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(Adnkronos) - Quanto stanno costando al Regno Unito le lacrime del Cancelliere dello scacchiere, ovvero il ministro delle Finanze del Regno Unito, Rachel Reeves? Molto, non solo in termini politici al governo guidato dal primo ministro e leader laburista Keir Starmer, ma anche all'economia del Paese, visto il deprezzamento della Sterlina e la risalita dello spread, immediate conseguenze delle immagini che hanno fatto rapidamente il giro del mondo. Cosa è successo? Reeves, inquadrata dalle telecamere alle spalle di Starmer durante lo scontro alla Camera dei Comuni sulla riforma del welfare con la leader del'opposizione Tory Kemi Badench, è apparsa visibilmente provata, fino a non riuscire a nascondere le lacrime. Un'immagine che, rimbalzando oline e su tutti i media britannici, ha trasmesso ai mercati finanziari non solo la tensione personale del ministro da cui dipende la politica economica del Regno Unito ma anche, evidentemente, la fragilità del governo nel suo complesso. Lacrime che vanno sempre rispettate, da qualsiasi punto di osservazione e soprattutto da quello umano, ma che hanno anche un peso politico e finanziario. I tabloid inglesi si sono lanciati in ricostruzioni che privilegiano interpretazioni diverse, che spaziano dai problemi personali alle presunte incomprensioni tra Reeves e il primo ministro Starmer. Quali siano le ragioni reali, l'elemento che resta è che le lacrime in diretta tv diventano un fattore di destabilizzazione. Come se concedere spazio alle emozioni sia necessariamente un segnale di debolezza. Tornano alle memoria le immagini di Elsa Fornero quando, da ministro del Lavoro del governo Monti, dovette annunciare il blocco della rivalutazione delle pensioni. Allora l'Italia era da poco uscita dalla crisi che portò alle dimissioni di Silvio Berlusconi, con lo spread al suo record storico. Quel provvedimento serviva proprio ad allentare le tensioni sui mercati ma quelle lacrime di Elsa Fornero furono comunque contestate e discusse, come quelle di oggi di Rachel Reeves. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - L'accesso al lavoro tramite Agenzia avviene oggi più velocemente che in passato: entro quattro mesi dal primo contatto con una Agenzia per il lavoro i candidati trovano una occupazione, rispetto ai sei mesi del 2022. In due casi su cinque il candidato ottiene un lavoro entro un mese. Dalla rilevazione di Ipsos si evidenzia, inoltre, che per i lavoratori in somministrazione sono preferibili i contratti a tempo determinato tramite Agenzia piuttosto che quelli diretti con l’azienda: oltre la metà dei lavoratori in somministrazione (54%), infatti, predilige i vantaggi del contratto a termine tramite Agenzia. E' quanto emerge dalla ricerca condotta da Ipsos per Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, sul mercato del lavoro in Italia e sul ruolo delle Agenzie, e presentata oggi in occasione dell'assemblea pubblica dell'associazione. In generale, aumenta tra la popolazione la conoscenza delle agenzie per il lavoro che passa dal 73% del 2002 al 79% di oggi, mentre permangono margini di miglioramento sulla conoscibilità della formazione offerta gratuitamente ai lavoratori dalle Agenzie e sul welfare dedicato: solo il 44% dei somministrati e il 22% dei candidati conoscono la formazione di settore, e solamente il 41% dei somministrati e il 15% dei candidati il welfare. I contratti in somministrazione vengono considerati una forma di lavoro moderna (33%) e assimilabile al lavoro dipendente (35%) (per legge i lavoratori tramite Agenzia hanno stessi diritti, stesse tutele e stessa retribuzione dei colleghi direttamente assunti dall’azienda, ndr). L’81% dei candidati intervistati consiglia di rivolgersi ad una Agenzia. Dalla ricerca Ipsos emerge che le Agenzie favoriscono le prime esperienze di lavoro per i giovani, aiutano chi ha perso un’occupazione a trovarne una nuova e forniscono supporto alle aziende nel rispondere alla domanda di lavoratori con competenze altamente specializzate. Se è vero, infatti, che più di un lavoratore su due in somministrazione è un giovane under 35, le Agenzie non sono solo un’ottima porta d’accesso al mercato del lavoro per chi ha ancora poca esperienza, ma nel 34% dei casi sono un valido canale per reinserirsi nel mondo del lavoro, e nel 38% una via per la ricerca di migliori opportunità di lavoro. Per chi cerca un lavoro inviare curriculum alle aziende rappresenta il canale migliore (50%, dato in calo rispetto al 2022), seguono le Agenzie per il Lavoro (43%) e il passaparola (34%). Sempre più rilevante l’utilizzo di LinkedIn, soprattutto tra gli under 35 laureati dove si raggiunge il 48%. In questo contesto, per la popolazione le caratteristiche più ricercate in un buon datore di lavoro sono stipendio adeguato (71%) e stabilità e sicurezza (57%). Seguono avere un contratto che ti tuteli nei momenti di difficoltà (27%), lavoro in smart working (24%) e avanzamenti di carriera (23%). Nel caso dei candidati risulta importante l’attenzione alla formazione dei dipendenti in tre casi su dieci. Sull’avvento dell’Intelligenza Artificiale una fetta importante deve ancora farsi un’idea o è in attesa degli sviluppi futuri. Per la popolazione l’ia stravolgerà il mondo del lavoro, incrementando l’efficienza e garantendo lo sviluppo di nuove professionalità. Sei persone su dieci temono, però, che l’ia causerà una riduzione del personale nelle aziende. Più ottimisti i manager delle Agenzie per il lavoro, tre su quattro hanno già iniziato a implementare l’ia nel proprio lavoro, mentre la quota residuale ha comunque pianificato di utilizzarla.
(Adnkronos) - “Le utilities operano su un ampio spettro di attività energetiche: dalla gestione delle reti tradizionali agli investimenti su rinnovabili, idrogeno e cattura della CO2”. Così Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, durante l'Assemblea generale, organizzata a Roma in occasione del decennale della Federazione, per riflettere sull'evoluzione dei servizi pubblici negli ultimi dieci anni e sulle principali sfide future. “Quando si parla di energia – ha sottolineato – è fondamentale pensare non solo alla produzione rinnovabile o all’elettrificazione dei consumi, ma anche all’adeguamento delle reti di distribuzione elettrica e gas, che rappresentano la spina dorsale della transizione. Le nostre utilities hanno previsto 19 miliardi di investimenti per i prossimi 5 anni, di cui oltre 7 miliardi destinati alle reti elettriche, di teleriscaldamento e di distribuzione del gas”. Brandolini ha poi ricordato come anche le infrastrutture gas abbiano un ruolo strategico nella decarbonizzazione: “Le reti di distribuzione del gas sono fondamentali per quelle utenze che non potranno elettrificare i consumi nel breve termine. Mantenere e innovare queste reti significa mettere in campo investimenti rilevanti”.