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(Adnkronos) - Finito il conto alla rovescia, è il giorno dei dazi di Trump. Da oggi 1° agosto, infatti, entrano ufficialmente in vigore le tariffe al 15% concordate tra Usa e Ue, frutto dell'accordo commerciale stretto domenica scorsa nel golf club del tycoon in Scozia da Ursula von der Leyen e Donald Trump. Ma all'accordo, stretto in forma verbale, manca un pezzo importante: l'attesa dichiarazione congiunta tra Europa e Usa non è ancora arrivata e, stando a quanto affermato ieri dal portavoce del Commercio europeo, sembra destinata a slittare a data da destinarsi. In ogni caso, la chiara aspettativa dell'Ue è quella che il presidente Usa attui da oggi i dazi generalizzati al 15% come concordato. I negoziatori dell'Ue e degli Usa, ha spiegato ieri il portavoce della Commissione Europea per il Commercio Olof Gill durante un briefing con la stampa a Bruxelles, "stanno lavorando, come concordato, per finalizzare la dichiarazione congiunta, basandosi sull'accordo raggiunto tra la presidente von der Leyen e il presidente Trump. Comunicheremo una tempistica più precisa quando sarà conosciuta. Nel caso in cui serva più tempo per finalizzare la dichiarazione congiunta, dopo il primo agosto, l'Ue ha la chiara aspettativa che gli Usa attuino i dazi generalizzati concordati al 15% e le esenzioni al tetto dei dazi al 15% delineate dalla presidente von der Leyen domenica scorsa" a partire da oggi. Questo significa, ha continuato, che da oggi "avremo l'immediato alleggerimento dei dazi, per ottenere il quale abbiamo lavorato tanto duramente. E, quindi, avremo una posizione molto più forte in termini di stabilità e prevedibilità per le imprese e i consumatori dell'Ue. Gli Usa hanno preso questi impegni: ora sta agli Usa attuarli, la palla è nel loro campo. I negoziati per ottenere ulteriori esenzioni continuano", la conclusione. A poche ore dalla scadenza della deadline, arriva intanto la dichiarazione trionfante della Casa Bianca. "Il presidente - le parole della portavoce Karoline Leavitt - si è assicurato uno storico accordo commerciale con l'Unione Europea che mette l'America al primo posto". Secondo Leavitt, inoltre, "gli esperti dei media hanno affermato che un accordo commerciale con l'Unione Europea così monumentale e vantaggioso per l'America sarebbe impossibile, ma il presidente Trump - la conclusione - lo ha reso possibile". E in effetti la Casa Bianca ha diversi motivi per esultare. Gli Stati Uniti hanno infatti incassato più gettito dai dazi nei primi sei mesi del 2025 che in tutto il 2024, secondo dati del Tesoro americano ottenuti dall'Afp. In totale, le entrate nel primo semestre superano gli 87 miliardi di dollari, rispetto ai quasi 79 miliardi di dollari del 2024, secondo i dati mensili fino alla fine di giugno, aggiornati a mercoledì, che mostrano un aumento significativo a partire da aprile 2025, quando Donald Trump ha lanciato la sua vasta guerra commerciale.
(Adnkronos) - "L’accordo ha una sua ragione d’essere perché evita l’applicazione di dazi doppi rispetto a quelli concordati. Per una valutazione più ponderata serve approfondirne i dettagli, capire fino a che punto inciderà sulle nostre esportazioni. Per quanto riguarda l’area napoletana e il Mezzogiorno in generale, i settori su cui l’intesa impatterà maggiormente saranno certamente il farmaceutico e l’agroalimentare. Bisognerà vedere, caso per caso, fino a che punto i dazi colpiranno concretamente le imprese esportatrici o potranno essere riversati, in termini di aumento dei prezzi, sui consumatori americani". Così, con Adnkronos/Labitalia, Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell'Unione industriali Napoli, commenta l'intesa tra Usa e Ue sui dazi al 15%. "Tenendo conto che nel chimico-farmaceutico sono colpite anche aziende Usa attive in Europa, che solo con investimenti enormi e probabilmente non convenienti potrebbero rilocalizzare le loro produzioni nel loro Paese", sottolinea. "Ci attendiamo naturalmente -continua- che l’Unione europea e il Governo italiano, per la loro parte, definiscano misure di sostegno per chi sia stato particolarmente danneggiato dall’aumento delle tariffe. Ad aggravare la situazione c’è la svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, già in atto ma che potrebbe aumentare sensibilmente se la Fed, eventualmente dopo la sostituzione di Powell, dovesse ridurre il costo del denaro. Secondo autorevoli stime, l’esposizione dell’area Ue verso gli Stati Uniti si aggira sui duemila miliardi di dollari. La politica monetaria americana può scaricare sulle aziende europee parte dei costi di un’inflazione non più tenuta a freno. La Bce dovrà in tal caso adottare contromisure adeguate e tempestive", conclude il leader degli industriali napoletani.
