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(Adnkronos) - "L'Iva sulle opere d'arte, cessione e acquisto, scende dal 22 al 5%". E' l'annuncio, fatto oggi, venerdì 20 giugno, dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli, in conferenza stampa. Ha presentato così il provvedimento, dopo il Consiglio dei Ministri in cui è stato approvato "un decreto che fa capo al Mef, che ringrazio per il dialogo proficuo". "E' una notizia che aspettavamo da anni: ora possiamo dire missione compiuta". "Competere ad armi pari - ha affermato il ministro -per gli italiani significa primeggiare. Questa è la seconda notizia, perché finalmente abbiamo allineato agli standard europei il prelievo dell'Iva. Noi da questo momento non soltanto competeremo a darmi pari, potremo finalmente tornare a essere protagonisti nella scena internazionale, cosa che negli ultimi anni abbiamo rischiato di non essere più". "Questo - ha evidenziato Giuli - avrà un impatto economico positivo, estremamente rilevante. Avrà un impatto sulla organizzazione generale del sistema dell'offerta culturale e commerciale delle arti italiane. Misureremo una curva ascendente di successo in termini economici e di reputazione ancora incognita, sebbene già abbiamo dei numeri eccezionali da offrirvi". Scendendo più nel dettaglio Giuli ha spiegato "cosa abbiamo evitato con il regime dell'Iva al 22% e a cosa andiamo incontro con il risultato storico di oggi". Le stime di Nomisma, sottolinea, "ci dicono che mantenendo l'aliquota attuale del 22% il settore avrebbe perso fino al 28% del fatturato complessivo. Per le piccole gallerie le perdite sarebbero state del 50%, cioè sarebbe andato in pezzi non soltanto un settore ma un elemento fondamentale della creatività italiana. Secondo le simulazioni di Nomisma, in un solo triennio, con l'Iva ridotta al 5%, il fatturato complessivo generato da gallerie, antiquari e case d'asta, crescerà fino a raggiungere 1,5 miliardi di euro, con un effetto positivo sull'economia italiana stimato fino a 4,2 miliardi di euro" conclude il ministro. Federculture esprime "grande apprezzamento per l’approvazione in Consiglio dei Ministri della decisione che porterà all’abbassamento dell’aliquota Iva al 5% sulla cessione delle opere d’arte: un passo che pone il nostro Paese perfettamente all’interno della competitività del mercato europeo in linea con i parametri di Francia e Germania, che hanno aliquote rispettivamente al 5,5 e 7%". Apprezzamento viene espresso poi "per il lavoro fatto dagli uffici del ministero della Cultura e dell’Economia e della Finanze, ai cui titolari più volte Federculture aveva rappresentato l’importanza di questa misura, presentando in merito delle proposte dettagliate e articolate. Ringraziamo, quindi, i ministri Alessandro Giuli e Giancarlo Giorgetti dell’ascolto che abbiamo trovato". "La riduzione dell’Iva sui prodotti culturali- a cominciare dalle opere d’arte - è un tema che Federculture ha sempre considerato centrale nella propria attività di rappresentanza e su cui lavoriamo convintamente da anni. L’adozione della misura odierna rappresenta, pertanto, un passo determinante verso l’obiettivo comune: l’applicazione di una medesima aliquota Iva a tutti i prodotti culturali oggi sono soggetti a regimi diversi (i libri ora sono al 4%, i dischi ora al 22%, le mostre e gli spettacoli dal vivo sono ora al 10%, i musei sono esenti Iva e le opere d’arte ora, finalmente, sono al 5%). Come sempre - conclude la nota - rimaniamo a disposizione delle Commissioni parlamentari e dei Dicasteri competenti per continuare a esprimere il punto di vista dei nostri associati e garantiremo la nostra collaborazione a sostegno di tutto il settore culturale". "Esprimiamo grande soddisfazione per la riduzione dell’Iva dal 22% al 5% sulla compravendita e l’importazione di opere d’arte. È un risultato storico, frutto di un impegno corale, e oggi è davvero una giornata importante per tutto il settore" dichiara il Gruppo Apollo, la confederazione che raggruppa tutte le principali associazioni dell’industria dell’arte in Italia, un comparto che – secondo l’ultimo rapporto commissionato dal gruppo Apollo e realizzato da Nomisma in collaborazione con Intesa Sanpaolo, presentato a marzo – vale 1,36 miliardi di euro. "Ringraziamo il ministro della Cultura Alessandro Giuli per aver mantenuto la promessa di intervenire su un nodo fiscale che penalizzava la competitività del nostro mercato rispetto agli altri Paesi europei - continua il gruppo Apollo - Questo provvedimento è il segnale di una rinnovata attenzione alle potenzialità economiche e culturali del settore e rappresenta un passo decisivo per fare dell’Italia un vero hub del mercato artistico in Europa". Il Gruppo Apollo sottolinea, infine, come la sinergia tra gli operatori del comparto – gallerie, case d’asta, collezionisti, professionisti – con le istituzioni, in primo piano il Governo, in particolare il ministero della Cultura e il ministero dell’Economia e delle Finanze e il Parlamento abbia avuto "un ruolo determinante nel raggiungimento di questo traguardo, in recepimento di quanto previsto a livello comunitario dalla direttiva europea 542/2022. Un particolare grazie va ai presidenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato Federico Mollicone e Roberto Marti e l'onorevole Alessandro Amorese per la dedizione e il sostegno dimostrato".
