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(Adnkronos) - L’Italia, con 2.674 studi clinici condotti dall’inizio del 2022 ad oggi, si colloca al quarto posto nell’Unione europea per numero di clinical trials. Il primo posto, a livello continentale, spetta alla Spagna (3.500) seguita da Francia (3.362) e Germania (2.831). Sono dati abbastanza positivi, se si considera che l’Italia investe ogni anno solo 2,860 miliardi di euro nella ricerca biomedica rispetto ai 22 miliardi investiti complessivamente in ricerca e sviluppo (1,3% del Pil). Occupiamo infatti il 18.esimo posto tra i Paesi Europei e siamo anche tra gli ultimi al mondo. Appena il 39% del totale di queste risorse arriva da finanziamenti pubblici mentre 1,3 miliardi proviene da aziende farmaceutiche (soprattutto per le sperimentazioni cliniche). È il quadro di luci e ombre emerso oggi durante un convegno promosso a Roma da Foce (ConFederazione oncologi, cardiologi ed ematologi). "Il nostro Paese rappresenta da anni un’eccellenza nel campo della ricerca medico-scientifica - afferma Francesco Cognetti, presidente Foce - Esistono tuttavia diversi problemi strutturali sui quali bisogna intervenire al più presto. Oltre alla cronica insufficienza di finanziamenti vi è una forte mancanza di personale specializzato in questo particolare settore: abbiamo bisogno di data manager, infermieri di ricerca, bioinformatici, ricercatori". Inoltre, sono "ancora troppo lunghi i tempi di approvazione per le sperimentazioni - illustra - e vi è la necessità di velocizzare sia le procedure autorizzative che le approvazioni da parte dei Comitati Etici. Tutto ciò si riflette anche in un forte calo della sperimentazione indipendente, cioè quella slegata dall’azienda del farmaco". In questo contesto è "emblematico" l’esempio dell’oncologia "dove ormai solo il 20% degli studi su nuove molecole contro il cancro è no profit mentre il restante 80% è sponsorizzato - sottolinea il professore - Infine abbiamo l’assoluta urgenza di rendere disponibili, il prima possibile, ai pazienti, tutti i vantaggi e le novità apportati dalla ricerca clinica". Come sottolinea Cognetti, "i tempi complessivi dell’accesso dei pazienti ai nuovi farmaci sono attualmente troppo lunghi, anche superiori a 500 giorni dall’approvazione Ema per il passaggio dei prontuari terapeutici regionali. Prioritario deve essere, inoltre, accelerare al massimo tutti i passaggi soprattutto per i farmaci innovativi e orfani ed eliminare i piani terapeutici regionali: questo porterebbe a un azzeramento dei tempi di accesso a livello locale che rappresentano un vero vulnus all’articolo 32 della Costituzione. Purtroppo - riflette Cognetti - non aiuterà certo Aifa la composizione del nuovo Comitato etico nazionale per le sperimentazioni cliniche relative alle terapie avanzate e ad alta innovatività (terapie geniche e cellulari, prodotti di ingegneria tissutale e medicinali di terapie avanzate combinate). Infatti, per quel che riguarda gli indici bibliometrici e il grado di attinenza e appropriatezza della specifica esperienza professionale e clinico-scientifica, i suoi attuali componenti mostrano valori nettamente inferiori rispetto al Comitato precedente". Invita, "nei momenti di crisi economica" a "ottimizzare le risorse, evitare gli sprechi e fare in modo che la ricerca clinica risponda subito ai reali bisogni di conoscenza e di salute di milioni di pazienti", Giuseppe Ippolito, professore International Medical University in Rome. "In un contesto di risorse limitate vanno", oltre "a ridurre la quantità della ricerca duplicativa, o che produce risultati non utilizzabili", si devono evitare "duplicazioni di finanziamenti agli stessi soggetti da parte delle istituzioni pubbliche" e favorire una "maggiore coordinazione". Sulla ricerca traslazionale, l’Italia "attrae purtroppo