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(Adnkronos) - Bambini di campagna più a rischio di ammalarsi di diabete rispetto ai coetanei di città. E' la sorpresa in cui si sono imbattuti Samy Sebraoui, Soffia Gudbjornsdottir e colleghi dell'università di Göteborg in Svezia, autori di uno studio che sarà presentato al Congresso annuale dell'Associazione europea per lo studio del diabete (Easd), in programma dal 15 al 19 settembre a Vienna, in Austria. "Abitare in ambienti rurali, anziché urbani, nei primi 5 anni di vita potrebbe essere un fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 1", è la conclusione dei ricercatori che avanzano un'ipotesi tutta da confermare: "Le infezioni virali più comuni nei bimbi di città potrebbero proteggere da future malattie autoimmuni, incluso il diabete 1". Viceversa, "vivere in campagna potrebbe associarsi a una maggiore esposizione a pesticidi e allergeni, per esempio", che renderebbero più vulnerabili alle patologie a base autoimmunitaria. La Svezia presenta la seconda incidenza più alta di diabete di tipo 1 a livello globale, con variazioni geografiche che suggeriscono fattori di rischio ambientali. Studi precedenti si sono concentrati sulla posizione dei pazienti appena diagnosticati, mentre pochissimi hanno considerato l'indirizzo di residenza alla nascita o prima della diagnosi. Secondo i dati raccolti dagli scienziati, 21.774 tra bimbi e giovani di età compresa fra 0 e 30 anni avevano ricevuto una diagnosi di diabete 1 dal 2005 al 2022. Il 58% erano maschi e circa 3 su 4 under 18 quando la malattia è stata scoperta. L'età media alla diagnosi era di 13,6 anni (uomini 14,1, donne 12,9) e, dalla nascita a prima di riceverla, il 24% dei pazienti si era trasferito in un comune diverso. In base alla posizione dei pazienti alla diagnosi, gli autori hanno identificato 4 cluster geografici in cui il rischio di sviluppare diabete di tipo 1 era del 30-80% superiore rispetto a quanto atteso in base alle medie nazionali: tutti i cluster si localizzavano in campagna, lontano dai centri urbani. Tra i residenti in aree urbane non sono stati osservati cluster ad alto rischio di diabete 1, anzi sono stati riscontrati cluster a basso rischio nelle città più grandi, con una probabilità del 20-50% inferiore di sviluppare diabete 1. Una seconda analisi basata sul luogo di residenza nei primi 5 anni di vita ha identificato 11 cluster ad alto rischio, tutti rurali, con una probabilità di ammalarsi di diabete di tipo 1 aumentata dal 20% a 2,7 volte rispetto alle medie nazionali. Sono stati individuati inoltre 15 cluster a basso rischio, tutti in città, dove le chance di diabete 1 erano del 20-88% inferiori. I cluster ad alto rischio erano caratterizzati da terreni agricoli o coperti da foreste, quelli a basso rischio dominati da terreni urbani e aperti. "Esiste una chiara variazione geografica nell'incidenza del diabete di tipo 1 in Svezia e i primi 5 anni di vita hanno mostrato la più forte associazione con il clustering ad alto e basso rischio", commentano i ricercatori. "I nostri risultati - sottolineano - favoriscono ulteriori ricerche sui fattori ambientali che potenzialmente influenzano lo sviluppo di diabete 1. Ipotizziamo che l'esposizione a fattori ambientali, prevalentemente nelle aree rurali e principalmente durante i primi 5 anni di vita, aumenti il rischio di sviluppare il diabete di tipo 1". "Questi risultati erano precedentemente sconosciuti e inaspettati - aggiungono gli autori - E' stato sorprendente scoprire che vivere in città più grandi comportasse un rischio futuro inferiore di diabete di tipo 1. Studieremo in dettaglio diversi fattori ambientali che potrebbero avere un effetto protettivo o aumentare il rischio. Esamineremo anche i diversi stili di vita nelle aree urbane rispetto a quelle rurali".
(Adnkronos) - "L’accordo ha una sua ragione d’essere perché evita l’applicazione di dazi doppi rispetto a quelli concordati. Per una valutazione più ponderata serve approfondirne i dettagli, capire fino a che punto inciderà sulle nostre esportazioni. Per quanto riguarda l’area napoletana e il Mezzogiorno in generale, i settori su cui l’intesa impatterà maggiormente saranno certamente il farmaceutico e l’agroalimentare. Bisognerà vedere, caso per caso, fino a che punto i dazi colpiranno concretamente le imprese esportatrici o potranno essere riversati, in termini di aumento dei prezzi, sui consumatori americani". Così, con Adnkronos/Labitalia, Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell'Unione industriali Napoli, commenta l'intesa tra Usa e Ue sui dazi al 15%. "Tenendo conto che nel chimico-farmaceutico sono colpite anche aziende Usa attive in Europa, che solo con investimenti enormi e probabilmente non convenienti potrebbero rilocalizzare le loro produzioni nel loro Paese", sottolinea. "Ci attendiamo naturalmente -continua- che l’Unione europea e il Governo italiano, per la loro parte, definiscano misure di sostegno per chi sia stato particolarmente danneggiato dall’aumento delle tariffe. Ad aggravare la situazione c’è la svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, già in atto ma che potrebbe aumentare sensibilmente se la Fed, eventualmente dopo la sostituzione di Powell, dovesse ridurre il costo del denaro. Secondo autorevoli stime, l’esposizione dell’area Ue verso gli Stati Uniti si aggira sui duemila miliardi di dollari. La politica monetaria americana può scaricare sulle aziende europee parte dei costi di un’inflazione non più tenuta a freno. La Bce dovrà in tal caso adottare contromisure adeguate e tempestive", conclude il leader degli industriali napoletani.
