy manager"

(Adnkronos) - Nuovo record per gli energy manager, l'esperto in gestione dell'energia, nel 2024: sono 2571 le nomine totali (+19% tra il 2014-2020 e +4% 2020-2024) di cui 1752 da soggetti obbligati (+17% 2014-2020 e +3% 2020-2024). Questi i dati del Rapporto ufficiale sugli energy manager ...

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La minaccia dei dazi Usa pesa sull'Europa ma intanto gli affari di Trump vanno a gonfie vele

(Adnkronos) - Dopo la lettera del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che prevede dazi al 30% per Europa e Messico dal primo agosto, le principali borse europee stanno continuando a contenere le perdite. Un vero e proprio boom, invece, lo registrano le criptovalute in particolare il bitcoin che oggi, lunedì 14 luglio, è volato sopra i 122 mila dollari, in progressione di oltre il 3,6%. Anche il meme coin di Trump, il token $Trump, sta beneficiando del buon andamento: attualmente guadagna lo 0,52% a 9,74 dollari. Nelle ultime 24 ore sono stati scambiati meme coin per oltre 500 milioni di dollari. Il meme coin $Trump ha avuto un andamento altalenante dal suo lancio a gennaio, raggiungendo un picco di 15 miliardi di dollari di market cap nel suo primo giorno di negoziazione, prima di scivolare bruscamente a circa 2 miliardi di dollari a luglio. Il token complementare $Melania, invece, è crollato di oltre il 90% dal prezzo di offerta di gennaio a meno di 141 milioni di dollari. Ma questo tipo di volatilità dei prezzi è stata positiva per gli affari. Il codice del token $Trump indirizza automaticamente una commissione da ogni transazione ai portafogli legati ai suoi creatori. Solo tra gennaio e aprile, secondo Chainalysis, questi portafogli hanno raccolto più di 324 milioni di dollari in ricavi da trading. Da allora la società di analisi blockchain ha smesso di tracciare questa metrica. Secondo quanto riferiva nei giorni scorsi 'Bloomberg' Donald Trump ha guadagnato oltre 620 milioni di dollari in pochi mesi grazie alle criptovalute: queste cripto ora rappresentano una parte importante del patrimonio del presidente degli Usa che è stimato a circa 6,9 miliardi di dollari. Con la World Liberty Financial (Wlf), la piattaforma cripto lanciata nel settembre del 2024, Trump ha guadagnato 390 milioni di dollari attraverso la vendita di token Wlfi. La società ha anche guadagnato 100 milioni di dollari dopo un accordo tra Mgx e Binance per l'utilizzo della stablecoin in dollari di Wlf, Usd1. Il meme di Trump, lanciato al momento del suo insediamento a gennaio, gli ha permesso di guadagnare 150 milioni di dollari grazie al suo prezzo alle stelle, anche se ora è scambiato per l'88% al di sotto del suo record di prezzo. Infine, con la vendita di diverse delle sue collezioni Nft (token non fungibili) dal 2022, Donald Trump ha incassato 7 milioni di dollari. Sebbene Usd1 sia attualmente valutato a 2,2 miliardi di dollari, Bloomberg stima che la piattaforma sarà in grado di generare fino a 100 milioni di dollari di entrate da questa stablecoin quest'anno. Allo stesso modo, la famiglia Trump ora possiede il 20% di una società di mining, American Bitcoin, che ha recentemente raccolto 220 milioni di dollari da investire in attrezzature per il mining. Secondo un documento pubblicato dalla Casa Bianca a giugno Trump ha incassato molto dalla vendita di prodotti personalizzati. L’azienda 45 Footwear ha per esempio pagato 2,5 milioni di dollari a Trump per poter apporre il suo marchio su sneaker e profumi. Il gruppo The Best Watches on Earth ha invece sborsato 2,8 milioni per la licenza per gli orologi. La Lma Productions ha versato in totale oltre 2,3 milioni al presidente per poter mettere il suo nome su una bibbia e su chitarre che, se autografate, arrivano a costare 11,500 dollari. Diversi editori hanno infine speso somme variabili da 250 mila a tre milioni di dollari per poter stampare libri come Letters to Trump, Save America e A Maga Journey. Il Mar-a-Lago Club in Florida ha anche permesso di ricavare poco più di 50 milioni di entrate per Donald Trump. Ma non solo. Anche i suoi tre golf club gli hanno permesso di aumentare le sue entrate. Con Jupiter, Doral e West Palm Beach ha registrato ricavi per quasi 220 milioni di dollari. Trump ha anche ricevuto 6.484 dollari di pensione mensile dalla Screen Actors Guild (Sag), che rappresenta gli attori di Hollywood. Il presidente Usa ha inotre incassato circa 11 milioni di dividendi dai suoi numerosi investimenti in fondi e società quotate come Caterpillar, Charles Schwab e l’italiana Cnh Industrial.