pochi finanziamenti in termini di venture capital - aggiunge Sergio Abrignani, professore ordinario di Patologia generale Università di Milano - Le farmaceutiche italiane svolgono una grande produzione ed esportazione di farmaci d’estrazione chimica di vecchia generazione e pochissima ricerca e innovazione, tranne le dovute eccezioni, su prodotti biologici per la medicina di precisione: anticorpi monoclonali, proteine ricombinante, farmaci a mRna". In questo contesto, "come avviene in altri Paesi Europei - prosegue - un ruolo potrebbe essere svolto da una maggiore promozione di questo settore da parte della filantropia". La ricerca medica in Italia "risulta quanto mai frammentata sia a livello di finanziamento che di attività - evidenzia Cognetti - Sono complessivamente attivi sull’intero territorio nazionale 54 Irccs sui quali deve vigilare il ministero della Salute. I finanziamenti pubblici nel 2024 che sono saliti ad appena 179 milioni di euro rispetto ai 172 del 2022. Lo scorso anno però non abbiamo registrato un incremento dei trials condotti e dei pazienti coinvolti che si attestano rispettivamente a 7.421 e 61.887. Inoltre - avverte - si corre il rischio concreto di avere sempre più centri a gestire minori risorse finanziarie ed umane con una qualità di attività scientifica insufficiente in circa la metà. Non è assolutamente possibile continuare ad incrementare con nuovi riconoscimenti il numero degli Irccs lasciando praticamente invariato il finanziamento complessivo". Accanto agli Irccs, gli enti pubblici di ricerca (Epr) contribuiscono "in maniera importante alla ricerca biomedica italiana, soprattutto nell’ambito della ricerca traslazionale e preclinica, sia in termini di pubblicazioni scientifiche che di trasferimento tecnologico - sostiene Luisa Minghetti, direttore Coordinamento e promozione della Ricerca dell’Istituto superiore di sanità - Una maggiore integrazione degli Epr nel sistema della ricerca biomedica e la disponibilità di piattaforme nazionali possono dare un nuovo impulso alla ricerca, aiutando a superare la frammentarietà del nostro sistema di ricerca e favorendo l’ innovazione tecnologica. In quest’ottica, l’Iss, unico Epr vigilato dal ministero della Salute, può svolgere un ruolo importante". Ricorda che "la ricerca deve mettere a disposizione dei pazienti tutti i vantaggi possibili in termini di sopravvivenza e qualità della vita”, Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia. “Questo - osserva - non sempre avviene in Italia, soprattutto non in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. I farmaci innovativi infatti non sempre sono subito disponibili in tutti i 21 Sistemi sanitari, anche a causa dei prontuari regionali. Ci troviamo, specie per i farmaci salvavita, di fronte a forti diseguaglianze di accesso, come da anni ribadiamo nel nostro ‘Manifesto Tsm’, dove al punto 3 chiediamo che vengano accelerati i processi di approvazione dei farmaci, affinché siano prescrivibili più rapidamente per garantire a tutte le pazienti le medesime opportunità". Il livello d’eccellenza dell’oncologia italiana "è testimoniato anche dalla sopravvivenza a cinque anni per tutte le forme di cancro - precisa Cognetti - Attualmente si attesta a 59% per gli uomini e 65% per le donne: ma quanto questi sensibili progressi possono durare in assenza di interventi concreti? La ricerca in oncologia si sta concentrando sull’utilizzo delle terapie innovative e dei test molecolari. Una maggiore conoscenza del Dna consente un nostro migliore approccio alla diagnosi e alla terapia di molte malattie tumorali”. Anche in ematologia “stiamo andando sempre di più nella direzione della medicina di precisione - rimarca Paolo Corradini, past president Sie, Società italiana di ematologia - Le cure sono più personalizzate e incentrate sul singolo caso di tumore