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      (Adnkronos) - Donald Trump ha minacciato un possibile intervento militare Usa in Nigeria, Paese multietnico, il più popoloso dell'Africa, con circa 237 milioni di persone e una popolazione praticamente divisa tra musulmani, per lo più nel nord, e cristiani. E' il Paese in cui sono attivi gruppi estremisti, come Boko Haram, protagonisti dell'insorgenza contro il governo. Secondo un rapporto di quattro anni fa di un'organizzazione no-profit nigeriana citato dal Wall Street Journal, Boko Haram e altri gruppi sono responsabili per la morte di 43.000 cristiani tra il 2009 e il 2021, con 17.500 attacchi registrati contro le chiese. Nello stesso periodo per l'International Society for Civil Liberties and Rule of Law sono stati uccisi 29.000 musulmani. Anche il Washington Post cita analisti secondo cui le violenze nel Paese hanno avuto conseguenze per tutti i nigeriani e spiega come la situazione sul terreno cambi da zona a zona del Paese con Boko Haram che si batte per l'influenza nelle aree più a nord, "banditi" che seminano sempre più il caos nel nordovest e i conflitti che da anni dividono pastori e agricoltori negli stati centrali. Malik Samuel, ricercatore di Good Governance Africa che da oltre dieci anni studia Boko Haram, ha sottolineato - rilancia il Post - che la situazione nel Paese ha fatto vittime allo stesso modo tra cristiani e musulmani, negando l'esistenza di una campagna contro i cristiani e confermando che nelle località nel nord della Nigeria più colpite dalle violenze di Boko Haram e dello Stato islamico della Provincia dell'Africa occidentale la stragrande maggioranza di vittime sono musulmani. Lo stesso, secondo l'esperto, vale per le vittime nel nordovest, mentre nei conflitti tra pastori e agricoltori si sono contate più vittime tra i cristiani perché è la comunità che tende a prevalere nel settore. Sottolinea Ladd Serwat, del progetto Armed Conflict Location and Event Data (Acled), che "gruppi di insorti come Boko Haram e Stato islamico della Provincia dell'Africa occidentale presentano spesso le loro campagne come anti-cristiane, ma in realtà si tratta di violenza indiscriminata", che "devasta intere comunità". Per Atta Barkindo, religioso a capo del Kukah Center, un istituto di ricerca locale, non ci sono tentativi deliberati di "uccidere i cristiani o di dispiegare attori statali per uccidere i cristiani", ma le parole di Trump segnalano un problema più grave che riguarda le capacità del governo di proteggerei suoi cittadini. "Si tratta di come battere queste attività terroristiche - ha detto - Per 15 anni hanno seminato il caos in questo Paese e non può andare avanti così". Sabato in un post su Truth il presidente degli Stati Uniti ha annunciato di aver dato istruzioni al Dipartimento della Difesa di preparare un possibile intervento in Nigeria, con l'obiettivo dichiarato di "spazzare via completamente i terroristi islamici", e ha minacciato di bloccare tutti gli aiuti al Paese se "continuerà a consentire l'uccisione di cristiani". Per il presidente della Nigeria, Bola Ahmed Tinubu, definire la Nigeria come Paese dell'"intolleranza religiosa non rispecchia la nostra realtà a livello nazionale". Daniel Bwala, consigliere del presidente nigeriano eletto nel 2023, ha contestato le parole di Trump secondo cui i cristiani verrebbero presi di mira in modo particolare, ma ha aggiunto di apprezzare l'attenzione del tycoon. Per il governo nigeriano, secondo Bwala, le dichiarazioni di Trump sono una tattica negoziale. "La lotta al terrorismo è motivo di interesse per il mondo intero - ha detto - Non ci aspettiamo un intervento militare in Nigeria ma crediamo che i due presidenti possano arrivare a un'intesa comune". Per Shehu Sani, con un passato nel Senato della Nigeria e attivista per i diritti umani, se Trump deciderà per un intervento militare, "innescherà una crisi religiosa ed etnica in Nigeria" e "creerà più problemi che soluzioni". Tra l'altro, sottolinea il Wsj, l'attenzione di Trump per la Nigeria è arrivata dopo il rimpasto dei vertici militari voluto alla fine del mese scorso da Tinubu dopo voci di un tentativo fallito di golpe a inizio ottobre.
      (Adnkronos) - "Serve avere una visione per il futuro del Paese e secondo noi la storia industriale che ci ha contraddistinto è quello su cui bisogna puntare, il famoso Made in Italy che ci ha resi conosciuti in tutto il mondo. E oggi qui abbiamo 25 delle nostre maggiori eccellenze a livello mondiale che hanno ritenuto di legare questo loro brand a questo momento celebrativo. Servono investimenti che non devono andare solo sulle macchine, come già si sta parlando in questa prossima legge di bilancio, ma noi sosteniamo che altrettanta attenzione vada data alle competenze". Così, a margine dell'assemblea per gli 80 anni di Federmanager, Mario Cardoni, direttore generale della Federazione, conversando con Adnkronos/Labitalia. "Abbiamo bisogno -ha ribadito Cardoni- di imprese maggiormente managerializzate, oggi ne abbiamo solo un 5%. Perché è questo che fa la differenza, quindi le macchine da solo non danno quella crescita valoriale che invece un sistema organizzato, guidato, in modo consapevole e professionale può dare". Così, a margine dell'assemblea per gli 80 anni di Federmanager, Mario Cardoni, direttore generale della Federazione, conversando con Adnkronos/Labitalia. E ancora, secondo il direttore generale di Federmanager, serve "uno Stato più leggero, in cui la fiscalità sia meno pesante e sia più equamente distribuita. Abbiamo un problema dell'evasione che continua ad essere molto serio, molto importante e questo mette un po' in difficoltà anche il sistema dei servizi pubblici, come la sanità e potremmo avere in prospettiva anche dei seri problemi sul piano previdenziale".
      (Adnkronos) - “Oltre alla transizione energetica, questo decennio è interessato dalla transizione idrica. Insieme a Intesa Sanpaolo, oggi, presentiamo due importanti novità nell’ambito del nostro accordo: il secondo report congiunto del Centro Studi Acea - Intesa Sanpaolo, che parla dell'acqua e sensibilizza sul suo utilizzo nella filiera agroalimentare, e l’annuncio del primo corso in Italia sui water manager”. Sono le parole di Marco Pastorello, Chief Transformation Officer del Gruppo Acea, in occasione dell’incontro ‘Acqua, una risorsa strategica per l’impresa sostenibile’, organizzato da Intesa Sanpaolo e Acea a Roma nell’ambito della collaborazione tra le due realtà a sostegno del settore idrico. “Per noi è molto importante che la sensibilizzazione che deve essere fatta sul tema della risorsa idrica coinvolga tutti gli operatori economici e finanziari del Paese. Infatti, da ormai un anno, siamo impegnati con Intesa Sanpaolo per portare queste tematiche sui tavoli istituzionali delle imprese e ne stiamo parlando al World Economic Forum”, conclude Pastorello.