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(Adnkronos) - Il mercato apprezza il buyback di Enel, fortemente voluto da Flavio Cattaneo. L'obiettivo dichiarato, in estrema sintesi, è permettere agli azionisti di aggiungere ulteriore valore alla loro quota azionaria, che si somma ai tradizionali dividendi. Attraverso il buyback e il previsto successivo annullamento delle azioni proprie acquistate nel programma, la società elettrica ha scelto di generare un valore supplementare per gli investitori che hanno puntato sul Gruppo guidato da Flavio Cattaneo. Una strategia che punta a rafforzare la fiducia e l’attrattività del titolo. Il programma di buyback è stato comunicato contestualmente all’approvazione dei conti del primo semestre 2025, che l’azienda ha comunicato a fine luglio, rendendone note le cifre: un esborso complessivo fino a 1 miliardo di euro, entro e non oltre il 31 dicembre 2025, per un numero massimo di azioni in ogni caso non superiore a 495 milioni, equivalenti a circa il 4,87% del capitale della società. L’operazione è stata gradita dagli operatori finanziari, come Barclays. La banca internazionale britannica ha scritto che il riacquisto di azioni proprie permetterà di “ricevere una significativa attenzione positiva, in quanto supera l’importo previsto per il 2025”. Inoltre, sottolinea sempre Barclays, “il sostanziale miglioramento dell’utile netto ordinario del secondo trimestre 2025 di circa il 12% e l’adeguamento della guidance di Enel per l’utile netto del 2025 verso un livello più alto, dovrebbero essere accolti favorevolmente”. E difficilmente potrebbe essere altrimenti. Il riacquisto azionario annunciato dall’utility viene giudicato un segnale piuttosto chiaro della solidità finanziaria della società e della visione di lungo termine dell’azienda amministrata da Flavio Cattaneo e rappresenta una strategia mirata anche a sostenere la direzione industriale. Questa iniziativa, nelle aspettative, non solo offre un beneficio immediato agli azionisti, ma getta anche le basi per una crescita sostenibile del valore nel tempo, consolidando la posizione dell’azienda come impresa resiliente e innovativa nel panorama energetico globale. Al di là di un dividendo già solido (il dividend per share minimo è fissato a 0,46 euro per azione nel 2025), come è noto, un piano di buyback è di norma accolto positivamente dagli investitori, a maggior ragione se viene associato con un successivo annullamento delle azioni acquistate con il programma. Il concetto è semplice: togliendo una “fetta alla torta”, aumenta in proporzione il valore per azione delle rimanenti quote. Una visione strategica che consente di ridurre il numero totale di azioni in circolazione, facendo così aumentare l’utile per azione (EPS), un indicatore chiave della redditività aziendale. A questo si aggiunga che i buyback vengono spesso interpretati come un segnale di fiducia da parte del management, che dimostra di credere nella solidità finanziaria e nelle prospettive di crescita dell’azienda, ritenendo il titolo sottovalutato e con possibilità di ulteriore crescita. Nel caso di Enel, questa operazione rafforza la percezione di stabilità e visione strategica di lungo periodo da parte del gruppo. Il riacquisto, fortemente voluto dal top manager Flavio Cattaneo, ha l’obiettivo di generare anche una spinta diretta alla domanda sul mercato, contribuendo a far salire il prezzo delle azioni, a beneficio degli shareholders esistenti. Come stabilito dall’Assemblea degli Azionisti, che si è tenuta il 22 maggio scorso, ai fini dell’esecuzione del programma di buyback, Enel conferirà l’incarico a un intermediario abilitato che adotterà le decisioni in merito agli acquisti in piena indipendenza, e nel rispetto di limiti giornalieri di prezzo e di volume coerenti con i regolamenti vigenti. L’avvio del buyback, insomma, rappresenta un segnale concreto della fiducia riposta nella traiettoria di crescita di Enel e nella leadership strategica di Flavio Cattaneo. Il Gruppo energetico si è tra l’altro confermato al vertice della classifica italiana di Brand Finance per quanto riguarda la forza del marchio tra le utility. Con un rating AAA+, è la società più attrattiva del settore per i consumatori italiani e, su scala internazionale, al terzo posto al mondo dopo la cinese State Grid e la francese EDF.
(Adnkronos) - "E' ormai evidente lungo tutta la costa italiana: le spiagge sono affollate soltanto la domenica, mentre per il resto della settimana risultano spesso semideserte. Un segnale chiaro che conferma il difficile momento economico che vivono le famiglie italiane e il calo generalizzato del turismo, anche straniero". Lo dichiara Fabrizio Licordari, presidente nazionale di Assobalneari Italia - Federturismo Confindustria. "Secondo una stima condivisa da molti operatori del settore - spiega - la stagione balneare 2025 sta registrando una contrazione tra il 20% e il 30% rispetto agli anni precedenti, sia in termini di presenze che di consumi". "I servizi di somministrazione (bar, ristoranti, noleggio attrezzature) subiscono un calo importante, con consumi ridotti al minimo. L’unica giornata che registra afflusso è la domenica, dove si concentra un turismo 'mordi e fuggi' che non riesce a sostenere economicamente il settore. Il fenomeno è figlio di una condizione economica molto critica. Il caro vita, tra bollette, affitti, carburante, mutui, generi alimentari, colpisce direttamente il potere d’acquisto delle famiglie", prosegue. "Anche in presenza di due stipendi, molte famiglie faticano ad arrivare a fine mese. In queste condizioni, è naturale che le prime spese a essere ridotte siano quelle per svago, divertimento e vacanze. E anche il turismo straniero, soprattutto europeo, sta rallentando, influenzato da uno scenario internazionale instabile, con due conflitti in corso, nuove tensioni commerciali e incertezze economiche che riducono la propensione a viaggiare", avverte. "A risentirne - sottolinea - non sono solo gli stabilimenti balneari, ma tutto il tessuto economico delle località costiere, dove l’indotto del turismo rappresenta una fonte primaria di reddito. Meno turisti significano meno lavoro per bar, ristoranti, negozi, hotel, fornitori locali e attività stagionali". "Le cittadine di mare si ritrovano così con un flusso di visitatori ridotto, che mina la sostenibilità economica di intere comunità. Consapevole del contesto, Assobalneari Italia ha dato indicazione chiara ai propri associati, fin dall’inizio della stagione, di non aumentare le tariffe, ma di prevedere al massimo adeguamenti contenuti, per venire incontro alle difficoltà delle famiglie. Sul territorio nazionale esistono stabilimenti balneari per tutte le fasce di reddito: dal servizio essenziale alla struttura superattrezzata, l’Italia offre soluzioni per ogni esigenza", fa notare. "In questo scenario delicato, è necessario che il Governo continui a difendere il settore balneare italiano dagli attacchi dei tecnocrati di Bruxelles, che vorrebbero mettere a gara le concessioni in modo illegittimo, ignorando la storia, il valore sociale e il modello economico delle imprese familiari che da generazioni operano lungo le nostre coste. Assobalneari Italia rinnova l’appello alle istituzioni nazionali affinché venga respinto ogni tentativo di smantellamento del comparto, riconoscendo la sua centralità per l’identità e l’economia del Paese", conclude.
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.