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(Adnkronos) - L'Europa in pressing sull'Iran per favorire una "soluzione negoziale" alla guerra con Israele. Per Donald Trump, che non ritiene di poter fermare Israele, l'impegno dell'Europa è inutile: "L'Iran vuole parlare con me". A Ginevra, va in scena l'incontro tra il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi e i capi delle diplomazie di Germania, Francia, Regno Unito, insieme all'Alto rappresentante della politica estera della Ue, Kaja Kallas. L'Europa, come riferisce la Cnn, chiede "una soluzione negoziale per garantire che l'Iran non ottenga o acquisisca mai un'arma nucleare". I rappresentanti europei "hanno condiviso le loro gravi preoccupazioni in relazione all'escalation in Medio Oriente e hanno ribadito il loro fermo impegno per la sicurezza di Israele. Tutte le parti dovrebbero evitare passi che condurrebbero a un'ulteriore escalation nella regione". "Siamo stati chiari: l'Iran non può avere un'arma nucleare. Siamo pronti a portare avanti colloqui e negoziati con l'Iran", le parole del ministro degli Esteri britannico, David Lammy, che esorta Teheran a "continuare i colloqui con gli Stati Uniti". "Crediamo che non esista una soluzione definitiva con mezzi militari alla questione del nucleare iraniano. La questione sarà risolta attraverso il negoziato", la posizione del ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot. In America, il presidente Trump non sembra molto interessato a ciò che succede a Ginevra. "L'Iran vuole parlare con noi, non con l'Europa. L'Europa non sarà in grado di aiutare in questa situazione", dice, appena arrivato in New Jersey archiviando gli sforzi diplomatici del Vecchio Continente. "Io sto dando del tempo, direi che due settimane sono il massimo", dice facendo riferimento alla 'pausa di riflessione' prima di decidere l'eventuale intervento militare americano. "L'Iran ha accumulato una quantità incredibile di materiale" da utilizzare negli impianti nucleari. "Nel giro di settimane o mesi sarebbero in grado di avere un'arma nucleare, non possiamo consentire che succeda. Chi dice che l'Iran non sta lavorando a un'arma nucleare sbaglia, anche nella comunità della mia intelligence. Chi lo ha detto? Tulsi Gabbard? Si sbaglia", dice smentendo la numero uno della National Intelligence. Trump non comprenderebbe nemmeno il ricorso iraniano al nucleare per usi civili: "L'Iran è seduto su alcuni dei più grandi giacimenti di petrolio, a cosa serve l'energia nucleare? Io sono sempre stato un uomo di pace, ma a volte bisogna usare la forza". La Casa Bianca non ha nessuna intenzione di chiedere a Israele di alzare il piede dall'acceleratore: "E' difficile chiedere di fermarsi a qualcuno che vince. Israele sta andando bene in termini di guerra, è difficile dire a qualcuno di fermarsi. Vediamo cosa succede...". Trump non pensa che Israele possa da solo distruggere l'impianto di Fordow, cuore del sistema nucleare iraniano. Il sito è protetto da una montagna e si sviluppa a 80-90 metri di profondità. Solo la bomba GBU da 13 tonnellate in dotazione agli Usa potrebbe sfondare la 'fortezza': "Hanno una capacità molto limitata. Potrebbero penetrare per una piccola sezione, ma non possono andare davvero in profondità", dice riferendosi alla potenza a disposizione di Israele. Vediamo cosa succede, magari non sarà necessario". Di sicuro, non è contemplato l'invio di truppe di terra: "È l'ultima cosa che si vuole fare". "Il nostro obiettivo è distruggere il programma nucleare iraniano e abbiamo la capacità di farlo", fa eco il premier israeliano Benjamin Netanyahu, durante una visita all'Istituto Weizmann, colpito nei giorni scorsi in un raid delle forze di Teheran. "Non permetteremo che il regime iraniano si doti di un'arma nucleare", dice Netanyahu, in perfetta sintonia con Trump. Israele non ha nessuna intenzione di fermarsi, come spiega chiaramente il capo di Stato maggiore delle forze di difesa (Idf), Eyal Zamir. Il paese, dice, deve prepararsi a una "campagna prolungata" contro l'Iran, necessaria per "eliminare una minaccia di tale portata". In un videomessaggio rivolto alla nazione, Zamir spiega che Teheran ha "costruito per anni un piano chiaro per distruggere lo Stato di Israele", e che negli ultimi mesi "quel piano ha raggiunto un punto di non ritorno". Zamir afferma che al momento dell’attacco l’Iran disponeva di circa 2.500 missili balistici e si avviava a triplicarne il numero entro due anni. "La nostra azione iniziale ha colpito in profondità la leadership nemica, danneggiato componenti del programma nucleare e distrutto circa la metà dei lanciatori missilistici, alcuni dei quali erano pronti al lancio -dice il generale - Abbiamo aperto un corridoio aereo verso Teheran e ottenuto risultati straordinari, nonostante l’allerta iraniana". La distanza rispetto alla posizione di Teheran, espressa a Ginevra dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi, è abissale: "L'Iran è pronto a prendere nuovamente in considerazione la via della diplomazia" solo quando "l'aggressione" di Israele "sarà fermata", dice Araghchi, alludendo a uno stop che non è destinato a concretizzarsi. Il ministro, secondo quanto riporta l'agenzia Isna, esprime "preoccupazioni" per "l'assenza" di condanna degli attacchi israeliani nel meeting di Ginevra. Araghchi, secondo l'agenzia, ha chiarito che l'Iran continuerà "ad esercitare il legittimo diritto di autodifesa contro il regione sionista, con l'obiettivo di fermare l'aggressione ed evitare future situazioni analoghe. Se gli attacchi cessano e l'aggressore viene ritenuto responsabile dei suoi crimini evidenti, l'Iran sarà pronto a considerare la diplomazia".