(Adnkronos) - Nel 2024 Ferrarelle Società Benefit ha migliorato di 1,9 punti il proprio punteggio nel Benefit Impact Assessment (Bia), raggiungendo 89,6 punti e confermando la traiettoria positiva lungo tutti i criteri Esg. Il valore della produzione ha raggiunto 248 milioni di euro (+4% rispetto al 2023), con oltre 228 milioni di euro (92% del generato) redistribuiti agli stakeholder e 1,5 milioni di euro restituiti alla comunità. Il 92% della spesa complessiva ha coinvolto fornitori italiani e la presenza internazionale. L’azienda è attiva in oltre 40 paesi. Questi i numeri del Bilancio di Sostenibilità 2024 di Ferrarelle Società Benefit. (VIDEO) “Anche nel 2024 abbiamo dimostrato che la sostenibilità non è una narrazione di buone intenzioni, ma un insieme di risultati concreti e misurabili - commenta Cristina Miele, direttrice Amministrazione, Finanza e Controllo e Responsabile della Società Benefit di Ferrarelle - Dalla crescita dell’indice Bia alla riduzione delle emissioni, dalla valorizzazione delle nostre persone alla redistribuzione del valore economico generato, ogni azione riflette la volontà di integrare la responsabilità d’impresa nelle decisioni strategiche quotidiane. Il nostro percorso attraverso la sostenibilità prosegue, raccontando un altro anno di traguardi raggiunti e di nuove sfide che affronteremo con lo stesso rigore e la stessa trasparenza che ci contraddistinguono da sempre”. In continuità con le passate edizioni, Ferrarelle Società Benefit ha voluto rendere il bilancio uno strumento di racconto accessibile a tutti, integrando linguaggi visivi capaci di coinvolgere emotivamente e avvicinare la sostenibilità alle persone. A firmare il progetto artistico di quest’anno è Maurizio Galimberti, maestro della fotografia a mosaico, che attraverso il linguaggio iconico della Polaroid accompagna il lettore in un racconto per immagini fatto di frammenti e visioni. I numeri. Nel 2024, Ferrarelle Società Benefit ha ulteriormente potenziato la propria strategia ambientale, incrementando l’uso di materiali riciclati, migliorando l’efficienza energetica e abbattendo le emissioni. Il 29% del Pet utilizzato è costituito da R-Pet, pari a oltre 5.800 tonnellate, mentre l’acquisto di energia elettrica da fonti 100% rinnovabili ha permesso di evitare circa 9.500 tonnellate di CO2. Con l’entrata in funzione dell’impianto di trigenerazione nello stabilimento di Riardo, sono stati prodotti 77.678 GJ di energia. Il 76% dei rifiuti è stato avviato a recupero, secondo logiche di economia circolare. Continuano anche i progetti di innovazione ambientale in collaborazione con partner universitari e industriali. A testimonianza del proprio impegno ambientale, l’azienda ha anche mantenuto le certificazioni Iso 14001, Iso 22000, Brc e Ifs. Un segno concreto della visione a lungo termine è rappresentato anche dagli investimenti nella Masseria delle Sorgenti Ferrarelle, un’oasi naturale di 145 ettari situata a Riardo, dove l’azienda porta avanti progetti di tutela ambientale, ricerca scientifica e valorizzazione della biodiversità. Capitolo sostenibilità sociale. Ferrarelle ha chiuso l’anno con 428 dipendenti, di cui il 92% con contratto a tempo indeterminato, e ha incrementato la componente femminile dell’organico dell’8%. Ha inoltre ottenuto la Certificazione Uni/Pdr 125:2022 sulla parità di genere, affiancata da policy di diversity, equity e inclusion con azioni concrete su genitorialità, salute mentale (servizio di supporto psicologico gratuito per tutti i dipendenti) e coinvolgimento attivo dei collaboratori. Le ore di formazione sono aumentate del 21%, raggiungendo quota 11mila, con programmi di upskilling e percorsi manageriali. L’impegno sociale si traduce anche nel lavoro della Fondazione Ferrarelle Ets, attiva in ambito educativo, culturale e filantropico. Infine, il valore economico generato dall’azienda ha toccato i 248 milioni di euro, di cui oltre 16 milioni reinvestiti in innovazione, sostenibilità e sviluppo industriale. Di questi, 2,7 milioni di euro sono stati destinati a progetti ambientali e 2,4 milioni a ricerca e sviluppo, soprattutto in ambito di efficientamento e rafforzamento degli standard di qualità e sicurezza. Ferrarelle Società Benefit ha inoltre mantenuto la quarta posizione nel mercato Retail ed è il secondo gruppo italiano a valore nel settore Horeca.