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Assolavoro formazione: "3 aziende su 4 finanziano corsi con risorse proprie"

(Adnkronos) - Solo il 35,7% degli adulti tra i 25 e i 64 anni prende parte a percorsi di istruzione o formazione (formale o non formale), con un divario di undici punti rispetto alla media europea. I giovani tra i 18 e i 24 anni partecipano meno dei coetanei europei (70% vs. 79,8% media Ue), mentre i disoccupati sono i più penalizzati: solo l’11,9% accede a percorsi legati al lavoro, contro il 28,9% in Francia. Su oltre 15 milioni di lavoratori dipendenti presi in considerazione, 11,8 milioni di occupati non hanno partecipato a corsi di formazione tra il 2022 e il 2023. Pesano, su questi numeri, sia fattori oggettivi che culturali. Il 78% di chi non partecipa alla formazione dichiara di non averne bisogno. La percentuale sale all’81,7% tra gli uomini, mentre tra le donne emergono anche altre motivazioni personali. Il 20,3% avrebbe invece voluto formarsi, ma non ha potuto farlo per motivi organizzativi, economici o familiari. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, la responsabilità dell’accesso alla formazione è percepita soprattutto come individuale, più che come diritto garantito anche dai datori di lavoro o dai servizi pubblici. Nel frattempo, la formazione resta ampiamente autofinanziata dalle imprese. Il 76,8% delle aziende utilizza risorse proprie per formare i dipendenti, una quota che nelle microimprese (1-9 addetti) sale all’81,4%. I Fondi interprofessionali sono utilizzati solo nel 15,4% dei casi, mentre i fondi europei strutturali (6,1%) e le agevolazioni fiscali (5%) restano strumenti poco sfruttati, a causa della scarsa informazione e della complessità burocratica. Il sistema, in alcuni casi frammentato e farraginoso, scoraggia soprattutto le realtà più piccole. Sono queste alcune tra le principali evidenze estratte dalla ricerca 'Il mercato dei servizi per la formazione in Italia' condotta da Assolavoro DataLab, l’Osservatorio dell’Associazione nazionale delle agenzie per il lavoro. Lo studio è stato presentato questa mattina a Milano nel corso dell’Assemblea Pubblica di Assolavoro Formazione da Silvia Ciucciovino, già prorettore dell'Università degli studi Roma Tre, Maurizio Del Conte, professore di Diritto del Lavoro all’Università Bocconi, e Mauro Di Giacomo, responsabile Centro studi DataLab. L’assemblea si è aperta con l’intervento introduttivo di Agostino Di Maio, neoeletto presidente di Assolavoro Formazione, a seguito del quale sono intervenuti: Simone Cappelli del coordinamento Tavolo Formazione, Innovazione e Ricerca della Conferenza Stato Regioni, Natale Forlani, presidente Inapp, Stefano Raia, del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, suor Manuela Robazza, presidente della Fondazione Ciofs Fp Ets e Alessandro Voutcinitch, segretario generale Assolavoro formazione. Il mercato della formazione professionale per adulti ha generato nel 2022 un fatturato di oltre 3,2 miliardi di euro. Il 69,2% di questo valore è prodotto da appena il 6% delle imprese (quelle con fatturato superiore a un milione di euro), mentre il 41,5% delle aziende si ferma sotto i 100mila euro. Una polarizzazione che riflette anche la geografia economica del Paese: Lombardia e Lazio guidano per numero di imprese e volumi economici, con Milano e Roma in testa, seguite da Torino, Bologna, Napoli e Padova. E le aziende fanno la loro parte: il 68,9% delle imprese italiane con più di dieci dipendenti ha attivato percorsi di formazione continua tra il 2022 e il 2023. È un dato che colloca l’Italia sopra la media Ue (67,4%), ma ancora distante da Paesi come Germania (77,2%), Francia (75,9%) e Spagna (73,2%). In termini assoluti più di 804mila imprese hanno offerto opportunità formative ai propri dipendenti, di cui 384mila con percorsi strutturati e le restanti con forme di apprendimento on the job e in affiancamento. Un impegno che riflette la crescente consapevolezza del ruolo della formazione nella competitività e nella tenuta occupazionale, in un contesto profondamente segnato dalla rapida diffusione dell’Intelligenza Artificiale, dalla transizione green, e da importanti squilibri demografici. Se il ruolo delle imprese è sempre più riconosciuto - e i settori ad alta intensità tecnologica come chimica, farmaceutica, public utilities e Ict registrano livelli di formazione più elevati - la partecipazione effettiva dei lavoratori resta un nodo da sciogliere. "La formazione mirata - ha dichiarato Agostino Di Maio, presidente Assolavoro formazione, oltre che direttore generale Assolavoro - che tiene conto delle reali esigenze delle imprese e dell’evolversi del mondo del lavoro, è l’unico vero volano per il futuro, sia delle singole persone, sia del sistema Paese. Ogni euro investito efficacemente in formazione genera un valore doppio o triplo e arriva a valere fino a sette volte tanto nel caso dei giovani". "Occorre mantenere alta la qualità della formazione erogata, superando un approccio talvolta eccessivamente burocratico, fine a se stesso e del tutto inidoneo a tale scopo. Va inoltre definita una strategia univoca nazionale che superi una eccessiva frammentarietà regionale. Abbiamo di fronte la sfida delle nuove politiche attive da mettere in campo, ripartendo dalle luci e dalle ombre di Gol e valorizzando ancora di più una virtuosa sinergia tra pubblico e privato. C’è l’opportunità di affrontare al meglio la nuova programmazione", ha sottolineato. "Le agenzie per il lavoro e le società di formazione che operano nel nostro settore sono da sempre in prima linea, il nostro sistema è riconosciuto un modello sul piano internazionale e grazie alla formazione che poniamo in essere con i fondi privati di Formatemp ogni anno 400mila persone seguono percorsi utili, tanto che poi più di uno su tre accede rapidamente a una reale occasione di lavoro", ha concluso.