(Adnkronos) - Il turismo cambia, evolve e si digitalizza. Ma c’era ancora un tassello che mancava all’appello: il deposito bagagli. Certo, ci sono quelli nelle stazioni, ma in città? Dopo il check-out, se il turista ha ancora a disposizione mezza giornata prima di partire, dove trova un posto vicino per lasciare le valigie? E se arriva presto e desidera comunque muoversi liberamente prima di fare check-in in albergo o in appartamento? Un problema tanto comune quanto trascurato, fino a quando Alessandro Seina, imprenditore romano, ha deciso di trasformarlo in opportunità. Così è nata Radical Storage, la piattaforma che consente a chi viaggia di trovare e prenotare online uno spazio sicuro dove lasciare le valigie, per qualche ora o per l’intera giornata, in modo semplice e tracciabile. Oggi Radical Storage conta più di 1.000 destinazioni coperte, con 10.000 depositi attivi in tutto il mondo, dal centro di Londra al cuore di Tokyo, ed è utilizzata da oltre 2 milioni di viaggiatori ogni anno. Ma il vero punto di forza è la rete capillare di partner locali: esercizi commerciali - bar, hotel, negozi - che scelgono di offrire il servizio, trasformando ogni consegna in un’occasione di business. "Il nostro modello è win-win", spiega Seina, Ceo di LeanTeam, la startup che ha dato vita al progetto Radical Storage. "Offriamo un servizio a valore aggiunto ai turisti e generiamo traffico e fatturato per le attività locali. Le persone entrano, lasciano la valigia, e spesso consumano o comprano qualcosa. L’obiettivo è convertire i nostri clienti, in clienti abituali dei nostri partner", sottolinea. Radical Storage rappresenta una vera e propria rivoluzione digitale in un settore rimasto analogico per troppo tempo. In un’Italia dove solo il 45,8% della popolazione possiede competenze digitali di base (contro una media Ue del 55,6%), questa startup ha saputo portare innovazione in modo semplice e accessibile, intercettando il bisogno reale dei viaggiatori globali: vivere le proprie esperienze di viaggio senza lo stress e il peso dei bagagli. Fondata nel 2017 e sopravvissuta in maniera intelligente all’urto della pandemia, Radical Storage ha appena chiuso un round di Serie A da 7 milioni di euro, e si prepara a triplicare la rete di location entro i prossimi tre anni. "Siamo riusciti a portare innovazione in un segmento che nessuno aveva ancora esplorato seriamente. Il deposito bagagli è diventato parte integrante dell’esperienza di viaggio e l’Italia, con il suo enorme flusso turistico, è il contesto ideale per far crescere un servizio come il nostro. Stiamo investendo molto sul territorio per rafforzare la rete, con l’obiettivo di rendere Radical Storage un punto di riferimento per chi visita le nostre città, dai centri storici ai piccoli borghi", commenta Stefano Manzi, Country Manager per l’Italia. Dalla prima esperienza con Airbnb a Roma, quando Seina offriva il proprio ufficio per tenere le valigie degli ospiti, fino alla creazione di una delle piattaforme di travel tech più scalabili del settore, Radical Storage dimostra che anche in un Paese spesso considerato restio al cambiamento digitale, l’innovazione può nascere e prosperare. "Siamo partiti da un’esigenza semplice: dove lascio la valigia?. Ma abbiamo scoperto un intero settore ancora da costruire. Tra l’altro, il nostro servizio viene sempre più utilizzato anche per grandi eventi: partite di calcio, gran premi di formula uno, concerti, fiere ecc.. Abbiamo custodito oltre 5 milioni di valigie e possiamo dire con certezza che il deposito bagagli è l’ultimo grande tassello digitalizzato del turismo urbano. In questo nuovo scenario, Radical Storage è di certo il protagonista indiscusso", conclude Seina.