(Adnkronos) - Il 24 luglio 2025 è l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità esaurisce il budget ecologico annuale del Pianeta. A calcolarla ogni anno è il Global Footprint Network sulla base dei National Footprint and Biocapacity Accounts gestiti dalla York University. Il Wwf, con la sua campagna Our Future, chiede a tutti di "imparare a vivere nei limiti di un solo Pianeta, oggi più che mai". Secondo i calcoli del Global Footprint Network, infatti, attualmente, la popolazione globale consuma l’equivalente di 1,8 pianeti Terra ogni anno, un ritmo che supera dell’80% la capacità rigenerativa degli ecosistemi terrestri. Questo squilibrio è alla base delle crisi ambientali della nostra epoca: la perdita di biodiversità, la deforestazione, il degrado del suolo, l’esaurimento delle risorse (crisi idrica, collasso di stock ittici) fino all’accumulo di gas serra. Uno sfruttamento di risorse che è aumentato nel tempo, tanto che la data dell’Overshoot si è spostata da fine dicembre, nel 1970, a luglio, nel 2025. Il risultato? Un debito cumulativo nei confronti del Pianeta di 22 anni. In pratica, se il sovrasfruttamento ecologico fosse completamente reversibile, ci vorrebbero 22 anni di piena capacità rigenerativa del Pianeta per ripristinare l'equilibrio perduto. "Un calcolo, però - ricorda il Wwf - solo teorico perché ad oggi non tutta la capacità rigenerativa è più intatta (abbiamo perso intere foreste, eroso i suoli, impoverito i mari…) e alcuni danni che abbiamo provocato sono ormai irreversibili (come le specie che si sono estinte o i ghiacciai sciolti). Inoltre, la crisi climatica in corso aggrava ulteriormente la capacità del Pianeta di rigenerarsi". “Non solo stiamo vivendo 'a credito' ogni anno, ma abbiamo anche accumulato un enorme debito nei confronti del sistema Terra. Ripagare questo debito, in termini ecologici, è quasi impossibile se continuiamo a ignorarne le conseguenze - afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia - Si tratta di una chiamata urgente all’azione per cambiare radicalmente il nostro modello di sviluppo, prima che il danno diventi definitivamente irreparabile”. La rotta - avverte l'associazione - può essere invertita: "Per riportare l’umanità in equilibrio con le risorse terrestri (ovvero far coincidere l’Overshoot Day con il 31 dicembre), dobbiamo ridurre l’impronta ecologica globale di circa il 60% rispetto ai livelli attuali". Per il Wwf, è possibile spostare la data dell’Overshoot agendo in cinque settori strategici: "Transizione energetica (passare a fonti rinnovabili ed eliminare i combustibili fossili); economia circolare (riciclare, riutilizzare, azzerare gli sprechi); alimentazione sostenibile (diminuire il consumo di carne e preferire cibi biologici, locali e stagionali); mobilità green (favorire trasporti pubblici, biciclette e veicoli elettrici); politiche globali (accordi internazionali più stringenti per la tutela ambientale)". Così, "se riuscissimo a spostare l’Overshoot Day di 5 giorni all’anno, entro il 2050 torneremmo in equilibrio con le risorse del Pianeta. Si tratta di una media realistica che combina: tecnologia (efficienza energetica, rinnovabili), comportamenti individuali (dieta, trasporti, stile di vita) e politiche globali (accordi climatici, economia circolare)". “Un nodo cruciale è il nostro modello economico, fondato sulla crescita illimitata dei consumi materiali - di energia, risorse, materie prime - che è semplicemente incompatibile con un Pianeta dalle risorse finite. Non dobbiamo puntare all’aumento quantitativo, ma a un progresso qualitativo, fatto di conoscenza, relazioni umane, diritti e tutela della Natura da cui dipendiamo. È fondamentale sostituire il Pil come unico indicatore di sviluppo con indicatori più complessi, che considerino la salute degli ecosistemi, il benessere psicologico e la coesione sociale”.