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Fire: "Nuovo record nel 2024 per le nomine di energy manager"

(Adnkronos) - Nuovo record per gli energy manager, l'esperto in gestione dell'energia, nel 2024: sono 2571 le nomine totali (+19% tra il 2014-2020 e +4% 2020-2024) di cui 1752 da soggetti obbligati (+17% 2014-2020 e +3% 2020-2024). Questi i dati del Rapporto ufficiale sugli energy manager nominati in Italia, predisposto da Fire e presentato in occasione del webinar 'Presentazione del Rapporto Gli Energy Manager in Italia 2025'. "C'è stato un trend tendenzialmente crescente che si è interrotto solo fra il 2021 e il 2022 a causa della pandemia e della forte riduzione dei consumi registrata in quel periodo - spiega Dario Di Santo, direttore Fire - Appena c'è stata una ripresa, le statistiche sono tornate a salire raggiungendo nuovi record". "Complessivamente abbiamo 1869 energy manager che sono meno delle nomine perché per le realtà medio-piccole spesso un consulente opera per più soggetti, quindi ovviamente non c'è un'equivalenza fra nomine ed energy manager", osserva. Da segnalare "una continua crescita della parte femminile che è arrivata al 12%, era al 10% l'anno scorso, al 7% 3-4 anni fa" e che "un terzo delle nomine viene da soggetti non obbligati che quindi ritengono un energy manager comunque fondamentale per le loro attività". Dal punto di vista dell'inquadramento, "se parliamo dei soggetti che scelgono di nominare un proprio dipendente, vediamo che per il 28% sono dirigenti, per il 34% quadri, per il 38% hanno altre posizioni all'interno dell'azienda. Dopodiché un 33% circa delle nomine riguarda consulenti esterni. L'energia gestita è pari a 95 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio". Di Santo sottolinea nel suo intervento che "usare meglio l'energia conviene non solo in termini di bolletta: c'è la riduzione delle emissioni, sia climalteranti sia nocive, c'è il tema del miglioramento della sostenibilità, che ovviamente è importante per imprese che magari sono sottoposte agli obblighi di reportistica, e c'è il tema del miglioramento dell'uso delle risorse economiche perché chiaramente se uso meglio l'energia riduco i rischi sugli approvvigionamenti, riduco i costi, libero risorse per poter fare altro. D'altra parte in termini sistemici usare meglio l'energia mi consente di ridurre gli investimenti in nuova potenza di generazione, riduce la domanda e la dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti energetici e riduce anche la necessità di intervenire sulle reti di trasporto e distribuzione". Il tutto con una serie di ricadute in termini di "valore degli asset, sicurezza, continuità produttiva, produttività, conformità legislativa o ambiente". Durante il webinar è stata presentata, tra le altre, un'indagine realizzata da Fire sull'uso dell’Ia per l’energy management. Il campione contattato da Fire coinvolge fornitori di tecnologie, esperti del settore e aziende utilizzatrici di media-grande dimensione. "Il 38% delle aziende di taglia medio-grande ha implementato l'Ia nel proprio lavoro. Invece, il 56% sta valutando come può implementarla nei prossimi anni", spiega Yasaman Meschenchi di Fire. Quanto alle aree di applicazione, l'Ia viene impiegata per lo più "per monitoraggio, ottimizzazione dei consumi, manutenzione predittiva, automazione dei processi e gestione delle rete". Tra i benefici indicati, "riduzione dei costi, aumento dell'efficienza energetica, riduzione degli sprechi, riduzione del tempo necessario per fare analisi". Non mancano le sfide come la "mancanza di risorse umane con formazione adeguata e macchinari adatti, e a volte ci sono scetticismo e diffidenza verso l'Ia". In conclusione "i risultati della nostra indagine confermano che l'intelligenza artificiale è una leva strategica per migliorare l'efficienza energetica, per ridurre i costi, accelerare la transizione verso un futuro più sostenibile. Se usiamo bene l'intelligenza artificiale, possiamo sfruttare molto bene l'Ia nel nostro lavoro", conclude Meschenchi.

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