(Adnkronos) - Nel 2024 in Italia, in base ai risultati dello studio effettuato da Plastic Consult, società indipendente che svolge studi e analisi di mercato nel settore delle materie plastiche, l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili è rappresentata da 278 aziende - suddivise in produttori di chimica di base e intermedi (7), produttori e distributori di granuli (22), operatori di prima trasformazione (189), operatori di seconda trasformazione (60) - con 2.913 addetti dedicati, 121.500 tonnellate di manufatti compostabili prodotti e un fatturato complessivo di 704 milioni di euro. Secondo lo studio Plastic Consult, nell'ambito dell'11esimo rapporto annuale di Assobioplastiche, il numero di addetti dedicati, ovvero le risorse che nelle aziende del comparto si occupano direttamente dei prodotti che entrano nella filiera delle plastiche compostabili, è diminuito del 2,2%, passando da 2.980 unità nel 2023 a 2.913 nel 2024. Nel 2024 il numero di imprese ha registrato un calo scendendo a 278 (-3,5% rispetto al 2023). A livello geografico, le regioni con il maggior numero di imprese di trasformazione, classificate per numero di addetti, sono: Veneto (298 addetti dedicati, 27 aziende), Emilia-Romagna (297 addetti dedicati, 21 aziende), Campania (266 addetti dedicati, 19 aziende), Lombardia (185 addetti dedicati, 41 aziende) e Umbria (159 addetti dedicati, 5 aziende). Il fatturato sviluppato dalla filiera è calato nel 2024 a 704 milioni di euro (- 15,4% rispetto all’anno precedente): a pesare su questa flessione è stata un’ulteriore netta riduzione dei listini (materie prime e base chemicals in particolare, ma anche semilavorati e prodotti finiti) che si è progressivamente consolidata nel corso dell’anno passato. Nel 2024 i volumi complessivi dei manufatti prodotti (sia finiti, sia semilavorati) hanno registrato un timido rimbalzo, salendo a quota 121.500 tonnellate (+0,5% rispetto al 2023): prestazione non distante dai risultati dell’aggregato delle termoplastiche convenzionali (polimeri vergini a -0,2%, riciclati pressoché stazionari). A limitare la ripresa dei volumi hanno contribuito in misura decisiva i cali del monouso e dei sacchetti per l’umido. Tra i principali settori applicativi, nel 2024 le maggiori difficoltà sono state incontrate dal comparto monouso (calato di oltre il 10%) - si legge nell'analisi - schiacciato tra la concorrenza sleale dello 'pseudo-riutilizzabile' e dalle importazioni di manufatti compostabili dal Far East. Segno negativo anche per i sacchetti per l’umido. Viceversa, buona progressione del film agricolo, del packaging alimentare e degli ultraleggeri. Dopo un decennio di crescita costante, tra il 2012 e il 2022, l’industria italiana delle bioplastiche ha registrato una pesante inversione di tendenza nell’ultimo biennio. Il fenomeno, tuttavia, non è circoscritto a livello nazionale: secondo European Bioplastics l’utilizzo della capacità produttiva globale di tutte le bioplastiche si è ridotto di 10 punti nel 2024, dal 68% al 58%. Il rallentamento è evidente, anche sotto il profilo degli investimenti: nel 2018, la previsione al 2023 era di una capacità globale a oltre 2,6 mln di ton al 2023, mentre si è fermata a 2 milioni (quasi il 25% in meno delle attese). L’effetto combinato delle tendenze in atto nel 2025 prelude ad una nuova stagnazione complessiva della produzione nazionale di manufatti compostabili: da un lato, l’andamento dei consumi finali, previsti al meglio in lieve incremento, non sarà in grado di incidere sull’andamento del settore. Dall’altro, non arretra, come evidenziato anche nel 2024, la presenza sul mercato di sacchetti illegali (stimata intorno al 27%) e la diffusione dello 'pseudo-riutilizzabile', avverte lo studio. Nel breve termine si rilevano quindi solo limitati segnali positivi, concentrati principalmente nel segmento degli ultraleggeri. Le altre applicazioni restano ancora tendenzialmente in sofferenza. Gli effetti del Ppwr, che nella sua versione finale conferma ampio spazio per il compostabile, saranno misurabili soltanto nel medio termine anche alla luce delle modalità di attuazione dei vari Paesi membri, a partire dall’Italia. “È un quadro in chiaroscuro quello dipinto dall’ultimo rapporto sull’industria delle bioplastiche in Italia - ha commentato il presidente di Assobioplastiche, Luca Bianconi - Dopo un decennio di crescita costante, un 2023 negativo, il 2024 è stato caratterizzato da un timido rimbalzo. A frenare questa ripartenza sono stati fattori distorsivi che denunciamo da tempo: in primis, la competizione sleale da parte dei sacchetti illegali così come da parte delle stoviglie 'pseudo-riutilizzabili' che hanno evidenti ricadute negative sull’attività produttiva nazionale. In parallelo, l’importazione di shopper e manufatti a basso costo e di dubbia qualità dall’Estremo Oriente rappresenta un dumping insostenibile per le nostre imprese”.