del sangue e, più in generale, la loro efficacia è decisamente migliorata nel corso degli ultimi anni. Diagnosi e terapie hanno subito una grande innovazione e ci consentono nella maggioranza dei casi una guarigione del paziente. Tutto questo è stato possibile anche grazie alla continua ricerca clinica che deve però proseguire per trovare nuovi e ancora più mirati trattamenti". "Le patologie cardio, cerebro e vascolari rappresentano ancora oggi la causa di morte numero uno in Italia - ricorda Ciro Indolfi, presidente della Federazione italiana di cardiologia - con importanti differenze tra il Nord e il Sud. Solo da un punto di vista economico nel nostro Paese si stimano costi diretti per 42 miliardi di euro all’anno per le malattie cardiovascolari - spiega - ai quali vanno poi aggiunti quelli indiretti nonché ovviamente le sofferenze e le difficoltà per pazienti e caregiver. Nonostante l'angioplastica coronarica abbia ridotto significativamente la morte per infarto, le malattie ischemiche del cuore nell'uomo e nella donna sono la principale causa di morte poiché il 50% di questi pazienti muore precocemente di morte improvvisa prima di potersi ricoverare. È necessario quindi potenziare la ricerca nel campo delle malattie cardiovascolari che oggi, anche grazie all'intelligenza artificiale e ai nuovi farmaci disponibili - conclude - potrebbe portare l'Italia ad un rischio cardiovascolare basso come le vicine nazioni di Francia e la Spagna".
(Adnkronos) - L’Italia ha già percorso più di metà del cammino verso gli obiettivi della Direttiva Case Green per il 2030 e la sfida della transizione energetica nel settore edilizio non è impossibile per il nostro Paese. È quanto emerge dallo studio 'La via italiana alla Direttiva Case Green', realizzato dal centro studi di Fondazione Geometri Italiani in collaborazione con Centro studi sintesi - Cgia di Mestre e Smart Land, che per la prima volta quantifica con rigore metodologico potenzialità e impatti dell'adozione nazionale della Direttiva Epbd iv. Grazie agli interventi di efficientamento energetico realizzati tra il 2020 e il 2024 - principalmente attraverso Superbonus 110% e altre detrazioni fiscali - l'Italia ha già raggiunto una riduzione dei consumi del 9,1% rispetto al target del 16% previsto per il 2030. Manca quindi solo il 6,9% per centrare l'obiettivo. “Questi dati dimostrano che la sfida della transizione energetica nel settore edilizio non è impossibile per il nostro Paese”, commentano il presidente Diego Buono e il vicepresidente Paolo Biscaro di Fondazione Geometri Italiani. “La versione finale della Direttiva Case Green offre flessibilità e pragmatismo: non ci sono obblighi diretti per i proprietari e i criteri di calcolo sono stati rimodulati. Questo ci consente di affrontare la transizione energetica senza preconcetti ideologici, puntando su strumenti concreti e sostenibili”, continuano. "Ringraziamo l'Onorevole Andrea De Bertoldi per sue parole che ribadiscono come la transizione energetica, che si accompagna all'edilizia in tutte le sue espressioni, rappresenta un passaggio fondamentale non solo per la tutela ambientale, ma anche per la crescita della nostra economia nazionale", commentano il Presidente Diego Buono e il Vicepresidente Paolo Biscaro di Fondazione Geometri Italiani. "Questa affermazione, insieme ai dati del rapporto, dimostra che la sfida della transizione energetica nel settore edilizio non è impossibile per il nostro Paese. La Direttiva offre pragmatismo e flessibilità - concludono - consentendoci di affrontare questa sfida con strumenti concreti e sostenibili". Per completare il percorso verso il 2030, lo studio quantifica la necessità di: 84,8 miliardi di euro di investimenti (ca. 14,1 miliardi/anno); 3 milioni di abitazioni da ristrutturare (ca. 505.000/anno); Costo medio per intervento: