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(Adnkronos) - L'Ucraina, spalle al muro senza gli aiuti degli Stati Uniti, potrebbe produrre una bomba nucleare nel giro di pochi mesi. E' lo scenario che il Times delinea e che il ministro degli Esteri di Kiev smentisce in una fase cruciale della guerra con la Russia di Vladimir Putin, in corso da quasi 1000 giorni. Sullo sfondo, l'evoluzione del rapporto con gli Stati Uniti, a poco più di 2 mesi dall'insediamento del presidente Donald Trump. Il nuovo corso a Washington è destinato ad avere un impatto sulla guerra e sul sostegno che verrà garantito all'Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky ha illustrato a Trump il suo 'Piano per la vittoria', suscitando l'interesse del prossimo inquilino della Casa Bianca, ingolosito dall'ipotesi di vedere soldati ucraini dispiegati in Europa al posto dei militari americani e dalla possibilità di aver accesso alle materie prime e alle risorse ucraine negli scambi post-guerra. L'altro lato della medaglia è rappresentato dalla prospettiva di una drastica contrazione di armi e aiuti inviati dagli Usa: Trump ritiene di poter spingere Zelensky e Putin ad un rapido accordo. Tra rumors e indiscrezioni, circola anche l'impalcatura dell'intesa sponsorizzata dai consiglieri del neo presidente: una zona demilitarizzata e Ucraina fuori dalla Nato ma sostenuta militarmente dallo zio Sam. Con l'imminente ingresso di Trump sulla scena, le prossime settimane di guerra rischiano di diventare determinanti per la definizione delle posizioni all'eventuale tavolo dei negoziati. Non è un mistero che a Washington un'ala del partito repubblicano - e ora anche una fetta non irrilevante della squadra di governo di Trump - sia contraria ad ulteriori finanziamenti destinati a Kiev. Il vicepresidente JD Vance e il 'jolly onnipresente' Elon Musk hanno espresso chiaramente la propria posizione: sostenere l'Ucraina con altri invii di armi significa prolungare una guerra senza sbocchi. Finora, lo spettro dell'utilizzo di armi nucleari è stato associato quasi esclusivamente alla Russia. Mosca ha dispiegato parte del proprio arsenale in Bielorussia e negli ultimi mesi Putin ha fatto esplicito riferimento all'ipotesi di modificare la dottrina dopo decenni: la Russia, ha prospettato il presidente, potrebbe valutare l'impiego di armi atomiche anche in caso di attacco portato da un paese sostenuto da potenze nucleari. In sostanza un'offensiva ucraina con armi a lungo raggio, fornite dagli Stati Uniti, potrebbero spingere il leader del Cremlino ad ordinare la risposta più estrema. Senza l'appoggio del principale alleato, Kiev - secondo il Times, che chiama in causa il ministero della Difesa ucraino - potrebbe considerare scelte drastiche come la produzione di una bomba nucleare 'livello base' con plutonio e con una tecnologia paragonabile a quella sfruttata dagli Usa per l'ordigno che ha distrutto Nagasaki nel 1945. L'Ucraina dispone al momento di 7 tonnellate di plutonio, utilizzato per il funzionamento di reattori nucleari: le scorte, in teoria, sarebbero sufficienti per la produzione di centinaia di bombe da parte di un'industria bellica nazionale che, a breve, dovrebbe essere in grado di sfornare i primi missili balistici capaci di colpire a circa 1000 km di distanza. A smontare lo scenario estremo provvede a stretto giro provvede il ministero degli Esteri ucraino: "L'Ucraina aderisce al Trattato di non-profliferazione delle armi nucleari. Non possediamo, non sviluppiamo e non inteniamo creare armi nucleari", le parole del portavoce Georgy Tykhyi.