(Adnkronos) - Peoplelink, azienda leader nel settore delle soluzioni per la gestione del capitale umano, si impegna a supportare le aziende italiane nella creazione di ambienti di lavoro più sani, motivanti e produttivi. “Crediamo fermamente che investire nel benessere dei dipendenti e nella loro crescita professionale sia la chiave per contrastare il quiet quitting e costruire un futuro del lavoro sostenibile grazie a due pilar fondamentali: cultura dell’ascolto attivo ed engagement dei colleghi”, ha dichiarato Tiziano Bertolotti, ceo di Peoplelink, che a tal proposito ha stilato un vademecum con 5 consigli pratici per promuovere il benessere sul luogo di lavoro e prevenire il quiet quitting, costruendo un ambiente di lavoro positivo, in primis, per i dipendenti. 1) Riconoscere e valorizzare le persone: premiare i risultati, celebrare i successi (anche piccoli) e dare feedback costruttivi in modo regolare. Le persone hanno bisogno di sentirsi viste e apprezzate per ciò che fanno. 2) Investire nella crescita professionale: offrire formazione continua, opportunità di reskilling e percorsi di carriera chiari. Un lavoratore che cresce è un lavoratore coinvolto. 3) Favorire equilibrio e flessibilità: implementare smart working, orari flessibili e politiche che rispettino la vita privata. Il benessere personale è strettamente legato alla produttività. 4) Coltivare una leadership empatica e trasparente: formare i manager affinché ascoltino, comunichino in modo aperto e costruiscano un ambiente di fiducia e collaborazione. 5) Monitorare e ascoltare il clima aziendale: utilizzare sondaggi, strumenti di ascolto e analisi per capire come si sentono i dipendenti e intervenire prima che il malessere diventi disimpegno. Investire nel benessere dei dipendenti non è più un optional, ma una strategia imprescindibile per attrarre e trattenere talenti, migliorare la produttività e alimentare una cultura aziendale positiva. Con piccoli, ma concreti passi, ogni impresa può trasformare il proprio ambiente di lavoro in uno spazio dove le persone si sentono motivate, valorizzate e pronte a dare il meglio di sé.
(Adnkronos) - "I dati ormai sono disponibili, sia dell'Istat sia dell'Asvis, e dicono che investire in sostenibilità, in economia circolare e in rinnovabili fa aumentare la produttività, la competitività e dunque stimola la crescita economica, non la riduce come alcuni dicono" . Sono le dichiarazioni di Enrico Giovannini, direttore scientifico Asvis, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, e già ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, all’evento 'La transizione energetica. Tra innovazione e conservazione', organizzato a Roma da Wec Italia, Centro Studi Americani e Nazione Futura per promuovere un dialogo tra visioni conservatrici e progressiste dell’ambientalismo, esplorando le sfide energetiche e climatiche nei contesti italiano e statunitense. "Gran parte degli italiani - prosegue Giovannini - crede ancora nella transizione ecologica e nella necessità di lottare contro il cambiamento climatico, ma riceve continuamente messaggi che scoraggiano dicendo che bisogna rinviare, aspettare. Peccato che la crisi ecologica non aspetta le nostre discussioni". C’è attenzione anche per quanto succede all’estero, soprattutto negli Stati Uniti dove Trump ha criticato l’Agenda 2030. "Se gli Stati Uniti non vogliono seguire questa direzione – conclude Giovannini – mi viene da dire peggio per loro a livello economico, ma il loro disimpegno rende la lotta alla crisi climatica molto più difficile. L’Europa, invece, ha confermato i suoi obiettivi: riduzione del 55% delle emissioni al 2030, del 90% al 2040 e decarbonizzazione al 2050. Altre aree del mondo stanno andando in questa direzione perché conviene".