ca. 28.000 euro. L'impatto economico sarà significativo: gli investimenti genereranno un effetto moltiplicatore di 280 miliardi di euro complessivi, così suddivisi: impatto diretto settore costruzioni: ca. 133,76 miliardi; Impatto indiretto: ca. 44,70 miliardi; Impatto indotto: ca. 101,70 miliardi; valore aggiunto generato: 102,6 miliardi (ca. 17,1 miliardi/anno). Il piano di ristrutturazione energetica rappresenta una straordinaria opportunità occupazionale: circa 1.300.000 unità di lavoro attivate complessivamente, delle quali: circa 800.000 occupate direttamente nel settore costruzioni; circa 480.000 nell'indotto e nei settori collegati. Si tratta di una media di circa 219.000 posti di lavoro/anno, un contributo fondamentale per l'economia nazionale. Lo studio fotografa una realtà preoccupante del patrimonio edilizio nazionale composto da 14,8 milioni di edifici: oltre il 52% del patrimonio residenziale (18,5 milioni di abitazioni) è in classe energetica F o G, di cui 13,5 milioni stabilmente occupate; il 68% delle abitazioni utilizza ancora combustibili fossili per il riscaldamento. Il 9% delle famiglie italiane vive in condizioni di povertà energetica, il dato più alto degli ultimi dieci anni; 24 milioni di abitazioni (68,3% del totale) sono state costruite prima del 1980. Ulteriori criticità emergono dall'analisi socio-economica: 17,9% delle famiglie con spesa energetica elevata rispetto al reddito; 9,9% delle famiglie ha difficoltà a riscaldare l'abitazione; 17% vive in abitazioni con problemi di insalubrità; 20,1% di persone a rischio povertà. Gli investimenti previsti per il periodo 2025-2030 permetteranno di risparmiare 4,68 milioni di tonnellate di CO2/anno, pari a una riduzione del 9% delle emissioni generate dal residenziale al 2020. Attualmente il patrimonio costruito è responsabile del: 42% dei consumi finali di energia nazionale (46.359 Ktep nel 2022); 18,8% delle emissioni nazionali di gas serra (73,5 Mt CO2 eq./anno). Lo studio traccia anche la roadmap per gli obiettivi successivi: 2035, ulteriori 61 miliardi di investimenti (12,2 miliardi/anno) per efficientare altri 2,18 milioni di abitazioni, con un risparmio aggiuntivo di 3,37 milioni di tonnellate di CO2/anno; 2050, completamento della riqualificazione del patrimonio energivoro con due possibili scenari: scenario totale: 371 miliardi di investimenti per 13,3 milioni di abitazioni aggiuntive, scenario selettivo: 230 miliardi per 8,3 milioni di abitazioni occupate stabilmente. Il documento individua quattro ambiti strategici fondamentali per il successo della direttiva: sostenibilità economica degli interventi; incentivi calibrati per fasce Isee con particolare attenzione alle famiglie vulnerabili; sostegno prioritario alle prime case ed esclusione locazioni turistiche; creazione di fondi di garanzia e prodotti finanziari dedicati; maggiori incentivi per abitazioni in classe G con riqualificazione globale. E ancora rimozione degli ostacoli con semplificazione normativa per contesti condominiali complessi; rafforzamento misure per sanare irregolarità edilizie, garanzia di certezza e stabilità normativa per tutta la durata della Direttiva. Innovazione e abitazioni smart: incentivi mirati per sistemi smart e soluzioni digitali, promozione dei "gemelli digitali" degli edifici, formazione specializzata per professionisti del settore. Ruolo di tecnici e professionisti: assistenza tecnica specializzata attraverso sportelli dedicati, creazione di esperti indipendenti certificati, garanzia di competenze adeguate alle certificazioni e qualificazioni. “Abbiamo straordinarie risorse e saperi tecnici che ci consentono di affrontare questa trasformazione con realismo e determinazione", sottolineano per Fondazione Geometri Italiani il presidente Cngegl Paolo Biscaro e il presidente di Cassa Geometri Diego