(Adnkronos) - “Non è assolutamente condivisibile la riapertura dei termini per l’adesione al concordato preventivo biennale. La riapertura dei termini, avvenuta dopo aver obbligato i commercialisti a rispettare la scadenza del 31 ottobre, ci costringe oggi a rivedere nuovamente l’organizzazione delle attività dei nostri studi, con dispendio di risorse e aggravio delle procedure”. Lo dice all'Adnkronos/Labitalia Francesco Cataldi, presidente Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. “Questi interventi - spiega - sono irrispettosi del lavoro dei professionisti e rappresenta l’ennesima dimostrazione di un palese fallimento della tanto proclamata volontà di creare un rapporto di fiducia tra fisco e contribuente. I professionisti si trovano, ancora una volta, a fronteggiare decisioni tardive e incoerenti che minano la programmazione del lavoro e compromettono la qualità del servizio che siamo chiamati a offrire ai nostri clienti”. “Nonostante le promesse di semplificazione e dialogo - sottolinea - le scelte dell’apparato governativo continuano a penalizzare chi, ogni giorno, contribuisce con il proprio lavoro a garantire trasparenza e correttezza nel rapporto con l’amministrazione finanziaria. Chiediamo, dunque, ancora una volta, che venga posto fine a questa gestione frammentaria e disorganizzata che compromette l’efficacia e l’efficienza del sistema fiscale del nostro Paese”.
(Adnkronos) - “Negli ultimi anni, purtroppo, abbiamo assistito ad uno spaventoso peggioramento delle condizioni dell'insicurezza alimentare globale per effetto di tre grandi criticità: l'impatto dei conflitti, l’effetto del cambiamento climatico e situazioni assolutamente impreviste e straordinarie come la pandemia”. Lo sottolinea all’AdnKronos Maurizio Martina, direttore generale aggiunto della Fao, l'organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l’agricoltura, a proposito della 19esima edizione del Ghi, l’Indice globale della fame curato ogni anno da Cesvi, l’organizzazione umanitaria italiana. “Soprattutto nei paesi in via di sviluppo, siamo impegnati a lavorare con le istituzioni e con i governi all’implementazione di progetti concreti che riescano a gestire meglio la resilienza delle comunità locali - spiega Martina - Per farlo, è fondamentale impegnare più risorse finanziarie da parte dei Paesi più forti verso i Paesi più fragili, per fare in modo che questi progetti, che si focalizzano su diverse aree strategiche, possano appunto essere implementati”. “Parlo di gestione dell'acqua, di gestione delle crisi climatiche, di trasformazione dei sistemi allevatoriali e di altri interventi fondamentali al servizio delle comunità locali, come la forestazione e le politiche per la pesca sostenibile. Non è facile, ma questo è il nostro compito fondamentale oggi - aggiunge il vice direttore generale della Fao - Stiamo lavorando anche nella Striscia di Gaza in condizioni difficilissime, grazie anche al contributo del Governo italiano attraverso l'iniziativa ‘Food for Gaza’. Fino a qualche mese fa 400.000 persone anche nella Striscia di Gaza vivevano sostanzialmente di agricoltura e di allevamento domestici. Il nostro compito è quello di provare a supportare queste realtà con attività di emergenza, per fare in modo che non si distrugga completamente anche questa agricoltura di sussistenza, che ha sempre dato una mano alla sicurezza alimentare di quel territorio e di quelle comunità. Speriamo di poter lavorare di più e meglio, anche a partire dai prossimi giorni, ma la situazione è estremamente complicata”. “Oggi solo il 4% circa dell'intera finanza climatica mobilitata nel mondo è destinata alla trasformazione dei sistemi agricoli alimentari. È troppo poco, se noi vogliamo in futuro dei sistemi agricoli alimentari più resilienti, più sostenibili, abbiamo bisogno di mobilitare innanzitutto più risorse finanziarie per sostenere questa trasformazione - conclude - Dalla prossima Cop 29 noi ci aspettiamo un'accelerazione degli impegni operativi concreti. Si sono dette tante cose, si sono assunti anche importanti impegni generali. Ora bisogna concretizzarli il più rapidamente possibile. Più noi perdiamo tempo più rischiamo di distruggere una parte dei nostri sistemi agricoli alimentari”.