Buono. “È fondamentale costruire strumenti finanziari dedicati alle famiglie vulnerabili, anche grazie al Fondo sociale per il clima che l'Ue attiverà dal 2027. La ricerca dimostra che la 'via italiana' alla Direttiva Case Green è possibile e può diventare un volano per l'economia e l'occupazione nazionale”. Lo studio, realizzato con rigore metodologico utilizzando dati ufficiali Enea, Istat e Ispra, rappresenta il primo studio quantitativo completo sugli impatti della Direttiva Epbd IV in Italia. La categoria dei geometri rappresenta oltre 85.000 professionisti attivi in tutta Italia nei settori dell'edilizia, del territorio e dell'ambiente.
(Adnkronos) - Il 2024 è stato l’anno più caldo per la capitale, indicatori in crescita per tutti i dati che riguardano la temperatura e gli effetti sulle persone, mentre le precipitazioni diminuiscono durante l’anno ma aumentano gli episodi di piogge intense e violente. Per il futuro ci si aspetta un aumento di ondate di calore estive fino al 186% nello scenario intermedio. Dal Primo Rapporto di Monitoraggio Climatico per Roma Capitale, frutto di una collaborazione tecnico-scientifica tra il Cmcc - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e Roma Capitale, emergono informazioni preziose per comprendere l’andamento attuale e futuro degli indicatori climatici. Questo nuovo servizio di monitoraggio nasce con l’obiettivo di fornire dati e strumenti operativi per affrontare in modo concreto e localizzato gli effetti dei cambiamenti climatici sulla città. Il report è il risultato di un percorso pluriennale di collaborazione tra Cmcc e l’amministrazione capitolina, che ha visto Cmcc impegnato sia nel supporto scientifico alla definizione della Strategia di Adattamento Climatico di Roma Capitale, sia nella fase di ascolto pubblico. Il report del Cmcc rivela che il 2024 è stato l'anno più caldo dal 1991 per Roma, con una temperatura media di 19,7°C, superiore di 2,5°C rispetto alla media 1991-2020. I dati evidenziano una situazione critica su tutti gli indicatori: 36 notti torride con temperatura minima superiore a 25°C, quasi 30 giorni in più rispetto alla media storica 1991-2020; 5,4 ondate di calore estive in più rispetto al periodo di riferimento; 53 giornate con disagio termico estremo (temperatura percepita superiore a 45°C), 29 in più rispetto alla media 1991-2020. Il 2024 si è caratterizzato anche come un anno relativamente secco, con precipitazioni totali inferiori alla media, ma con episodi di precipitazioni estreme. Particolarmente anomalo è stato novembre con precipitazioni quasi totalmente assenti, secondo i dati delle stazioni meteorologiche. Questo dato non rappresenta un caso isolato ma si inserisce in una sequenza critica insieme al 2022 e 2023. Tutti e tre gli anni si contraddistinguono per valori elevati sia della temperatura media sia di numerosi indicatori legati al caldo, come le notti tropicali, le notti torride, i giorni torridi e il numero di ondate di calore estive. Le proiezioni climatiche elaborate per il 2050 mostrano un ulteriore peggioramento della situazione secondo tutti gli scenari Ipcc analizzati. Nello scenario intermedio Rcp4.5 ('Forte mitigazione'), i dati mostrano: aumento della temperatura media di 1,5°C rispetto al periodo 1981-2010; +22 giorni di notti tropicali (temperatura minima superiore a 20°C); incremento del 186% delle ondate di calore estive; +12 giorni con disagio termico estremo da combinazione di umidità e temperature elevate. Nello scenario più severo, caratterizzato da elevate emissioni di gas serra (Rcp8.5), la temperatura media potrebbe aumentare di 1,9°C, con 28 giorni aggiuntivi di notti tropicali e un incremento del 243% delle ondate di calore estive. Il servizio di monitoraggio che ha reso possibile il report si basa sulla piattaforma Dataclime, sviluppata dal Cmcc.